Ol'ga Aleksandrovna Sedakova

poetessa e traduttrice russa

Ol'ga Aleksandrovna Sedakova (1949 – vivente), poetessa, traduttrice e narratrice russa.

Olga Sedakova nel 2006

Citazioni di Ol'ga Aleksandrovna Sedakova

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  • [...] la fede, anche nel fare poesia, per me non è un tema, piuttosto un punto di vista: non ciò che si vede, ma ciò con cui si vede. Nella poesia parla quella forma dell'anima che è costituita dalla fede, e questa può parlare di qualsiasi cosa: di un gatto, per esempio, oppure di un albero. Questo principio della fede è visibile soprattutto nella forma stessa del discorso poetico. Non ci sarà posto per ciò che è triviale, rozzo, schematico. Non si tratta di una scelta di gusto, di un'opzione "estetica". Semplicemente il cuore non lo consente.[1]
  • Non so se si possa definire la poesia strumento di qualcosa. Ogni sua nuova apparizione nel mondo è una testimonianza di libertà, là dove la libertà sembra impossibile. Di una libertà e di una forza pacifica che hanno già vinto in queste parole: «Melodia di misericordia e forza». Chi legge questi versi partecipa a questa libertà e forza. Ormai non crede più alla naturalità della servitù per l'essere umano, alla "banalità del male" come indiscussa norma della nostra vita. Nella grande poesia, secondo me, c'è qualcosa che fuoriesce dagli schemi sociali, come nel canto dell'usignolo o nel fragore di una cascata. È l'universo stesso che parla.[1]

Intervista di Rodolfo Casadei sulle proteste in Russia del 2011-2013, tempi.it, 2 marzo 2012

