Simone de Beauvoir

insegnante, scrittrice, saggista, filosofa e femminista francese
(Reindirizzamento da La terza età)

Simone Lucie-Ernestine-Marie-Bertrand de Beauvoir (1908 – 1986), scrittrice, saggista e filosofa francese.

Simone de Beauvoir nel 1955

Citazioni di Simone de Beauvoir

modifica
  • Desidero che ogni vita umana sia pura e trasparente libertà.[1]
  • [...] devo ammettere che la posterità ha su di me un grande vantaggio. Essa conoscerà la mia epoca mentre questa ancora non si conosce. Saprà una quantità di cose che io ignoro. La mia cultura, la mia visione del mondo, le appariranno sorpassate. A parte alcune grandi opere che resistono ai secoli, disdegnerà gli alimenti di cui io mi sono nutrita.[2]
  • [...] finché la famiglia e il mito della famiglia e il mito della maternità e l'istinto materno non saranno soppressi, le donne saranno oppresse.
[...] as long as the family and the myth of the family and the myth of maternity and the maternal instinct are not destroyed, women will still be oppressed.[3]
  • Il vuoto del cielo disarma la collera.[2]
  • L'uomo è definito come essere umano e la donna come femmina; ogni volta che si comporta da essere umano si dice che imiti il maschio.[4]
  • La coppia come spazio del pensiero, o il pensiero come dialogo tra i due sessi: non è questa l'utopia stessa? L'universale, la fratellanza, tutti i miti di coesione identitaria, autoctona e di gruppo si scindono in due. A pensarci, quanti di noi sono capaci oggi di una stima, di un disaccordo e di una generosità cosi durevoli?[5]
  • La rappresentazione del mondo è opera degli uomini; essi la delineano dal loro punto di vista.[6]
  • Lui è il Soggetto, l'Assoluto. Lei è l'Altro.[7]
  • Ma vi sono risposte che non avrei la forza di ascoltare e perciò evito di porre le domande.[8]
  • Mi è stato più facile pensare un mondo senza creatore, che un creatore pieno di tutte le contraddizioni del mondo.[9]
  • Nella società umana nulla è naturale e la donna, come molto altro, è un prodotto elaborato dalla civiltà.[10]
  • Nessuna donna dovrebbe essere autorizzata a rimanere a casa per allevare i suoi figli. La società dovrebbe essere totalmente differente. Le donne non dovrebbero avere quella scelta, precisamente perché se ci fosse una tale scelta troppe donne la farebbero. È un modo di forzare le donne in una certa direzione.
No woman should be authorized to stay at home to raise her children. Society should be totally different. Women should not have that choice, precisely because if there is such a choice, too many women will make that one. It is a way of forcing women in a certain direction.[11]
  • Non mi sono mai sentita inferiore... Ciononostante, "essere donna" relega ognuna di noi a un ruolo secondario.[12]
  • Non ho mai nutrito l'illusione di trasformare la condizione femminile, essa dipende dall'avvenire del lavoro nel mondo e non cambierà seriamente che a prezzo di uno sconvolgimento della produzione. Per questo ho evitato di chiudermi nel cosiddetto «femminismo».[13]
  • [...] non si trasforma la propria vita senza trasformare se stessi.[8]
  • Per Zélia provai una simpatia immediata. Lei doveva alla sua origine italiana una natura e una freschezza giovanili, aveva molto carattere e comunicativa, uno sguardo acuto, la lingua pronta. Trovai molto tonica la sua presenza, anzi è una delle poche donne con le quali abbia riso![14]
  • Profumo, pellicce, biancheria fine, gioielli: lussuosa arroganza di un mondo dove non c'è posto per la morte; ma essa restava in agguato dietro quella facciata, nel segreto grigiastro delle cliniche, degli ospedali, delle camere chiuse.[15]
  • Pure ci tenevo troppo alla libertà per rinunciare a cercarla liberamente.[16]
  • Se vivi abbastanza a lungo, vedrai che ogni vittoria si muta in una sconfitta.[17]
  • Una donna libera è il contrario di una donna leggera.[18]
  • [...] un giorno un'adolescente, un'altra me stessa, avrebbe bagnato con le sue lacrime un romanzo in cui io avrei raccontata la mia propria storia.[9]

