Paolo Pulici
allenatore di calcio e calciatore italiano (1950-)
Paolino "Paolo" Pulici (1950 – vivente), allenatore di calcio ed ex calciatore italiano.
Citazioni di Paolo Pulici
modificaCitazioni in ordine temporale.
- Il calcio è divertimento, è un gioco. Se non ci si diverte e si gioca liberi meglio lasciar perdere. E dovrebbero ricordarselo anche i professionisti questo insegnamento. Chi pensa solo alla carriera non arriverà mai.[1]
- Con Radice l'intesa divenne talmente intensa che non avevamo più l'esigenza di parlarci: comunicavamo a segni. Lui passava le dita sulla fronte, io capivo e ricambiavo i gesti... Davvero una cosa speciale.[2]
- [Ai miei tempi] Il gol lo si festeggiava con la maglietta ben incollata addosso, senza irridere gli avversari e se mai applaudendo gli spalti per sottolineare come la squadra avesse giocato e segnato per la sua gente.[2]
- Io sostengo una cosa, che se sono un arbitro e non convalido un gol durante la partita, poi vado a rivederlo al VAR, troverò il modo di dimostrare la mia decisione presa sul campo. Perché non ammetto di sbagliare. Le cose sono sempre allo stesso modo, non cambiano. Ma è fondamentale essere coerenti con se stessi e a posto con la propria coscienza.[3]
- Mi sono sempre orientato con il rumore, la curva Maratona era la mia bussola sensoriale: non avevo bisogno di vedere la porta, ma la sentivo perché erano i tifosi a guidarmi. Sapevo perfettamente dove dovevo calciare senza bisogno di guardare. Mi bastava ascoltare. [«E in trasferta?»] Magari non c'era la bussola, ma non mancava lo stimolo ed erano gli insulti dei tifosi avversari a darmelo. [...] noi sapevamo che non ci insultavano per odio o per il puro gusto di farlo, ma per paura che gli facessimo gol. Era una sfida, leale. Senza gente sugli spalti, il calcio non sarebbe uno sport.[4]
- Nel mio gioco c'era davvero qualcosa di ciclonico, non mi fermavo mai, non è che stavo troppo a pensare se davanti a me avevo tre avversari, non è che mi dicevo oddio che faccio. Andavo sulla palla e se la perdevo pazienza, avrei fatto goal in un altro momento. La maggior parte degli avversari, da Cuccureddu a Gentile, a Facchetti, mi dicevano: sei immarcabile, sei cattivo come una peste. Questa cosa mi dava grande soddisfazione.[5]
Intervista di Gianni Mura, repubblica.it, 3 marzo 2014.
- Al Toro ogni partita era come una battaglia, non si discuteva con largo anticipo sul premio-partita. Il premio era l'attesa della partita, e poi giocarla e magari vincerla. La soddisfazione era dare tutto per la maglia che indossavi, e sentire i cori e gli applausi dei tifosi.
- [Sugli inizi] Allora Roncello faceva 800 abitanti [...]. Non c'era nemmeno l'oratorio, giocavo in piazza della chiesa. Una porta era quella dell'asilo, l'altra quella di una casa. Trovo ancora qualcuno che mi rinfaccia d'aver rotto un vetro a sua nonna o a sua zia. Tiravo solo di destro. [...] A 15 anni correvo i 100 in 10"5 con le scarpe da calcio. E a 15 anni faccio i primi allenamenti veri. Ero cresciuto allo stato brado, senza che nessuno mi dicesse cosa fare o non fare. E arriva il giorno del provino con l'Inter, sul campo di Rogoredo, con altri ragazzi della regione. A guardare ci sono Helenio Herrera e Invernizzi. Li sento parlare a fine partita. "L'11 è troppo veloce per giocare a calcio, meglio che si dia all'atletica". L'11 ero io, e ci rimasi male. Poi arrivò la chiamata del Torino.
- Il fascino, direi la scuola del Filadelfia, era che i campi d'allenamento erano tutti lì, e anche gli spogliatoi, i più vicini al campo per la prima squadra e poi via via, più defilati, quelli delle giovanili. E io ricordo bene con quanta trepidazione camminavo davanti allo spogliatoio dei titolari nella speranza che uscisse qualcuno a chiedermi chi ero, da dove venivo, in che ruolo giocavo. [...]. Quando poi qualcuno di loro si fermava a guardare le nostre partitelle, ti sentivi di spaccare il mondo.