  • Sta chiudendosi un'intera epoca, iniziata poco prima che Putin salisse al potere alla fine degli anni Novanta. Dal punto di vista della società e non del governo, la chiamerei l'epoca dell'indifferenza: come ai tempi sovietici, sia il popolo che gli intellettuali si erano rinchiusi nella vita privata, avevano rinunciato all'impegno pubblico. Le manifestazioni come quella di piazza Bolotnaya hanno segnato la fine dell'epoca dell'indifferenza: io parlo a nome degli apartitici e dei senza bandiera, che sono sempre la maggioranza in queste manifestazioni, e posso dirvi che ho incontrato per strada intellettuali amici o conoscenti miei che da vent'anni non partecipavano a nessuna iniziativa.
  • Nessuno più da anni andava a votare perché tutti sapevamo che non sono elezioni reali, che non c'è niente da eleggere. Ma all'improvviso moltissime persone hanno manifestato l'intenzione di partecipare al voto, come se fosse una cosa seria. Perché il punto è che non c'era vera scelta, ma la pazienza è esaurita e bisognava farlo sapere. Le ragioni per protestare si sono accumulate.
  • [Sulla Russia sotto Vladimir Putin] C'è stata una restaurazione del modo sovietico di governare il paese. Che si esprime nella "verticale" del potere, il recupero del culto di Stalin in certe trasmissioni radiofoniche, la glorificazione del passato sovietico, l'emarginazione della lettura della storia fatta da Solzenicyn e da Grossman, annullata per riproporre lo stesso quadro di prima. Poi c'è stata l'irregimentazione dei media. Non c'è più nessuna tivù indipendente, solo radio Eco di Mosca e qualche pubblicazione minore danno voce all'opposizione, ma sono sempre sotto minaccia di chiusura. Putin ha virtualmente eliminato la libertà di stampa e di riunione politica. Il sistema giudiziario, poi, è completamente dipendente dal potere. E i rapporti coi paesi stranieri sono degenerati. Siamo più isolati che ai tempi dell'Unione Sovietica, è stata risuscitata la contrapposizione con gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e il resto del mondo.
  • Ai giornalisti che li intervistavano [i manifestanti] rispondevano: «Vogliamo il rispetto. Siamo qui perché la nostra dignità è stata ferita». Questo è un sentimento totalmente nuovo, che in epoca sovietica non esisteva e che si è sviluppato nei sotterranei dei tempi di Putin. Al tempo dell'Urss la persona era interamente funzionale allo Stato, il sentimento della dignità personale non esisteva. Lo si sta scoprendo ora.
  • Non è stato ancora trovato un nome per la protesta, tanto che i nomi correnti sono dei peggiorativi avanzati dagli avversari. La chiamano "rivoluzione della palude", alludendo all'etimologia della parola Bolotnaya, oppure la chiamano "rivoluzione di visone" perché la maggioranza dei manifestanti era vestita bene perché benestante. Si dice che quella della Bolotnaya è la protesta dei ricchi, di quanti guidano auto costose, frequentano locali dispendiosi e fanno le vacanze all'estero, si propone una contrapposizione artificiosa fra i "ricchi" e i "moscoviti" da una parte, il "popolo" e i "provinciali" dall'altra. Invece bisognerebbe rallegrarsi di questo fatto: c'è gente che non va in piazza spinta dal bisogno economico, ma per ragioni ideali. Ed è gente che si informa su internet anziché dalla televisione e dai giornali, che viaggia e parla lingue straniere e che lavora in proprio. D'altra parte, è vero che il movimento di protesta non ha un programma e non ha leader, al massimo ha qualche simpatia.
  • [«Che immagine della storia della Russia i giovani imparano a scuola?»] Abbiamo manuali di storia terrificanti. Stalin viene presentato come un manager efficiente che ha messo tutti i russi al lavoro. Per fortuna nella società cominciano a crescere esperienze diverse, che permetteranno di prendere coscienza della vera storia della Russia. Parlo dei centri locali legati all'associazione Memorial, che recuperano la memoria di tutte le vittime della rivoluzione e dello stalinismo. Prima si parlava sempre delle vittime importanti di Stalin, adesso la gente porta le foto dei nonni e racconta la loro storia.
  • [«Cosa succederà all'indomani delle elezioni presidenziali?»] Non penso che ci saranno mutamenti improvvisi. Se le elezioni fossero oneste, si andrebbe al secondo turno e lì dovrebbe prevalere Putin. Il problema è che oggi non c'è un'alternativa. Il mio politico preferito sarebbe Grigory Yavlinsky e il suo partito liberaldemocratico Yabloko, ma non partecipano a queste elezioni, perciò non saprei chi votare. Se si permetterà a politici indipendenti di esprimersi liberamente, una nuova classe dirigente maturerà.
  • Dentro alla Chiesa ortodossa si stanno formando due gruppi distinti: quelli che sono più ortodossi che cristiani e quelli che sono più cristiani che ortodossi. I secondi purtroppo, sono meno dei primi. Ma sono i più intelligenti, i più brillanti, i più sinceri e spesso anche i più benestanti. La Chiesa dovrebbe concentrare la sua cura pastorale su questa componente, formata da persone che fanno il bene anche se non sono praticanti regolari, anziché mostrarsi schierata dalla parte di Putin in nome della minaccia che costituirebbe per lei una nuova rivoluzione.

