Luca Sofri

giornalista e conduttore radiofonico italiano

Luca Sofri (1964 – vivente), giornalista, blogger e conduttore radiofonico italiano.

Luca Sofri nel 2011

Citazioni di Luca Sofri

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  Citazioni in ordine temporale.

  • [Sulla controversia sul numero di campionati italiani vinti dalla Juventus F.C.] Al di là del merito e delle tifoserie (non sono juventino, non sono interista, non ho interessi in ballo), ho un'obiezione "tecnica" [...] sull'implicazione sovversiva e di violazione delle regole della pretesa della Juventus di attribuirsi 30 scudetti e 3 stelle. [...] Riassumo [...] in pochissime parole: se decidi di comportarti come se una sentenza pronunciata da un organismo che implicitamente rispetti e condividi sia sbagliata, ne mini le fondamenta e fai saltare tutto il patto. L'obiezione è che [si] confonde l'obbedienza a una regola con la sua contestazione, [si] confonde un reato con un'opinione. La Juve non è parte dell'istituzione, non è tenuta a condividere pubblicamente i suoi pronunciamenti, mentre è tenuta invece a obbedirvi [...]. [Dopo la sentenza di Calciopoli] la Juve non ha deciso di non partecipare più al campionato (poteva farlo, se avesse voluto mettere in discussione il sistema), o di andare alla sede dell'Inter e portarsi via dei trofei: sta solo manifestando il suo dissenso da quella sentenza, che ha comunque inevitabilmente subito e "rispettato", punti di penalizzazione compresi. [...] L'equivoco è importante, perché discende direttamente dalla pretestuosa obiezione che nella società civile pretende che non si possano discutere e criticare le sentenze della magistratura: il "rispetto delle sentenze" è una formula ingannevole e strumentale usata per mettere a tacere i dissensi. Le sentenze le fa rispettare lo Stato, e la forza pubblica, eventualmente: ma io, mentre le subisco, mentre sconto la pena, ho diritto di dire che non è giusto e che per me il colpevole non sono io. Ho diritto di dirmi innocente, che lo sia o no. Ho diritto di fare tutto quello che non violi una regola scritta [...]. E sostenere che esercitando questo diritto io metta a rischio il patto sociale è un ricatto morale che trascura la libertà di opinione. La Juventus ha 28 scudetti, punto. E ha diritto di dire che ne ha vinti 30. Punto.[1]
  • Una democrazia è un sistema di funzionamento delle comunità auspicabile, efficace e giusto perché consente che le opinioni e le scelte di tutti pesino, ma lo è solo se quelle opinioni e scelte sono informate, se nascono da dati sufficientemente completi e non falsi. Altrimenti è solo un sistema giusto, ma fallimentare e controproducente: una democrazia disinformata genera mostri maggiori di una dittatura illuminata, per dirla grossa.[2]
  • Quando si trattò di attaccare i buoni, i cattivi inventarono almeno la categoria del "buonismo", perché prendersela ufficialmente con la bontà sembrava sinceramente impraticabile.[3]
  • [...] il M5S, come è stato estesamente raccontato, è una macchina di produzione di falsità e inganni nei confronti delle persone a scopo di propaganda e costruzione di potere politico: macchina di grande efficacia, perché legittima ogni suo racconto non con fatti, dati o argomenti, ma con la tesi che "tutto quello che ti dicono gli altri è falso", approfittando così di ingenuità, risentimenti e bisogni di tutti noi destinatari delle sue falsificazioni.[4]
  • [Su Luigi Di Maio] Ma se scrivi in una lettera a un grande quotidiano che il paese di quel quotidiano ha una "democrazia millenaria", il problema non è che sei ignorante della storia, ma che sei un cretino: sei uno che per esprimersi e comunicare un concetto diplomatico in una situazione delicata, e mentre vuol fare bella figura con i lettori di un grande quotidiano, non ha l'attenzione e la capacità di valutazione necessarie a riflettere sul senso delle parole e a scegliere quelle giuste.[5]
  • [Su Matteo Salvini] La sua ascesa e conquista di consenso sono quelle di uno che sappia suonare la Marsigliese con le scoregge in un tempo in cui questo diventi apprezzatissimo perché tutti quanti troviamo oboi e timpani orribilmente snob e radical chic, e perché qualcuno ha stonato con l'oboe.[6]
  • Avere i lettori come padroni è una cosa pessima per la qualità e l'indipendenza dei giornali. I peggiori giornali del mondo — e italiani pure — sono fatti per soddisfare i desideri dei propri lettori, confermare le loro opinioni, condividere le loro partigianerie, farsi coro delle proprie curve, non scontentarne le aspettative. La peggiore informazione del mondo è fatta da giornali e giornalisti che si danno come priorità il "soddisfare i propri lettori" e non hanno la libertà di rischiare di scontentarli o di mettere in discussione le loro certezze o le loro abitudini a leggere ogni giorno le stesse cose. Il problema dei giornali con i "padroni" prescinde da chi siano i padroni: e quindi è anche il problema dei giornali che individuano una comunità di lettori, ne riconoscono un importante valore commerciale, e le danno ciò che intuiscono la soddisfi. Ci vogliono infatti un buon intuito e una grande sensibilità "politica" a fare i giornali così: non è da tutti, capire "dove tira il vento" e saper individuare una domanda in cerca di un'offerta. È da sempre una qualità ammirata nel business editoriale. Ma è anche la via populista [...] all'informazione: quella che si dà come priorità non il racconto indipendente delle cose, qualunque finisca per essere, ma il racconto delle cose che piaccia ai lettori. [...] Definire i lettori "padroni" [...] è nel migliore dei casi una ruffianeria infondata (e che incentiva i lettori a ritenersi erroneamente tali); nel peggiore, una scelta che entra in contraddizione con l'autonomia nel racconto delle cose, ed è il contrario di un vanto del buon giornalismo.[7]
  • Ieri mattina ho letto su un grande quotidiano l'intervista a un anziano e illustre psichiatra, interpellato a commentare alcune storie terribili di cronaca nera ("Cosa c'è nella mente di questi padri assassini? Disperazione, autodistruzione, paura di non farcela [...] a prevalere è il senso d'impotenza, cioè la disperazione di quando si percepisce che la propria condizione non possa più cambiare", eccetera). [...] il format giornalistico per cui si chiama a casa l'esperto psichiatra, psicologo, sociologo, medico, e gli si chiede un'analisi di fatti e persone su cui non ha nessuna informazione in più di noi (e spesso ne ha meno di noi, e gli vengono riferite dal giornale) è particolarmente deprimente e imbarazzante [...][8]
  • La risposta del presidente del Senato [Ignazio La Russa] sul 25 aprile [...] era una risposta sbagliata: meriterebbe aggettivi più severi, più indignati, più desolati, più imbarazzati, ma li hanno già usati in tanti, e sono tutti fondati [...] Il presidente del Senato ha risposto "Dipende" alla domanda se celebrerà il 25 aprile: basterebbe a chiederne le dimissioni, per inadeguatezza. Quasi tutti noi sessanta milioni di italiani possiamo rispondere così, e possiamo fare quello che vogliamo il 25 aprile: ma non lo può fare, né dire, il presidente del Senato, per mandato e per definizione di seconda carica dello Stato.[9]
  • [Sulla crisi dell'Italia] E tutto questo, e altro ancora, genera una disillusione e una rassegnazione che toglie ogni motivazione a un’idea di bene comune e di progresso condiviso: ognuno percepisce che le cose vanno a remengo e invece che dedicarsi a rimediare si preoccupa di proteggere ciò che è proprio. Perché dovrebbe svuotare il mare – ovvero questa enorme pozzanghera – col proprio secchiello? Perché là fuori ci sono tante persone coi propri secchielli, ecco perché, e hanno bisogno di vedere i secchielli altrui, di vedere modelli, di non sentirsi sole: di non farsi raggiungere dalla pozzanghera di risentimento, egoismo, indignazione, che si allarga sempre di più. Perché la storia dei grandi progressi civili e del miglioramento delle convivenze – la storia della felicità delle persone e dell’orgoglio delle comunità nazionali – l’hanno fatta i secchielli, non le pozzanghere.
    Perché essere nati nel terzo mondo è una sfortuna, ma esserci voluti finire è un’idiozia.[10]

