Luigi Veronelli

scrittore e giornalista italiano (1926-2004)

Luigi Veronelli (1926 – 2004), enologo, cuoco e gastronomo italiano.

Luigi Veronelli

Citazioni di Luigi Veronelli

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  • Aliminusa (Palermo). Pregevole produzione di carciofi e piselli; questi ultimi, di squisita dolcezza, meriterebbero denominazione. Nel periodo invernale, la macelleria prepara una saporosa rustica salsiccia.[1]
  • Amo Lodi; trovo in questa cittadina adagiata nella campagna, sulla riva dell'Adda, le virtù che erano un tempo della mia città, prima fra tutte il rispetto del lavoro. Il lavoro merita rispetto – mai fanatica adorazione – quando è eseguito bene, con riflessione ponderata; è disprezzabile, amico mio, se è solo mezzo per far danaro; in Milano è – quasi sempre – disprezzabile. Lodi ha vinto, o perlomeno sta vincendo, la secolare battaglia con la metropoli.[2]
  • Disprezzo e odio le industrie che – determinate per costituzione al solo profitto – si sono appropriate di quell'impossibile, per loro, denominazione. (da EV, n.° 60, 2001)
  • Ho visto anche Pelé, all'eleganza di Meazza non è arrivato. Una volta, all'Arena, gli vidi fare uno stop in rovesciata a due metri da terra: atterrò col pallone incollato, saltò l'avversario ipnotizzato e andò a infilare il portiere con quei suoi passaggi in porta millimetrici e beffardi.[3]
  • I vini bevibili soprattutto con amore sono come le belle donne, differenti, misteriosi e volubili, ed ogni vino come una donna va preso. Comincia sempre col rifiutarsi con garbo o villania, secondo temperamento e si concede solo a chi aspira alla sua anima, oltre che al suo corpo. Apparterrà a colui che la scoprirà con delicatezza. (dall'intervista Il dono di Dioniso, L'espresso, dicembre 1998)
  • Il peggior vino contadino è migliore del miglior vino d'industria.[4] (da A noi il Barolo piace eccelso, La Stampa, 25 aprile 1997, p. 71)
  • Il vino è il canto della terra verso il cielo. (dall'intervista Il nettare della libertà, il manifesto, 1° dicembre 2004)
  • La cucina di Napoli. E dopo aver mangiato un piatto di spaghetti con le vongole (e aver bevuto alquanto vino di Capri e d'Ischia) che Tristan Corbière, il più simpatico dei maudits di Francia, scrisse il "Sonetto a Napoli | all'sole, all'luna, | all'sabato, all'canonico | e tutti quanti con Pulcinella".
    Il n'est pas de samedi | qui n'ait soleil à midi; | femme ou fille soleillant, | qui n'ait midi sans amant!... || Lune, Bouc, Curé cafard | qui n'ait tricorne cornard; | – corne au front et corde au seuil | préserve au mauvais oeil. || ...L'ombilic du jour filant | son macaroni brulant, | avec la tarantela: || Lucia, Maz'Aniello, Santo Pia, Diavolo, | – CON PULCINELLA –[5]
    Mangia, lunghi filanti, serpeggianti, gli spaghetti, marezzati dai molluschi gonfi e teneri, ancora saporosi di mare, delle vongole veraci; bevi quei vini; te lo trovi addosso lo spirito maudit. Maledetto? Benedetto, mille volte benedetto da che ti riempie di sole, di desiderio di cantare anche tu con Pulcinella.[6]
  • La patria è ciò che si conosce e si capisce. (da Perché trascuriamo l'agricoltura?, Carta, n.° 11, 21-22 marzo 2002)
  • Se dovessi sottolineare la cucina di Napoli, anzi sintetizzarla con un solo aggerrivo, unico, esclusivo, totale: solare esclamerei. Raggi di sole i serpeggianti vermicelli, raggi di sole i fili fragili della mozzarella (di bufala, non delle vaccheplastiche lombarde) nel sartù; raggi di sole i tentacoli dei purpietielli 'e scoglie[7] ravvivati, ce ne fosse bisogno, da aglio e pepacchio (peperoncino). Solare tutta questa cucina: cecenielli e peperoni gravidi, minestre maritate e cianfotta, strangolaprièvete[8] e maruzze. E solare, imitazione del sole, sole fatto piatto per le tue illuminazioni notturne: la pizza.[9]
  • Sono un anarchico angelo di Chagall. (da EV, n.° 52, 2000)
  • Sono un combattente che non può e non deve dare segni di stanchezza e di resa. Gli avversari – ci sono sempre – amo guardarli dritti, negli occhi, così che credano io c'entri dentro e veda – illuminante – la loro meschineria, l'arretratezza, la cecità morale, le colpe. (da EV, n.° 53, 2000)
  • Un occhio al mare, uno alla terra, la cucina di Liguria ha in sé la storia del suo popolo (va detto chiaro, a sfatare una lunga credenza: non solo "marinara"; già te lo rivela la parola "ligure": che alle origini., pre-latine, significa uomo dei monti) che ama il mare almeno quanto lo teme e lo rispetta, che dalla terra si distacca – è necessario navigare – ed alla "sua" terra ritorna con disperato desiderio,
    Ti meravigli allora se la cucina si contende – ma trova sempre, puntuale ed amorosa, il suo equilibrio – tra le cotture semplici e dirette dei pesci (ciupin, frisceu, buridda) e quelle, altrettanto semplici e dirette ma più pazienti, delle carni (cima ripiena, bianco e neiro, vitello all'uccelletto) e delle verdure (torta pasqualina, lattughe ripiene)?
    Né avrai motivo di sorprenderti, tutt'altro, se per le carni si sottolinea l'aspetto terragno, del fuoco, quieto e meditato dell'entroterra quando permane insopprimibile, per i pesci, l'esperienza della barca nella piena avventura dell'onda. (Da Liguria, in Le buone cose, Indirizzi di gola, p. 15.)
  • Una pioggia di coloratissime farfalle. Non eran cibo, erano angeli che tornavano suso in cielo. (da EV, n.° 57, 2001)