Intervista di Martino Cervo, ilfoglio.it, 14 giugno 2015

  • La Divina Commedia è stata tradotta in russo più di una volta. La versione di Michail Lozinskij (da noi considerata classica) fu realizzata negli anni della Seconda guerra mondiale. Lozinskij è riuscito a fare una cosa impossibile: ha riprodotto tutta la struttura del verso dantesco, la "terza rima", e ha comunque mantenuto la maggior parte del contenuto. L'unica cosa che manca è la viva voce di Dante. Il testo russo della Commedia sa di museo, lo stile è troppo classicista e "scorrevole". Non si percepiscono la velocità e l'acutezza del pensiero e delle immagini dantesche, quel dinamismo catastrofico che ispirava Mandelstam.
  • Quando, parlando di Dante, mi occorre una citazione, non posso usare la traduzione di Lozinskij: ogni volta cerco di tradurre il brano letteralmente, così che la voce di Dante diventi più comprensibile al lettore russo. Penso che questo sia il compito più attuale: far sentire Dante in russo senza perderne la voce personale. L'arte della traduzione è l'arte di perdere. Nel caso di Dante preferisco perdere la forma in versi per conservare il tono e le sfumature del senso.
  • I poeti non devono lamentarsi per la negligenza dei contemporanei. Sarebbe meglio cercassero di scrivere qualcosa di grande. E vede, noi russi abbiamo dei poeti grandi.
  • Mi sono messa a imparare l'italiano solo per leggere Dante in originale. Così fecero i nostri grandi poeti: Puskin, la Achmatova, Mandelstam stesso. Leggevano Dante in originale. Per i poeti la Commedia è il testo sacro, un analogo – mutatis mutandis – della Scrittura. La prima lezione di Dante è stata per me la necessità della grandezza. La vita umana senza il grande vale poco. E la sua seconda lezione è stata la necessità dello sforzo: lo sforzo etico, intellettuale – compreso il pensiero politico.
  • Il corso ufficiale del nostro stato vuole mettere a confronto la Russia (sovrana e singolare) e l'occidente, cioè tutta la civiltà cristiana (o post-cristiana) e umanistica. Questo è un disastro. La Russia per me è sempre stata una parte del mondo europeo, una parte della civiltà cristiana, con tutta la sua singolarità (ma quale popolo europeo non è "singolo"?). La cortina di ferro alzata nei tempi di Gorbaciov sta calando di nuovo. La propaganda costruisce l'immagine caricaturale di un'Europa ridotta ai matrimoni omosessuali, al libertinaggio morale senza confini, eccetera. Il mio lavoro con Dante è in un certo senso un atto di resistenza. Voglio che in Russia sia conosciuta l'Europa che amo: l'Europa geniale, dei grandi pensatori e artisti, dei santi e dei filantropi. L'Europa dove la dignità della persona umana è indiscutibile. Nel progetto della "Russia sovrana" di Putin sta al centro lo stato, che acquista valore sacrale. E tutti gli idoli chiedono sacrifici. All'idolo dello stato si offre il sacrificio della vita umana.
  • La presa della Crimea, la guerra nel Donbass, sono manifestazioni di un nuovo progetto generale per la Russia: un progetto che definirei revanscista e ideologico. Si cerca di tornare nel passato, e non ai tempi di Breznev, ma a quelli prima di Krushev e della sua "destalinizzazione". Stalin è di nuovo considerato "pater patriae", l'eroe nazionale. Ci sono i suoi ritratti ovunque, soprattutto in rapporto all'anniversario della vittoria (1945): è stato lui, il grande duce, ad aver vinto la guerra! E in tutto questo noi abbiamo i libri di Grossman, Solzenicyn, Astafiev! Sono davvero disperata. Con Stalin sta crescendo la nostalgia per uno stato stalinista, totalitario, dove tutti i dissidenti sono bollati come nemici del popolo, traditori degli interessi del paese. Così noi che partecipammo ai "moti bianchi" siamo ora "agenti pagati dagli Stati Uniti". Le fondazioni indipendenti, come Memorial (che custodisce la memoria di tutte le vittime del terrore stalinista), sono state dichiarate "agenti dell'influenza straniera". L'idea nazionale che arriva oggi dal Cremlino non è più quella comunista, però. Si chiama "patriottismo", e ognuno deve essere un "vero patriota". Ogni giudizio critico viene trattato come “russofobo” e censurato. Il concetto del "mondo russo" (secondo il modello di Pax romana) ha tutti i tratti dell'imperialismo militante, e testimonia lo sforzo - pazzesco, davvero - di restaurare l'Unione Sovietica. Un'utopia retrograda, pericolosa non soltanto per gli Stati vicini, ex-sovietici, ma per tutto il mondo. Il potere non permette a nessuno di dialogare. L'ultima zona libera rimasta è internet.
  • La cosa più triste per me, che sono ortodossa fin dai tempi dell'"ateismo militante", è la posizione della nostra chiesa. Mi fa venire in mente l'Action Française e i movimenti di quel tipo. Si sentono abitualmente dai rappresentanti ufficiali della chiesa cose incompatibili con la dottrina cristiana, piene di odio per l'Occidente, per la nostra intelligenza, per le norme e le leggi della civiltà moderna.
  • È stato coniato il termine "tiranti spirituali": il sistema dei divieti e dei doveri obbligatori per tutti. La chiesa si propone come garante di questi "tiranti". Il primo è il patriottismo, e non la fedeltà a Cristo. E questo dopo tutti gli innumerevoli martiri uccisi per la fede nei tempi sovietici! Mi meravigliano i tanti europei pronti a prendere questo "moralismo" per un normale conservatorismo. È un radicalismo di tipo islamico, che non ha nulla a che vedere con le norme tradizionali. L'odio irrazionale della modernità, e non l'amore per i valori tradizionali, sta al cuore di questo movimento.
  • Il nostro Parlamento non ha commemorato Nemtsov neppure con un minuto di raccoglimento (ed era membro del governo pochi anni fa) e il nostro Patriarca non ha detto nessuna parola in pubblico sull'assassinio scandaloso (e Nemtsov è stato insignito dalla chiesa alcuni anni fa). Che vergogna.
  • Custodisco profondissima reverenza per Giovanni Paolo II, ora santo. Chiunque ha avuto la possibilità di vederlo da vicino ha sentito questo soffio di santità evidente in lui. Si percepiva quasi fisicamente la sua fede, così giovane e poetica, il suo amore e il suo interesse profondo per ciascuno, il suo coraggio. Senza di lui non si potrebbe potuto nemmeno immaginare il crollo del sistema comunista. Ma non apprezzo solamente la sua passione per l'unità cristiana, o la sua profonda e amante comprensione della spiritualità delle chiese orientali: apprezzo il suo grande amore per la cultura, per il genio creativo dell'essere umano, per la poesia, l'arte, la filosofia. E il suo coraggio sulla storia: non ha avuto paura di riconoscere alcuni sbagli tragici della chiesa, e chiedere perdono. Mi spiace tanto che tutti i suoi sforzi per ristabilire pace e fraternità con la chiesa russa ortodossa non abbiano avuto risposte da parte nostra. Il suo amore per la cultura russa, per la "bellezza dell'anima russa", come ha detto, non è stato da noi contraccambiato.

