Arthur Rimbaud

poeta francese
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Jean Nicolas Arthur Rimbaud (1854 – 1891), poeta francese.

Arthur Rimbaud nel 1871

Illuminazioni

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Non appena l'idea del Diluvio si fu seduta,
Una lepre sostò fra lupinelle e campanule ondeggianti e disse la sua preghiera all'arcobaleno attraverso la tela del ragno.
Oh! le pietre preziose che si nascondevano, — i fiori che già guardavano.
Nella grande strada sporca i banchi si drizzarono, e le barche vennero trascinate verso il mare a scaglioni lassù come nelle stampe.
Corse il sangue, da Barbablù, — ai mattatoi, — nei circhi, dove il sigillo di Dio fece livide le finestre. Il sangue e il latte scorrevano.
I castori costruirono. I mazagrans fumarono nelle bettole.
Nella gran casa di vetro ancora grondante i bambini a lutto guardarono le splendide immagini.
Una porta sbatté, — e sulla piazza del borgo, il bambino roteò le braccia, compreso dalle banderuole e dai galli dei campanili di ogni dove, sotto l'acquazzone sfavillante.
La Signora *** collocò un pianoforte sulle Alpi. Messe e prime comunioni vennero celebrate ai centomila altari della cattedrale.

[Diana Grange Fiori, Mondadori, 1972]

Citazioni

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  • — Sgorga, stagno, — schiuma, riversati sui ponti, e al di sopra dei boschi; — drappi neri ed organi, — lampi e tuoni — salite e scorrete; — Acque e tristezze, salite e rialzate i Diluvi.
    Che da quando si sono dissolti, — oh le pietre preziose interrate, e i fiori aperti! — è una noia! e la Regina, la Strega che accende la sua brace nel vaso di terra, non vorrà mai raccontarci ciò che ella sa, e che noi ignoriamo. (da Dopo il diluvio; 1978)
  • Quest'idolo, occhi neri e crine giallo, senza parenti né corte, più nobile di una favola, messicana e fiamminga; il suo dominio, azzurro e verzura insolenti, si stende su spiagge nomate, da onde senza vascelli, con nomi ferocemente greci, slavi, celtici. (da Infanzia, I; 1978)
  • Che noia, l'ora del «caro corpo» e «caro cuore». (1994) (da Infanzia, I; 1994)
Che noia, l'ora del «tutto mio» e del «cuor mio». (1992)
  • Fiori magici ronzavano. I pendii li cullavano. Bestie di una eleganza favolosa circolavano. Le nubi si addensavano sull'alto mare fatto di una eternità di calde lacrime. (da Infanzia, II; 1978)
  • I sentieri sono aspri. Le colline si ricoprono di ginestre. L'aria è immobile. Come sono lontani gli uccelli e le fonti! Non può esserci che la fine del mondo, più in là. (da Infanzia, IV; 1978)
  • Nelle ore d'amarezza immagino sfere di zàffiro, di metallo. Sono padrone del silenzio. Perché mai una parvenza di spiraglio dovrebbe illividire all'angolo della volta? (da Infanzia, V; 1972)
  • La musica sapiente manca al nostro desiderio. (da Racconto; 1978; 2001, p. 107)
  • Giocolieri abilissimi, trasformano luoghi e persone e si servono della commedia magnetica. Gli occhi fiammeggiano, il sangue canta, le ossa si dilatano lacrime e filamenti rossi sgorgano. Lo scherzo o il terrore dura un minuto, o mesi interi.
    Solo io ho la chiave di questa parata selvaggia. (da Parata; 1994)
  • Ho abbastanza conosciuto. Le fermate della vita — O Frastuoni e Visioni!
    Parto per affetti e rumori nuovi! (da Partenza; 1994)
  • Ci hanno promesso di seppellire nell'ombra l'albero del bene e del male, di deportare le onestà tiranniche, affinché potessimo condurre il nostro più puro amore. Tutto cominciò con un certo disgusto e tutto finì, – non potendo noi impadronirci subito di quell'eternità, – tutto finì con un effluvio di profumi. (da Mattinata d'ebbrezza; 1994)
  • Noi ti proclamiamo mondo! Non dimentichiamo che ieri tu hai glorificato ognuna delle nostre età. Abbiamo fiducia nel veleno. Sappiamo donare ogni giorno tutta intera la nostra vita.
    Questo è il tempo degli Assassini. (da Mattinata d'ebbrezza; 1994)
  • Ho steso corde da campanile a campanile; ghirlande da finestra a finestra; catene d'oro da stella a stella, e danzo. (da Frasi; 1972)
  • All'idea di cercare teatri in questo circo, mi rispondo che le botteghe devono contenere drammi abbastanza cupi. (da Città[1]; 2001, p. 151)
  • Ma la Vampira che ci tiene buoni ci ordina di divertirci con ciò che ci lascia, oppure di essere più buffi.
    Rovinare verso le ferite, nell'aria spossante e nel mare; verso i supplizi, nel silenzio delle acque e dell'aria micidiali; verso le torture che ridono, nel loro silenzio atrocemente burrascoso. (da Angoscia; 2001, p. 169)
  • Come un dio dagli enormi occhi azzurri e dalle forme di neve, il mare e il cielo attirano sulle terrazze di marmo la folla delle giovani e forti rose. (da Fiori; 1994)
  • Per Elena congiurarono le linfe ornamentali nelle ombre vergini e i chiarori impassibili nel silenzio astrale. L'ardore dell'estate fu affidato a uccelli muti e l'indolenza richiesta a una barca di lutti senza prezzo attraverso anse di amori morti e profumi estenuati. (da Fairy; 1994)

