Rivoluzione arancione
movimento di protesta sorto in Ucraina all'indomani delle elezioni presidenziali del 21 novembre 2004
Citazioni sulla rivoluzione arancione.
Citazioni
modifica- Ciò che è successo in Ucraina, è un tentativo di affrontare quelle cose che non erano state affrontate negli anni precedenti. L’Ucraina non ha vissuto una rivoluzione come quella russa, in cui i cambiamenti sono stati molto più radicali, seri e anche pericolosi. [...] Spero che in Ucraina non debbano vivere tutto questo nella stessa forma. Dio gliela mandi buona! (Egor Timurovič Gajdar)
- Da mesi era chiaro che gli Usa puntavano a capovolgere gli equilibri ucraini. Yushenko e l'opposizione hanno sempre fatto politica usando leve occidentali. Non ho prove sui milioni di dollari americani spesi nella campagna elettorale: ma i finanziamenti a istituti ed enti che sostenevano le spinte democratiche, purché vicine a Yushenko, sono verificabili. Solo un cieco può negare che egli goda di un amore particolare da parte di Usa e Ue. (Viktor Janukovyč)
- Il problema ora è non distruggere l'Ucraina. Ripetere una sfida tra me e il capo dell'opposizione equivarrebbe a precipitare il Paese in una nuova fase di conflitto. Io e Yushenko dobbiamo trovare il coraggio di ritirarci. (Viktor Janukovyč)
- Il silenzio glaciale con cui l'Italia politica accolse quell'evento storico, l'assoluta negligenza sconfinante nel disprezzo con cui Yushchenko fu ignorato per tutto il quinquennio del suo potere (anche da Prodi e D'Alema, al governo nel 2006-08) hanno dell'inspiegabile, né serve a comprenderli il discorso delle forniture di gas russo e quant'altro. Per intenderci, basti dire che non si sono mai registrate battute cretine di Berlusconi su Yuliya Tymoshenko, l'altra figura di rilevo della rivoluzione arancione e più volte primo ministro; che la stessa non è mai stata invitata in Italia, né Berlusconi ha mai messo piede a Kiev, mentre Prodi ci si è recato solo in quanto presidente della commissione europea. (Federigo Argentieri)
- In Ucraina, alla fine del 2004 e nei primi giorni del 2005, il rovesciamento non violento del regime totalitario appoggiato da Mosca, grazie alla folla accampata in piazza Indipendenza a Kiev, fu una grave disfatta per Putin. Annullò il suo impulso di reinventare l'Unione Sovietica installando amministrazioni fantoccio negli Stati satelliti. Ma c'era dell'altro: la rivoluzione arancione fornì un modello per un cambiamento di regime nella stessa Russia. (Aleksandr Goldfarb)
- L'intera Russia era come folgorata dallo spettacolo di Kiev. L'anno precedente, la rivoluzione georgiana aveva attirato relativamente poca attenzione, ma ora la rivoluzione ucraina faceva sospettare, o forse sperare, che potesse esserci un modello da seguire. Potrebbe accadere anche in Russia? L'immaginario popolare ignorava le differenze fondamentali tra i due paesi. In Ucraina, ad esempio, le istituzioni si erano sviluppate, mentre quelle russe erano state svuotate di potere durante il primo mandato di Putin. E in Ucraina c'era una Corte suprema operativa e indipendente che poteva intervenire in caso di stallo, mentre l'equivalente russo, la Corte costituzionale, era stata di fatto assoggettata al potere esecutivo. (Maša Gessen)
- Nell'anno precedente alla rivoluzione in Ucraina non ho smesso di viaggiare e di parlare dovunque di un imminente cambiamento politico in quella repubblica. Molti non ci credevano e dicevano che l'Ucraina era troppo legata alla Russia. (Mikheil Saak'ashvili)
- Quando le elezioni del 2004 sono state falsificate, non importava se fossi moldavo, rumeno, polacco, ucraino o russo, ciò che contava era reagire ai brogli. La Rivoluzione arancione è stata il primo passo. Poi la Russia ha completato l’opera invadendo il Donbass nel 2014 e l’Ucraina nel 2022. (Andrej Kurkov)
- Quanto accaduto in Ucraina in coda al 2004 ha segnato la fine della Grande Depressione politica russa: è storia. L'opinione pubblica si è risvegliata dal torpore e ha invidiato con tutte le forze la piazza di Kiev, Majdan Nezaležnosti [piazza dell'Indipendenza]. «Perché non facciamo come loro, accidenti?» ci si ripeteva l'un l'altro. «Siamo così simili, eppure...». (Anna Stepanovna Politkovskaja)
- Kuchma e i suoi clan criminali hanno sottovalutato la gente ucraina e hanno perso. Volevano vendicarsi facendo crollare l'economia del Paese. Non glielo abbiamo permesso.
- I brogli sono stati colossali. Pensavo però che la Corte avrebbe rinviato la palla a Kuchma, l'uomo da cui è sempre stata controllata. Un'era è davvero finita: i giudici hanno lavorato secondo la legge.
- Il regime che ha governato l'Ucraina per 14 anni è ai suoi ultimi giorni. Da cent'anni a questa parte non si era mai vista una rivolta pacifica simile: credo sia giusto paragonare quanto è successo alla caduta dell'Unione sovietica, o del Muro di Berlino.
- La gente è pronta a rimboccarsi le maniche. Questi giorni ci hanno cambiato. Siamo un popolo diverso, spinto dal coraggio di una nuova generazione.
- La rivolta ha formato una società: quelli che abbiamo visto non erano semplici elettori, ma cittadini decisi a difendere i loro diritti.
