Yugoslavia - Morte di una nazione
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Yugoslavia - Morte di una nazione, serie di documentari della Bbc, teletrasmesso su Rai 3, 1999.
Prima puntata
modifica- Grazie al suo carisma, le sei repubbliche erano rimaste unite per ben trentacinque anni. Tito aveva tenuto sotto controllo le velleità nazionaliste dei popoli che componevano la federazione jugoslava. (Narratore)
- Tra le due guerre mondiali, la Serbia domina la Iugoslavia. Tito vuole inarginarne il predominio. Conferisce ampie autonomie a due province della Serbia: il Kosovo e la Voivodina. Dunque, nelle istituzioni federali, due possibili voti anti serbi. (Narratore)
- Il nazionalismo che si basa sull'odio nazionale non potrà mai essere progressista! (Slobodan Milošević, rivolto alla folla in Kosovo il 20 aprile 1987)
- Incontrando i nazionalisti serbi, Milošević violò uno dei pilastri della politica di Tito, e ciò proprio nel Kosovo, dove il problema etnico è delicatissimo. (Narratore)
- Il Kosovo è il cuore della Serbia. La nostra storia fonda le radici nel Kosovo. Tutti i nostri monasteri sono nel Kosovo. (Slobodan Milošević)
- Per la prima volta, ho udito la frase "etnicamente puro". Gli albanesi volevano un Kosovo etnicamente puro. Hanno ucciso i serbi e profanato le nostre tombe, hanno bruciato i monasteri. Fu così che cominciò l'esodo dei serbi. (Slobodan Milošević)
- Gli albanesi erano riusciti nel loro intento, perché la provincia del Kosovo era di fatto una repubblica. Il consiglio locale poteva mettere in atto quella che non esito a definire una vera e propria politica nazista. (Slobodan Milošević)
- Temevamo che dopo il Kosovo sarebbe toccato a noi. Un'ottima ragione questa per opporci ai serbi. (Milan Kučan)
- Sapevo bene chi era Milošević. Milošević è un uomo che non si ferma di fronte a nulla pur di ottenere ciò che vuole. (Milan Kučan)
- Ecco come ebbe iniziò la crisi jugoslava: furono gli sloveni a dare il via alla crisi jugoslava, però non posso affermare che sono loro gli unici responsabili. (Slobodan Milošević)
- [Sul nazionalismo serbo] Nasce da almeno sei, sette secoli. In pratica, nasce da una famosa battaglia persa dai progenitori di Milošević dal principe Lazaro, la famosa battaglia del campo dei merli, più volte evocata durante questa crisi. È una battaglia del 1389 in cui i serbi tentano di opporsi alla avanzata ottomana e vengono travolti e guidati dal principe Lazaro. Questa battaglia è una battaglia mitica, e oggi è raccontata così, in modo molto sommario. In realtà, i progenitori degli albanesi, degli albanesi kosovari, allora [...] erano divisi in clan e stavano dall'una all'altra parte. Oggi si racconta [...] questa battaglia come se fosse un [...] anticipazione delle battaglie di oggi. In realtà le cose erano più complicate già sei, sette secoli fa. Poi, durante i secoli, questa battaglia è rimasta nella memoria quasi come un evento mitico religioso, e Milošević [...] sfrutta la prossimità della ricorrenza dei sei secoli [...] nell'ottantanove, dei sei secoli di quella battaglia, per ordire una sorta di colpo di Stato [...] dentro la sua repubblica. (Paolo Mieli)
- In realtà, Milošević conquista il potere in Serbia in nome di una Grande Serbia [...] essendo però costretto a rinunciare prima la Slovenia e poi, come forse vedremo, la Croazia. (Miriam Mafai)
- In realtà, l'idea di Tito, una debole Serbia dentro una grande Jugoslavia, si trasforma nel disegno di Milošević in una grande Serbia, e tutto il resto della Jugoslavia può andare in frantumi. (Miriam Mafai)
- Avremmo dovuto agire con maggior tatto e prudenza. Sapevamo di inimicarci anche i serbi della Croazia che desideravano vivere in pace con noi. (Stjepan Mesić)
