La mafia uccide solo d'estate
La mafia uccide solo d'estate
Titolo originale |
La mafia uccide solo d’estate |
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Lingua originale | italiano |
Paese | Italia |
Anno | 2013 |
Genere | commedia, drammatico |
Regia | Pif |
Soggetto | Pif, Michele Astori, Marco Martani |
Sceneggiatura | Pif, Michele Astori, Marco Martani |
Produttore | Mario Gianani, Lorenzo Mieli |
Interpreti e personaggi | |
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La mafia uccide solo d'estate, film italiano del 2013, diretto e interpretato da Pif.
[Testi che compaiono uno dopo l'altro a schermo]
DELLA SQUADRA MOBILE DI PALERMO
AL "QUARTO SAVONA 15"
A TUTTI GLI AGENTI DI SCORTA CHE SONO CADUTI
NELL'ADEMPIMENTO DEL PROPRIO DOVERE
[Viene inquadrata Flora] La vedete quella ragazza? Si chiama Flora, e per me è la ragazza più bella del mondo. Io sono innamorato di lei da quando eravamo bambini, cioè da circa vent'anni. Flora ogni giorno passa sotto la sua vecchia casa, qui ci abitava un giudice [Rocco Chinnici] che ho conosciuto anche io. Lui era l'unico che sapeva veramente cosa provassi per lei, perché io non ho mai avuto il coraggio di dichiararmi, o meglio non ho mai avuto l'occasione. Perché? [inquadrato, Arturo parla alla telecamera] Perché siamo a Palermo... [riprende la voce fuori campo] ...e qui la mafia ha sempre influenzato la vita di tutti, in particolar modo la mia.
Tutto cominciò la sera del 10 dicembre 1969, quando mio padre e mia madre entrarono per la prima volta nella loro nuova casa, e, trasportati dalla passione, decisero subito di concepirmi. Ma i miei genitori non potevano sapere cosa stava per accadere. In quel preciso momento, infatti, alcuni uomini vestiti da poliziotti ma senza esserlo andavano a una riunione ma senza essere invitati. Erano diretti in un ufficio che si trovava nello stesso palazzo dei miei genitori, in viale Lazio 108. Volevano fare una sorpresa al signor Michele Cavataio, noto boss mafioso, detto "Il cobra". [...] La simpatica comitiva era composta dai signori D'Agostino, Provenzano, Caruso, Bagarella e Grado, unico in borghese perché, nel caso, non voleva morire vestito da sbirro. Ad organizzare questa inaspettata visita di cortesia era stato il futuro capo di Cosa nostra, il signor Totò Riina, chiamato affettuosamente dagli amici "La belva". E così, mentre gli spermatozoi di mio padre correvano verso la meta, gli uomini di Totò Riina uscivano dall'ultima galleria per entrare a Palermo. Insieme arrivarono alle rispettive destinazioni: gli spermatozoi all'ovulo e i finti poliziotti di fronte all'ufficio di Cavataio, proprio sotto al nido d'amore dei miei genitori. [...] Ed è proprio in questo momento che la mia vita si incrocia per la prima volta con la mafia. Ma solo uno spermatozoo, decisamente in ritardo, non avendo sentito tutto quel frastuono, si gettò di testa dentro l'ovulo e fecondò. Ecco, quello spermatozoo ero io, e se Totò Riina non avesse organizzato la cosiddetta "strage di viale Lazio", io non sarei mai stato concepito. (Arturo)
Frasi
modificaCitazioni in ordine temporale.