Il secondo sesso

modifica
  • La coppia felice che si riconosce nell'amore sfida l'universo e il tempo; basta a se stessa, realizza l'assoluto. (2013)
  • [...] si può dire ancora che vi siano delle 'donne'? Certo la teoria dell'eterno femminino conta numerosi adepti [...]; altri sospirano: 'La donna si perde, la donna è perduta.'. Non è più chiaro se vi siano ancora donne, se ve ne saranno sempre, se bisogna augurarselo o no, che posto occupano nel mondo, che posto dovrebbero occuparvi. 'Dove sono le donne?' [...]. Ma innanzi tutto: cos'è una donna? 'Tota mulier in utero: è una matrice', dice qualcuno. Tuttavia parlando di certe donne, gli esperti decretano 'non sono donne', benché abbiano un utero come le altre. Tutti sono d'accordo nel riconoscere che nella specie umana sono comprese le femmine, le quali costituiscono oggi come in passato circa mezza umanità del genere umano; e tuttavia ci dicono 'la femminilità è in pericolo'; ci esortano: 'siate donne, restate donne, divenite donne'. Dunque non è detto che ogni essere umano di genere femminile sia una donna; bisogna che partecipi di quell'essenza velata dal mistero e dal dubbio che è la femminilità. La femminilità è una secrezione delle ovaie o sta congelata sullo sfondo di un cielo platonico? Basta una sottana per farla scendere in terra? Benché certe donne si sforzino con zelo di incarnarla, ci fa difetto un esemplare sicuro, un marchio depositato. Perciò essa viene descritta volentieri in termini vaghi e abbaglianti, che sembrano presi in prestito dal vocabolario delle veggenti. [...] le scienze biologiche e sociali non credono nell'esistenza di entità fisse e immutabili che definiscano dati caratteri, come quelli della donna, dell'Ebreo o del Negro; esse considerano il carattere una reazione secondaria a una situazione. Se oggi la femminilità è scomparsa è perché non è mai esistita. [...] il fatto è che ogni essere umano concreto ha sempre la sua particolare situazione. Respingere le nozioni di eterno femminino, di anima negra, di carattere giudaico non significa negare che vi siano, oggi Ebrei, Negri e donne: questa negazione non ha per gli interessati un significato di libertà ma una fuga dall'autenticità. (dall'introduzione; 2008, p. 13)
  • [Su Sof'ja Tolstaja] Che abbia avuto torto o ragione non cambia nulla all'orrore della sua situazione: per tutta la vita non ha fatto che subire, in mezzo a recriminazioni continue gli amplessi coniugali, la maternità, la solitudine, il modo di vivere che il marito le imponeva. [...] non aveva alcuna ragione positiva di far tacere i suoi sentimenti di rivolta e nessun mezzo efficace per esprimerli. (1961, vol. II, p. 393[19])
  • Donne non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico, economico definisce l'aspetto che riveste in seno alla società la femmina dell'uomo; è l'insieme della storia e della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna. (2008)
On ne naît pas femme: on le devient.
  • Non ci sono madri «snaturate» poiché l'amore materno non ha niente di naturale: ma, appunto per questo, ci sono delle cattive madri. È una delle grandi verità che la psicanalisi ha rivelato, è il pericolo che costituiscono per il bambino i genitori «normali». I complessi, le ossessioni, le nevrosi di cui soffrono gli adulti hanno la loro radice nel passato familiare; i genitori che hanno i loro conflitti, i loro problemi, i loro drammi, sono la compagnia meno desiderabile per il bambino. (2008)
