Maxiprocesso di Palermo

procedimento giudiziario contro numerosi esponenti mafiosi appartenenti a Cosa Nostra

Citazioni sul Maxiprocesso di Palermo.

Un'udienza del Maxiprocesso di Palermo nell'aula bunker del carcere Ucciardone

Citazioni modifica

  • Cosa nostra di Riina è stata fatta a pezzi dal maxiprocesso del 1987 e dalle indagini di Rocco Chinnici, Falcone, Borsellino, Antonino Caponnetto. (Pino Arlacchi)
  • La confisca dei beni sottratti alla mafia è frutto di una legge del 1982, che porta i nomi di Pio La Torre, ex segretario del Partito comunista siciliano, e di Virginio Rognoni, allora ministro democristiano dell'Interno, scomparso il 20 settembre scorso. È stata parte delle fondamenta su cui i giudici Falcone e Borsellino hanno costruito il maxiprocesso contro Cosa Nostra. (Mario Draghi)
  • La "mafia stragista" non esiste più, è stata destrutturata, è stata ridotta all'impotenza attraverso gli ergastoli che sono stati inflitti tutti con il Maxiprocesso di cui sono stato giudice a latere. (Pietro Grasso)

Lillo Gullo modifica

  • Dal primo giorno dietro i monitor nella sala regia allestita all'interno della struttura dove si celebrava il processo ai boss ho trovato che non vi era né preoccupazione né tensione fra i tecnici e gli operatori in quanto l'evento era stato metabolizzata perdendo il pathos della dimensione politica e civile: la routine aveva preso il sopravvento.
  • Fui invitato ad andare da Trento a Palermo per curare la regia del maxi processo alla mafia, alternandomi ad altri mie colleghi per alcuni periodi tempo. Fui chiamato sia per la mia origine siciliana, sono nato ad Aliminusa nel Palermitano, che per avere diretto altri programmi nazionali, come L'Orecchiocchio. Andai con la consapevolezza che vi potessero essere dei rischi, ma non potevo certo esimermi da questa prova anche perché militante di sinistra. Arrivato a Palermo appena ho visto il carro armato di fronte al bunker ho avuto conferma che i miei timori non fossero del tutto campati in aria.
  • Mentre in aula si combatteva una battaglia dello Stato contro Cosa nostra dai toni epocali, nella sala regia i problemi erano legati a vicende squisitamente di carattere sindacale e di rispetto degli orari. E durante le deposizioni dei capimafia o dei testimoni c'era anche chi trovava il tempo di vedere altri film per ingannare il tempo. [...] Alla fine, ho come la sensazione che sia stata un'occasione sprecata. Aver vissuto un'esperienza storica ed irripetibile senza avvertirla come tale. 

Saverio Lodato modifica

  • Il processo è iniziato il 10 febbraio, in un clima diffuso di riserve sul suo futuro svolgimento. Da più parti si considerava letteralmente utopica la pretesa di processare finalmente un pezzo consistente di Cosa nostra negli anni ottanta, quella dedita a grandi delitti, grandi traffici di eroina. Il processo «mastodonte» — dicevano in tanti — non reggerà a dimensioni mai praticate prima, mentre scetticismo ed ironia circondavano le dichiarazioni dei pentiti al centro di una violentissima campagna già molto tempo prima che iniziasse il dibattimento. Ora è possibile un primo e parziale bilancio. Gli inquirenti si ritrovano in una sottolineatura comune; si è data fin qui prova di «laboriosità» ed «efficienza»; il che non è secondario dovendo ancora oggi misurarsi con il Codice Rocco vecchio di cinquantanni, con la proverbiale lentezza della nostra giustizia.
  • Innanzitutto alcune cifre: 85 udienze, di cui 56 anche pomeridiane, qualche volta serali o notturne, 270 gli imputati interrogati, non considerando la lettura dei verbali di interrogatorio, 450 i testi citati, 200 quelli ascoltati. Sono 400 i provvedimenti assunti dalla Corte più i numerosissimi provvedimenti di competenza del presidente.
  • Ma al di là dei «numeri», il primo dato di rilievo, acquisito in sei mesi di processo è rappresentato dall'eccezionale tenuta del fenomeno del pentitismo mafioso. Poco a che vedere a tale proposito con il processo alla camorra o quello di Messina contro le cosche mafiose di quella provincia. La triade Buscetta, Contorno, Sinagra, ha già fatto trascorrere brutti quarti d'ora a capi mafia di spicco o semplici gregari. Si favoleggiava nei giorni di vigilia: il pentito? Chi è costui? Chi tira le sue fila? Avranno il coraggio di ventre in aula-bunker? E quello di ribadire al pretorio le sue «infamità»? Per la difesa, una delusione dietro l'altra. Sono venuti, e come. Hanno ripetuto tutto ciò che avevano detto ai giudici istruttori, hanno «vinto» perfino qualche faccia a faccia.
  • Più in generale il processo costituisce una robusta spallata ad anni ed anni di indolenza dello Stato. Ma oggi la lotta alla mafia sembra progredire soprattutto per ciò che è accaduto «fuori» dall'aula-bunker. Il sostegno di massa a questa battaglia, pur con alti e bassi inevitabili, è comunque discorso finalmente aperto.

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