- [Sulla rivoluzione dei tronchi] La tragica crisi jugoslava comincia proprio qui nella Krajina. La polizia della Krajina, regione croata maggioranza serba, non accetta l'autorità del neoeletto presidente Tuđman. (Narratore)
- [Sulla rivoluzione dei tronchi] Noi poliziotti serbi di Croazia sapevamo che ci avrebbero obbligato a portare gli stessi gli stessi distintivi e le medesime uniformi indossati dai fascisti croati durante la Seconda guerra mondiale. (Milan Martić)
- [Sulla rivoluzione dei tronchi] I serbi non hanno dimenticato le centinaia di migliaia di connazionali uccisi dagli ustascia, gli estremisti croati alleati delle forze naziste. Il presidente Tuđman rende omaggio alla bandiera croata, la stessa che aveva sventolato insieme alla svastika nazista. I serbi non lo possono accettare. (Narratore)
- [Sulla rivoluzione dei tronchi] I serbi della Krajina contestavano l'indipendenza della Croazia, L'ultima volta che la Croazia fu indipendente, cinquant'anni fa, aveva perpetrato il genocidio della minoranza serba. La nostra gente aveva davvero paura. (Borisav Jović)
- [Sulla rivoluzione dei tronchi] Mi trovavo a Spalato, in occasione dei Campionati europei di atletica, e fu allora che ordinai di inviare a Knin un distaccamento di forze speciali, per sedare la rivolta della polizia serba. (Franjo Tuđman)
- [Sulla rivoluzione dei tronchi] A Belgrado erano consapevoli delle loro azioni: appoggiavano una rivolta contro il mio governo croato, eletto democraticamente. (Franjo Tuđman)
- [Sulla rivoluzione dei tronchi] Belgrado negò ogni coinvolgimento e cercò mille scuse - non erano stati loro a ordinare il rientro degli elicotteri, bensì la torre di controllo e solo per motivi tecnici - ma sapevamo che erano menzogne. (Franjo Tuđman)
- [Sulla rivoluzione dei tronchi] La televisione di Zagabria ironizza sulla vicenda, definendo i ribelli uno sparuto gruppo di ubriaconi. (Narratore)
- [Sulla rivoluzione dei tronchi] Era nostro dovere intervenire. I croati importavano armi clandestinamente. Si trattava di una chiara rivolta contro la federazione jugoslava, uno stato riconosciuto dalla comunità internazionale. (Branko Mamula)
- [Sulla rivoluzione dei tronchi] Cosa dobbiamo fare? Parte della Croazia è in rivolta. Dobbiamo forse importare autocarri pieni di matite per poter scrivere: «Non attaccateci, per favore»? Ho un messaggio per i serbi: presto la bandiera croata sventolerà di nuovo a Knin! (Stjepan Mesić durante una conferenza stampa nel gennaio 1991)
- Mesić mi disse che se non avessimo fatto marcia indietro, la Croazia avrebbe reagito in questo modo: [...] Primo, la Croazia si sarebbe separata dalla federazione; Secondo, avrebbe chiesto l'intervento dell'Onu. Quei trafficanti d'armi avevano la sfoderatezza di esigere la protezione dell'Onu!; Terzo, la Croazia avrebbe abbandonato le istituzioni federali. Replicai: "Allora è la guerra!". (Borisav Jović)
- Ero convinto che se mi avessero assassinato, la mia morte sarebbe servita a dimostrare a tutto il mondo che Belgrado voleva soffocare libertà e democrazia. (Franjo Tuđman)
- Tuđman, una volta sicuro in patria, non mantiene la promessa di bloccare il traffico d'armi. Promulga invece una legge che concede l'immunità ai suoi ministri importatori d'armi in Croazia. (Narratore)
- [Sulla rivoluzione dei tronchi] Quei serbi di Knin, che danno, diciamo, il via alla rivolta e che, a loro volta, massacreranno altri serbi che non sono disponibili alla battaglia armata contro i croati, [...] mi fa un po' impressione l'idea che poi tutti quelli saranno stati a loro volta massacrati, uccisi e, a loro volta, anche massacratori, e anche l'idea che gran parte di quei serbi della Krajina che hanno rifiutato di vivere in questa convivenza con i croati oggi sono dei profughi che si trascinano nel fango nei dintorni di Belgrado. (Miriam Mafai)