Intervista di Marco Sabbatini, doppiozero.com, 31 ottobre 2020

  • Francesco era il santo più amato in Russia – è un santo universale! La santità nel suo caso emana un fascino straordinario, riluce di semplicità e di gentilezza. È il poeta della fede.
  • Il desiderio – direi, sempre sulla scorta di Dante, il desiderio è ciò che definisce la persona. Le persone spesso non si decidono a desiderare il loro principale desiderio – o non lo riconoscono tra molti altri desideri minori. Ma il poeta può avere il coraggio di desiderare proprio ciò che resta segreto anche a sé stessi, ciò che gli altri, anche senza saperlo, desiderano. Che cosa? L'essere connessi, l'essere in relazione con quello che si può definire il centro dell'universo, il centro del cuore umano.
  • Il dono artistico dell'Italia e il dono artistico della Russia sono straordinari. Direi che si tratta di popoli dalla vocazione artistica. E in un certo senso sono in pieno contrasto tra loro: l'Italia possiede la forza di vivere e far proprie la gioia, la bellezza, la magnificenza dell'essere convogliandole in un tema artistico, la Russia (con i suoi grandi autori) allo stesso modo sa far proprie la sofferenza, il dolore, la povertà.
  • Il secolarismo [...] non mi interessa. Non voglio finire in questa caverna di Platone. Perché fingere di vedere solo ombre, quando ho visto la luce e la libertà?
  • [Papa Giovanni Paolo II] Osservandolo e ascoltandolo si aveva immediatamente l'impressione di parlare con un sant'uomo. С'era molto di sorprendente in lui. Prima di tutto nominerei la sua assoluta e coinvolgente fede: una fede simile credevo la possedessero solo i padri veterotestamentari, come Abramo... Poi il suo rispetto profondo per la persona, l'interesse verso la persona. Come se attraverso l'altro egli attendesse qualcosa di importante per sé stesso. E poi il dono della comicità. Durante i nostri incontri scherzava spesso e in modo molto divertente, tanto da rallegrarsi alle reazioni degli altri per i suoi scherzi.