Citazioni su Illuminazioni

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  • [...] la parola Illuminations è inglese e significa incisione colorata, «coloured plates»: è il sottotitolo medesimo che Rimbaud aveva dato al suo manoscritto. (Paul Verlaine)

Lettere

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  • Fra due anni, fra un anno forse, sarò a Parigi.
    Anch'io, signori del giornale, sarò Parnassiano! – Ho in me qualcosa, non so bene… che vuol salire...– (a Théodore de Banville; Charleville, 24 maggio 1870)[2]
  • Caro Signore,
    quel che lei mi consigliava di non fare, l'ho fatto: sono venuto a Parigi, ho abbandonato la casa materna! Ho combinato questo bello scherzo il 29 agosto.
    Arrestato all'arrivo perché non avevo un soldo [...] (a Georges Izambard; Parigi, 5 settembre 1870)[2]
  • È falso dire: Io penso: si dovrebbe dire io sono pensato. – Scusi il gioco di parole.
    IO è un altro. (a Georges Izambard; Charleville, 13 maggio 1871)[2]
JE est un autre.[2]
  • Chiuso perpetuamente in questa inqualificabile contrada ardennese, senza frequentare un solo uomo, raccolto in un lavoro infame, inetto, ostinato, misterioso, rispondendo col silenzio alle domande, alle apostrofi grossolane e cattive, mostrandomi dignitoso nella mia posizione extra-legale, ho finito col provocare risoluzioni atroci, da parte d'una madre inflessibile quanto settantatré amministrazioni dai berretti di piombo. (a Paul Demeny; Charleville, 28 agosto 1871)[2]
  • Ho una sete, da far temere la cancrena: i fiumi arduani e belgi, le spelonche, ecco il mio rimpianto. (a Ernst Delahye; Parmerda, Giugno 1872)[2]
  • Ritorna, ritorna, amico mio, caro, unico amico, ritorna. Ti giuro che sarò buono. Se sono stato grossolano con te, era uno scherzo in cui m'incaponivo, me ne pento più di quel che non sia possibile dire. Ritorna, tutto sarà dimenticato. Che disgrazia, che tu abbia dato peso a quello scherzo. Da due giorni non smetto di piangere. (a Paul Verlaine; Londra, 4 luglio 1873)[2]
  • Mi annoio molto, sempre; anzi, non ho mai conosciuto nessuno che si annoi quanto me. [...] Costretto a parlare il loro ostrogoto, a mangiare le loro schifose pietanze, a subire i mille fastidi che provengono dalla loro pigrizia, dal loro tradimento, dalla loro stupidità! (alla famiglia; Harar, 4 agosto 1888)[2]

Lettera del Veggente

Spedita a Paul Demeny il 15 maggio 1871[3]