  • C'è una strana malafede nel conciliare il disprezzo per le donne con il rispetto di cui si circondano le madri. È un paradosso criminale negare alla donna ogni attività pubblica, precluderle la carriera maschile, proclamare la sua incapacità in tutti i campi, e affidarle l'impresa più delicata e più grave: la formazione di un essere umano. Ci sono molte donne a cui i costumi, la tradizione negano ancora educazione, cultura, responsabilità, attività, che sono privilegio degli uomini e nelle cui braccia, ciò nonostante, si mettono senza scrupoli i figli, come prima le si consolava con delle bambole della loro inferiorità nei confronti dei maschi; si impedisce loro di vivere; in compenso, si permette loro di giocare con bambole di carne e d'ossa. Bisognerebbe che la donna fosse perfettamente felice o che fosse una santa per resistere alla tentazione di abusare dei suoi diritti. (2008)
  • Certamente, se si mantiene una casta in stato d'inferiorità, essa rimane inferiore: ma la libertà può spezzare il cerchio: si lascino votare i negri, essi diventano degni del voto; si affidino alla donna delle responsabilità, essa sa assumerle; ma non si può aspettarsi dagli oppressori un movimento gratuito di generosità; talora la rivolta degli oppressi, talora la stessa evoluzione della casta privilegiata crea situazioni nuove; così gli uomini si sentono indotti, nel loro stesso interesse, a emancipare parzialmente le donne: esse non devono fare altro che seguire la loro ascesa, e i successi che ottengono le incoraggiano in questo senso; sembra più o meno certo che prima o poi raggiungeranno una perfetta eguaglianza economica e sociale che porterà con sé una metamorfosi interiore. (2008)
  • Chi ha interesse a perpetuare il presente, versa sempre qualche lacrima sul magnifico passato che sta per scomparire, senza accordare un sorriso al giovane avvenire. (2008)
  • Perché le donne non contestano la sovranità maschile? Non v'è soggetto che si proponga immediatamente e spontaneamente come inessenziale; non è l'Altro che definendosi tale definisce l'Uno: è posto come l'Altro dall'Uno che si afferma Uno. Ma perché l'Altro a sua volta non si rifaccia Uno, occorre ch'esso si pieghi a codesto punto di vista estraneo. Donde viene alla donna una passività così grande? (2013)
  • Le donne non hanno un passato, una storia, una religione, non hanno come i proletari una solidarietà di lavoro e di interessi, tra loro non c'è neanche quella promiscuità nello spazio che fa dei negri d'America, degli ebrei dei ghetti, degli operai di Saint-Denis o delle officine Renault una comunità. Le donne vivono disperse in mezzo agli uomini, legate ad alcuni uomini – padre o marito – più strettamente che alle altre donne; e ciò per i vincoli creati dalla casa, dal lavoro, dagli interessi economici, dalla condizione sociale. Le borghesi sono solidali coi borghesi e non colle donne proletarie; le bianche con gli uomini bianchi e non colle donne negre. Il proletariato può prefiggersi il massacro della classe dirigente; un ebreo, un negro fanatici potrebbero sognare di trafugare il segreto della bomba atomica e di fare un'umanità tutta ebrea o tutta negra: neanche in sogno la donna può sterminare i maschi. Il legame che la unisce ai suoi oppressori non si può paragonare ad alcun altro. La divisione dei sessi è un dato biologico, non un momento della storia umana. La loro opposizione si è delineata entro un mitsein originale e non è stata infranta. La coppia è un'unità fondamentale le cui metà sono connesse indissolubilmente l'una all'altra. Nessuna frattura della società in sessi è possibile. Ecco ciò che essenzialmente definisce la donna: essa è l'Altro nel seno di una totalità, i cui due termini sono indispensabili l'uno all'altro. (2013)
  • Ciò che dà alle donne chiuse nell'omosessualità un carattere virile non è la loro vita erotica, che, al contrario, le confina in un universo femminile: è l'insieme delle responsabilità che sono costrette ad assumere in quanto fanno a meno degli uomini. (2013)
