Washington Irving

scrittore statunitense

Washington Irving (1783 – 1859), scrittore statunitense.

Washington Irving

Citazioni di Washington Irving

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  • Gli uomini che in casa sottostanno alla disciplina di una moglie bisbetica sono appunto quelli che, fuori, sono più concilianti e ossequiosi.[1]
  • Gli spiriti piccini sono domati e soggiogati dalla calamità; ma i grandi si librano su di essa.[2]
  • In una città marittima presentan l'onde irresistibili attrattive all'ardente curiosità della gioventù, la cui immaginazione mille lusinghieri prestigi viensi ognora formando. Per lei tutto è vago, tutto è invidiabile al di là dei flutti. E Genova, fortificata e ristretta in verso il nord da scoscese montagne, offria picciol campo alle terrestri imprese. Cangiava ella di scena. L'avido genio del commercio guidava i figli di lei sul propizio elemento a cercar tesori di contrada in contrada; nè sol tesori cercavan essi, che l'errante patrio naviglio spesso facea pentire sui flutti, chi l'insultava, e spargendo il terrore sulle più remote spiagge carco di gloria e di bottino tornava ai patrii lidi. Il Foglietta nella sua storia di Genova ci pinge la gioventù di quella Repubblica come estremamente avida di girne errando in cerca di fortuna, coll'intenzione di far poscia alla patria ritorno; ma soggiunge, che di venti i quali con sì fatto pensiero partiano, appena due il poneano ad effetto, morendo gli altri, od accasandosi in paesi stranieri, o lungi fermandosi pel timore delle civili discordie che tanto travagliavano la Repubblica.[3]
  • L'ospitalità sincera proviene direttamente dal cuore: è impossibile definirla, ma si percepisce all'istante e il nuovo arrivato si sente subito a suo agio.[4]
  • Quando i tuoi amici cominciano a complimentarsi per la tua aria giovanile, puoi star certo che pensano che stai invecchiando.[5]
  • Una lingua affilata è il solo strumento tagliente che, con l'uso, migliori il filo.[6]

La leggenda di Sleepy Hollow

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La corsa di Ichabod Crane

Lamberto Gramisch

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In seno a una di quelle vaste anse che segnano la riva orientale dell'Hudson, dove il fiume si espande in quel vasto specchio d'acqua che gli antichi navigatori olandesi chiamarono il Tappaan Zee, e dove essi sempre ammainavano prudentemente le vele e si raccomandavano alla protezione di san Nicola, sorge una cittadina, un porto rurale, chiamata da alcuni Greensburgh, ma in generale più propriamente conosciuta come Tarry Town. Si dice che questo nome le sia stato attribuito anticamente dalle massaie dei dintorni, per l'inveterata abitudine dei loro mariti di fermarsi alla taverna del villaggio nei giorni di mercato. Sia come sia, io non garantisco l'autenticità del fatto, ma ho voluto ricordarlo perché mi piace essere veritiero e preciso.

Alessandro Rossi

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Nel cuore di una di quelle ampie baie che si affacciano sulla riva orientale dell'Hudson, dove il fiume si allarga per formare l'ansa che gli antichi navigatori olandesi chiamavano Tappaan Zee, e dove essi prudentemente ammainavano le vele e invocavano la protezione di san Nicola quando l'attraversavano, si trova una piccola cittadina mercantile o porto rurale che alcuni chiamano Greensburg, ma che, più comunemente e opportunamente, va sotto il nome di Tarry Town. Si narra che l'origine del nome sia da attribuire alle brave mogli del luogo, per via dell'inveterata abitudine dei loro mariti di frequentare, durante i giorni di mercato, la taverna del villaggio. A ogni modo, non garantisco l'autenticità di queste informazioni, mi limito a riferirle per amor di accuratezza e correttezza. (p. 5)

