Valentino Mazzola

calciatore italiano (1919-1949)

Valentino Mazzola (1919 – 1949), calciatore italiano.

Valentino Mazzola

Citazioni di Valentino Mazzola modifica

  • È stato molto meglio aver scelto l'Alfa Romeo; se fossi andato al Milano avrei percepito lo stipendio, allora assai notevole, di 100 lire mensili e non avrei lavorato. Meglio assai lavorare: con l'ozio c'era il pericolo di rovinare la mia passione, veramente sana, per il calcio e per la mia carriera.[1]

Citazioni su Valentino Mazzola modifica

  • Ancora adesso, se debbo pensare al calciatore più utile ad una squadra, a quello da ingaggiare assolutamente, non penso a Pelè, a Di Stefano, a Cruyff, a Platini, a Maradona: o meglio, penso anche a loro, ma dopo avere pensato a Mazzola. (Giampiero Boniperti)
  • Caro Valentino, capitava in quegli anni che la squadra battesse la fiacca, succedeva anche allora. Allora una tromba suonava la carica e vedevamo capitan Valentino Mazzola rimboccarsi le maniche della maglietta. Da quel momento sembrava che in campo ci fosse un'invasione di maglie granata e i gol fioccavano. (Ora e per sempre)
  • E poi avevo... avevo finalmente capito qual era il segreto di Valentino Mazzola, quel famoso "quarto d'ora" [granata] non esiste soltanto sui campi di calcio. Vede, esiste anche nella vita ed è quando ti devi rimboccare le maniche, quando... proprio come faceva lui, il capitano... quando capisci che tutto quello che fai deve andare nella direzione giusta. (Il Grande Torino)
  • Era un traccagno di piccola statura e tuttavia così dotato atleticamente da strabiliare. Scattava da velocista, correva da fondista, tirava con i due piedi come uno specialista del gol, staccava e incornava con mosse da grande acrobata, recuperava in difesa, impostava l'attacco e vi rientrava spesso per concludere. Era insieme regista e match-winner. (Gianni Brera)
  • Ho fatto appena in tempo ad apprezzare da vicino lo straordinario talento di Valentino. In Italia non c'è mai stato un calciatore completo come lui. Né prima, né dopo. (Amedeo Amadei)
  • Il padre di Sandro era la vera differenza del Grande Torino. Faceva tutto, segnava, correva, comandava. (Mario Sconcerti)
  • In Valentino Mazzola vedevano tutti il meglio del nostro calcio sopravvissuto alla guerra. (Gianni Brera)
  • Lui guadagnava il doppio dei suoi compagni perché erano loro a volere così, spiegando che se Valentino si sentiva appagato era più facile vincere. (Ferruccio Novo)
  • Si giocava un derby, ero centravanti, segnavo molto. Segnai anche quella volta: o meglio, fui certo di aver segnato, perché battei in rete a colpo sicuro. Alzai le braccia al cielo, le abbassai, me le misi nei capelli. Sulla linea era sorto, materializzandosi dal nulla, Valentino Mazzola, aveva fermato il mio tiro, aveva stoppato il pallone. Tornai verso il centro del campo con la testa china, ero deluso, quasi disperato. Avevo fatto pochi passi, ricordo, avevo appena superato il limite dell'area di rigore granata, quando alzai gli occhi, come avvertito da un boato progressivo che invadeva il campo. Mazzola si era già materializzato là, vicino alla mia porta, e segnava! (Giampiero Boniperti)

Gianpaolo Ormezzano modifica

  • Quando Barassi, durante l'orazione funebre, lesse la formazione, ci fu come sempre, anche in lui, un modo diverso di dire «Mazzola». Proprio come fanno adesso, in certi stadi, certi speakers tifosi. Valentino Mazzola era il Grande Torino. Nessuna offesa a nessuno se si dice che gli altri, tutti gli altri, compreso Maroso dalla classe immensa, erano calciatori che avevano la fortuna di giocare con lui. D'altronde, i primi a parlare così erano loro, i giocatori granata. Era Mazzola che guardavano quando, poche volte, perdevano, era da lui che andavano quando un gol, anche segnato da un altro, faceva vincere la partita. Valentino Mazzola non era quel che si dice un bellissimo atleta. Non alto, un po' tozzo. Il viso sì era bello, intenso. Il biondo non era troppo biondo, dava sul rosso.
  • Valentino saltava di testa come nessuno, toglieva il pallone anche ai giganti. Il tackle era sempre suo [...]. I suoi tiri non erano speciali, ma esatti, forti il giusto. Il suo correre unico. Più che un correre, un onorare appuntamenti col pallone, noti solo a lui e alla sfera: gli altri non ci arrivavano. La quantità di palloni che Mazzola toccava, portava avanti, passava, lavorava in una partita era enorme. Uno solo lo ha avvicinato: Di Stefano. Ma all'argentino i compagni passavano la palla come per un ordine: Mazzola no, andava a cercarsela, non gradiva quei tocchetti di appoggio che pure molti assi chiedono. La forza di Valentino Mazzola era comunque fatta di tante normalità esaltate. Lui non eseguiva numeri pirotecnici, funambolici: correva, come correvano tanti, ma più costantemente di tutti; contrastava, come da copione, ma il suo tackle era sempre «gridato», da attore che vuole farsi sentire da tutto il teatro; di testa, già detto, era un combattente; e trascinava trascinava trascinava. Ognuno, vedendolo giocare, pensava di poter fare quello che faceva lui: come non accadde vedendo giocare Sivori, e adesso Maradona. Il problema era farlo sempre, e sempre al massimo, e insufflando gioco nei compagni.
  • Chi lo conosceva bene lo diceva nel privato chiuso, difficile, introverso, di poche parole e di idee appena essenziali. Coi tifosi era quasi solare, per loro la sua voce, al Filadelfia, quando Valentino guidava anche le partite di allenamento, era bellissima: anche se era strana, un po' chioccia. È possibile che nasca un altro come lui. È possibile: però Boniperti e anche chi scrive dicono che come Mazzola non hanno visto più nessuno.

Note modifica

  1. Da un estratto del suo diario, 1938; citato in Giulio Crosti, Valentino racconta... un libro di memorie di Mazzola raccolte da Giusi Cutrona, l'Unità, 17 maggio 1950, p. 6.

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