  • Nessuno è di fronte alle donne più arrogante, aggressivo e sdegnoso dell'uomo malsicuro della propria virilità. (2013)
  • Oggi, la lotta assume un altro aspetto: invece di voler rinchiudere l'uomo in un carcere, la donna cerca di evaderne; non cerca più di trascinarlo nelle regioni dell'immanenza ma di emergere nella luce della trascendenza. Allora è l'atteggiamento dei maschi a creare un nuovo conflitto: l'uomo «manda in congedo» la donna con mala grazia. (2013)
  • L'uomo si innalza al di sopra dell'animale, non suscitando ma rischiando la vita; perciò nell'umanità la preminenza è accordata non al sesso che genera ma a quello che uccide. (2013)
  • Farsi oggetto, farsi passiva, è tutta un'altra cosa dall'essere un oggetto passivo. (2013)
  • L'ideale dell'uomo medio occidentale è una donna che subisca liberamente la sua egemonia, che non accetti le sue idee senza discuterle, ma finisca per accedere alle sue ragioni, che gli resista con intelligenza per farsi convincere alla fine. Più l'orgoglio maschile diventa ardito, più desidera che l'avventura sia pericolosa: è più bello domare Pentesilea che sposare Cenerentola ossequiente. «Il guerriero ama il pericolo e il gioco» dice Nietzsche «e ciò perché ama la donna che è il gioco più pericoloso.» L'uomo che ama il pericolo e il gioco vede senza dispiacere tramutarsi la donna in amazzone, se ha la speranza di conquistarla: ciò che vuole nel profondo del cuore è che la lotta resti per lui un gioco, mentre la donna deve impegnarvi il suo destino; questa è la vera vittoria dell'uomo, liberatore o conquistatore: che la donna lo riconosca liberamente come il proprio destino. (I, III, II; 2016, pp. 198-199)
  • [Sull'espressione «avere una donna»] In molti uomini questa esigenza si degrada: invece di una rivelazione esatta, cercano in fondo a due occhi vivi la loro imagine aureolata d'ammirazione e di gratitudine, divinizzata. Se la donna è stata spesso paragonata all'acqua, è, tra l'altro, perché la donna è lo specchio in cui Narciso maschio si contempla: si piega su di lei in buona o in cattiva fede. Ma in ogni caso, ciò che le chiede è di essere fuori di lui tutto quello che egli non può cogliere in sé, perché l'interiorità dell'esistente è un nulla e, per pervenire a se stesso, bisogna che egli si proietti in un oggetto. La donna è per lui ricompensa suprema poiché, in una forma estranea che gli è concesso di possedere, rappresenta la sua apoteosi. È precisamente il «fenomeno incomparabile», il se stesso che egli stringe quanto ha tra le braccia la creatura che riepiloga il Mondo alla quale ha imposto i suoi valori e le sue leggi. Unendosi a quest'altro che ha fatto proprio, spera di raggiungere se stesso. Tesoro, preda, gioco e rischio, musa, guida, giudice, mediatrice, specchio, la donna è l'Altro in cui il soggetto si supera senza essere limitato, che si oppone a lui senza negarlo; è l'Altro che si lascia annettere senza cessare di essere l'Altro. E in ciò è talmente necessaria alla gioia dell'uomo e al suo trionfo che si può dire che se non esistesse, gli uomini l'avrebbero inventata. (I, III, II; 2016, p. 200)
  • Quando sarà finalmente possibile a ogni essere umano di porre il proprio orgoglio al di là della differenziazione sessuale, nella difficile gloria della propria libera esistenza, allora soltanto la donna potrà confondere la sua storia, i suoi problemi, i suoi dubbi, le sue speranze, con quelli dell'umanità; allora soltanto potrà cercare di rivelare nella sua vita e nelle sue opere l'intera realtà e non soltanto la propria persona. Finché deve ancora lottare per diventare un essere umano, non può essere una creatrice. (II, XIV; 2016, p. 684)

