Philip Roth

scrittore statunitense

Philip Milton Roth (1933 – 2018), scrittore statunitense.

Philip Roth nel 1973

Citazioni di Philip Roth

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  Citazioni in ordine temporale.

  • Quando si pubblica un libro, esso è il libro del mondo. È il mondo a editarlo.[1]
  • [Su Franz Kafka] L'ho sempre considerato un mago, come Beckett e Bellow: quando lo leggi cerchi di entrare nella sua scrittura e nel suo mondo per capirne i segreti, senza tuttavia riuscirvi. C'è qualcosa di magico, anzi di miracoloso nel suo universo letterario. Le prime cose che ho letto sono stati i racconti.[3]
  • Ho smesso di leggere romanzi. Non ne leggo più. Leggo altre cose: storia, biografie. Non ho più l’interesse nella letteratura che avevo un tempo.[4]
  • Furono uomini come lui ad essere sbranati dalla marmaglia al potere all'epoca del maccartismo.[5]
  • Lo scrittore americano che cerchi di capire, descrivere, e rendere credibile la realtà americana della metà del XX secolo, ha davanti a sé un compito insormontabile. Questa realtà lascia sbalorditi, dà la nausea, fa infuriare, e per finire mette non poco in imbarazzo la nostra misera immaginazione. L’attualità non fa che superare il nostro talento, e quasi ogni giorno tira fuori figure che farebbero l’invidia di qualunque romanziere.[6]
  • Mattina dopo mattina per cinquant'anni, ho affrontato la pagina a venire senza difese e impreparato. L'ostinazione, non il talento, ha salvato la mia vita.[6]
  • [Nathan Englander] Riesce a parlare dell’Olocausto e dell’Undici Settembre, dell’uso delle droghe e di cosa significhi essere un genitore con una leggerezza e un acume straordinario. E riesce a comunicare, senza mai essere pesante o volgare, quanto possono essere irritanti alcuni atteggiamenti degli ortodossi. Mi piace tutto.[7]
  • È stupefacente trovarmi ancora qui, alla fine di ogni giornata. Andare a letto di notte e pensare sorridendo che "ho vissuto un altro giorno". E poi è stupefacente risvegliarsi otto ore dopo e vedere che è la mattina di un nuovo giorno, e sono sempre qui. "Sono sopravvissuto a un'altra notte", penso, e mi viene da sorridere di nuovo. Vado a dormire sorridendo e sorridendo mi risveglio. Sono molto felice di essere ancora vivo. Da quando va così, di settimana in settimana, di mese in mese da quando sono andato in pensione, mi è nata l'illusione che quest'andazzo non finirà mai, anche se ovviamente lo so che può finire da un momento all'altro. È come un gioco che faccio giorno dopo giorno, un gioco dalla posta molto alta che per ora, contro ogni previsione, continuo a vincere. Vedremo quanto andrà ancora avanti la mia fortuna.[8]

Ho sposato un comunista

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Il fratello maggiore di Ira Ringold, Murray, fu il mio primo insegnante di inglese al liceo, e se legai con Ira fu grazie a lui. Nel 1946 Murray si era appena congedato dall'esercito, dove aveva prestato servizio nella Diciassettesima divisione aerotrasportata durante la battaglia delle Ardenne; nel marzo del 1945 aveva partecipato al famoso "salto del Reno" che segnò il principio della fine della guerra in Europa. Era, a quei tempi, un tipo calvo esuberante e duro, non alto come Ira, ma atletico e asciutto, sempre proteso sopra le nostre teste in uno stato di perenne vigilanza. Negli atteggiamenti e nelle pose era assolutamente naturale, ma nel parlare piuttosto prolisso e, sul piano intellettuale quasi minaccioso. La sua passione era spiegare, chiarire, farci comprendere, col risultato che ogni argomento di cui parlavamo veniva smontato nei suoi elementi principali con una meticolosità non inferiore a quella con cui divideva le frasi alla lavagna.