- I serbi hanno avuto, in questi secoli, un ruolo fondamentale europeo. Dapprima, i serbi sono stati un baluardo forte, anche sotto la dominazione turca ottomana, contro appunto questa dominazione a favore dell'Europa. [...] Quando i turchi portarono l'assedio a Vienna nel 1683, fu fondamentale la resistenza che gli fecero i serbi. I serbi, all'inizio del secolo nelle guerre balcaniche, nel 1912-13 hanno inferto colpi alla dominazione ottomana che l'hanno fatta crollare. E poi, durante tutto il secolo, quando ci sono stati i grandi conflitti, i serbi stavano dalla parte giusta. Sono stati contro la Germania sia nella prima e nella seconda guerra mondiale. [...] Nella seconda guerra mondiale ebbero dalla parte dei croati lutti infiniti. In più, [...] la comunità serba subì delle persecuzioni in Croazia raccapriccianti. Ci fu a Zara nel maggio del '91 una notte dei cristalli, in cui picchiatori croati andarono a sfasciare i negozi esattamente come a Berlino. E poi, per capire bene che razza di tipi sono i croati, bisogna dire che [...] dopo che fu riconosciuta la Croazia, un pezzo di Croazia rimase in mano ai serbi. [...] Nel '96, poco tempo fa, furono respinti e fu provocato un esodo di centinaia di miglaia di serbi fuori dalla Croazia. (Paolo Mieli)
- Avremmo inviato le nostre truppe nelle regioni serbe della Croazia. In tal modo, i croati avrebbero scatenato la guerra, consentendoci di occupare quei territori. (Borisav Jović)
- Io sono sempre più convinta che era giusto intervenire, e che, eventualmente, siamo intervenuti troppo tardi, e senza avere chiari i nostri obiettivi. (Miriam Mafai)
- [Su Slobodan Milošević] Con un personaggio di questo genere non è possibile sedersi allo stesso tavolo di trattativa. (Miriam Mafai)
- [Su Slobodan Milošević e Franjo Tuđman] Sono degli ometti ambiziosi, sono degli ometti che puntano solo al potere, sono degli ometti che montano e che organizzano queste gigantesche provocazioni, ma di fronte a loro poi ci saranno centinaia di migliaia di morti, le donne squartate, i campi di concentramento rimessi in piedi, e tutto questo disastro che oggi è la Jugoslavia. Sono sempre di più convinta che forse dovevamo intervenire prima. Forse siamo intervenuti in ritardo. (Miriam Mafai)
Seconda puntata
modifica- Bombarda la presidenza e il Parlamento. Spara a intervalli lenti fino a quando non ti dirò di smettere. [...] Colpisci i quartieri musulmani, lì non vivono molti serbi. Bombardali fino a farli impazzire! (Ratko Mladić, trasmissione telefonica, data sconosciuta, durante l'Assedio di Sarajevo[1])
- La repubblica slovena prenderà tutte le misure necessarie per difendere la nostra indipendenza contro l'esercito federale jugoslavo. (Milan Kučan, 27 giugno 1991)
- Noi non volevamo una guerra con la Slovenia. La Serbia non aveva rivendicazioni territoriali in Slovenia. Era una repubblica etnicamente pura, senza serbi. A noi importava ben poco se gli sloveni volevano lasciare la Jugoslavia. [...] Sarebbe stato un impegno eccessivo. Chiuso il capitolo Slovenia, avremmo potuto dettare le nostre condizioni ai croati. (Borisav Jović)
- Se concediamo al popolo croato il diritto di lasciare la Jugoslavia, a quel punto i croati non possono negare agli altri il diritto di fare anche loro la propria scelta. (Slobodan Milošević)
- Noi serbi siamo in pericolo. Le orde fasciste croate attaccano donne e bambini serbi nei nostri villaggi. Le orde fasciste croate mirano al genocidio dei serbi. (Vojislav Šešelj, discorso a Vukovar, 1991)
- Kijevo era abitato da croati, ma bloccava la strada ai nostri villaggi serbi situati oltre il villaggio. I croati di Kijevo non avrebbero lasciato passare i nostri rifornimenti diretti verso quei villaggi serbi. Perciò, intimai un ultimatum a Kijevo. (Milan Martić)
- [Sull'assedio di Kijevo] È la prima volta che l'esercito jugoslavo combatte apertamente per la causa serba. (Narratore)