Campania

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Lettera aperta a Mario Stefanile
Caro Mario
lettera e non introduzione. Scrivo a te, timoroso del giudizio, come ad ogni amico campano.
Timoroso (forse – amo la fazione, non ho pregiudizio – la prima volta) del vostro amore che, senza misure, ha il pregio di millenaria giovinezza.
Strade ne ho corse tante, battuto borghi e vigneti, bevuto vini, assaporato cibi, concupito femmine e chiese, palazzi, luoghi. Mai avevo, così immediato, subìto il fascino di gente e «cose». Mai delirato sùbito per la bellezza esecrata l'idiozia.
Maggiaiuola la «mia» guida alla «tua» terra, avrei voluto ricordare solo antico canto:
song' asciute 'i rose 'e maggio
song' asciute 'i primmavera. [...]
Ti ho visto attento al bicchiere, pronto a cogliere di vino fortunato intime le suggestioni; lo ami, ne ascolti l'anima.
Gridala, falla gridare sui giornali, l'anima sconosciuta del Fiano di Lapio, dell'Olivella di Carbonara, del Conca, del'Aglianico di Castelpoto, dell'Ogliastro, della Barbera e del Moscato d'Acquara, dei cento e cento altri solo vogliosi d'essere scoperti e goduti.
Denunciala la turpe legge che mette fuori giuoco quel mio vino allegro, giovane, brioso, l'Asprino; vino minorenne, vino femmina, lo baci, la baci, ci perdi la testa.