Intervista di Marta Ottaviani sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022, avvenire.it, 23 marzo 2022

  • La guerra è stato uno choc assoluto per tutti. Sembrava che semplicemente non potesse più accadere. Per i primi tempi c'è stata ancora l'illusione che ci si potesse svegliare come da un brutto sogno.
  • Le celebrazioni annuali della vittoria di guerra del 1941-1945 (chiamata in Russia Grande Guerra Patriottica) si tenevano con slogan come «Possiamo farlo di nuovo!». In televisione non c'era altro che propaganda. Propaganda viziosa e totalmente falsa. Era talmente idiota e brutta che sembrava impossibile che una persona "normale" potesse semplicemente ascoltarla e prenderla sul serio. Ma ha fatto il suo lavoro. Ha formato "l'uomo della tv", che non può essere convinto di nient'altro. Questo "uomo della tv" costituisce ormai la maggioranza della popolazione.
  • La chiusura di tutti i media indipendenti è un grande colpo per la capacità di ottenere informazioni. Coloro che sanno usare i media elettronici trovano le proprie fonti. Ma sono in minoranza, credo. La ripubblicazione e la diffusione di tali informazioni è anche punibile penalmente. La maggioranza della popolazione riceve solo disinformazione ufficiale e, sorprendentemente, ci crede.
  • Molto oggi assomiglia all'Urss dei suoi giorni stalinisti più repressivi. Come allora c'è la richiesta di un sostegno pieno e incondizionato a qualsiasi decisione delle autorità. Ma c'è anche qualcosa di nuovo. Gli slogan e lo stile sono spesso presi direttamente dal Terzo Reich. Il regime sovietico camuffava la sua brutalità. Oggi la brutalità della soppressione forzata di elementi esterni e locali è praticata apertamente e non nascosta. L'ideologia comunista non esiste più. Invece del marxismo-leninismo e «dell'ateismo militante» c'è ora una torbida miscela di cattivo misticismo storiosofico, l'idea di una "Grande battaglia" in cui i russi dovrebbero essere pronti a morire e a distruggere il mondo intero insieme a loro stessi, per porre fine al "Male del mondo". Un misto di vendetta, aggressione imperiale, odio verso "loro", ossia, nel linguaggio ufficiale l'Occidente collettivo. E non c'è niente davanti. Nessun "futuro luminoso", come sotto il comunismo, e nessun futuro in generale.
  • [«La Russia può avere un futuro aperto e democratico, magari vicino all'Europa?»] Lo spero. Non vedo come possa avvenire una transizione verso "un'altra Russia". Una cosa è chiara: non può essere facile. Saranno tempi difficili e forse terribili. Ma se non credi in un tale risultato, non vuoi vivere. Ci sono troppe persone in Russia che meritano un'altra vita e sono pronte per essa.

Intervista di Roberto Antonini sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022, laregione.ch, 16 aprile 2022