Citazioni

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  • La maggior parte dei figli lasciano i genitori a diciotto o vent'anni, vivono indipendentemente da loro per quindici o vent'anni e poi, col tempo, si riconciliano con gli anziani genitori e cercano di dar loro una mano.
  • Le ideologie [...] riempiono la testa della gente e compromettono una lucida osservazione della vita.
  • Non è l'essere arrabbiati che conta, è l'essere arrabbiati per le cose giuste. Le dissi: guardalo dalla prospettiva darwiniana. La rabbia serve a renderti efficiente. Questa è la sua funzione per la sopravvivenza. Ecco perché ti è stata data. Se ti rende inefficiente, mollala come una patata bollente.
  • Ognuno, ogni giorno, deve opporsi e resistere. [...] Ogni giorno bisogna puntare i piedi.
  • Oggi, ogni tanto, voltandomi indietro, ripenso alla mia vita come un lungo discorso che ho ascoltato. La retorica a volte è originale, a volte piacevole, a volte inconsistente (il discorso dell'incognito) a volte maniacale, a volte pratica, a volte come l'improvvisa puntura di un ago, e io l'ascolto da tempo immemorabile: come pensare, come non pensare; come comportarsi, come non comportarsi; chi detestare e chi ammirare; cos'abbracciare e quando scappare; cos'è entusiasmante, cos'è massacrante, cos'è lodevole, cos'è superficiale, cos'è sinistro, cos'è schifoso, e come restare un'anima pura. Si direbbe che parlare con me non sia un ostacolo per nessuno. Questa forse è una conseguenza del mio essere andato in giro per anni con l'aria di chi aveva un gran bisogno che qualcuno gli rivolgesse la parola. Ma qualunque ne sia la ragione, il libro della mia vita è un libro di voci. Quando mi chiedo come sono arrivato dove sono, la risposta mi sorprende: "Ascoltando".
  • La letteratura nuoce all'organizzazione. Non perché sia apertamente pro o contro, o anche subdolamente pro o contro. Nuoce all'organizzazione perché non è generale. L'intrinseca natura del particolare consiste nella sua particolarità, e l'intrinseca natura della particolarità sta nel non potersi conformare. Sofferenza generalizzata? Ecco il comunismo. Sofferenza particolareggiata? Ecco la letteratura. L'antagonismo è in questa polarità. Tenere in vita il particolare in un mondo che semplifica e generalizza: ecco dove comincia la lotta.
  • [...] Lui ti dice che il capitalismo è un sistema dove cane mangia cane. Cos'è la vita se non un sistema dove cane mangia cane? È un sistema in sintonia con la vita. Ed è per questo che funziona. Guarda, tutto quello che i comunisti dicono del capitalismo è vero, e tutto quello che i capitalisti dicono del comunismo è vero. La differenza è che il nostro sistema funziona perché si basa su quella verità che è l'egoismo della gente, e il loro non funziona perché si basa su quella favola che è la fratellanza.
  • I soldi non sono una balla. I soldi sono il modo democratico di segnare punti. Fa' soldi; poi se proprio non puoi farne a meno, predica pure la fratellanza umana.
  • Non devi per uscire a gomitate da una situazione, prendere qualcun altro a pugni in faccia.

Il complotto contro l'America

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La paura domina questi ricordi, un'eterna paura. Certo, nessuna infanzia è priva di terrori, eppure mi domando se da ragazzo avrei avuto meno paura se Lindbergh non fosse diventato presidente o se io stesso non fossi stato di origine ebraica.

Citazioni

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  • Sulla porta della camera da letto, prima di uscire per andare al mercato, Monty si voltò indietro per ricapitolare. I prepotenti amano ricapitolare. La ricapitolazione, ammonitrice e ridondante, che ha qualcosa in comune solo con l'antica fustigazione. (p. 159)
  • [...] anche se persino l'opportunismo (se Alvin ci aveva preso e quella era la parola giusta) sembrava un'altra notevole conquista, l'emblema di una maturità tranquilla e consapevole saggiamente coniugata con le arti del mondo. (p. 191)
  • La sua vita, povera donna, era un perenne stato d'intensità. (p. 125)
  • Forse non avrei fatto male -anzi, avrei fatto molto meglio – a cercare conforto dalle due suore sull'autobus di Lyons Avenue, piuttosto da una persona che si beava dei piaceri delle piccole e più comuni corruzioni che proliferano ovunque gli uomini competono tra loro per il minimo miglioramento della loro condizione sociale. (p. 227)
  • E l'essere ebrei non era né una disgrazia né una sfortuna né una cosa di cui andare «fieri». Ciò che erano era ciò di cui non potevano liberarsi: ciò di cui non avrebbero mai neanche potuto pensare di liberarsi. L’essere ebrei derivava dall’essere se stessi, come l’essere americani. Era quello che era, era nella natura delle cose, fondamentale come avere arterie e vene, ed essi non manifestarono mai il minimo desiderio di cambiarlo o di negarlo, indipendentemente dalle conseguenze. (pp. 239-240).

Il teatro di Sabbath

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Giura che non scoperai più le altre o fra noi è finita.
Questo l'ultimatum, il delirante, improbabile, assolutamente imprevedibile ultimatum che la signora cinquantaduenne impose tra le lacrime al suo amante sessantaquattrenne, il giorno in cui il loro legame, di stupefacente impudicizia e altrettanto stupefacente riservatezza, compiva tredici anni. E adesso che l'afflusso di ormoni andava esaurendosi, e la prostata ingrossava, e forse non gli restavano che pochi anni di potenza relativamente affidabile, e forse ancor meno anni di vita, adesso, quando si avvicinava la fine di ogni cosa, gli veniva imposto, per non perdere lei, di stravolgere se stesso.