- A Kijevo abbiamo colpito soltanto obiettivi militari. Non abbiamo distrutto una sola casa per il semplice gusto di farlo. (Ratko Mladić, commento alla stampa durante l'assedio di Kijevo, 1991)
- [Sull'assedio di Kijevo] Dobbiamo ammetterlo. Noi eravamo meglio armati dei croati. Ovviamente, alcune case sono finite in fiamme. Con l'artiglieria capita. (Milan Martić)
- [Sulla battaglia di Vukovar] Come nostra roccaforte scegliemmo Vukovar al fine di proteggere le città alle sue spalle. Se avessimo lasciato entrare i serbi a Vukovar sarebbe stato un disastro per tutta la Croazia, così gettammo tutte le nostre forze nella sua difesa. (Franjo Tuđman)
- A Vukovar, l'esercito regolare jugoslavo subisce una serie di diserzioni. Milošević deve rafforzare le sue truppe con bande di delinquenti nazionalisti. (Narratore)
- Questa è la roccaforte dei fascisti croati. Quando Vukovar cadrà per i fascisti sarà la fine. I miei ragazzi sono volontari, sanno per quale causa combattono. (Vojislav Šešelj, dichiarazione durante la battaglia di Vukovar, 1991)
- Le autorità serbe capivano quanto fossimo utili. Belgrado mise a nostra disposizione un'intera caserma. Per noi, la Serbia fece di tutto. I volontari ricevettero uniformi, armi e mezzi di trasporto. (Vojislav Šešelj)
- Nelle milizie paramilitari c'è di tutto: fanatici sostenitori della causa serba e bande criminali. (Narratore)
- Andai in Croazia per spiegare ai nostri l'ideologia della causa serba. Ma finì col fare il comandante al fronte. In tempo di guerra era un mio dovere in quanto nazionalista serbo. (Dragoslav Bokan)
- [Sul massacro di Voćin] Gli uomini di Bokan hanno ucciso 48 civili croati. Hanno sparato loro in faccia e negli occhi. Gli hanno colpiti con asce o bruciati vivi, lasciandoli in mostra come monito per gli altri croati. Il terrore è una tattica per far fuggire l'intera popolazione. È qui che si comincia a parlare di "pulizia etnica". Questa volta è iniziata dai serbi, ma in seguito messa in pratica anche dalle altre parti in causa. (Narratore)
- Maresciallo Tito non solo unificò Jugoslavia, ma combatté contro gli ustascia croati e i cetnici serbi, perché in entrambi di questi paesi, in queste etnie, come d'appertutto, ci sono delinquenti fascisti. [...] Questo disordine, la rottura dell'equilibrio miracoloso che è durato anche dieci anni dopo la morte di Tito [...] è come avere rotto il vaso di Pandora, ed esplodono tutti gli spiriti del male nel modo peggiore. (Valentino Parlato)
- Se ci fosse una trattativa di pace con Milošević, sarebbe una grande vittoria di Milošević, sarebbe la sconfitta della Nato. (Valentino Parlato)
- [Su Vojislav Šešelj] È praticamente un neo-fascista serbo. (Enzo Bettiza)
- Arrivava l'esercito regolare, che era ancora a quel tempo (siamo appena nel '91 [...]) era ancora un esercito federale. C'erano ancora dei macedoni, anche degli albanesi, dei croati in questo esercito. [...] Dopo, [...] già cominciavano diserzioni, i vari soldati o croati o macedoni desideravano ritornare alle proprie case, alla propria regione, alla propria patria, [...] e l'esercito cominciava a serbizzarsi. (Enzo Bettiza)
- Una volta che l'esercito aveva conquistato i punti strategici, arrivavano le milizie paramilitari, le quali erano specializzate nella distruzione della società civile dei paesi dei villaggi occupati. (Enzo Bettiza)
- Il piano di Lord Carrington è l'ultima proposta che cerca di affrontare globalmente i problemi jugoslavi, e forse avrebbe potuto impedire il futuro spargimento di sangue, non solo in Croazia ma anche in Bosnia. (Narratore)
- Milošević aveva detto che la Croazia poteva essere indipendente perché presumeva di ottenere ciò che voleva, cioè che le altre repubbliche, in particolare la Bosnia, rimanessero nella Federazione jugoslava. Ma ora, il piano scritto da Lord Carrington dice che le repubbliche devono prima di tutto diventare sovrane e indipendenti. Milošević capisce il senso di queste parole: significano che lui avrebbe perso il controllo sulle rimanenti repubbliche. (Narratore)