  • La vita che sto vivendo è un sorta di tortura morale. Ogni giorno veniamo a sapere di nuovi suicidi, omicidi, distruzioni, violenze. Atrocità. Tutto questo succede in un paese che amo, un paese in cui vivono moltissimi miei cari amici, un paese che non ha fatto assolutamente nulla di male alla Russia e non aveva alcuna intenzione di farlo.
  • La Russia assomiglia a un uomo che salta dalla finestra da grande altezza e sta ancora volando... Non sappiamo come e dove atterrerà... La guerra che nessuno si aspettava, che nessuno poteva immaginare, è stata dichiarata non solo all'Ucraina. È stata dichiarata alla Russia, alla Russia che amo. È stato deciso che non debba più esistere questo tipo di Russia il cui cammino è iniziato con la Perestroika di Gorbaciov. Negli ultimi mesi molti dei miei conoscenti se ne sono andati. E altri stanno per andarsene. Partenze molto più simili a una fuga che all'emigrazione. Io ho deciso di rimanere qui, sin dall'inizio di questo disastro. Ma come fare a rimanere qui e al tempo stesso mantenere la propria dignità?
  • La propaganda e la disinformazione cui mi hanno abituata gli anni dell'Unione Sovietica stanno raggiungendo livelli straordinari: i fatti stessi vengono negati. I fatti, si dice qui, sono "fake". Sorprendentemente, molte persone ci credono. E tra chi ci crede e chi non ci crede nascono conflitti, spaccature all'interno delle famiglie, tra genitori e figli, tra coniugi, tra colleghi di lavoro, o all'interno della Chiesa ortodossa.
  • Molti, in questo atteggiamento di Kirill, vedono la manifestazione di un servilismo di fronte al potere secolare. Ma vi è qualcosa di più profondo: la condivisione dell'ideologia di una grande Russia, di un mondo russo, una sorta di pax romana sui generis. Il patriarca Kirill è parte attiva sin dall'inizio nello sviluppo di questa ideologia. E Putin, mi pare, ne ha tratto ispirazione.
  • [...] direi che c'è molta eredità stalinista nel nostro Stato. Ma certamente non tutto. Ciò che abbiamo oggi è una specie di mescolanza fangosa in cui troviamo anche tracce di stalinismo, citazioni prese dal fascismo e nazismo. Il carattere centrale di questo regime non è apparso subito così evidente. Penso che la ragione centrale da dieci anni sia l'opposizione della Russia all'Occidente. O più in generale al mondo intero. È un'ideologia speciale, non così diretta come il vecchio marxismo-leninismo. Si crede nella violenza come unico modo per risolvere tutti i problemi del mondo: vi è una fede nella vocazione messianica della Russia. Ma al resto del mondo questa Russia non offre più la prospettiva di un futuro luminoso come invece pensava di fare l'Unione Sovietica, ma solo la distruzione totale, la trasformazione – per prendere le parole di Putin- in polvere radioattiva.
  • [Sulle proteste in Russia del 2011-2013] È stato un momento meraviglioso di manifestazioni in cui si sentiva che il futuro poteva essere vicino. Una primavera di speranza. La speranza incarnata dalle persone che erano scese in piazza: moderne, illuminate, libere. Pensavamo che queste persone potessero essere la forza determinante del nostro paese. Recentemente abbiamo visto una situazione analoga in Bielorussia. Ma tutto questo non ha prodotto un risultato politico. Perché? Io penso che la ragione consista nel fatto che in Russia le persone con una mentalità democratica e moderna non si impegnino davvero nella politica. Mancano i movimenti, i partiti, i programmi, così abbiamo avuto una festa ma non le abbiamo dato un seguito. L'unico seguito che c'è stato è l'intensificazione della repressione.
  • Ma l'Ucraina è l'unico obiettivo di Putin? Forse è solo l'inizio del suo progetto. Dopo tutto, prima di lanciare l'invasione Putin ha dato un ultimatum non all'Ucraina ma alla Nato...
  • I nostri nuovi ideologi, che sono storici dilettanti, cercano di costruire il mito della storia russa come una storia immutabile, in cui per esempio l'imperatore Nicola II, ucciso dai Bolscevichi, può apparire accanto a Stalin. I rivoluzionari come Lenin, i "liberali" come l'imperatore Alessandro II, il grande riformatore, non vengono tenuti in considerazione, mentre uno zar come Ivan il Terribile assurge a modello.