L'età forte

modifica
  • «Che gusto c'è a viaggiare? Non ci si lascia mai», mi ha detto qualcuno; io mi lasciavo. Non che diventassi un'altra, ma sparivo. Può darsi che siano il privilegio delle persone – molto attive o molto ambiziose – che sono continuamente in preda a progetti, queste tregue in cui d'un tratto il tempo si arresta, in cui l'esistenza si confonde con la pienezza immobile delle cose: che riposo! che ricompensa! Ad Avila, una mattina scostai le tende della mia stanza, contro l'azzurro del cielo vidi ergersi delle torri superbe; passato, avvenire, tutto svanì; non c'era più che una gloriosa presenza: la mia e quella di quei bastioni, era tutt'uno, e sfidava il tempo. (cap. II, pp. 80-81)
  • Non essere nessuno, scivolare invisibile attraverso il mondo, svolazzare dentro e fuori di se stessi, senza obblighi, godere di ampia libertà, interessarsi alle più tenui sfumature del cielo e del proprio cuore, sfiorare la noia, eluderla: non immagino una condizione più favorevole, quando si possiede l'intrepidezza della gioventù. (cap. III, p. 110)
  • C'innamorammo delle piazze, delle fontane, delle statue. Mi piaceva che il Foro fosse un gran giardino, con i suoi lauri che spuntavano lungo la Via Sacra, e le rose rosse intorno alla piscina delle Vestali. Ed eccomi qui a passeggiare per il Palatino! Ma la presenza di Mussolini nella città era schiacciante; i muri erano pieni di scritte, le camicie nere dominavano dappertutto. La notte le strade erano deserte: questa città in cui i secoli pietrificati trionfavano superbamente del nulla, ricadeva nell'assenza; una sera decidemmo di vegliarvi fino all'alba, soli testimoni [...] era emozionante camminare per quelle stradette romane senza udir altro che il rumore dei nostri passi: come avessimo miracolosamente atterrato in una di quelle città maya che la giungla difende da ogni sguardo. (cap. III, p. 139)
  • La vita degli uomini si esibisce nella sua nudità organica, nel suo calore viscerale: sotto questo aspetto, Napoli ci stordì, ci nauseò, ci stregò. (cap. IV, p. 237)
  • In Via dei Tribunali, attorno a Porta Capuana, guardavamo le piramidi di cocomeri e di melloni, i mucchi di pomidori, di melanzane, di limoni, di fichi, di uva, i pesci lucenti, e quelle specie di altarini rococò, così graziosi, che i venditori di frutti di mare fabbricano con muscoli e alghe: ignoravamo che il cibo si espone con tanta violenza solo quando la gente crepa di fame. (cap. IV, p. 238)
  • Misconoscendo la profondità di quella miseria, poterono piacerci certi suoi effetti; ci piaceva ch'essa sopprimesse tutte le barriere che isolano gli uomini e li diminuiscono: tutto quel popolo abitava il calore di un solo ventre; le parole «dentro», «fuori», avevano perduto il loro significato. Gli antri oscuri in cui rilucevano debolmente delle icone appartenevano alla strada, nel gran letto matrimoniale dormivano dei malati; dei morti riposavano allo scoperto. E