Citazioni

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  • Làpio (Avellino)
    Dai vignaiuoli, vini bianchi e rossi capaci, se bene vinificati, di cru. Son queste, terre di netta vocazione; assaggiane, o bianco o rosso, da uvaggi e da vitigno, il vino; netto lo senti il desiderio di selezioni migliori e di cure, quasi a volontà di sottrarsi ad anonime botti. Superbo fra tutti il Fiano, un vino bianco – se avrà leggi severe e vignaiuoli coscienti – di eccezionale avvenire (mi esalta quel marcato sentore di nocciola tostata). (p. 110)
  • Paolisi (Benevento)
    Qualche vecchio declama ancora le rusticane poesie di Matteo Gaglione; di corposa vivacità meriterebbero «raccolta». (p. 158)
  • Piedimonte d'Alife (Caserta)
    Nelle pasticcerie hanno meritata fama le pietre del Torano. (p. 163)

Citazioni su Luigi Veronelli

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  • Che Veronelli sia stato un genio della comunicazione non devo certo essere io a ribadirlo. Veronelli era un uomo dalla cultura sconfinata perfettamente a suo agio nel mondo dei mass-media, il che ne faceva automaticamente un intellettuale del tutto sui generis nel panorama italiano. È evidente che una figura così ingombrante non possa essere tolta di mezzo tanto facilmente. Era e rimane un punto di riferimento quando si parla di storia del vino in Italia. Il problema è che Veronelli è morto [...] e nel frattempo il mondo del vino è cambiato in maniera radicale. Ad esempio, se è vero che fu proprio Veronelli a sdoganare i Supertuscan [...], siamo sicuri che di fronte all'evoluzione di quei vini e di quei territori mostrerebbe oggi lo stesso atteggiamento? Io credo che gli idoli vadano uccisi per rispetto nei loro confronti, non farlo significa non averne appreso l'insegnamento e questo vale ancor di più nel caso di Veronelli che era dichiaratamente anarchico e ha sempre spronato tutti a studiare e a nutrire dubbi su ogni aspetto della vita. (Alberto Grandi)
  1. Da Guide Veronelli all'Italia piacevole. Sicilia, p. 19, Garzanti, 1970.
  2. Da La cucina lodigiana, di Vittorio Bottini, Edizioni Lodigraf, Lodi, 1990, p. 6. ISBN 88-7121-054-9
  3. Citato in Gigi Garanzini, «Brindo all'Inter di Meazza», la Stampa, 13 agosto 2001.
  4. Questo concetto è espresso in un articolo del 1956.
  5. Non c'è sabato | che non ci sia il sole a mezzogiorno; | donna o ragazza soleggiante, | che non ha fatto mezzogiorno senza amante!... || Luna, Caprone, Curato scarafaggio | che un [(non)] abbia tricorno cornuto! | – Corna in fronte e corna all'uscio | preservano dal malocchio. - || L'Ombelico del giorno filante | i suoi maccheroni brucianti | con la tarantella: || Lucia, Masaniello, | Santa-Pia, Diavolo, | – CON PULCINELLA – | Mergellina-Venerdì 15 aprile. (SONETTO A NAPOLI | AL SOLE ALL'UNA | AL SABATO AL CANONICO | E TUTTI QUANTI | CON PULCINELLA), in Tristan Corbière, Gli Amori Gialli, poesie, vol. 2, cura e traduzione di Giuseppe D'Ambrosio Angelillo, Acquaviva, 2006, pp. 232-233
  6. Da Le buone cose, Indirizzi di gola, a cura di Andrea Grignaffini, in collaborazione con Monica Caffara e Arturo Rota, Veronelli Editore, Bergamo, 1997, p. 45. ISBN 88-7250-079-6
  7. Polipetti di scoglio.
  8. Strangulaprievete, strangolapreti: gnocchi.
  9. Da Campania, in Le buone cose, Indirizzi di gola, a cura di Andrea Grignaffini, in collaborazione con Monica Caffara e Arturo Rota, Veronelli Editore, Bergamo, 1997, pp. 45-46. ISBN 88-7250-079-6

Bibliografia

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  • Luigi Veronelli, Campania, Aldo Garzanti Editore, maggio 1969.

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