- Lasciate che vi dico una cosa: il documento che ci fu sottoposto era assolutamente inaccettabile. [...] La ragione era semplice, con un solo tratto di penna proponevano di scogliere la Jugoslavia. Non ne avevano il diritto! (Slobodan Milošević)
- La Croazia era isolata nel mondo e cercava il riconoscimento internazionale. Il problema durò fino a quando i serbi non circondarono Vukovar. (Franjo Tuđman)
- [Sulla battaglia di Vukovar] Non sto dicendo che il presidente non ha inviato i rifornimenti. Ma resta il fatto che noi non li abbiamo ricevuti. (Mile Dedaković)
- Sloveni, croati, macedoni e anche montenegrini [...] non volevano più stare in una Jugoslavia serbizzata, non volevano più fare parte di una camicia di forza che avrebbe avuto il nome ancora di Jugoslavia ma che [...] le stringhe di questa camicia sarebbero state tenute in mano dai militari, dai burocrati e dai ministri serbi. (Enzo Bettiza)
- Avevamo creato una situazione in cui la Bosnia era condannata. Quasi tutti i serbi volevano restare nella Jugoslavia, ma musulmani e croati volevano uscirne. (Radovan Karadžić)
- Dissi che i tre popoli della Bosnia potevano formare una confederazione, tutti e tre sarebbero stati felici. In caso contrario la Bosnia andava divisa. (Franjo Tuđman)
- Vidi i serbi e i croati di Bosnia accordarsi sulla spartizione. [...] Ovviamente, nessuno chiese l'opinione dei musulmani bosniaci. (Stjepan Mesić)
- Milošević e Jović trasferiscono tutti i soldati serbo-bosniaci dell'esercito federale nelle milizie serbe di Karadžić, che dispone così di ottantamila uomini bene armati. Milošević può quindi negare ogni coinvolgimento, pur conservando il controllo della situazione. (Narratore)
- Ci impegnammo a coprire tutte le spese dei serbo-bosniaci. Loro non avevano fondi statali. Non potevano neppure pagare gli ufficiali. (Borisav Jović)
- Milošević e i suoi generali non ci davano ordini, ma formulavano solo richieste. [...] Non li abbiamo mai delusi. (Vojislav Šešelj)
- [Sul massacro di Zvornik] La tensione era tremenda. Durante una curva la mia jeep slittò. Slittò sul sangue. (José María Mendiluce)
- [Sul massacro di Zvornik] L'artiglieria sparava dal lato serbo del fiume. Potevo vedere i lampi e il fumo dei cannoni. (José María Mendiluce)
- [Sul massacro di Zvornik] Avevamo preparato questa operazione con cura. Tutto andò esattamente secondo i piani. (Vojislav Šešelj)
- [Sul massacro di Zvornik] Vidi autocarri carichi di cadaveri. I soldati buttavano i corpi delle donne e dei bambini e degli anziani sugli autocarri. [...] Ho visto quattro o cinque camion pieni di morti. (José María Mendiluce)
- Circa duemila persone mancano all'appello. Nessuno sa quante siano state giustiziate sul posto o quante siano finite nei campi di concentramento, dove sono proseguite le esecuzioni. Il resto della popolazione è cacciato. A Zvornik vivevano quarantanovemila musulmani. Non ne resta neanche uno. Vengono così cancellati cinque secoli di vita e di cultura islamiche. Questa è la pulizia etnica. (Narratore)
- [Sul massacro di Zvornik] Non posso negare che ciò sia accaduto. Venne quasi tutto organizzato qui a Belgrado. [...] Fu proprio lo stesso Milošević a chiedermi di mandare i miei combattenti. (Vojislav Šešelj)
- Per me era chiaro che i serbi avevano una netta superiorità militare. Inoltre, erano palesemente appoggiati, anche se il presidente Milošević lo avrà negato. (Lord Carrington)
- Šešelj è stato molto onesto, duramente onesto. [...] Ha detto la verità: tutto era preparato a Belgrado. (Enzo Bettiza)
Terza puntata