Citazioni

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  • Se mai dovessi desiderare un rifugio per scappare dal mondo e dalle sue distrazioni, per impiegare il resto della mia vita tormentata a sognare in tranquillità, non mi viene in mente luogo migliore di quella piccola vallata.
    A causa della placidità indolente del posto e del carattere peculiare dei suoi abitanti, tutti discendenti dei primi coloni olandesi, questa valle isolata è da lungo tempo conosciuta con il nome di Sleepy Hollow [...]. Un'atmosfera sonnacchiosa e onirica avvolge questa terra e ne pervade l'aria. Alcuni raccontano che sul luogo venne lanciato un sortilegio da parte di un esimio dottore tedesco agli albori dell'insediamento; altri sostengono che un vecchio capo indiano, il profeta o lo sciamano della sua tribù, celebrasse lì i suoi rituali, prima che il paese venisse scoperto dal capitano Hendrick Hudson. Quel che è certo è che il posto continua a subire l'influenza di un qualche incantesimo, capace di stregare le menti delle brave persone che vi dimorano, portandole ad andare in giro in una perenne condizione trasognata. (2012, pp. 7-8)
  • [Descrivendo Ichabod Crane] Il suo cognome, Crane, ovverosia "gru", era intonato alla sua persona. Era alto ma troppo esile, di spalle strette, con braccia e gambe lunghe, mani che penzolavano a un miglio di distanza dalle maniche e piedi che avrebbero potuto essere usati come pale; il suo fisico nel complesso pareva essere tenuto insieme da nodi troppo lenti. Aveva la testa piccola e piatta in cima, con enormi orecchie e grandi occhi verdi e freddi, e un lungo naso da beccaccino, tanto che ricordava un gallo segnavento issato su un'asta lunga e sottile per indicare la direzione in cui spira la brezza. A scorgerlo mentre risaliva a grandi falcate il profilo di una collina in una giornata ventosa, con gli abiti gonfi e svolazzanti, lo si sarebbe potuto scambiare per un demone della carestia sceso sulla terra, o magari per uno spaventapasseri fuggito da un campo di grano. (2012, pp. 11-12)
  • A dirla tutta, era un uomo coscienzioso, che aveva sempre in mente la regola d'oro: "Risparmia la verga e vizierai il bambino"; e gli alunni di Ichabod Crane di certo non erano viziati. (2012, pp. 13-14)
  • Di solito il maestro di scuola è una figura di una certa importanza tra le donne di una comunità rurale; è considerato una sorta di indolente gentiluomo, di gusti e modi di gran lunga superiori a quelli dei rozzi corteggiatori di campagna e, di fatto, inferiore solo al parroco per erudizione. (2012, pp. 17-18)
  • [...] e lui avrebbe avuto una vita felice, a dispetto del Diavolo e delle sue opere, se il suo cammino non avesse incrociato quello di una creatura che per un comune mortale è causa di maggior sgomento di qualunque fantasma, spettro e dell'intera genia delle streghe messi assieme: una donna. (2012, p. 23)
  • Davanti alla porta del granaio avanzava fiero e impettito il valoroso gallo, marito modello, combattente e impeccabile gentiluomo. Batteva le sue ali brune e cantava con il cuore felice e traboccante di orgoglio, mentre grattava per terra con vigorose zampate e poi generosamente chiamava a raccolta la sua famiglia di mogli e figli sempre affamati, per condividere il buon bocconcino che aveva trovato. (2012, p. 26)
  • Confesso di non sapere come si corteggino e si conquistino i cuori delle donne. Per me sono sempre stati un mistero e motivo di ammirazione. Alcuni sembrano avere un solo punto debole, un'unica via d'accesso; mentre altri hanno migliaia di viali e possono esser catturati in mille modi diversi. Aver ragione dei primi è testimonianza di eccezionale abilità, ma prova ancor migliore di grandi capacità belliche è tenere in pugno quelli del secondo tipo, perché l'uomo deve presidiare ogni porta e finestra.
    Pertanto, chi conquista migliaia di cuori comuni si è meritato un qualche riconoscimento, ma colui che esercita il suo dominio sul cuore di una donna civettuola è davvero un eroe. (2012, p. 37)
Giuro di non sapere come si faccia a prender d'assalto e a vincere i cuori delle donne. Per me sono sempre stati incomprensibili e meravigliosi. Alcuni sembrano avere solo un punto vulnerabile, una sola porta d'accesso, mentre altri hanno mille viali, e si possono conquistare in mille modi differenti. (1992, pag. 67)
  • L'animale che egli cavalcava era un cavallo rovinato dall'aratro, che con l'età aveva perduto ogni bella qualità, ma conservato tutti i vizi; era magro e irsuto, con un collo da pecora ed una testa a forma di martello, la criniera spelacchiata e la coda erano tutte aggrovigliate con bacche spinose; un occhio era senza pupilla, e guardava fisso come quello di uno spettro, ma l'altro conservava un luccichio davvero diabolico. Pure, a giudicare dal suo nome, «Polvere da sparo», doveva essere stato un tempo un cavallo focoso e vivace. (1992, pag. 71)
  • Tutti coloro che non capivano la fatica del lavoro intellettuale pensavano che vivere come lui fosse meravigliosamente facile.