- [«Duelli?»] Tanti. Burgnich l'avversario più corretto, Morini il più coriaceo, una volta mi ha anche morsicato sulla schiena ma in genere s'aiutava con le mani. Berti Vogts il più cattivo, ma anche Galdiolo non scherzava. Pronti via, Pecci mi dà la palla larga, Galdiolo mi falcia da dietro, mi sbatte fuori dal campo e mi dice: o ti fermo così o non ti fermo proprio. Soddisfazioni.
- Prima partita col Cagliari. Sottopassaggio. Sento uno che mi tocca sulla schiena, mi giro. È Riva. Vai tranquillo, mi dice, noi che veniamo dal Legnano sappiamo cavarcela. Be', mi sono sentito più alto di un metro.
- Cuccureddu diceva che nel derby mi diventavano granata anche gli occhi.
- Una volta in uno scontro con Scirea mi ruppi il naso. Quando mi risvegliai all'ospedale, dopo l'operazione, la prima faccia che vidi, oltre a quella di mia moglie, era di Scirea. Un grande, Gaetano.
Da un'intervista a La Verità, 9 luglio 2018; citato in cavevisioni.it, 13 luglio 2018.
- Oggi è tutto impostato sulla stella, sui giocatori che si credono fenomeni. Io l'ho sempre vissuto come un gioco di squadra. Il gol era la finalizzazione del lavoro di tutti. Se ho in mente di fare il mio lavoro, non mi rotolo per terra e appena l'arbitro fischia mi alzo e corro più di prima. Mi sembra che oggi si faccia tutto per i soldi, non per far contenti i compagni e i tifosi.
- Nel calcio è già stato inventato tutto: basta imparare da quelli che l'hanno fatto prima e metterlo in pratica nel miglior modo possibile.
- Quando guardo le partite tolgo il volume per pensare quello che vedo io. [«Bruno Pizzul dice che a volte preferisce seguirle alla radio.»] In tv vedi quello che ti vogliono far vedere, alla radio il commento segue la palla. Vengono nominati i calciatori che la toccano. È una cronaca con meno fronzoli, più vicina al calcio vecchia maniera.
- In prima elementare non posso chiedere di scrivere un tema. Prima devo insegnare le lettere dell'alfabeto e i pensierini. Oggi nel calcio non si insegnano più lo stop, il controllo della palla, il passaggio di piatto, il passaggio rasoterra, il colpo di testa tenendo gli occhi aperti... Si parla solo di diagonali, sovrapposizioni, raddoppi di marcatura, cose che vengono dopo...
- Una volta il tiki taka si chiamava melina. Ora si parla continuamente di possesso palla, si cerca il fallo per far trascorrere il tempo e appena ti toccano ci si butta a terra con le mani sulla faccia. Un pessimo esempio per i bambini.
Citazioni su Paolo Pulici
modifica- Noi della Juve abbiamo sempre patito il derby. Ho marcato decine di attaccanti, ma l'unico che mi faceva impazzire era Paolo Pulici. Capitava anche di frequentarci durante la settimana. Ma in partita era una furia. (Luciano Spinosi)
Note
modifica- ↑ Dall'intervista di Enrico Turcato, Pulici: "Juve al top, ma il Toro può vincere", eurosport.yahoo.com, 29 novembre 2012.
- ↑ a b Dall'intervista di Nicola Cecere, Pulici mito da 50 anni, La Gazzetta dello Sport, 23 marzo 2019, p. 21.
- ↑ Dall'intervista di Francesco Vittonetto, Pulici: "L'Europa per riavvicinare i tifosi. Ma il Fila chiuso è contro ogni logica", toro.it, 23 aprile 2019.
- ↑ Dall'intervista di Emanuele Gamba, I settant'anni di Pulici: "Facevo gol col rumore della curva, era la mia bussola", torino.repubblica.it, 25 aprile 2020.
- ↑ Citato in Paolo Camedda, Paolino Pulici, il capocannoniere di sempre del Torino che ha ispirato Messi, goal.com, 27 aprile 2022.
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