  • Infatti; io è un altro. Se l'ottone si desta tromba, non è certo per colpa sua. La cosa mi pare ovvia: io assisto allo sbocciare del mio pensiero: lo guardo, lo ascolto: do un colpo d'archetto: la sinfonia si agita nelle profondità, oppure salta con un balzo sulla scena.[4]
Perché IO è un altro. Se l'ottone si sveglia tromba, non è affatto colpa sua.[2]
Car JE est un autre. Si le cuivre s'éveille clairon, il n'y a rien de sa faute.[2]
  • Il primo studio dell'uomo che voglia esser poeta è la sua propria conoscenza, intera; egli cerca la sua anima, l'indaga, la scruta, l'impara. Appena la sa, deve coltivarla; la cosa sembra semplice: in ogni cervello si compie uno sviluppo naturale; tanti egoisti si proclamano autori; ce ne sono molti altri che si attribuiscono il loro progresso intellettuale![4]
  • Il Poeta si fa veggente mediante un lungo, immenso e ragionato sregolamento di tutti i sensi. Tutte le forme d'amore, di sofferenza, di pazzia; cerca egli stesso, esaurisce in sé tutti i veleni, per non conservarne che la quintessenza. Ineffabile tortura nella quale ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, nella quale diventa fra tutti il grande infermo, il grande criminale, il grande maledetto, – e il sommo Sapiente! – Egli giunge infatti all'ignoto! Poiché ha coltivato la sua anima, già ricca, più di qualsiasi altro! Egli giunge all'ignoto, e quand'anche, sbigottito, finisse col perdere l'intelligenza delle proprie visioni, le avrebbe pur viste! Che crepi nel suo balzo attraverso le cose inaudite e innominabili: verranno altri orribili lavoratori; cominceranno dagli orizzonti sui quali l'altro si è abbattuto![4]
  • Questa lingua sarà anima per l'anima, riassumerà tutto: profumi, suoni, colori; pensiero che uncina il pensiero e tira.[4]
  • Le poetesse saranno! Quando l'infinita schiavitù della donna sarà spezzata, quando vivrà per sé e attraverso sé, quando l'uomo – finora abominevole – le avrà dato la libertà, sarà poeta anch'essa! La donna troverà l'ignoto! I suoi mondi d'idee differiranno dai nostri? Essa troverà cose strane, insondabili, ributtanti, deliziose, noi le prenderemo, noi le comprenderemo.
  • Ma siccome investigare l'invisibile e udire l'inaudito è cosa diversa dal riprendere lo spirito delle cose morte, Baudelaire è il primo veggente, il re dei poeti, un vero Dio. Tuttavia egli è vissuto in un ambiente troppo artistico; e la forma tanto vantata in lui è meschina: le invenzioni d'ignoto richiedono forme nuove.[4]
 