Incipit di alcune opere

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Notizie che non lo erano

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All'inizio di giugno del 2007 l'allora presidente degli Stati Uniti George W. Bush fece un viaggio ufficiale in Albania (dopo essere stato in Italia), dove venne accolto con grande entusiasmo da tanti albanesi a cui andò incontro per strada, abbracciando e facendosi abbracciare sotto lo sguardo un po' preoccupato degli agenti del Secret service addetti alla sua scorta.

Playlist

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L'avevamo voluto moltissimo. Io e mio fratello ricevemmo in regalo il magnetofono Castelli per un natale, o un compleanno: questo non me lo ricordo esattamente. Ma lui, il magnetofono, me lo ricordo benissimo. Per la lingua di allora — la parola è in effetti desueta — un magnetofono era semplicemente un registratore a cassette, che aveva ereditato il suo nome dai precedenti registratori a bobine (mia zia ne aveva uno, a bobine: ma era rotto, e noi bambini l'avevamo sempre guardato desolati, schiacciando i tasti invano ogni volta che gli passavamo vicino, hai visto mai).

  1. Da Punti e stelle, ilpost.it, 10 maggio 2012.
  2. Da Populismo, elitismo, e Sarah Palin, wittgenstein.it, 10 settembre 2012.
  3. Da Con la scusa del politicamente corretto, wittgenstein.it, 10 agosto 2015.
  4. Da I volenterosi carnefici di Grillo, wittgenstein.it, 27 aprile 2017.
  5. Da "Una buona dose di ignoranza", il resto cretini, wittgenstein.it, 12 febbraio 2019.
  6. Da Un politico scarso - una specie di editoriale, ilpost.it, 21 agosto 2019.
  7. Da Non ha padroni, mai, wittgenstein.it, 12 aprile 2021.
  8. Da Giornalismo e diagnosi, wittgenstein.it, 7 maggio 2022.
  9. Da Ci siamo seduti dalla parte del torto, wittgenstein.it, 31 ottobre 2022.
  10. Da Fare per fermare il declino, wittgenstein.it, 9 novembre 2024.

Bibliografia

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Altri progetti

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