Gigi Garanzini
giornalista, scrittore e conduttore radiofonico italiano
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Gigi Garanzini (1948 – vivente), giornalista e conduttore radiofonico italiano.
Citazioni di Gigi Garanzini
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- [Sulla finale della Coppa Italia 1989-1990] Che [...] alla fine il Milan non meritasse la sconfitta può essere materia di discussione: ma che nell'arco dei centottanta minuti sia stata la Juventus a meritare il suo ottavo trofeo, è fuori di dubbio. [...] questa finale di Coppa ha dimostrato che il pressing, lo si fa col cervello prima ancora che con le gambe. Stanco e avvilito [...] il Milan [...] non è mai riuscito a pressare a dovere gli avversari. Mentre i bianconeri, indubbiamente eccitati dalla prospettiva di tornare a vincere qualcosa dopo [...] lungo digiuno [...] e galvanizzati dal tifo di almeno quaranta dei novantamila presenti, sono stati invece capaci di pressare dal primo all'ultimo minuto, dedicando la massima cura in questa azione di disturbo alle fonti del gioco milanista [...]. Ma poiché è anche vero che il cervello trasmette gli impulsi ma sono poi le gambe a doverli tradurre in pratica, prendiamo buona nota del fatto che al termine di una stagione non meno massacrante per la Juve che per il Milan, la squadra di Zoff è sembrata più tonica anche sul piano atletico. E questo potrebbe servire a dimostrare, una volta per tutte, che non serve avere una prima e una seconda squadra: ne basta una, dacché mondo è mondo, a patto di poter disporre di un ragionevole numero di rincalzi. E meno sono i rincalzi, più hanno probabilità di giocare: e più giocano, più restano in condizione.[1]
- [Sulla Juventus Football Club 1989-1990] Io non so che traguardi taglierà Maifredi a partire dal prossimo anno con lo squadrone che gli stanno allestendo [...]. So però che con questa squadra Zoff ha vinto una Coppa Italia e, probabilmente, vincerà anche la Coppa Uefa: non credo che altri avrebbero saputo far di meglio.[1]
- [Su Valerio Bacigalupo] Fisicamente potente ma anche agile, spregiudicato, spesso teatrale secondo la moda dell'epoca.[2]
- [Su Pietro Anastasi] Rientrava, svariava, scattava, trascinava. Una furia, sull'intero fronte d'attacco, di quelle che la porta la sentono senza bisogno di vederla [...]. Con la tifoseria bianconera fu amore a prima vista. Non solo il ragazzino ci dava dentro come un matto, con quegli strappi improvvisi, con smarcamenti continui che era l'istinto a dettargli, con la generosità a tutto campo, con quei fior di gol che segnava. Ma prima ancora per la sua sicilianità, in un'epoca in cui era stata una vera e propria migrazione di massa dal sud a dotare gli stabilimenti torinesi della Fiat di nuova manodopera: non a caso i più amati dal Comunale bianconero di quegli anni furono il catanese Anastasi, il leccese Causio, il palermitano Furino. E quando dopo tanto tempo e non poche disavventure, Anastasi tornò in quello stadio con la maglia dell'Ascoli [...], un suo gol che condannò la Juve alla sconfitta fu salutato da un'ovazione del pubblico che scattò in piedi commosso.[3]
Dal programma radiofonico A tempo di sport
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- Come persona può piacere o non piacere, ma se facciamo un confronto con i dirigenti di casa nostra, che sono dei nani, Blatter è un gigante. (26 gennaio 2007)
- Dopo aver saputo che la classe dirigente italiana, Carraro e Matarrese per fare dei nomi, ha votato Johansson, sono ancora più contento che Platini sia stato eletto presidente dell'UEFA (26 gennaio 2007)
- Il successo della Spagna all'europeo è avvenuto anche per la cura del settore giovanile, la cantera, da parte di dirigenti, allenatori e osservatori; i tifosi spagnoli, tra un fuoriclasse straniero e un fuoriclasse cresciuto nella cantera, si affezionano di più a quest'ultimo, perché è un prodotto della loro squadra e lo considerano un loro beniamino. Le squadre italiane hanno fatto così per molti anni ma adesso tendono a fare il contrario ingaggiando giocatori al tramonto utili solo per ragioni di marketing. Recentemente l'Inter ha seguito il modello spagnolo con Balotelli, speriamo che sia un nuovo inizio. (29 giugno 2008)