manoscritto originale di una poesia
  • Non dirò niente, non penserò niente: ma | L'amore infinito mi salirà nell'anima, | E andrò lontano, più lontano, come uno zingaro | Nella Natura, – felice come con un donna. (da Sensazione, vv. 4-8; 1992)
  • Il Sole, focolare di tenerezza e vita, | Versa amore bruciante alla terra estatica, | E stesi nella valle noi sentiamo | Che la terra è nubile e trabocca di sangue; | Che il suo seno immenso, gonfiato di un'anima, | È amore come dio, è carne come donna, | E in sé racchiude, pregno di raggi e linfa, | Il vasto brulicare di tutti gli embrioni! | E tutto cresce, e tutto sorge! | – Venere, oh Dea! (da Credo in Unam, vv. 1-9; 1992)
  • Da mille anni e più la dolorosa Ofelia | Passa, fantasma bianco, sul lungo fiume nero; | Da mille anni e più la sua dolce follia | Mormora una romanza al vento della sera. | La brezza le bacia il seno e discende a corolla | Gli ampi veli, dolcemente cullati dalle acque; | Le piange sull'omero il brivido dei salici, | S'inclinano sulla fronte sognate le giuncaie. (da Ofelia, vv. 5-12; 1992)
  • No, a diciassette anni non si può essere seri. (da Romanzo, v. 1; 1992)
Quando hai diciassette anni non fai veramente sul serio. (1978)
  • Poi sentirai sulla guancia un solletico... | Un bacio leggero, ragno impazzito, corre | Su e giù per il collo... (da Sognato per l'inverno, vv. 9-11; 1992)
  • Me ne andavo, coi pugni nelle tasche sfondate; | Anche il mio paltò diventava ideale; | Andavo sotto il cielo, Musa! ed ero il tuo fedele; | Perbacco! quanti amori splendidi ho sognato! (da La mia Bohéme (Fantasia), vv. 1-4; 1992)
  • Benigno come l'Iddio del cedro e dell'issopo, | Piscio verso gli oscuri cieli, alto e lontano, | Con l'acconsentimento dei grandi eliotropi. (da Orazione della sera, vv. 12-14; 1992)
  • A sette anni, faceva romanzi sulla vita | Del vasto deserto, dove splende una Libertà felice | Sole, foreste, savane, rive! (da I poeti di sette anni, vv. 31-33; 1992)
  • Attruppati fra i banchi di quercia, in cantucci di chiesa | Tiepidi dei loro fiati puzzolenti, con gli occhi | Volti agli stalli ruscellanti d'oro e a cantorie | Di venti musi mugghianti salmi sacri; | Come un profumo di pane fiutando odor di cera, | Felici, umiliati come cani battuti, | I Poveri al loro signore e padrone, il buon Dio, | Offrono gli oremus risibili e cocciuti. (da I poveri in chiesa, vv. 1-8; 1992)
  • A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali, (da Vocali, v. 1; 1992)
  • La stella piange rosa in seno alle tue orecchie, | L'infinito rotola bianco dalla nuca alle reni | Il mare ingemma fulvo le tue mamme vermiglie | L'Uomo dà sangue nero al tuo fianco sovrano. (da La stella piange rosa, vv. 1-4; 1992)
  • Mentre scendevo lungo Fiumi impassibili, | Non mi sentii più guidato dai trainanti. | Pellirossa chiassosi li avevano inchiodati, | Nudo bersaglio, ai pali variopinti. (da Battello ebbro, vv. 1-4; 1992)
  • Ghiacciai, soli d'argento, madreperla dei flutti, cieli | Di brace! Immondo arenarsi in fondo a golfi bruni | Dove serpenti enormi divorati da cimici | Cadono, con foschi odori, dagli alberi tòrti! (da Battello ebbro, vv. 53-56; 1992)
  • Leggiadro come angelo è il cielo | Comunicano l'onda e l'azzurro. | Esco. Se mi ferisce un raggio | Soccomberò sul muschio. (da Bandiere di Maggio, vv. 7-10; 1992)
  • Ho avuto tanta pazienza | Da scordare per sempre; | Sofferenze, timori, | Son finiti su in cielo. | E la sete malsana | Mi oscura le vene. (da Canzone della torre più alta, vv. 13-18; 1992)
  • È ritrovata. | Che? – L'Eternità. | È il mare andato via | Col sole. (da L'Eternità, vv. 1-4; 1992)
È ritrovata. | Che? – L'Eternità | È il mare andato | Con il sole. (1978)
  • Il lupo urlava sotto le foglie | Sputando le piume più belle | Del suo pasto di polli: | Come lui mi consumo. (da Il lupo urlava, vv. 1-4; 1992)
  • Un tempo gli animali montavano anche in corsa, | Con il sesso fasciato di escrementi e di sangue. | I nostri padri ostentavano il membro fieramente | Dalla grana del sacco e da guaìne aperte. (I, vv. 1-4; 1992)
  • I nostri deretani non sono i loro. Spesso | Ho visto gente sbottonata di là da qualche siepe | E, nei bagni impudichi in cui l'infanzia gioca, | Osservavo gli scorci e gli effetti dei culi. (II, vv. 1-4; 1992)
  • È l'estatica oliva e il flauto carezzevole, | È il tubo ove scende la mandorla celeste, | Femmineo Canaàn cinto agli umidori. (III, vv. 12-14; 1992)

Incipit de Il battello ebbro

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Un giorno, scendendo lungo fiumi impassibili,
sentii che i battellieri non mi trainavano più.
Urlanti pellirossa li avevano assaliti
a frecciate, e inchiodati ai pali variopinti.