modifica- [Sul piano di pace Vance-Owen] La Bosnia sarebbe diventato uno stato suddiviso in dieci province, autonome nei settori d'istruzione, dei trasporti e della polizia. La disposizione sul territorio avrebbe consentito ai serbo-bosniaci di controllare gran parte delle regioni conquistate, senza però formare uno stato serbo indipendente. (Narratore)
- Esigevamo un trattamento uguale per tutti i gruppi etnici, e il piano Vance-Owen ce lo garantiva. (Slobodan Milošević)
- Karadžić non capiva gli aspetti positivi del piano. Era troppo ossesionato dalla questione territoriale. (Slobodan Milošević)
- [Sulla guerra croato-musulmana in Bosnia ed Erzegovina] Ordinai alle mie truppe di non entrare nel cuore della Bosnia. Inviai il nostro esercito solo a proteggere tutte quelle parti della Bosnia che sono popolate dai croati. (Franjo Tuđman)
- [Sulla guerra croato-musulmana in Bosnia ed Erzegovina] Per un anno, l'esercito croato era stato spalleggiato da migliaia di combattenti musulmani. Ora i croati fanno prigionieri gli ex alleati. (Narratore)
- [Sulla guerra croato-musulmana in Bosnia ed Erzegovina] Eravamo costretti a mettere i prigionieri da qualche parte. Perciò, allestimmo dei campi d'internamento. Dissi al nostro ministro della difesa: «State attento! Non fate nulla di cui noi ci si debba vergognare». (Slobodan Praljak)
- [Sui campi d'internamento durante la guerra croato-musulmana in Bosnia ed Erzegovina] I nostri ragazzi erano stati massacrati. Ecco perché commettemmo quello sbaglio. In quei momenti, ti va il sangue alla testa e non capisci più nulla. Più tardi ti vergogni, come uomo e come croato. (Slobodan Praljak)
- Responsabili dei campi d'internamento sono i vertici del governo croato. (Narratore)
- Il presidente Tuđman doveva per forza essere al corrente dei campi. Gli chiesi chi li avesse organizzati. Mi disse: «Noi croati non dobbiamo vergognarci. Forse ci possono essere dei campi, ma li hanno anche gli altri». Non era una buona scusa. (Stjepan Mesić)
- Il piano Vance-Owen in fondo era [...] un buon piano. Aveva forse il difetto di essere complicato, perché divideva la Bosnia in una sorta di pelle di leopardo, quindi era molto più complicato tenerlo insieme. Però era un piano che consentiva di mantenere in parte quell'equilibrio multietnico sulla quale la Bosnia aveva sempre vissuto e che era stato un esempio addirittura di equilibrio multietnico e di stato multietnico nella multietnica Jugoslavia. (Paolo Garimberti)
- [Sull'Operazione Tempesta] Ancora una volta, una comunità vecchia di secoli viene sradicata dalla sua terra. Centomila serbi sono costretti a fuggire dalla Croazia. Hanno aderito a un regime basato sulla pulizia etnica, e ora ne pagano le conseguenze. (Narratore)
- Sembra che la maggioranza dei serbi [di Krajina] facesse parte della loro milizia. Gli altri si erano lasciati convincere che noi eravamo fascisti, quindi sono fuggiti. (Franjo Tuđman)
- Per fare in modo che i serbi non possano più tornare, le truppe di Tuđman bruciano i loro villaggi. Uccidono centinaia di anziani che rifiutano di andarsene. (Narratore)
- Credevo che il 70% dei serbi sarebbe rimasto: avrebbe visto che la democratica Croazia tutela i diritti civili. I serbi possono dare la colpa di quanto è avvenuto solo a se stessi. (Franjo Tuđman)
- [Sull'Operazione Tempesta] Il presidente Tuđman ha ottenuto una Croazia etnicamente pura. (Narratore)
- Quel Milošević è il suo popolo, e la vicenda non si risolverà se non succederà quello che è accaduto in Germania, in Austria, in Giappone dopo la guerra, cioè una grande presenza internazionale che svelenisce gli animi per un congruo numero di anni, dopodiché questi paesi hanno dimostrato di [...] riprendere una vita democratica. (Paolo Mieli)
Voci correlate
modificaNote
modifica- ↑ Bosnia-Herzegovina: The Voice Of Ratko Mladic, Rferl.org, 29 dicembre 2005.
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