- L'omicidio è una cosa seria: uno viene ammazzato perché parla troppo, perché non rispetta i patti, perché sgarra, ma non per una femmina! E poi lo sai come diceva il filosofo? Dalla creatura si risale al creatore.[1] (Fra Giacinto)
- Il popolo sbaglia spesso, tranne in cabina elettorale. (Arturo) [travestito per carnevale da Giulio Andreotti, lo imita]
- Dopo l'omicidio di Boris Giuliano a Palermo cambiò tutto, vedevamo la gente morire ogni giorno. Totò Riina aveva deciso di conquistare la nostra città e, pur di prendersela, era pronto a sterminare tutti, anche i clan rivali. Per la prima volta i boss mafiosi palermitani avevano paura. (Arturo) [voce fuoricampo mentre vengono mostrate prima le targhe commemorative di Giorgio Boris Giuliano, Cesare Terranova, Piersanti Mattarella e Gaetano Costa, e poi le immagini dei cadaveri di alcune vittime]
- Prima domanda: lei è qui per combattere la mafia, ma l'onorevole Andreotti dice che l'emergenza criminalità è in Campania e in Calabria. Generale, ha forse sbagliato regione? (Arturo) [intervistando Carlo Alberto dalla Chiesa]
- In realtà andai al funerale anche per chiedere al presidente Giulio Andreotti perché mi aveva fatto fare quella domanda. Come faceva a sapere che la criminalità era solo in Campania e in Calabria, era veramente sicuro? Chi glielo aveva detto? Riuscii a intravedere il segretario del Partito Socialista Bettino Craxi, il leader del Movimento Sociale Giorgio Almirante, il Presidente della Repubblica Sandro Pertini e il premier Giovanni Spadolini, ma lui, Giulio Andreotti, non lo vidi. Non lo vidi semplicemente perché non c'era. E quando qualche giorno dopo qualcuno gli chiese per quale motivo non fosse andato al funerale del generale dalla Chiesa, rispose: «Preferisco andare ai battesimi.»[2] (Arturo) [voce fuori campo]
- In città avvenne un evento storico: i palermitani scoprirono che esisteva la mafia, e glielo fecero scoprire i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che istruirono il maxiprocesso a Cosa nostra. [...] Dietro le sbarre c'erano tantissimi pezzi grossi, ma mancava il capo, Totò Riina, che preferì seguire i lavori da casa sua, e che non fu contento della sentenza che, per la prima volta, condannava la mafia in un tribunale. [...] Per Palermo fu uno shock, ma con l'arrivo dell'estate, la città si dimenticò presto del maxiprocesso, di Falcone, Borsellino e pure della mafia. Tutti tornarono alle loro vecchie abitudini. (Arturo) [voce fuori campo]
- A questo punto abbiamo una lettera di una nostra affezionatissima telespettatrice, la signora Santoro. Ci scrive di un problema che affigge questa nostra bella città, il problema delle sirene delle auto di scorta dei magistrati. Pensate che la signora non riesce neanche a seguire bene il nostro programma, com'è ossessionata da queste sirene, e allora ci domanda: "Ma perché questi signori magistrati non se ne vanno a vivere tutti insieme fuori Palermo... cioè in una serie di villette una accanto all'altra... che c'è meno rischio per loro, meno rischio anche per noi, signori miei, parliamoci chiaro... e meno ressa per tutti". A rispondere a questa intelligente domanda questa sera abbiamo un ospite Bonsuar d'eccezione, il padre nobile della Democrazia Cristiana siciliana, l'amico personale del nostro amatissimo Presidente del Consiglio, onorevole Giulio Andreotti – che salutiamo, ciao presidente! – è qui con noi questa sera, l'ospite d'eccezione del nostro programma, l'onorevole Salvo Lima! (Jean Pierre)
- La Sicilia ha bisogno dell'Europa, l'Europa ha bisogno della Sicilia. (Salvo Lima)
- Ottima scelta, Lima e la Democrazia Cristiana non moriranno mai. (Lorenzo)
- [Prendendo i preservativi, se ne porta solo uno] Solo uno, è più elegante. [rientra nella stanza e prende anche gli altri] Ma vaffanculo l'eleganza! (Arturo)
- Di Flora non seppi più nulla, ero solo ed avvolto in una strana e fastidiosa cappa di caldo, che dopo la morte di Salvo Lima aveva abbracciato la città di Palermo. In questa atmosfera opprimente mi toccava anche trovare un nuovo lavoro. (Arturo) [voce fuori campo]
- Fuori / la mafia / dallo Stato! (La folla dei manifestanti) [durante un corteo, ripetendolo]
Dialoghi
modificaCitazioni in ordine temporale.
- Fra Giacinto [spargendo l'acqua benedetta]: Benedico questa casa nel nome del Padre, del Figliolo e dello Spirito Santo, amen... e benedico pure questo bel picciriddu!
Lorenzo: Ah, fra Giacinto, c'è questo picciriddu che ci dà preoccupazioni!
Fra Giacinto: Ah?
Lorenzo: Sono settimane che cerchiamo di farlo parlare... niente, non parla!
Fra Giacinto: Attenzione, che questo non è difetto! Dalle parti mie si dice che cu parla poco campa chiù 'ssai. Bravo picciriddu! [spargendo l'acqua benedetta] Sia lodato Gesù Cristo!
Tutti: Sempre sia lodato!
Maria Pia: L'accompagno, padre.