[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Una stagione all'inferno

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Un tempo, se ben ricordo, la mia vita era un festino dove si schiudeva ogni cuore, ogni vino scorreva.
Una sera, feci sedere la Bellezza sulle mie ginocchia. — E la trovai amara. — E l'ingiuriai.
Mi armai contro la giustizia.
Fuggii. Oh streghe, oh miseria, oh odio, a voi il mio tesoro fu affidato!
Riuscii a cancellare dal mio spirito ogni speranza umana. Su ogni gioia per strangolarla feci il balzo sordo della bestia feroce.
Invocai i carnefici per mordere morendo il calcio dei loro fucili. Invocai i cataclismi per soffocarmi con la sabbia, il sangue. La sciagura fu la mia dea. Mi stesi nel fango. Mi asciugai al vento del crimine. E giocai brutti tiri alla follia.
E la primavera mi portò il riso orrendo dell'idiota.

[Gabriele-Aldo Bertozzi, Newton, 1995]

Citazioni

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  • La morte, raggiungila con tutti i tuoi appetiti, e il tuo egoismo e tutti i peccati capitali. (da «Un tempo, se ricordo bene...»; 1972)
  • Il malanno è stato il mio dio. (da «Un tempo, se ricordo bene...»; 1972)
  • Mi sono disteso nel fango. Mi sono asciugato al vento del delitto. E alla follia ho giocato qualche brutto tiro. (da «Un tempo, se ricordo bene...»; 1972)
  • Adesso sono maledetto, detesto la patria. Il meglio, è un sonno proprio da ubriaco, sul greto. (da Sangue cattivo; 1972)
  • I criminali sono disgustosi come i castrati: io, sono intatto, e per me fa lo stesso. (da Sangue cattivo; 1972)
  • I Galli erano scorticatori di bestie, bruciatori d'erbe: i più inabili del loro tempo. (da Sangue cattivo; 1972)
  • La mia razza non si è mai ribellata se non per predare: come i lupi con l'animale che non hanno ucciso. (da Sangue cattivo; 1972)
  • La vita è la farsa che dobbiamo recitare tutti. (da Sangue cattivo; 1972)
  • Non credo di essermi imbarcato per uno sposalizio, con Gesù Cristo per suocero. (da Sangue cattivo; 1972)
  • [...] la notte mi rotola dentro gli occhi [...] (da Cattivo sangue; 1978)
  • Soltanto l'amore divino concede le chiavi della scienza. (da Sangue cattivo; 1972)
  • Io capisco, e siccome non mi so spiegare senza parole pagane, vorrei tacere. (da Sangue cattivo; 1972)
  • Credo d'essere in inferno, dunque ci sono. (da Notte dell'inferno; 1972)
Je crois en l'enfer, donc j'y suis.
  • L'inferno non può intaccare i pagani. (da Notte dell'inferno; 1972)
  • La teologia è seria, certamente l'inferno sta in basso – e il cielo in alto. (da Notte dell'inferno; 1972)
  • L'amore è da reinventare, si sa. (da Vergine folle; 1978)
L'amour est à réinventer, on le sait.
  • Sono nel profondo dell'abisso, e non so più pregare. (da Vergine folle; 1972)
  • La morale è la debolezza del cervello. (da Alchimia del Verbo; 1972)
  • Scrivevo silenzi, notti, segnavo l'inesprimibile. Fissavo vertigini. (da Alchimia del Verbo; 1972)
  • Adesso posso dire che l'arte è una sciocchezza. (da Minute per Una Stagione in Inferno; 1972)
  • Ho orrore di ogni mestiere. Padroni e operai, tutti bifolchi, ignobili. La mano per scrivere vale la mano per arare. — Che secolo di mani! — Io non avrò mai la mia mano. (da Cattivo sangue; 1995)
  • È la visione dei numeri. Noi andiamo verso lo Spirito. È certissimo, è oracolo, quel che dico. (da Cattivo sangue; 1995)
  • [...] non sono mai stato cristiano; sono della razza che cantava nel supplizio [...] (da Cattivo sangue; 1995)
  • Che zitella divento, se mi manca il coraggio di amare la morte! (da Cattivo sangue; 1995)
  • Mi abituai all'allucinazione semplice: vedevo molto chiaramente una moschea al posto di un'officina, una scuola di tamburi tenuta da angeli, calessi per le vie del cielo, un salotto in fondo al lago; i mostri, i misteri; un titolo di vaudeville faceva sorgere davanti a me i terrori. (da Alchimia del Verbo; 1995)
  • È tutto passato. Oggi so salutare la bellezza. (da Alchimia del Verbo; 1995)
  • [...] la scienza non va abbastanza svelta per noi! (da L'impossibile; 1978)
  • Ho il mio compito, ne sarò fiero come molti, mettendolo da parte. (da Il lampo; 1995)
  • Quando andremo oltre le spiagge estese e i monti, a salutare la nascita del nuovo lavoro, la saggezza novella, la fuga dei tiranni e dei demoni, la fine della superstizione, ad adorare — per primi! — Natale sulla terra! (da Mattino; 1995)
  • E all'aurora, armati di una ardente pazienza, entreremo nelle splendide città. (da Addio; 1995)
  • Bisogna essere assolutamente moderni. (da Addio; 1995)

