Fabrizio Ravanelli

dirigente sportivo, allenatore di calcio e calciatore italiano (1968-)

Fabrizio Ravanelli (1968 – vivente), allenatore di calcio ed ex calciatore italiano.

Fabrizio Ravanelli nel 2011

Citazioni di Fabrizio Ravanelli

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  Citazioni in ordine temporale.

  • La Juve ti resta dentro. Lo stile Juve lo vedi invece nel parlare, nel vestire, nel comportarti. È una scuola di vita. Scherzando, posso dire che è come un servizio militare. Non si può sgarrare.[1]
  • Trapattoni [...] ci dice sempre che c'è chi nasce per fare l'architetto, chi per fare il geometra, chi per fare il muratore. Ecco, io appartengo alla terza categoria e ne sono orgoglioso.[2]
  • [«Ha qualche rimpianto?»] Il momento che cancellerei della mia carriera calcistica è la polmonite che mi è costata il Mondiale in Francia nel 1998. Alla vigilia della partita con il Cile sono dovuto tornare a casa. È il più grande rimpianto della mia carriera. Ero il capocannoniere della nazionale, la sentivo mia dopo lo spareggio con la Russia. È un qualcosa che mi manca: potessi riavvolgere il nastro, sceglierei quel momento.[3]
  • Vierchowod, in assoluto, il peggiore difensore da affrontare. Fisico e veloce. Non lo sovrastavi. Non lo dribblavi, mi metteva sempre in grande difficoltà.[3]
  • [Su Ilario Castagner] Per me è stato un'istituzione, il simbolo di Perugia e di quel Perugia dei record che non verrà mai dimenticato. E poi è stato un allenatore e un uomo di cultura, valori, eleganza e educazione incredibili. Personalmente, un amico di tante serate.[4]

Pensieri Real

Intervista di Matteo Marani, Guerin Sportivo nº 10 (1086), 6-11 marzo 1996, pp. 10-13.

  • Sono rimasto un provinciale, e questa è stata la mia forza. Calcio e casa, stop. Venendo a Torino non sono diventato uno della metropoli, sono rimasto un ragazzo di paese.
  • La costanza, la passione: sono queste le cose che mi hanno permesso di arrivare fin qua. Quante volte, finito l'allenamento, sono rimasto in campo... Solo lì sto bene, non posso pensare alla mia vita senza il calcio. I compagni erano già nello spogliatoio? E io lì, sull'erba, magari sotto l'acqua.
  • La verità è che quelli che mi criticano vorrebbero avermi nella loro squadra. [...] Non è una questione di simpatia o antipatia. Ci sono giocatori più "beccati" di altri. In me vedono in campo il tifoso della Juve prima che il giocatore. La mia juventinità l'ho sempre sbandierata ai quattro venti e la Juve è la squadra più ricca, la squadra padrona, quella favorita dagli arbitri. I soliti luoghi comuni.
  • Una squadra è forte quando si può permettere di mandare in campo quelli che stanno meglio. Sono i cosiddetti rincalzi a fare quasi sempre la differenza.

Intervista di Marco Bonomo, gianlucadimarzio.com, 22 maggio 2020.

[Sulla finale della UEFA Champions League 1995-1996]

  • Come siamo arrivati alla sfida con l'Ajax? Alla grande, l'avevamo preparata benissimo andando in ritiro alla Borghesiana qualche giorno prima. Anche se... almeno io, non ho dormito per quindici giorni prima della partita. Arrivati alla vigilia, finito l'allenamento, chiesi a Vialli sotto la doccia: Hai dormito in queste notti? Mi rispose: Non ho dormito niente..., Beh, allora siamo in due, gli dissi. [...] Volevamo vincere a tutti i costi, ci univa un senso di appartenenza alla maglia e alla società, oltre al fatto che 9/11 di quella squadra erano italiani. Affrontavamo una delle squadre più forti d'Europa, che l'anno prima aveva battuto il Milan. Ma onestamente, passami il termine, li abbiamo "stritolati", giocando un calcio straordinario. E avremmo meritato di vincere ben prima dei rigori.
  • Avevo seguito tutte le loro partite del campionato olandese. Spesso i difensori dell'Ajax abusavano un po' troppo della loro superiorità tecnica e qualche volta sbagliavano. Non vorrei usare la parola "sbruffoni", ma insomma, un po' troppo sicuri e pieni di sé lo erano. Così su quella palla andai sicuro che tra loro ci sarebbe stato un malinteso, anticipandoli col piede sinistro e calciando in caduta col destro. Quella palla sembrava non entrare mai... [...] Quello per me fu un gol bellissimo, fortunato sì, ma bellissimo. Perché voluto. Tanti attaccanti forse non ci avrebbero nemmeno provato, ma nel mio DNA c'è scritto di non mollare mai. Così mi sono guadagnato un'emozione così intensa che non tornerà più.
  • Per tutta la gara la sensazione era stata che in un modo o nell'altro l'avremmo vinta, perché ce la meritavamo. I rigori sono spesso una lotteria, ma in quel caso premiarono la squadra più lucida fisicamente e mentalmente. Furono quattro rigori perfetti: Ferrara, Pessotto, Padovano, Jugovic. E poi Peruzzi... Di quegli attimi ricordo poco, ma la convinzione che loro non ci avrebbero traditi, sì che la ricordo.