Citazioni

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  • [...] o almeno così amava sostenere sua moglie Roseanna quando stava ancora ammazzandosi di alcol per due motivi inoppugnabili: tutto quello che non era successo, e tutto quello che invece era successo. (pp. 11-12)
  • La maggior parte delle ragazze di vent'anni neanche hanno cominciato a vivere. (Mickey; p. 66)
  • Si era aperta la trappola, Nikki se n'era andata. Un sogno, un sogno sinistro che fanno tutti. Fa' che lei scompaia. Fa' che lui scompaia. Solo per Sabbath si era realizzato. (p. 202)
  • Alcuni hanno bisogno della seduzione, non dell'iniziazione. E tu, Kathy, avevi bisogno di tutte e due le cose. Molestie? Ricordo i bei tempi in cui il patriottismo era l'ultima spiaggia di un furfante. Molestie? Sono stato il tuo Virgilio, e tu il mio Dante, nei sotterranei del sesso! (Mickey; p. 238)
  • Idioti ideologici! Il terzo grande fallimento ideologico del ventesimo secolo. È sempre la solita storia. Fascismo. Comunismo. Femminismo. Tutti progettati per indurre un gruppo di persone a scagliarsi contro un altro gruppo. I bravi ariani contro le altre razze cattive che li opprimono. I bravi poveri contro i ricchi cattivi che li opprimono. Le brave donne contro gli uomini cattivi che le opprimono. Il depositario dell'ideologia è puro, buono e pulito, e gli altri sono malvagi. Ma lo sai tu chi è davvero malvagio? Chiunque pensi di essere puro è malvagio! (Donald; p. 272)
  • L'ideologia istituzionalizza la patologia. (Donald; p. 272)
  • Beh, si è giovani una volta sola, ma si può essere immaturi per sempre. (Madeline; p. 283)
  • Via, hai letto Kant. "Agisci come se il principio in base a cui agisci grazie alla tua volontà debba trasformarsi in una legge universale." Compiaci me. (Mickey; pp. 330)
  • Nei grandi capolavori, quando commettono un adulterio poi si ammazzano sempre. Lui [Mickey] desiderava di ammazzarsi quando non ci riusciva. (p. 335)
  • Il lato sconosciuto di ogni eccesso è quanto sia eccessivo. (p. 346)
  • In quanta stupidità dobbiamo calarci per giungere alla nostra meta, quali sconfinati errori bisogna saper commettere! Se qualcuno te lo dicesse prima, quanti errori dovrai fare, tu diresti no, mi spiace, è impossibile, trovatevi qualcun altro; io sono troppo furbo per fare tutti quegli errori. E loro ti direbbero, noi abbiamo fede, non preoccuparti, e tu diresti no, niente da fare, avete bisogno di uno molto più schmuck, molto più cretino, ma loro ripeterebbero che hanno fede in te, che tu ti trasformerai in un cretino colossale mettendoci un impegno che neanche ti immagini, che farai sbagli di una grandezza che neanche te li sogni... perché è l'unico modo di giungere alla meta. (p. 391)

Citazioni su Il teatro di Sabbath

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  • Il teatro di Sabbath, grandioso romanzo sulla vecchiaia e sull'impotenza, rivela una potenza immaginativa trascinante. Impossibile dimenticare l'ossessione sessuale del marionettista Sabbath, la sua estremistica volontà di sfidare la morte sempre più immergendosi nella vita, in essa sprofondando. (Giovanni Raboni)

L'animale morente

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  • Be', il problema di Kenny è che lui dev'essere ammirevole a tutti i costi. Vive nel terrore che una donna gli dica che non lo è. "Egoista": ecco la parola che lo paralizza.
  • Bisogna fare una distinzione tra il morire e la morte. Non è tutto un morire ininterrotto. Se si è sani e ci si sente benissimo, è un morire invisibile. La fine, che è una certezza, non dev'essere per forza annunciata con spavalderia. (p. 28)
  • Per quante cose tu sappia, per quante cose tu pensi, per quanto tu ordisca e trami e architetti, non sei mai al di sopra del sesso.
  • Un uomo non avrebbe i due terzi dei problemi che ha se non continuasse a cercare una donna da scopare. È il sesso a sconvolgere le nostre vite, solitamente ordinate.
  • L'unica ossessione che vogliono tutti: l'"amore". Cosa crede, la gente, che basti innamorarsi per sentirsi completi? La platonica unione delle anime? Io la penso diversamente. Io credo che tu sia completo prima di cominciare. E l'amore ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due. Quella ragazza era un corpo estraneo introdotto nella tua interezza. E per un anno e mezzo tu hai lottato per incorporarlo. Ma non sarai mai intero finché non l'avrai espulso. O te ne sbarazzi o lo incorpori con un'autodistorsione. Ed è quello che hai fatto e che ti ha ridotto alla disperazione.