l'intimità delle case si espandeva sulla strada. Sarti, calzolai, fabbri, fabbricanti di fiori artificiali; gli artigiani lavoravano sulla soglia della loro bottega; le donne si sedevano davanti alla porta di casa per spidocchiare i loro bambini, rammendare la biancheria, pulire il pesce, sorvegliando i bacili pieni di pomodori schiacciati che esponevano all'azzurro lontano del cielo. Da un capo all'altro della via correvano sorrisi, sguardi, voci, amicizia. Questa gentilezza ci conquistò. (cap. IV, p. 238)
  • Intorno a Porta Capuana v'erano quasi in permanenza delle banderuole, delle ghirlande, delle marionette, dei ciarlatani; alla sera si accendevano le candele; e coi loro imbonimenti, le loro dispute, le loro gesticolazioni, i mercanti e i passanti vi creavano una festa. Rivedo quel contadino in piedi sul suo carretto, in mezzo a un carico di cocomeri; con un gesto vivace, intagliava nel frutto un dado sanguigno che esibiva sulla punta del coltello: garantita in tal modo la freschezza del cocomero, lo gettava a un compratore che l'acchiappava al volo; subito, con lestezza vertiginosa, ne incornava un altro e lo lanciava. (cap. IV, p. 238)
  • Ogni tanto andavamo a prendere un caffè sotto la Galleria, mangiavamo i lucidi pasticcini della grande pasticceria Caflish oppure un gelato in Piazza del Municipio, sulla terrazza del Caffè Gambrinus. Sfuggendo le asprezze della vita napoletana ne scoprivamo le dolcezze. Peraltro, dappertutto, in qualsiasi momento, il vento ci portava la polvere desolata dei docks, odori umidi e ambigui. Quando salivamo a Posillipo, il candore menzognero di Napoli, in lontananza, non ci ingannava. (cap. IV, pp. 238-239)
  • [...] Pompei, miracolosamente conservata dalla sua morte fulminea, superò ogni nostra immaginazione: finalmente camminavamo tra rovine in cui riconoscevamo non soltanto dei templi, dei palazzi, degli edifici pubblici, ma case, ville, casolari, botteghe, taverne, mercati, tutta una città formicolante e rumorosa, come la Napoli d'oggi. Le strade lastricate con grossi selci, che fuggivano verso il cielo tra mura sbriciolate, mi riempivano gli occhi; pure, la nostra immaginazione le popolava di ombre; presa tra questi fantasmi e l'opaca realtà, sentii meglio che in alcun altro luogo al mondo il mistero dell'assenza. (cap. IV, p. 241)
  • Rinunciammo ad Agrigento poiché il viaggio sarebbe stato troppo complicato. Non ne provai rimpianto, tanto mi piacque Siracusa, la nudità brillante delle sue pietre disposte ad anfiteatro in riva a un mare di metallo, le sue strade polverose in cui camminavano pesantemente i bufali dalle magnifiche corna, la nudità del terreno al castello d'Eurialo: errammo a lungo nei suoi sotterranei, nei suoi camminamenti, e nella solitudine della landa erosa dal mare, lontanissimi da tutto. (cap. IV, p. 243)
  • Scendemmo nelle Latomie, il solo luogo ch'io conosca in cui l'orrore attinge alla poesia. (cap. IV, p. 243)