Intervista di Paolo Colantoni/Edipress, guerinsportivo.it, 13 novembre 2022.

  • [...] da tifoso bianconero riuscire a vincere con quella maglia è stata un'emozione unica. Un sogno che si avvera.
  • [«Storicamente si dice che vincere uno scudetto alla Juventus è quasi normale, farlo alla Lazio rappresenta un'impresa»] Ho sentito questa frase tante volte, ma ti posso dire che io non la condivido. Per me è stato esattamente il contrario. [...] Quando abbiamo vinto lo scudetto a Torino, la Juve veniva da un'astinenza che durava nove anni e ce la siamo giocata con il Milan che era unanimemente considerato come il club più forte a livello europeo, nel bel mezzo dell'epopea Berlusconi. [...] Noi iniziammo a fari spenti: nonostante il DNA e il blasone, non partimmo con i favori del pronostico. Ce l'abbiamo fatta. Con la Lazio fu completamente diverso. [«La squadra biancoceleste era più forte della sua Juve?»] Sicuramente era stata costruita da Cragnotti per vincere in Italia e in Europa. Era una squadra formidabile, con un tecnico come Eriksson che era bravissimo. Sono stati due scudetti indimenticabili per me, ma rispetto a quello che si possa pensare, quello alla Lazio era più nei pronostici: lo scudetto alla Juventus arrivò quasi a sorpresa. Vincere a Roma con quella squadra, anche se lo abbiamo fatto solo all'ultima giornata e dopo una lunga rincorsa, era quasi più scontato. [...] Quella Lazio era nettamente superiore a quella Juventus. [...] Anzi, se posso trovare un difetto, credo che abbia vinto meno di quello che poteva.
  • [«Lippi ed Eriksson, che differenze ci sono tra questi due tecnici?»] Due allenatori vincenti. Diversi tra di loro, ma con una leadership e uno stile che li accomuna. Alla Juve Lippi ha avuto a che fare con giocatori pronti a tutto pur di vincere. Che avevano voglia e fame. Venivamo da un cambiamento di metodologie di lavoro e ci impegnammo tutti tantissimo. Erano gli anni in cui la Juve passò dalla gestione Boniperti a quella di Moggi, Bettega e Giraudo e tutti davamo qualcosa in più. Alla Lazio Eriksson fece un lavoro completamente diverso. È stato bravissimo ad occuparsi della gestione di tutti i campioni. E ce n'erano tantissimi.
  • [Sulla finale della UEFA Champions League 1995-1996] Vincere la Champions League è il sogno di ogni ragazzo che inizia a fare questo sport. Farlo con la Juve, in Italia e allo stadio Olimpico è stato meraviglioso.

juventus.com, 15 febbraio 2023.