La lezione di anatomia

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Ogni uomo, quando è ammalato, ha bisogno della mamma; se la mamma non è disponibile, altre donne dovranno sostituirla. Zuckerman l'aveva sostituita con altre quattro. Non aveva mai avuto tante donne contemporaneamente, né tanti dottori, e non aveva mai bevuto tanta vodka, né lavorato così poco, né conosciuto una disperazione di così smisurate proporzioni.

Citazioni

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  • Il matrimonio era stato il suo baluardo contro la continua distrazione rappresentata dalle donne. Si era sposato per l'ordine, per l'intimità, per la leale solidarietà, per il trantran e la regolarità della vita monogama; si era sposato per non sprecare energia in un'altra avventura o impazzire dalla noia a un'altra festa o finire solo soletto la sera nel soggiorno dopo una giornata passata solo soletto nello studio. Passare da solo tutte le sere leggendo le cose necessarie per concentrarsi sul lavoro solitario dell'indomani era troppo anche per la determinazione di Zuckerman, e così in quella voluttuosa austerità egli aveva attirato una donna, una donna per volta, una donna tranquilla, assorta, seria, colta e autosufficiente che non chiedeva di andare di qua e i là, ma che invece era contenta di passare la serata, dopo cena, a leggere in silenzio davanti a lui e il suo libro.

La macchia umana

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Fu nell'estate del 1998 che il mio vicino Coleman Silk – che prima di andare in pensione, due anni addietro, era stato per una ventina d'anni professore di lettere classiche al vicino Athena College, dove per altri sedici aveva fatto il preside di facoltà – mi confidò che all'età di settantun anni aveva una relazione con una donna delle pulizie trentaquattrenne che lavorava al college. Due volte la settimana questa donna puliva anche l'ufficio postale, una piccola baracca rivestita di scandole grigie che pareva aver protetto una famiglia di braccianti dai venti della Dust Bowl negli anni trenta e che, piantata solinga e derelitta a metà strada tra la pompa di benzina e l'emporio, fa sventolare la bandiera americana all'incrocio delle due strade che caratterizzano il centro commerciale di questa cittadina di montagna.

Citazioni

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  • Noi lasciamo una macchia, lasciamo una traccia, lasciamo la nostra impronta. Impurità, crudeltà, abuso, errore, escremento, seme: non c'è altro mezzo per essere qui.
  • Ciò che noi sappiamo è che, in un modo non stereotipato, nessuno sa nulla. Non puoi sapere nulla. Le cose che sai... non le sai. Intenzioni? Motivi? Conseguenze? Significati? Tutto ciò che non sappiamo è stupefacente. Ancor più stupefacente è quello che crediamo di sapere.
  • Ma scegliere di prolungare lo scandalo perpetuando la protesta? Dappertutto la mia stupidità e la mia follia.
  • La crudeltà è camuffata da «autostima» perduta. Anche Hitler mancava di autostima. Era il suo problema.
  • Accecato dalla natura spaventosamente provvisoria di ogni cosa.
  • Com'è umano avere un segreto, è anche umano, prima o poi, svelarlo.
  • La sua capigliatura era uno spettacolo, una fluttuante e labirintica corona di spirali e boccoletti, lanuginosa come una matassa di spago e abbastanza grande per fungere da ornamento natalizio. Tutta l'inquietudine dell'infanzia sembrava essere passata nelle circonvoluzioni di quell'ondeggiante matassa di capelli. Dei suoi inarrestabili capelli. Ci potevi pulire le pentole senz'alterarne la natura, come se fossero stati raccolti nei tenebrosi abissi marini, come una specie di elastico organismo costruttore di barriere coralline, un denso ibrido vivente color onice metà corallo e metà alga, forse dotato di proprietà medicinali.

La nostra gang

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Signore, voglio congratularmi con lei per essersi espresso il 3 aprile in favore della santità della vita umana, inclusa la vita dei non ancora nati. C'è voluto un gran coraggio, soprattutto in vista delle elezioni di novembre.