Fra Giacinto: Non si preoccupi, signora. Si ritiri, non si preoccupi. [il prete esce di casa]
Arturo [indicando Fra Giacinto, pronunciando la sua prima parola]: Mafia!
Lorenzo [rivolto alla moglie]: Ma che disse, "mafia"? [la moglie annuisce] - Arturo [voce fuori campo]: Crescendo iniziai a capire che a Palermo nulla è come sembra. [si alternano varie scene a cui Arturo assiste da bambino, la prima è nel negozio del macellaio]
Anziano che legge il giornale: Oh, qua dice che la mafia ammazzò il maresciallo Attilio Bonincontro.
Macellaio: Ma quale mafia e mafia? A chisto ci piace dire sempre minchiate. Secondo me è tutta una questione de fimmine.
[Cambio scena, Arturo è a farsi tagliare i capelli]
Voce alla radio: È stato ucciso oggi a Palermo il brigadiere della squadra mobile Filadelfio Aparo. Fonti investigative parlano di movente mafioso. Ma adesso voltiamo pagina... [il parrucchiere abbassa il volume della radio]
Parrucchiere: Che mafia e mafia... A me una persona che lo conosceva mi ha detto che inquietò una fimmina che non doveva inquietare.
[Cambio scena, Arturo è in un bar con la madre]
Giornalista alla televisione: Una notizia clamorosa: è stato ucciso a Palermo il giornalista Mario Francese.
Barista: Era bravo, Francese, però gli piacevano un po' troppo le donnelle... quelle degli altri!
Uomo al bar [ad Arturo]: Picciriddu, devi sapere una cosa: a Palermo ammazzano più le femmine che l'infarto! [ride] - Filippo Marchese: Chista mi scippò l'occhi, zio Totò! Sono innamorato perso!
Totò Riina: Filippo, vedi che non la puoi sposare. È contro le regole di Cosa Nostra! È figlia di genitori divorziati!
Filippo Marchese: Ma ci sarà una soluzione...
Fratello Marchese: Io, se lo statuto permette, una idea ce l'avrei!
Totò Riina: E avanti, parla, non ti spaventare!
Fratello Marchese: Ammazziamo il padre, così non sarà più figlia di divorziati ma orfana di padre.
Totò Riina: Chista è 'na bellissima idea! Filippino, 'u vidi che tutto si sistema? Basta avere buonsenso. - Boris Giuliano: Be', le iris sono buone ma sporcano dappertutto. Tu le conosci? [Arturo scuote la testa] Ma come, un palermitano che non conosce le iris con la ricotta al forno... ma qua dobbiamo rimediare! [al barista] Mi dà un'iris per favore?
Barista [porgendogli l'iris]: Prego, commissario.
Boris Giuliano: Assaggia! [porgendola ad Arturo] Senti le scaglie di cioccolato che si mischiano con la ricotta? Allora ti piace? [Arturo annuisce] Bravo! E ricordati, solo qua si possono mangiare le iris. - Lorenzo: Buonanotte.
Arturo: Papà!
Lorenzo: Eh!
Arturo: Ma la mafia è pericolosa?
Lorenzo: No, è come coi cani, basta che non gli dai fastidio.
Arturo: Ma io ho letto che uccide le persone...
Lorenzo: Cose che scrivono...
Arturo: Ma può uccidere anche noi?
Lorenzo: Arturo, tranquillo. Ora siamo d'inverno. La mafia uccide solo d'estate. Ora dormi! - Francesco [leggendo l'articolo scritto da Arturo]: "Poi ha preso la parola il presidente Giulio Andreotti." Cioè... ma proprio il comizio d'Andreotti a te ti piaceva? Mah... "Tutta la folla lo applaudiva. Si vede che è una persona che aiuta molto la gente. Infatti qualcuno diceva che il presidente Giulio Andreotti è più di un amico, è addirittura l'"amico degli amici". Ho deciso che anche io da grande sarò l'amico degli amici così avrò un sacco di persone che mi vorranno bene." Bravo... e così da grande tu vuoi fare il giornalista. [Arturo annuisce] Ma tu lo sai che un giornalista non prende applausi, non c'ha amici tra gli amici, è considerato un rompiscatole, c'è sempre qualcuno che si lamenta per i suoi articoli...
Arturo: Però può scrivere quello che vuole.
Francesco: Eh no! È questo il problema... che alle volte sei costretto a scrivere quello che vogliono... e se non lo fai ti mandano allo sport, come al sottoscritto!