  • Gianluca [Vialli] era il nostro riferimento, il nostro trascinatore [...] È sempre stato una fonte di ispirazione. Un punto di partenza e un punto di arrivo. Il giorno in cui lo conobbi si avverò un sogno perché lui era da sempre il mio idolo. Ricordo come se fosse ieri la prima volta in cui lo incontrai: io avevo diciassette anni e giocavo a Perugia, in Serie C2, e Gianluca venne al "Renato Curi" con la Nazionale. Nel momento in cui ci incrociammo, gli dissi che era il mio idolo e lui, per ringraziarmi della stima nei suoi confronti, mi regalò il suo paio di scarpe. Ovviamente ancora oggi le custodisco gelosamente a casa. Questo per rafforzare il concetto che è stato parte integrante della mia vita e del mio periodo più bello, che indubbiamente è stato quello trascorso alla Juventus. Ricordo ancora quanto ero felice quando appresi che Gianluca sarebbe venuto a giocare a Torino. Fu bellissimo perché riuscimmo a condividere tanti momenti speciali anche fuori dal campo. Non dimenticherò mai i ritiri a Villar Perosa, condivisi come compagni di stanza. È stato un esempio, nel vero senso della parola. Gianluca mi ha spinto a diventare quel modello di giocatore che in quel momento volevo essere. Io sono fiero di dire che ho sempre cercato di essere un "secondo Vialli" in campo e fuori. Di lui osservavo il suo modo di allenarsi, la sua alimentazione e anche il suo modo, sempre elegante, di vestirsi. Sono stato un po' la sua ombra e per me è motivo di orgoglio. Vivevamo in simbiosi e ricordo che quando si ruppe il piede a Roma calciando quel rigore, per due mesi sono stato il suo autista cercando di non fargli mancare nulla. È stato un grande uomo e il vuoto che ha lasciato continuerà a essere enorme, ma lo ricorderò per sempre con un sorriso perché lui è sempre stato un uomo positivo, anche nei momenti più bui e difficili. La sua educazione, la sua eleganza e la sua umiltà lo hanno reso unico.
  • [Sulla responsabilità dei giocatori della Juventus verso il club] Quando s'indossa questa maglia bisogna avere ben chiara la gloriosa storia del club, che viene prima di ogni singolo.
  • La Juventus è uno stile di vita che ha attraversato, attraversa e continuerà ad attraversare i confini non solo di Torino, ma dell'Italia e dell'Europa, per emozionare i cuori di milioni di persone, anche nei momenti più difficili perché è proprio in questi casi che si vede chi è davvero bianconero. Chi gioca per questa maglia deve amare questi colori, lottare per loro, essere pronto, se serve, a soffrire, puntando a una sola cosa. Sempre. La vittoria.

Citazioni su Fabrizio Ravanelli

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  • Ravanelli [...] ha rappresentato e continua a incarnare una vera sorpresa, come se ogni prodezza fosse destinata invariabilmente a far gridare al miracolo. Il fatto è che Fabrizio è un ruspante "muratore del gol", come ebbe lui stesso a definirsi pittorescamente [...]. Mirabile sintesi di un carattere controcorrente: nessuna concessione al divismo, nessun cedimento alla superbia, ma una tenace difesa della propria individualità. Fatta di valori autentici, rivelati con pudore ma con fermezza, difesi con la stessa caparbietà brandita nelle occasioni-chiave della carriera. Già, perché sotto sotto, da buon gladiatore di provincia, Fabrizio Ravanelli è un duro e quei capelli bianchi (gli sono spuntati a otto anni, un fatto ereditario) sono sempre stati in sintonia con una personalità precocemente adulta, indisponibile alla resa quasi la sostenesse una esperienza meno labile. [...] Genuino, senza finzioni, non filtrato dalla popolarità di questi ultimi anni. Uno da catena di montaggio del gol, uno che non tira indietro la gamba, che sa assumersi anche i rischi del tiro sbilenco, della figuraccia da piedi non proprio delicati. [...] Ecco, il goleador ruspante finisce col rivelare doti tecniche fin qui misconosciute, specie perché emarginate dall'irriducibile foga propulsiva che ne rappresenta il dato distintivo più rilevante. (Carlo Felice Chiesa)
  • Un formidabile colosso a tutto campo. Terzino, mediano, ala destra e poi sinistra, centravanti quando occorre, cioè nel momento in cui magari filtra in area un assist e c'è da imporre i diritti del cannoniere di razza. (Carlo Felice Chiesa)

  Citazioni in ordine temporale.

  • Campetti di provincia, erba alta e scarpe fatte da sconosciuti artigiani. Un self-made-man del pallone, un divo arrivato dal basso e per questo mai troppo rispettato. Tutta la carriera di Fabizio è stata in salita, dal sud al nord, dalla provincia alla città.
  • Quanta strada ha fatto, Rava. Quanti pregiudizi ha dovuto cancellare. Troppo alto per essere bravo con i piedi, troppo genuino per essere una star. Un parvenù del calcio, insopportabile per la nobiltà pedatoria.
  • È contento Fabrizio, felice di essere arrivato in alto. Si guarda attorno: tutto quello che c'è l'ha conquistato con le sue mani. Meglio, con i suoi piedi.
  1. Citato in Attilio De Col, Bomber Ravanelli infiamma i tifosi dello Juve Club, corrierealpi.gelocal.it, 29 febbraio 2016.
  2. Citato in Vanni Spinella, Lipp-ip hurrà! Storia di idee tattiche nate da un sigaro, sport.sky.it, 12 aprile 2018.
  3. a b Citato in Luigi Pellicone, Ravanelli: "Il mio rimpianto? Il Mondiale del '98. Con queste difese segnerei a raffica. Baggio il più grande con cui ho giocato", ilposticipo.it, 16 novembre 2018.
  4. Citato in Daniele Bovi, Da Cosmi a Ravanelli, a San Sisto in tanti rendono omaggio a Castagner: «Il più grande di tutti», umbria24.it, 20 febbraio 2023.

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