- [Commentando l'azione del terzo gol romanista in Inter-Roma del 1° marzo 2009] Credo che soltanto un cialtrone possa dire che quest'azione è fallosa, e questo cialtrone si chiama Mourinho. (2 marzo 2009)
- Il problema è la spaventosa incultura sportiva che esiste in Italia anche da parte di persone come lei [riferito ad un radioascoltatore] e questa è la cosa avvilente, no, di tutto quello che alla fine si può ricavare. (11 gennaio 2010)
- Dopo aver visto la partita [Olanda-Spagna 0-1 d.t.s.], dopo aver visto quella sorta di caccia all'uomo su cui l'Olanda, nel primo tempo, ha costruito il suo match, alla fine quando è entrato il pallone di Iniesta ho detto "Dio c'è": è il Dio del calcio naturalmente, perché non voglio bestemmiare, non voglio mancare di rispetto di fronte ai credenti, ma il Dio del calcio stasera si è manifestato. Ci ha messo un sacco di tempo ma alla fine così è andata. (11 luglio 2010)
- Notavo ieri sera, tra l'altro, una singolare contraddizione della RAI: la RAI, da quest'anno, meritoriamente ha abolito la moviola, tant'è vero che – io non mi ricordo chi era l'ultimo, era forse Tombolini – Tombolini è stato prepensionato, così come Carlo Longhi, credo, da 90° minuto. Non seguo ma immagino che per analogia sia così. Quindi la RAI ha fatto questa scelta, ritardata certamente, ma che io personalmente ho molto condivido. E va bene, e questo riguarda il Campionato. Ieri sera invece la RAI, dopo la partita, ma già durante la partita, già nell'intervallo, non ha fatto altro che moviolare questi tre presunti rigori: il primo è fallo di Mauri che passa da dietro su Mertesaker, comunque un difensore tedesco, e lo tocca. (10 febbraio 2011)
- [Leggendo un SMS in cui c'era scritto che l'Italia comprò il pareggio col Camerun nel 1982] Queste sono le falsità scritte da Oliviero Beha tanti tanti anni fa, naturalmente mai provate. Ma le calunnie, anche quelle più vergognose come queste, negli anni poi scavano la pietra. E quindi qualcuno come lei [l'autore del messaggio] che certamente non è informato e documentato, alla fine riesce a credere anche a queste sciocchezze. (18 giugno 2012)
- Questa, che oggi si chiude, è stata indubbiamente un'avventura straordinaria, testimoniata proprio anche dalla quantità sbalorditiva di lettere, messaggi e arte varia [Facebook e Twitter] [...] e quindi tutto questo significa che in questi 12, quasi 13 anni, siamo stati davvero bene insieme. (2 luglio 2012)
Dal blog Slow Foot
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- È finita splendidamente per il Chievo, e questa, per quel che mi riguarda, è la vera gioia di stagione. Salutandolo lo scorso anno nel momento della retrocessione, avevo forti dubbi di rivederlo un giorno in Serie A: perché per le belle favole difficilmente è previsto un remake. Invece non solo ci è tornato, ma ci è anche tornato subito, mettendo in fila le rivali dalle ben diverse risorse. E chissà che non ricominci a rompere le balle a tutti come nei suoi anni migliori, il vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro, la squadra del quartiere che affronta a viso aperto le multinazionali. Forse l'ultima eresia possibile in un mondo sempre più appiattito sulle logiche finanziarie, commerciali e di marketing estremo. (27 maggio 2008)
- Da anni non metto piede in uno stadio. Da una serata a San Siro in cui l'accoglienza della curva interista alla coppia Totti-Cassano fu tale che a un certo punto semplicemente me ne andai. [...] Quello che conta è la prevenzione: E il mio slogan, dopo mezzo secolo di calcio gustato dal vivo, è diventato: se li conosci (gli stadi, e i loro frequentatori) li eviti. (20 aprile 2009)
- Se il Chelsea fosse l'Inter e viceversa, ne avremmo per giorni e giorni su rigore e espulsione ignorati all'andata e gli abbracci di Motta e Samuel non visti al ritorno. Gli inglesi invece non conoscono la moviola. E se la conoscono, la evitano. (17 marzo 2010)