Arturo: Ah, ti piace lo sport?
Francesco: No, mi fa schifo! Vedi, capisci, ci vuole tenacia, capacità di sopportazione, forza d'animo, tu ce l'hai?
Arturo: Sì!
Francesco: Oh, bravo! E allora, Arturo, un bravo giornalista si vede nelle interviste. A te chi ti piacerebbe intervistare? Il bidello? la maestra?
Arturo: No! - Arturo [mostrando a Francesco un giornale che parla della morte del generale dalla Chiesa]: Hai visto?
Francesco: Certo che l'ho visto. Da ieri non si parla d'altro. Collega, ti devo fare i complimenti, sei stato uno degli ultimi ad averlo intervistato. Arturo, io lo capisco che ti dispiace, ma noi giornalisti andiamo in giro, incontriamo persone, raccontiamo storie, e queste storie non finiscono sempre bene.
Arturo: Sì, ma non è questo il problema.
Francesco: E qual è il problema?
Arturo: È che forse devo chiedere scusa al generale, perché gli ho detto "perché sta a Palermo se l'emergenza criminalità è in Campania e in Calabria?" E io ero sicuro della mia domanda, lo aveva detto Andreotti.
Francesco: Arturo, un giornalista deve sempre stare attento alle proprie fonti. Diciamo che in questo caso Andreotti non è stato una buona fonte. - Flora: Ho bisogno del tuo aiuto.
Arturo: Eh, Flora, cercheremo di aiutarci a vicenda.
Flora: Non ho mai scritto un discorso per un politico.
Arturo: Politico?
Flora: Be', sai, non è facile scrivere un discorso per Lima.
Arturo: Ah, Lima, ehm... sì, non è che Lima tenga discorsi particolarmente complessi. "La Sicilia ha bisogno dell'Europa. L'Europa ha bisogno della Sicilia." Vuoi cambiare? Metti prima l'Europa e poi la Sicilia. "L'Europa ha bisogno della Sicilia..."
Flora: Arturo smettila di fare il cretino dai, ascolta, è importante. Lima vuole un discorso di rottura, sai, con tutte le polemiche che ci sono... E io pensavo ad un inizio così: [legge il discorso preparato] "La Democrazia Cristiana è in prima fila contro la mafia e si batterà sempr..."
Arturo: In prima fila... Mi sembra un po' eccessivo, io direi terza fila, perché anche la seconda sarebbe un po' esagerato.
Flora: Arturo che c'è? Che cos'hai? Perché sei così scontroso?
Arturo: Flora, anche tu... Lima frasi del genere non le dice, non ha mai detto una parola contro la mafia manco per sbaglio, la dice ora che è in campagna elettorale, sotto elezioni... Chi lo vota?
Flora: Questa serata mi è servita, ho capito bene chi sei, tu sei uno stronzo. Ti credi migliore di me, migliore degli altri, fai la predica... eppure quando ti ho detto ti venire a lavorare da Lima eri entusiasta, felice, elogiavi Lima e adesso fai la morale. Ma vaffanculo!
Arturo: No Flora, la verità è che a me di Lima e della Dc non me ne frega una minchia, io ho accettato il lavoro per stare con te, perché c'eri tu, perché è da una vita che ti... ti voglio bene... cioè forse qualcosa di più.
Flora: È questo il vero motivo?
Arturo: Sì...
Flora: Allora è il modo e il momento peggiore per dirmelo. Ora vattene! [urlando] Vattene!!!
[Voce fuori campo] Quando sono diventato padre, ho capito che i genitori hanno due compiti fondamentali. Il primo è quello di difendere il proprio figlio dalla malvagità del mondo. Il secondo è quello di aiutarlo a riconoscerla.
[Si susseguono varie scene in cui Arturo, di fronte a targhe o monumenti commemorativi, illustra al figlio la vita e l'attività di varie vittime della mafia]
Filadelfio Aparo era il vicebrigadiere della squadra di Palermo, aveva quarantaquattro anni quando l'hanno ucciso... era considerato un segugio.
È grazie a lui che abbiamo il reato di associazione mafiosa e il sequestro dei beni... ai mafiosi. [Pio La Torre]
[Mario Francese] Lavorava al Giornale di Sicilia e fu il primo a capire le intenzioni di Totò Riina.
Qui hanno ammazzato Paolo Borsellino con la sua scorta. Nonostante sapesse che la mafia lo voleva uccidere, lui è andato avanti, non ha avuto paura.