Le vecchie massaie, tuttavia, che di questi fatti sono sempre i giudici più competenti, continuano ancora oggi a sostenere che Ichabod sia scomparso per ragioni soprannaturali; nel vicinato la sua è una delle storie più raccontate durante le serate invernali, davanti al fuoco. Il ponte divenne ancora di più oggetto di una superstiziosa soggezione e forse per questo motivo negli ultimi anni la strada è stata deviata, sicché ora la chiesa la si raggiunge costeggiando la gora. La scuola, deserta, ben presto cadde in rovina, e si dice che sia tormentata dal fantasma del povero maestro; i giovani contadini che nelle serate estive tirano tardi per la strada, riferiscono di aver spesso udito in lontananza la sua voce, mentre canta un malinconico salmo nella tranquilla solitudine di Sleepy Hollow. (2012, pp. 74-75)

Lo straniero misterioso

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  • Appena entrato in quel porto attraversando i due moli che lo rinchiudono, e in prospetto ad un anfiteatro di palagi e tempii e sontuosi giardini che s'innalzavano in bell'ordine l'uno su l'altro, lì m'accorsi quanto diritto avesse cotesta città al suo tìtolo di Genova la Superba. (p. 24)
  • Quando attraversai Strada Balbi e Strada Nuova, quelle strade tutte palagi, arrestando con istupore lo sguardo sul lusso d'architettura che si estendea per ogni parte d'intorno a me; e quando su l'imbrunire del giorno mi trovai passeggiando fra una bella e giuliva calca di gente che andava a diporto lungo i viali cui fa ombra un curvilineo filare di alberi su la piazza dell'Acqua Verde, o fra i colonnati e i terrazzi de' maestosi giardini Doria, io pensai ch'uomo non potesse altrove, fuorché in Genova, esser beato. (p. 24)
  • Oh quante volte mi diportai lungo i pittoreschi lidi di Sestri, quante volte ne salii gli alpestri gioghi, d'onde io contemplava e quella costa ingemmata di pompose ville, e dinanzi a me l'azzurro mare, e sul suo romantico promontorio la gentile architettura del faro di Genova in lontananza [...] (p. 32)
  • Prospero fu il nostro viaggio; e oh! qual estasi mi rapì nell'alba di quel giorno in cui mi si pararono innanzi le boscose cime degli Appennini che quasi a guisa di nubi circondavano l'orizzonte. Una grata aura estiva increspava a seconda il flutto che ci traea verso Genova. Avvicinatasi a noi per insensibili gradi, surse dall'argenteo seno del mare, quasi creata da un incanto, la costa di Sestri, e con essa la serie di ville e superbi palagi che tutta abbellivano quella riva. (p. 42)
  1. Da Rip Van Winkle, p. 6.
  2. Citato in Fernando Palazzi, Silvio Spaventa Filippi, Il libro dei mille savi, Hoepli, Milano, 2022, n. 1827. ISBN 978-88-203-3911-1
  3. Da Storia e viaggi di Cristoforo Colombo, Giulio Bestetti, Milano, cap. I, p. 10
  4. Da La vigilia di Natale, ne Il mistero di Sleepy Hollow e altri racconti.
  5. Da Bracebridge Hall; citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894
  6. Da Rip van Winkle, ne Il mistero di Sleepy Hollow e altri racconti.

Bibliografia

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  • Washington Irving, Il mistero di Sleepy Hollow e altri racconti, traduzione di Chiara Vatteroni, Newton Compton, Roma, 2011. ISBN 9788854131460
  • Washington Irving, La leggenda di Sleepy Hollow, traduzione di Alessandro Rossi, Felici Editore, 2012. ISBN 978-88-6019-598-2
  • Washington Irving, Lo straniero misterioso, Ant. Fort. Stella e Figli, Milano, 1826,
  • Washington Irving, Rip Van Winkle. La leggenda della valle addormentata, traduzione di Lamberto Gramisch, TEA, 1992. ISBN 9788878192928

Voci correlate

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