La terza età

modifica
  • Comunicare la propria esperienza vissuta non consiste nel trascrivere sulla carta un linguaggio preesistente: il vissuto non è formulato; per lo scrittore si tratta di strappare degli enunciati definiti e intelligibili alla confusa opacità del non detto.
  • I vecchi sono degli esseri umani? A giudicare dal modo con cui sono trattati nella nostra società, è lecito dubitarne. Per questa società, essi non hanno le stesse esigenze e gli stessi diritti degli altri membri della collettività: a loro si rifiuta anche il minimo necessario. Per tranquillizzare la coscienza della collettività, gli ideologi hanno forgiato miti, del resto contraddittori, che incitano l'adulto a vedere nell'anziano non un suo simile, ma un "altro": il saggio venerabile che domina dall'alto il mondo terrestre, o il vecchio folle stravagante e vanesio. Che lo si ponga al di sopra o al di sotto della nostra specie, resterà in ogni caso un esiliato. Ma piuttosto di travisare la realtà, si preferisce ignorarla radicalmente: la vecchiaia resta un segreto vergognoso, un soggetto proibito. È proprio questo il motivo che mi ha indotto a scrivere queste pagine. Ho voluto descrivere la condizione di questi paria e il loro modo di vivere, ho voluto fare ascoltare la loro voce: saremo costretti a riconoscere che si tratta di una voce umana. Si comprenderà allora che la sorte infelice loro riservata denuncia il fallimento dell'intero nostro sistema sociale: è impossibile conciliarla con la morale umanista professata dalle classi egemoni... Ecco perché bisogna rompere una congiura del silenzio. Chiedo ai lettori di aiutarmi in questa battaglia.
  • Il senso di un avvenimento del passato è sempre revocabile.
  • La società non si cura dell'individuo che nella misura in cui esso renda. I giovani lo sanno. La loro ansietà nel momento d'affrontare la vita sociale è simmetrica all'angoscia dei vecchi al momento in cui ne sono esclusi.
  • La vecchiaia non può essere compresa se non nella sua totalità; non è soltanto un fatto biologico, ma un fatto culturale.
  • Scrivere, pertanto, è un'attività complessa: è, insieme, preferire l'immaginario e voler comunicare; in queste due scelte si manifestano tendenze assai diverse e a prima vista contrastanti. Per pretendere di sostituire un universo inventato al mondo esistente, bisogna rifiutare aggressivamente quest'ultimo: chiunque vi stia dentro come un pesce nell'acqua e pensi che tutto va bene, non si metterà certo a scrivere. Ma il desiderio di comunicazione presuppone che ci si interessi agli altri; anche se nel rapporto dello scrittore con l'umanità entra dell'inimicizia e del disprezzo.
  • V'è quasi sempre un'ambivalenza nel lavoro, che è al tempo stesso un asservimento, una fatica, ma anche una fonte d'interesse, un elemento di equilibrio, e un fattore di integrazione alla società. Quest'ambiguità si riflette nella pensione, che si può considerare come una specie di grande vacanza, o come una caduta tra gli scarti.
  • V'è una passione profondamente radicata nella sessualità, e che è esasperata dall'età: la gelosia.