- Non so se è un problema mio. Ma sabato sera, finito il Barca, ho fatto una gran fatica a vedere il secondo tempo di Milan-Roma: e se non fosse stato per ragioni strettamente professionali, dopo cinque minuti avrei lasciato perdere. (19 dicembre 2010)
- Mi hanno colpito due suggestioni legate allo scudetto del Milan. Una è nota, ed è l'elenco dei tecnici che hanno centrato lo scudetto al primo tentativo: prima di Allegri non solo, andando a ritroso, Zaccheroni, Capello, Sacchi e il leggendario Paròn, ma anche Gipo Viani, uno dei personaggi calcistici più interessanti della storia del nostro calcio. (9 maggio 2011)
- E speriamo soprattutto che il milite ignoto del Gubbio faccia proseliti. Perché quando ti si para davanti il faccendiere a offrirti quattrini in cambio della torta, non basta rifiutare, anche se è già qualcosa. Occorre denunciare, come ha fatto per l'appunto il milite ignoto sapendo in partenza che avrebbe corso dei rischi, come sempre accade se ti metti di traverso ad avanzi di galera. Ma chissà se immaginava che l'aver fatto semplicemente quanto meritoriamente il proprio dovere l'avrebbe anche esposto a un ridicolo processo di beatificazione. Io credo che qualsiasi persona per bene avrebbe piacere di stringere virilmente la mano al milite ignoto complimentandosi con lui. Leggo invece che il popolo di Facebook di cui mi onoro di non fare parte, né oggi né domani né mai, lo vuole direttamente in nazionale. E mi vien da preparare una volta di più i documenti per l'espatrio, come temo stia pensando di fare lo stesso, sventurato, milite ignoto. (23 dicembre 2011)
- Telegiornali non ne vedo da anni, dunque penso di essere uno dei pochi imbattuti rispetto alle immagini di quella straziante agonia. Ma che abbia dovuto intervenire la famiglia, quel poco che resta della sventurata famiglia Morosini, per chiedere a 48 ore di distanza di non diffondere più quelle sequenze dice meglio di mille trattati in che epoca infame ci siamo ridotti a vivere. L'epoca in cui le jene da salotto campano sui plastici: così poi i tossici che li seguono vanno a farsi i loro bravi weekend del dolore da Cogne ad Avetrana, dall'Aquila a Garlasco. (16 aprile 2012)
Da articoli di giornale
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- DIECIMILA franchi svizzeri. Più altri mille e cinquecento di «spese procedurali», come per una contravvenzione un po' salata. Fanno grosso modo 7000 euro, così impara il signor Rivaldo a prendere in giro il mondo. Lui per la verità, di euro, ne incassa un po' più di sette milioni l'anno, royalties escluse, sicché la multa corrisponde grosso modo a un quarto di quel che gli entra in tasca in ciascun giorno dell'anno, vacanze comprese. Ma quel che contava era il principio, e la Fifa una volta di più si è mostrata implacabile applicatrice del suo motto: debole con i forti, forte con i deboli. Non che il turco, Hakan Unsal, non meritasse per quel gesto volgare il secondo cartellino: non si prende a pallonate un avversario, nemmeno dopo che l'arbitro gli ha regalato un rigore inverecondo. Ma il punto è che questo doveva essere, solennemente annunciato proprio dalla Fifa, il mondiale della lotta alla simulazione e alla violenza. (6 giugno 2002)
- Tre cartellini gialli, 43 falli: 22 fischiati contro l'Argentina, 21 contro l'Inghilterra. Detta così sembra facile. Il fatto è che bisogna saperla rendere facile una partita come Argentina-Inghilterra, con tutto quel che si portava dietro, dalla mano de dios dell'86 alla sceneggiata di Simeone del '98 e sullo sfondo tutto il resto che sappiamo. Il fatto è anche che quell'unico fischio di differenza è proprio quello che la differenza l'ha fatta, quando mancava poco più di un minuto alla fine del primo tempo. Pure, non ci ha pensato un istante il nostro Collina. Piazzato, tanto per cambiare, in posizione ideale per decidere, Collina ha visto la gamba di Pochettino alzarsi d'istinto per intercettare quella di Owen. (8 giugno 2002)
- Questo non consolerà certo la Juventus, ma almeno la lotteria dell'Old Trafford è servita a sfatare la leggenda secondo cui, con l'eccezione degli ultimi Europei, sono gli italiani i più tremebondi dal dischetto nelle occasioni che contano. Gli errori di Donadoni e Serena nella semifinale di Napoli '90, quelli di Baresi, Massaro e Baggio a Pasadena '94, di Albertini e Di Biagio a Parigi '98: lapidi scolpite nel muro del pianto del calcio italiano. Stavolta no. (30 maggio 2003)