Citazioni

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Estremisti, militanti o violenti fanatici non mi distoglieranno dal garantire giustizia ed eguaglianza per coloro che vivono nel grembo. E consentitemi di chiarire bene anche un'altra cosa: non sto parlando solo dei diritti dei feti. Sto parlando anche dei microscopici embrioni. Se in questo paese c'è un gruppo davvero «svantaggiato», nel senso che è assolutamente privo di voce e rappresentanza nel nostro governo nazionale, non si tratta dei neri o dei portoricani o degli hippy o di chicchessia, tutta gente che ha i propri portavoce, ma di quelle creature infinitesimali laggiù nella placenta. (p. 14)

Lo scrittore fantasma

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  • Quando ammiri uno scrittore, t'incuriosisci. Cerchi di carpire il suo segreto. Gli indizi per risolvere l'enigma che rappresenta.[9]

Operazione Shylock

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  • Evitare le parole stravaganti. [...] Tutti i termini pedanti non servono allo scopo.
  • Tutto quello che ho per difendermi è l'alfabeto; è quanto mi hanno dato al posto di un fucile.
  • Resistere in solitudine![10]

Pastorale americana

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Lo Svedese. Negli anni della guerra, quando ero ancora alle elementari, questo era un nome magico nel nostro quartiere di Newark, anche per gli adulti della generazione successiva a quella del vecchio ghetto cittadino di Prince Street che non erano ancora così perfettamente americanizzati da restare a bocca aperta davanti alla bravura di un atleta del liceo. Era magico il nome, come l'eccezionalità del viso. Dei pochi studenti ebrei di pelle chiara presenti nel nostro liceo pubblico prevalentemente ebraico, nessuno aveva nulla che somigliasse anche lontanamente alla mascella quadrata e all'inespressiva maschera vichinga di questo biondino dagli occhi celesti spuntato nella nostra tribù con il nome di Seymour Irving Levov.

Citazioni

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  • [...] l'ironia è una consolazione della quale non hai proprio bisogno quando tutti ti considerano un dio. (p. 7)
  • Rimane il fatto che, in ogni modo, capire la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di aver ragione o torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite... Beh, siete fortunati. (p. 38)
  • Come penetrare nell'intimo della gente? Era una dote o una capacità che non possedeva. Non aveva semplicemente la combinazione di quella serratura.
  • In un modo assolutamente inverosimile, ciò che non avrebbe dovuto accadere era accaduto e ciò che avrebbe dovuto accadere non era accaduto.
  • La gente è infallibile: sceglie quello che ti manca e poi non te lo dà.
  • Non sei tenuto a venerare la tua famiglia, non sei tenuto a venerare il tuo paese, non sei tenuto a venerare il posto dove vivi, ma devi sapere che li hai, devi sapere che sei parte di loro.
  • [...] Si, l'incanto irresistibile che continuiamo a esercitare, fino alla fine, con la superficie del nostro corpo, si dimostra, come sospettai durante quella scampagnata, la cosa più seria che c'è nella vita. Il corpo, del quale uno non si può spogliare per quanti sforzi faccia, del quale è impossibile liberarsi fino alla morte.
  • Arrivai ad abitare nel posto più bello del mondo. Odiare l'America? Ma se in America ci stava come dentro la propria pelle! Tutte le gioie dei suoi anni più giovani erano gioie americane, tutti quei successi e tutta quella felicità erano americani, e non doveva più tenere la bocca chiusa solo per disinnescare l'odio ignorante di sua figlia. Avrebbe sofferto di solitudine, da uomo, senza i suoi sentimenti americani. Avrebbe sofferto di nostalgia, se avesse dovuto vivere in un altro paese. Sì, tutto ciò che conferiva un significato alle sue imprese era americano. Tutto quello che amava era lì.
  • Che gli uomini fossero creature multiformi, non era una novità per lo Svedese, anche se era sempre un po' uno choc doverlo constatare nuovamente ogni volta che qualcuno ti dava una delusione. Ciò che lui trovava stupefacente era il modo in cui gli uomini sembravano esaurire la propria essenza – esaurire la materia, qualunque fosse, che li rendeva quello che erano – e, svuotati di sé stessi, trasformarsi nelle persone di cui un tempo avrebbero avuto pietà.
  • Ed era solo una volta l'anno che si trovavano tutti insieme, e per giunta sul terreno neutrale e sconsacrato della festa del Ringraziamento, quando tutti mangiano le stesse cose e nessuno si allontana per andare a rimpinzarsi di nascosto di qualche cibo stravagante: né Kugel, né pesce gefilte, né insalata di rafano e lattuga romana, ma solo un tacchino colossale per duecentocinquanta milioni di persone; un tacchino colossale che le sazia tutte. Una moratoria sui cibi stravaganti e sulle curiose abitudini e sulle esclusività religiose, una moratoria sulla nostalgia trimillenaria degli ebrei, una moratoria su Cristo e la croce e la crocifissione per i cristiani, quando tutti, nel New Jersey come altrove, possono essere, quanto alla propria irrazionalità, più passivi che nel resto dell'anno. Una moratoria su ogni doglianza e su ogni risentimento, e non soltanto per i Dwyer e i Levov, ma per tutti coloro che, in America, diffidano uno dell'altro. È la pastorale americana per eccellenza e dura ventiquattr'ore.