E... e a un certo punto decise di andarsene a Roma... e a Roma ha lavorato... ha fatto quello che non poteva fare a Palermo. [Giovanni Falcone]
Entro in questo bar e c'è un signore con dei baffi stranissimi che mi offre un'iris con la ricotta al forno. Era il capo della squadra mobile, Boris Giuliano, un poliziotto bravissimo.
Lui mi ha concesso la mia prima intervista. [Carlo Alberto dalla Chiesa, c'è un fermo immagino su un foglio appeso sotto la targa commemorativa, con su scritto: «Non depositare rifiuti sotto la lapide al generale dalla Chiesa, grazie»]
Ed è stato lui a creare il pool antimafia... io e tua madre l'abbiamo pure conosciuto. [Rocco Chinnici]
[Vengono mostrati spezzoni di giornali che danno la notizia della morte di Boris Giuliano, Carlo Alberto dalla Chiesa, Cesare Terranova, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Gaetano Costa, Attilio Bonincontro, Filadelfio Aparo, Piersanti Mattarella, Pio La Torre e Rocco Chinnici]
Citazioni su La mafia uccide solo d'estate
modifica- [«Quanto questo film è una forma di testimonianza da lasciare alle nuove generazioni?»] È un po' come dire "la storia l'abbiamo vissuta così, non dovrà più ripetersi". Per quanto mi possa sentire giovane ho ormai 41 anni e quindi molta più esperienza di un ventenne: viene spontaneo avvisarlo degli errori fatti in gioventù. Il 23 maggio scorso ero a Palermo, con alcuni ragazzi eravamo in via Notarbartolo davanti a casa di Falcone. Poi siamo andati a mangiare qualcosa e una ragazza mi ha chiesto di raccontarle cosa era successo in quel 1992. La prima cosa che ho pensato è stata: "perché, tu dov'eri?". In realtà, anche se mi sentivo uno di loro, lei o non c'era o era una bambina molto piccola. (Pif)
- Il film di Pif è una parabola, una favola che riesce a raccontare come si vive in terra di mafia. Che racconta le morti, la resistenza. C'è un passaggio che mi ha molto colpito, è la storia di un bambino che quando la mafia uccide – un giudice, un poliziotto o un giornalista – chiede agli adulti il motivo di quella morte. La risposta è sempre la stessa: "Quello è un fimminaro, insidiava le donne degli altri". Queste risposte terrorizzano il bambino al punto che inizia ad associare la possibilità di innamorarsi al pericolo di poter essere ucciso. "La mafia uccide solo d'estate" è un esperimento dolce e allo stesso tempo un racconto drammatico. (Roberto Saviano)
- L'ho dunque visto, il film il cui titolo è come quello del libro di Angelino Alfano, già preparato. Anzi, già mutriato grazie a Licata rispetto all'esercizio di memoria e debbo dire che me ne sono uscito da quel cinema con la consapevolezza di una pellicola commovente ma antiretorica, dolcissima ma dura, surreale e realissima al punto che la gente – e mi trovavo all'Alhambra di Roma, non dunque al Cinema Diana di Leonforte – batteva le mani e piangeva, piangeva e batteva le mani.
- Nonostante la mafia sia diventata, nel frattempo, un pretesto di retorica, il film – perfetta nel ruolo anche Cristiana Capotondi, coprotagonista con Pif – profuma di sapienza critica. Ho visto il film, dunque, con la testa felicemente imbrogliata dai racconti di Licata. Avevo fresche le cronache minori tutte di parolacce nere e messe in fila nella prosa di quel libro – così teatrante e così giornalistico, così remoto perfino – e m'incamminavo ripetendo il finalmente. Finalmente un film senza muffa, un film – sazio di cronache e d'inserti documentari.
- Un film che deve avere di sicuro attinto a Licata, a L'Ora, a Peppino Sottile che in "Nostra Signora della Necessità" (Einaudi-Stile libero) svelò il racconto della mafia vista con gli occhi di un ragazzo; un film, infine, dove quella memoria – bravo, bravissimo Pif – non scivola come l'acqua sul marmo, nell'indifferenza, ma nutre, dimora e rinnova di vita la storia.
Note
modifica- ↑ Cfr. Libro della Sapienza, 13, 5: «Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature | per analogia si conosce l'autore.»
- ↑ Così Andreotti rispose a una domanda di Giampaolo Pansa, una settimana dopo il 3 settembre 1982, giorno della morte del generale.
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