- Alla premiata ditta Bergamo-Pairetto «viene da sorridere». Beati loro, e la loro divertita serenità. Erano altrettanto sereni quando Paolo Casarin raccontò che la cosiddetta via italiana al fuorigioco era in realtà un vicolo cieco: poi, quando l'Uefa confermò parola per parola la tesi di Casarin, il buonumore non tardò a dissolversi. (14 aprile 2004)
- Erano indiani, per davvero. O figli della rivoluzione del '68, o profeti di una dottrina che avrebbe cambiato per sempre il modo di fare calcio. E il loro capo-tribù si chiamava Rinus Michels. (4 marzo 2005)
- Due cose importammo dalla Svizzera in quei primi anni del secondo dopoguerra: il catenaccio e il totocalcio. Il destino volle che entrambi gli importatori fossero non solo triestini ma anche coetanei: Nereo Rocco, 20 maggio 1912, e Massimo Della Pergola, 11 luglio. Con questa prima differenza. Che si discusse a lungo, all'epoca, se a tradurre per prima in catenaccio il verrou elvetico fosse davvero stata la Triestina del paròn o non piuttosto la Salernitana di Gipo Viani. Mentre nessuno pote' mai mettere in dubbio la primogenitura del giornalista. E con quest'altra. Che se il catenaccio rappresentò, per qualche decennio, il marchio di fabbrica del calcio italiano ma anche il suo limite, il Totocalcio finì per diventare il volano dell'intero movimento sportivo nazionale. (14 marzo 2006)
- Adesso che è andata, lo si può anche dire: peccato aver sprecato la preziosa chance di un arbitraggio messicano in una partita rivelatasi tutto sommato abbastanza semplice. Quello di ieri è stato infatti il quarto nelle fasi finali dei Mondiali. E anche in questo caso l'Italia ha vinto. In precedenza era toccato a Yamasaki, nello storico Italia-Germania 4-3 del '70, poi a Codesal, Italia-Stati Uniti a Roma nel '90, poi ancora a Brizio nel '94, Italia-Nigeria 2-1 con la rimonta firmata da Baggio. Con il signor Archundia, dunque, è continuata la tradizione favorevole. (23 giugno 2006)
Il Sole 24 ore
modifica- La volta che a San Siro scoppiò un grande applauso perché finalmente, dopo anni, aveva sbagliato un passaggio. O quell'altra che da fuori area colpì la traversa così forte, ma così forte, che il pallone rimbalzò oltre la metà campo e il Milan rischiò di prender gol in contropiede. Quante razioni di buonumore, caro vecchio Nils, e quante lezioni di calcio, in campo e fuori. Con quella maschera alla Buster Keaton e quell'italiano sussurrato che nemmeno dopo cinquant'anni e passa di residenza contemplava i verbi ausiliari e certe consonanti: loro abastansa bene; noi jocato melio. Un signore prima che un campione. Un educatore prima che un allenatore. (6 novembre 2007)
- La fatalità e la premeditazione. La tragedia dell'errore di un istante che diventa alibi per ore e ore di follia. Ma qualcuno può davvero immaginare, non dico pensare seriamente, che uno sventurato agente della stradale volesse uccidere un ragazzo di 26 anni tranquillamente seduto in macchina? (12 novembre 2007)
- Da noi, per una serie di ragioni che fanno capo a uno staterello piazzato proprio nel centro della capitale, è invece prassi ormai consolidata santificare anche calcisticamente la ricorrenza pasquale, anticipando il campionato al sabato. Che da un lato è una bazzecola rispetto, come dire, ad altri oneri condominiali: dall'altro una buona idea dal punto di vista familiare. (18 marzo 2008)
- Finale tra le più strane che ricordi. Dieci minuti scarsi di Manchester, anzi di Cristiano Ronaldo, poi quel gol in coproduzione tra Eto'o e Van der Sar e da lì in poi ottanta di Barcellona, via via più convinto mano a mano che gli inglesi sparivano dal campo. Difficile dire se siano stati più i meriti del Barca o i demeriti degli altri. (28 maggio 2009)