Zuckerman scatenato

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-Cosa diavolo ci fa lei su un autobus, con tutta la grana che ha?
A volerlo sapere era un giovanotto piccolo e robusto con i capelli a spazzola e un completo nuovo; stava sognando a occhi aperti davanti a una rivista di automobili quando aveva riconosciuto la persona seduta accanto a lui. Per dargli la carica non ci volle altro.
Senza farsi intimidire dalla scortese risposta di Zuckerman – era in autobus per farsi trasportare da un posto all'altro –, il tipo gli diede allegramente un consiglio. Ormai facevano tutti così, se riuscivano a scovarlo. – Lei dovrebbe comprarsi un elicottero. Ecco quello che farei io. Garantirsi il diritto di atterrare sui tetti delle case e smetterla di pestare la cacca dei cani. Ehi! Vede questo signore? – La seconda domanda era rivolta a un uomo in piedi che stava leggendo il «Times».

Citazioni

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  • Non c'è niente da fare con quello che pensa la gente, se non badarci il meno possibile.

Incipit di alcune opere

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Addio, Columbus

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La prima volta che la vidi, Brenda mi pregò di tenerle gli occhiali. Poi avanzò fino all'orlo del trampolino e scrutò la piscina, strizzando gli occhi; ma fosse pur stata asciutta, ella non se ne sarebbe accorta, tanto era miope. Si lanciò in un tuffo armonioso e un momento dopo tornò verso il margine della vasca, la testolina dai corti capelli rossi alta sull'acqua come una rosa dal lungo stelo.

Everyman

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Intorno alla fossa, nel cimitero in rovina, c'erano alcuni dei suoi ex colleghi pubblicitari di New York che ricordavano la sua energia e la sua originalità e che dissero alla figlia, Nancy, che era stato un piacere lavorare con lui. C'erano anche delle persone venute su in macchina da Starfish Beach, il villaggio residenziale di pensionati sulla costa del New Jersey dove si era trasferito dal Giorno del Ringraziamento del 2001: gli anziani ai quali fino a poco tempo prima aveva dato lezioni di pittura. E c'erano i due figli maschi delle sue turbolente prime nozze, Randy e Lonny, uomini di mezza età molto mammoni che di conseguenza sapevano di lui poche cose encomiabili e molte sgradevoli, e che erano presenti per dovere e nulla più. C'erano il fratello maggiore, Howie, e la cognata, venuti in aereo dalla California la sera prima, e c'era una delle sue tre ex mogli, quella di mezzo, la madre di Nancy, Phoebe, una donna alta, magrissima e bianca di capelli, col braccio destro inerte penzoloni sul fianco. Quando Nancy le chiese se voleva dire qualcosa, Phoebe scosse timidamente il capo, ma poi finì per dire con voce sommessa, farfugliando un po': –È talmente incredibile... Continuo a pensare a quando nuotava nella baia... Tutto qui. Continuo solo a vederlo mentre nuota nella baia-. E poi c'era Nancy, che aveva organizzato tutto e fatto le telefonate a quelli che erano venuti per evitare che al funerale venissero solo sua madre, lei, il fratello del defunto e la cognata. C'era solo un'altra persona la cui presenza non era sta sollecitata da un invito, una donna robusta con una simpatica faccia tonda e i capelli tinti di rosso che era venuta spontaneamente al cimitero e si era presentata col nome di Maureen, l'infermiera privata che l'aveva assistito dopo l'operazione al cuore di qualche anno prima. Howie si ricordava di lei e andò a darle un bacio sulla guancia.

Lamento di Portnoy

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Mi era così profondamente radicata nella coscienza, che penso di aver creduto per tutto il primo anno scolastico che ognuna delle mie insegnanti fosse mia madre travestita. Come suonava la campanella dell'ultima ora, mi precipitavo fuori di corsa chiedendomi se ce l'avrei fatta ad arrivare a casa prima che riuscisse a trasformarsi di nuovo. Al mio arrivo lei era già regolarmente in cucina, intenta a prepararmi latte e biscotti. Invece di spingermi a lasciar perdere le mie fantasie, il fenomeno non faceva che aumentare il mio rispetto per i suoi poteri. Ed era sempre un sollievo non averla sorpresa nell'atto dell'incarnazione, anche se non smettevo mai di provarci; sapevo che mio padre e mia sorella ignoravano la vera natura di mia madre, e il peso del tradimento, che immaginavo avrei dovuto affrontare se l'avessi colta sul fatto, era più di quanto intendessi sopportare all'età di cinque anni. Credo addirittura di aver temuto che, qualora l'avessi vista rientrare in volo da scuola attraverso la finestra della camera o materializzarsi nel grembiule, membro dopo membro, da uno stato d'invisibilità, avrei dovuto per questo morire.