Incipit di alcune opere

modifica

I mandarini

modifica

Henry gettò un ultimo sguardo al cielo: un cristallo nero.[20]

La forza delle cose

modifica

La liberazione. Per la strada i bambini cantavano:
Nous les reverrons plus
C'est fini, il sont foutus
.[20]

Memorie di una ragazza per bene

modifica

Sono nata il 9 gennaio 1908, alle quattro del mattino, in una stanza dai mobili laccati in bianco che dava sul boulevard Raspail.[20]

Tutti gli uomini sono mortali

modifica

Il sipario si aprì di nuovo; Regina si inchinò e sorrise; sotto le luci del grande lampadario macchie rosa abbaglianti erano sospese sulle vesti a molti colori, sulle giacche scure; in ogni volto c'erano degli occhi, e in fondo a tutti quegli occhi Regina si inchinava e sorrideva.[20]

Citazioni su Simone de Beauvoir

modifica
  • Nel "nouveau roman" i personaggi spesso sono così vecchi da apparire appunto manichini di un secolo fa a Marienbad; qui nell'ultimo romanzo [Les belles images] della Beauvoir sono di fatto uomini (o robots) davvero nuovi, neocapitalistici, neotecnici, neoplanetari. (Giancarlo Vigorelli)
  • Nel Secondo sesso, Simone de Beauvoir imprimeva una svolta diversa alla filosofia esistenzialista, sostenendo che le donne non sono nate donne, ma lo diventano: con questo intendeva dire che le donne tendono ad adeguarsi all'ideale che gli uomini hanno delle donne. Essere ciò che un uomo si aspetta da te è una scelta, ma le donne, essendo libere, possono decidere da sole ciò che vogliono essere. Non esiste un'essenza, un modo naturale di essere donna a cui devono adeguarsi. (Nigel Warburton)
  • Per me era come la Madonna: avevo adorato Il secondo sesso. Aveva le unghie laccate di rosso, mi parlò con entusiasmo della Cina di Mao da cui era appena rientrata. (Inge Feltrinelli)
  • Simone de Beauvoir diceva che un bambino era un tumore che divora la donna, che avere un bambino significa sottomettersi al patriarcato. (Julia Kristeva)
  • Simone de Beauvoir, rimettendo la biologia al suo giusto posto – il secondo – ha fatto esplodere le sbarre della prigione femminile. O, in altri termini, gli stereotipi sessuali mutuati dalla natura onnipotente. A forza di sostenere la causa della libertà contro la necessità naturale, ha contribuito a produrre cambiamenti nella mentalità collettiva, e non è del tutto estranea al riconoscimento del diritto alla contraccezione e all'aborto. Se qualcuno se ne rallegra, altri invece fingono di ignorare che questo diritto rivoluzionario ha sancito definitivamente il primato della cultura sulla natura. (Élisabeth Badinter)
  1. Da Il sangue degli altri.
  2. a b Da A conti fatti.
  3. (EN) Da Sex, society and the female dilemma. A Dialogue between Simone de Beauvior and Betty Friedan, 14 giugno 1975, p. 20.
  4. Citato in AA.VV., Il libro del femminismo, traduzione di Martina Dominici, Gribaudo, 2019, p. 115. ISBN 9788858022900
  5. Citato in Gaia Manzini, Dove sta Zazà. Un inedito di Simone de Beauvoir appena pubblicato e la tragica storia dell'amica ed eroina che la scrittrice cercò per sempre, anche nei sogni, Il Foglio Quotidiano, Roma, 31 ottobre 2020, p. 13.
  6. Citato in AA.VV., Il libro della filosofia, traduzione di Daniele Ballarini e Anna Carbone, Gribaudo, 2018, p. 277. ISBN 9788858014165
  7. Citato in AA.VV., Il libro della politica, traduzione di Sonia Sferzi, Gribaudo, 2018, p. 286. ISBN 9788858019429
  8. a b Da Una donna spezzata.
  9. a b Da Memorie di una ragazza perbene.
  10. Citato in AA.VV., Il libro della politica, traduzione di Sonia Sferzi, Gribaudo, 2018, p. 289. ISBN 9788858019429
  11. (EN) Da Sex, society and the female dilemma. A Dialogue between Simone de Beauvior and Betty Friedan, 14 giugno 1975, p. 18.
  12. Citato in AA.VV., Il libro del femminismo, traduzione di Martina Dominici, Gribaudo, 2019, p. 14. ISBN 9788858022900
  13. Da La forza delle cose, Einaudi, Torino 1966; citato in Juliet Mitchell, La condizione della donna, traduzione di Giovanna Stefancich, Einaudi, Torino, 1972.
  14. Da La forza delle cose, Einaudi, Torino, 1966, p. 505; Citato in Antonella Rita Roscilli, La scrittrice italo-brasiliana Zélia Gattai Amado: La Signora della Memoria, Sarapegbe, anno 1, nr. 1, gennaio-marzo 2012; in sarapegbe.net.
  15. Da Una morte dolcissima.
  16. Da La forza delle cose.
  17. Da Tutti gli uomini sono mortali.
  18. Da Quando tutte le donne del mondo..., traduzione di Vera Dridso, Einaudi.
  19. Citato in Cristina Cacciari, Veronica Cavicchioni, Marina Mizzau, Il caso Sofija Tolstoj, Essedue edizioni, Verona, 1981, p. 36.
  20. a b c d Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia

modifica
  • Simone de Beauvoir, L'età forte, traduzione di Bruno Fonzi, Einaudi, Torino, 1960
  • Simone de Beauvoir, La terza età, traduzione di Bruno Fonzi, Einaudi, Torino.
  • Simone de Beauvoir, Il secondo sesso (Le Deuxième Sexe, 1949), traduzione di Roberto Cantini e Mario Andreose, il Saggiatore, Milano, 2008. ISBN 978-88-428-1488-7
  • Simone de Beauvoir, Il secondo sesso (Le Deuxième Sexe, 1949), traduzione di Roberto Cantini e Mario Andreose, il Saggiatore, Milano, 2013. ISBN 9788865763261
  • Simone de Beauvoir, Il secondo sesso (Le Deuxième Sexe, 1949), traduzione di Roberto Cantini e Mario Andreose, il Saggiatore, Milano, 2016. ISBN 9788842822318

Voci correlate

modifica

Altri progetti

modifica
  Portale Donne: accedi alle voci di Wikiquote che trattano di donne