- Ho avuto la (s)ventura di assistere dal vivo a uno dei falli più brutali della storia del calcio moderno. Lo commise il portiere tedesco Schumacher, in uscita sul francese Battiston nella semifinale mondiale di Siviglia a Spagna '82. Battiston finì all'ospedale con una lesione alla vertebra cervicale, dopo averci rimesso alcuni denti. E quel bastardo di portiere non solo non fu nemmeno ammonito, ma rimise subito il pallone in gioco mentre Platini e gli altri soccorrevano il loro compagno svenuto. (3 settembre 2009)
E continuano a chiamarlo calcio
modifica- Platini alla guida dell'Uefa è la prima, storica ricaduta nella realtà di un'utopia antica: il calcio ai calciatori. Non è detto sia la panacea. Ma è certamente un segnale, dopo anni di calcio ai mestatori, agli affaristi, agli avventurieri. Le fughe in avanti del più o meno recente passato non contano: un uomo che viene dal campo è il primo a sapere che non è più pronosticabile un deciso passo indietro. Il problema semmai, ma è un nostro problema, è che Platini è a Nyon. E nemmeno ci sarebbe se fosse dipeso dal voto italiano, come sempre innovatore e lungimirante. Mentre qui i Rivera, gli Zoff, anche gli Albertini sono a casa loro. E alle porte del palazzo tornano a bussare, con modalità a volte subdole e altre volte prepotenti, quelli che il calcio lo hanno ridotto nello stato che sappiamo. (Introduzione)
- Il capo d'imputazione non è aver venduto il calcio alla tv. Quello era un passaggio obbligato, inevitabile, che ha riguardato l'intera Europa calcistica. È non aver saputo creare i presupposti di una civile convivenza tra il calcio da salotto e quello da tribuna, come negli altri paesi è accaduto. In nome e per conto di un intreccio di conflitti d'interessi non compatibile con un paese civile. [...] Ma questo accade, anche, perché a fronte di una comodità proposta a prezzi ragionevoli c'è un'offerta stadio scomoda, cara quando non carissima, e soprattutto pericolosa. Mentre, a parità di overdose tv, in Germania, Inghilterra, Spagna gli stadi continuano ad essere pieni, con modeste oscillazioni da un campionato all'altro, all'insù e un po' all'ingiù. In Germania non siamo lontani dai quarantamila, in Inghilterra dai trentacinquemila, la Spagna viaggia intorno ai trentamila. Persino la Francia, dove il football segue a ruota il rugby, ci guarda dall'alto in basso. (cap. In fuga dagli stadi)
- Durò un paio di giorni, per la verità, anche lo scarico di responsabilità da parte della squadra, sotto forma di tiro al bersaglio dell'arbitro Moreno. Ma poi, salvo qualche eccezione, il comune senso del pudore, prima ancora del fair play, riprese il sopravvento e si cominciò a riconoscere che se gli arbitraggi rassicuranti, oltre che davvero imparziali, sono oggettivamente diversi, ancor più diverse sono le congiure. Quando una squadra deve perdere, secondo quanto cercarono di farci credere, non arriva a giocarsi due match-ball come quelli di Vieri e Gattuso a pochi minuti dalla fine. La fermano prima, alla maniera di Aston in Cile. La Rai invece, impavida, andò avanti per settimane. E più passavano i giorni, più grosse le sparava. Sino a quella, davvero memorabile, dell'azione per danni alla Fifa. Il presupposto era, ovviamente, che Byron Moreno fosse il braccio armato di Blatter, investito della missione di far andare avanti, a qualunque costo, la squadra di casa. (cap. La cultura della sconfitta)
- In stagioni normali l'indice di sgradimento vede al primo posto la Juventus, per ragioni cromosomiche dunque indipendenti dalla mia volontà, seguite dalle altre due appaiate: facciamo quaranta, trenta, trenta. Ma per un certo tempo al quaranta è salito il Milan, per ragioni politiche altrettanto indipendenti dalla mia volontà. Mentre oggi la maggioranza relativa spetta all'Inter perché se chiagne e fotte un napoletano mi diverte; un milanese, meno. E così l'outing è completo. (cap. Complimenti per la trasmissione)
Note
modifica- ↑ a b Da L'ottavo meraviglia, Guerin Sportivo nº 18 (793), 2-8 maggio 1990, pp. 20-23.
- ↑ Da Bagigalupo, Valerio, Enciclopedia dello Sport, Treccani, 2002.
- ↑ Da Addio Pietro Anastasi, simbolo della Juve Anni 70, lastampa.it, 18 gennaio 2020.
Bibliografia
modifica- Gigi Garanzini, E continuano a chiamarlo calcio, Mondadori, 2007. ISBN 9788804567332
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