La mia vita di uomo

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Norman Gobetti

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Prima, innanzitutto, l'educazione protetta da cucciolo viziato. A diciassette anni adorato antagonista di quel tenace e irruente ciabattino (tutto qui, amava dire, un umile ciabattino, ma aspettate e vedrete), un uomo che al figlio dava da leggere Dale Carnegie per temperarne l'arroganza, e il proprio esempio per ispirarla e rafforzarla.
[Philip Roth, La mia vita di uomo, traduzione di Norman Gobetti, Einaudi, 2011. ISBN 9788806205140]

Pierfrancesco Paolini

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In primo luogo, la sua infanzia da cucciolo, la sua ben protetta adolescenza, nella casa paterna di Camden, sopra il paterno negozio di calzature. Per diciassette anni, l'adorato rivale di quell'indefesso collerico scarparo (nient'altro, amava dire, che un povero ciabattino ma aspettate, diceva, e vedrete) che gli dava da leggere, da ragazzino, L'arte di conquistar gli amici di Dale Carnegie, onde temprarne l'arroganza, e gli offriva il proprio esempio, onde rafforzarla.
[Philip Roth, La mia vita di uomo, traduzione di Pierfrancesco Paolini, Bompiani, 1975]

Il primo caso di polio quell'estate si verificò agli inizi di giugno, subito dopo il Memorial Day, in un quartiere italiano povero all'altro capo della città rispetto al nostro. Dall'angolo sudoccidentale di Newark, nella zona ebraica di Weequahic, noi non ne venimmo a conoscenza, e non venimmo a conoscenza nemmeno dei casi successivi, una decina, sparpagliati in quasi tutti i quartieri tranne il nostro. Solo il 4 luglio, quando in città si registravano già quaranta casi, sulla prima pagina del quotidiano della sera comparve un articolo dal titolo Autorità sanitaria allerta i genitori contro la polio, in cui si riportavano i consigli alla famiglia del dottor William Kittell, direttore del servizio sanitario locale: tenere sotto stretta osservazione i propri figli e contattare un medico se un bambino mostrava sintomi come mal di testa, mal di gola, nausea, torcicollo, dolori alle articolazioni o febbre.

Citazioni su Philip Roth

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  • A me Philip Roth non m'incanta, [...] I suoi personaggi, persino amanti ventennali e coniugi centenari, parlano come libri stampati, ecco, e nessuno sembra accorgersene, e Roth men che meno. Essi non si interrompono mai, non si fraintendono mai, e, udite!, parlano per rivelare di sé all'altro più che possono, non come noi comuni mortali che parliamo per nascondere più che possiamo a noi stessi per primi. (Aldo Busi)
  • Aveva già scritto alcuni libri ed era in un periodo di crisi quando cominciò a buttare giù pagine e pagine del Lamento di Portnoy. Bastarono un paio di capitoli anticipati da riviste a far capire che stava per succedere qualcosa: nella letteratura americana e di tutto il mondo, nella famiglia di Roth, nella sua vita e nella sua carriera. (Francesco Piccolo)
  • Di fronte a questo grottesco processo al cadavere, questo sì di stampo medievale, mi permetto di concludere con un dato che ho avuto il privilegio di vivere in prima persona: ho conosciuto donne che hanno mantenuto un rapporto di affetto, solidarietà e stima nei confronti dello scrittore [Philip Roth] dopo la fine della relazione, e sono testimone del fatto che cinque di esse hanno vegliato con sincero amore e profonda gratitudine sul suo letto di morte. (Antonio Monda)
  • Il mondo cambia, tutti cambiamo, ma quando si rileggono i libri di Roth si dà un nuovo significato al mondo, e alle persone che ci circondano. È difficile dire quale sia materialmente, nello specifico, la sua eredità letteraria. Ma la straordinaria universalità dei suoi libri è uno dei segreti della sua letteratura. Complotto contro l'America, per esempio, due anni fa, prima di Trump, era un libro completamente diverso. Oggi invece rappresenta una vera, e inquietante, road map politica. È questa la sua più grande eredità: aver lasciato una letteratura universale. (Nathan Englander)
  • La grandezza di Philip Roth sta nella sua abilità a tessere attorno a una piccola, a volte miseranda fantasia di sesso, quasi una Madeleine dei sensi (una fellatio improvvisa, una carezza osée) il tessuto fitto di un'epoca, le trame della Storia. È questa commistione che ci ha spinto a continuare a leggerlo, dimenticando le sue piccole e grandi ingenuità, le sue fissazioni e le sue brutalità, la franchezza a tratti imbarazzante e le menzogne da cretese. È la sua scrittura: rapinosa e semplice, colta e quotidiana, spiritosa e sapiente, letteraria e diretta. Quella di uno dei grandi scrittori del secolo. Che  piaccia o non piaccia ai giudici di Stoccolma. (Irene Bignardi)
  • Roth è un importante narratore degli Stati Uniti contemporanei e ha un legame molto difficile da recidere con l'Europa delle precedenti generazioni, in particolare con la Cecoslovacchia di quel tempo. C'è ancora evidentemente un sentimento allevato all'interno della famiglia, in un New Jersey un po' periferico degli Stati Uniti, in questa grande colonia ebrea, perché gli americani che vengono da Praga sono quasi tutti ebrei. Sono fuggiti dal periodo della cortina di ferro e sono approdati in America, dove molti hanno fatto fortuna. In altre opere di Roth la narrazione di questa etnia è ancora molto vicina. (Laura Angiulli)
  1. Da A Visit with Philip Roth, intervista con James Atlas, The New York Times Book Review, 2 settembre 1979.
  2. Da Ho sposato un comunista; citato in Corriere della Sera, 20 ottobre 2007.
  3. Citato in Antonio Monda, Philip Roth. Perché mi affascina la magia di Kafka, la Repubblica, 16 maggio 2011.
  4. Intervista al Financial Times. Citato in Philip Roth: «Ho smesso di leggere romanzi», ilpost.it, 27 giugno 2011.
  5. Da articolo pubblicato da La Repubblica, Al mio maestro, p.28-29, 5 maggio 2013, trad. Fabio Galimberti
  6. a b Citato in Livia Manera, «La cronaca lascia sbalorditi E la fantasia è in imbarazzo», La Lettura, suppl. del Corriere della Sera, 3 settembre 2017, p. 3.
  7. Citato in Matteo Persivale, Partita a scacchi nel deserto. Englander emoziona sempre, La Lettura, suppl. del Corriere della Sera, 17 settembre 2017, p. 17.
  8. Da un'intervista al New York Times, gennaio 2018; citato in ilpost.it, 22 gennaio 2018.
  9. Traduzione di Vincenzo Mantovani, Einaudi, 2015.
  10. Motto da scrittore esordiente di Roth.