- Questa gente merita una festa, dopo 13 anni di regime seguìto a settanta di dittatura. Senza la volontà incrollabile del popolo nulla sarebbe cambiato. Sono stati dodici giorni nella neve, hanno dormito in tende gelide per non abbandonare le piazze. Hanno dato una lezione di civiltà al mondo: non un gesto di violenza, un vetro rotto, un furto. Solo parole di pace.
- Il fatto è che la politica seguita da Putin porterà a un deterioramento dei rapporti tra Russia e Ucraina. Gli elettori di Kiev avevano, prima, l'opinione che Putin fosse leale. Ma dopo che ha riconosciuto i risultati ufficiali elettorali, la gente è delusa.
- La situazione è estremamente negativa, poiché Putin si trova accanto a personaggi come Lukashenko e Milosevic, i soli ad applaudire all'elezione di Yanukovic.
- Le forze democratiche ucraine sono di esempio a quelle russe che sono state schiacciate e sono in crisi. L'esempio ucraino può suggerirci qualcosa.
- Di fronte alla crisi ucraina, l'Europa deve svolgere un ruolo di mediazione, con l'obiettivo dichiarato di raggiungere una soluzione politica che eviti sanguinose lacerazioni, avendo ben chiaro che l'Ucraina non è il Kosovo e che una spaccatura del Paese e la sua frantumazione statuale potrebbero determinare, sul piano geostrategico, effetti di destabilizzazione ancor più devastanti di quelli che possono scaturire dal conflitto nel Caucaso.
- I candidati che si contendono il potere sono due: uno, Jushenko, viene considerato filo-occidentale; l’altro, Janukovic, è ritenuto filo-russo, e Mosca si è schierata apertamente in favore di quest’ultimo, anche se forse avrebbe fatto meglio ad assumere una posizione più neutrale. Se anche in Ucraina - come è già avvenuto in Georgia, quando a Shevarnadze è succeduto il filo-americano Saakashvili - dovesse vincere il candidato filo-Usa, questo rappresenterebbe un altro punto dolente per la politica estera di Putin nell’area ex-sovietica.
- Le elezioni presidenziali hanno fatto emergere, in tutta la sua drammaticità, tensioni etniche, culturali, religiose, oltre che politiche, che hanno segnato l'Ucraina fin dai giorni della sua indipendenza, nel 1991. Differenze che non possono essere schematizzate appiccicando l'etichetta di “filo-russo” a Viktor Yanukovich e di “filo-occidentale” a Viktor Yushenko. Non siamo di fronte a due “marionette” manovrate da Mosca o da qualche cancelleria occidentale. La realtà è ben più complessa: a confrontarsi, e scontrarsi, sono due parti del Paese, due metà, storicamente diverse: quella orientale, legata alla Russia sul piano culturale, linguistico e soprattutto - attraverso il patriarcato ortodosso - religioso; sul fronte opposto, c'è la parte occidentale del Paese, con i suoi profondi legami con la Polonia e con l'Europa centro-occidentale. Una spaccatura che ha anche connotati economici: per l'Ucraina orientale, fondamentalmente agricola, la parte più povera del Paese, la Russia, nonostante la crisi economica che l'attraversa, rappresenta comunque un punto di riferimento, un modello a cui tendere.
- Come dev'essere [...] allarmante, per gli uomini che compongono la struttura di potere costruita da Putin in questi anni, la vista di folle immense riversatesi nelle strade per manifestare in nome della democrazia. Per i "cekisti", come si chiamano tra loro gli ex ufficiali del Kgb insediati al Cremlino, l'"ordine" (il concetto e la pratica dell'ordine) costituisce l'essenza stessa del proprio ruolo. Ed eccoli oggi assistere, proprio ai bordi della Federazione russa, quasi sulla porta di casa, all'esplosione d'un enorme "disordine". Quel che era accaduto un anno fa in Georgia, che adesso si ripete a Kiev, e che un giorno potrebbe succedere a Mosca.
- Dopo la rivolta di Kiev, il vertice del regime russo era apparso molto preoccupato. Aveva capito che la folla, anche se inerme, può esercitare una pressione politica irresistibile. Aveva appurato che i servizi d'informazione e le Ong occidentali non erano stati estranei nella genesi di quelle grandi manifestazioni e anzi vi avevano contribuito con consulenze organizzative e finanziamenti. E s'era quindi messo a riflettere seriamente su come sventare in anticipo, ancor prima che si producessero delle vere turbolenze, un'eventuale ripetizione dei moti di Kiev.
- L'interesse di tutti è che la crisi resti circoscritta. Ma gli abbracci all'«amico Vladimir», l'illusione d'una Russia intenzionata ad una sempre maggiore integrazione negli organismi occidentali, appartengono ormai al passato. Gli umori sono cambiati in Occidente, dove d'ora in poi nessuno fingerà più di non vedere l'involuzione autoritaria del sistema politico russo; e sono cambiati in Russia, dove uomini assai vicini a Putin già accusano apertamente i servizi segreti americani d'aver finanziato e montato la protesta di massa a Kiev.
- La lunga turbolenza ucraina e i rischi che comportava hanno intanto provocato una serie di bruschi contraccolpi sulla scena internazionale. I rapporti tra Europa e Russia, e quelli tra Russia e Stati Uniti, non sono più gli stessi di due settimane fa. Su ogni versante sono state pronunciate parole grosse, le più aspre da molti anni a questa parte, e anche se a Kiev si dovesse profilare una soluzione accettabile per tutti, la polemica esplosa tra Mosca e le capitali dell'Occidente avrà comunque lasciato uno strascico di sospetti, diffidenze e risentimenti.
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