Intervista de La nuova Europa sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022, lanuovaeuropa.org, 13 luglio 2022

  • Quel che ha avuto inizio il 24 febbraio, che va avanti e non intende smettere – l'invasione dell'Ucraina, l'atroce crudeltà delle operazioni militari, i pogrom contro la popolazione inerme, eccetera – ha fatto crollare l'immagine della Russia cui il mondo era abituato e che amava.
  • Chi esalta Stalin non ha potuto leggere Solženicyn.
  • Il fatto è che nel nostro paese le decisioni di governo vengono prese da una categoria di persone ostili alla cultura russa. È la tragedia della nostra storia. Quando il presidente dice che l'Occidente rifiuta la cultura russa [...] , mi viene voglia di citare Dostoevskij: «Siete stato voi, voi e nessun altro».
  • La cultura russa classica – in particolare, direi, il romanzo – ha smesso da tempo di essere un fenomeno esclusivamente russo, com'è per la tragedia greca. Ormai è un patrimonio mondiale. La leggono in tutto il mondo, e certo alla gente degli altri paesi non suggerisce lo spirito imperiale né il nazionalismo. Se poi in qualche grande artista si dovessero trovare espressioni di natura imperiale o xenofoba, sarà il lettore stesso, penso, a giudicarle. Posto, naturalmente, che possegga i criteri adeguati.
  • Dove si vede la dignità personale e nazionale? Nel fatto che «noi» siamo una potenza militare invincibile o in qualcos'altro? La propaganda ufficiale non conosce altro che il trionfalismo guerresco.
  • Per alimentare l'autostima del cittadino oggi propongono una versione falsificata della storia, che enumera esclusivamente le vittorie militari. Nonché la «nostra» capacità di ridurli «tutti quanti» in «polvere radioattiva». Viene da dire che persino il comunismo era più umano, almeno voleva annientare tutti gli «sfruttatori» ma salvare i «lavoratori», conducendoli al «luminoso futuro». Invece qui tutti senza distinzione.
  • Certo non si può raccontare niente di confortante sulle repressioni di massa, ma cercare di distruggere questa storia nella memoria comune significa non volere farci i conti, significa continuarla. La liquidazione di Memorial secondo me è stata, questa sì, un'enorme umiliazione per la società. Vuol dire chiudere una possibilità di nuova vita per il paese.
  • Molti descrivono quello che stiamo vivendo come una sorte di vita-nella-morte. Oppure come vivere quando il sole è spento. Si è compiuto qualcosa di molto brutto e irrimediabile.
  • Coloro che se ne sono andati li capisco bene. Quelli che scappano dall'Ucraina per sfuggire ai bombardamenti sono chiamati profughi. Quelli che scappano dalla Russia per sfuggire agli attacchi morali sono chiamati fuggiaschi. Spesso è un'espressione di protesta, il rifiuto di partecipare sia pure di striscio a questa infausta «operazione». Da noi ormai certe forme di attività professionale sono diventate semplicemente impossibili, il giornalismo, tanto per dirne una. Anche l'insegnamento per molti versi sta diventando impossibile. Anche mandare i figli in una scuola dove li fanno disegnare carri armati e cantare: «Zio Vova, siamo con te!» non è cosa per tutti... o aspettarsi la prigione per un post su facebook...
  • [...] mi chiedo com'è potuto accadere che una Chiesa che ha sopportato da martire decenni di persecuzioni del regime ateo, una volta acquistata la libertà si metta a parlare la lingua della propaganda politica?
  • Mi è odiosa la dottrina del «Mondo russo» i cui slogan oggi servono a giustificare la guerra in Ucraina. Sentiamo gli ucraini che nelle loro città e villaggi, guardando le macerie delle loro case saccheggiate, di ospedali e stazioni dicono: «Eccolo il mondo russo che arriva!».
  • Fino a che l'esercito russo non si ritirerà dall'Ucraina, fino a che le sirene di guerra si sentiranno in tutto il territorio di questo paese e dal cielo pioveranno missili e bombe, fino a che non torneranno i milioni di profughi, è assurdo parlare di perdono e risanamento. Tutto è per dopo. E intanto? Chi può aiuti le vittime. Sosteniamo in tutti i modi le posizioni contro la guerra.
  1. a b Dall'intervista di Alberto Fraccacreta, Sedakova, la poesia è lieve e durissima, traduzione di Adalberto Mainardi, avvenire.it, 28 agosto 2020.

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