Bibliografia

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  • Philip Roth, Addio, Columbus (Goodbye, Columbus and Five Short Stories), traduzione di Elsa Pelitti, Garzanti 1968.
  • Philip Roth, Cosa Bianca Nostra (Our gang), traduzione di Attilio Veraldi, Bompiani, Milano 1972
  • Philip Roth, Everyman, traduzione di Vincenzo Mantovani, Giulio Einaudi Editore S.p.A., Torino 2007.
  • Philip Roth, Ho sposato un comunista (I Married a Communist), traduzione di Vincenzo Mantovani, Einaudi, Torino 2000.
  • Philip Roth, Il complotto contro l'America, traduzione di Vincenzo Mantovani, Giulio Einaudi Editore S.p.A., Torino 2005.
  • Philip Roth, Il fantasma esce di scena (Exit ghost), traduzione di V. Mantovani, Einaudi, Torino 2008.
  • Philip Roth, Il teatro di Sabbath (Sabbath's Theater), traduzione di Stefania Bertola, CDE, Milano, 1997.
  • Philip Roth, L'animale morente, traduzione di Vincenzo Mantovani, Einaudi, Torino 2002.
  • Philip Roth, La lezione di anatomia, traduzione di Vincenzo Mantovani, Einaudi, Torino 2006.
  • Philip Roth, La macchia umana (The Human Stain), traduzione di Vincenzo Mantovani, Einaudi, Torino 2001.
  • Philip Roth, La mia vita di uomo (My life as a man), traduzione di Pierfrancesco Paolini, Bompiani, Milano 1975.
  • Philip Roth, La mia vita di uomo, traduzione di Norman Gobetti, Einaudi, 2011. ISBN 9788806205140
  • Philip Roth, La nostra gang: (protagonisti: Tricky e i suoi amici), traduzione di Norman Gobetti, Einaudi, Torino, 2014. ISBN 978-88-06-21831-7
  • Philip Roth, Lamento di Portnoy, traduzione di Roberto C. Sonaglia, Einaudi, Torino 2000.
  • Philip Roth, Nemesi, traduzione di Norman Gobetti, Einaudi, 2011. ISBN 9788806200947
  • Philip Roth, Operazione Shylock, traduzione di Vincenzo Mantovani, Einaudi, Torino 1998.
  • Philip Roth, Pastorale americana, traduzione di Vincenzo Mantovani, Einaudi, Torino 1998.
  • Philip Roth, Patrimonio. Una storia vera, traduzione di V. Mantovani, Einaudi, Torino 2007.
  • Philip Roth, Zuckerman scatenato, traduzione di Vincenzo Mantovani, Giulio Einaudi Editore S.p.A., Torino.

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