Citazioni su Arthur Rimbaud

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  • Avevo diciott'anni o giù di lì quando scoprii Ginsberg, Gary Snyder, Phillip Whalen, Frank O'Hara e gli altri. Poi risalii indietro nel tempo, e cominciai a leggere i francesi, Rimbaud e Francois Villon. (Bob Dylan)
  • Ho avuto la fortuna di vedere Radiguet scrivere il suo libro come un compito, durante le vacanze del 1921. Lo dico perché questo ragazzo prodigio stupisce per la sua mancanza di mostruosità. Rimbaud può venir spiegato dai suoi incubi infantili. Mi domando dove ficca le mani codesto prestigiatore. Radiguet lavora in pieno giorno con le maniche rimboccate. Rimbaud soddisfa l'idea drammatica, breve e folgorante, che la gente si fa del genio. Radiguet ha avuto la fortuna di nascere dopo l'epoca in cui una luce opaca attraeva il fulmine. Egli ci sorprende dunque per la sua scipitezza. Sono molti a esprimersi in tal modo. Il foglio trasparente dello scandolo c'impedisce ancora di ammettere che alla nostra epoca l'anarchia si presenti sotto forma di colomba. (Jean Cocteau)
  • I poeti prediletti dell'età nostra e gli scrittori più penetranti, furono ricercati assai meno per la lor poesia ed arte, che non per il diffuso immoralismo in cui la mente dei lettori prendeva agevolmente le sue vacanze morali. Rimbaud, più che per la sua poesia talvolta eterea, fu amato per la sua morale discola; per quel «tempo degli assassini», per quel tanto di rovinoso e disperato ch'è nella sua retorica contro gli uomini e contro Dio. (Francesco Flora)
  • Iddio sia mille volte benedetto! Io ho provato domenica la più grande felicità che possa avere in questo mondo. Non è più un povero e infelice reprobo che sta morendo vicino a me: è un giusto, un santo, un martire, un eletto! (Isabelle Rimbaud)
  • Lo si è detto convertito al cristianesimo. Nessuna singola formula religiosa, fosse pure la cattolica, era capace di includere le sue colossali e inaudite misticità. (Paterne Berrichon)
  • Mistico allo stato selvaggio. (Paul Claudel)
  • Si può affermare, quasi senza metafora, che Rimbaud è l'essere esente dal peccato originale... (Jacques Rivière)
  • Un giovane grande e robusto, dalla faccia rubiconda, un contadino... Gli occhi erano azzurri, molto belli, ma avevano una espressione cupa... I calzoni corti lasciavano vedere dei calzerotti di colore turchino lavorati a maglia. (Mathilde Verlaine[5])
  • Un temperamento metafisico – fra i più eccessivi – in carne di poeta, e la lotta di questo temperamento, che come tale non si conosce, per trovare nel sistema chiuso del fatto d'arte uno sfogo che finisce con lo spezzare con la sua fronte. (Benjamin Fondane)
  • Vorrei anch' io poter dire con Rimbaud: «Volo alto sopra l'azione». No, non volo, ma mi sforzo di distinguere la verità dall'evidenza, e dico che la verità è problematica, è coperta, mentre l'evidenza è più semplice e semplicemente dovrebbe rivelarsi al solo suo apparire. (Raffaele La Capria)
  • Arturo Rimbaud ha potuto, nei delirii della sua collera e nella frenesia del suo orgoglio, lanciare alla Notte parole che sembrano escludere ogni perdono. [...] egli ha saputo combattere la sola battaglia che merita di essere combattuta, «quella battaglia spirituale che è brutale quanto la battaglia fra uomini».
  • Ogni uomo, degno di questo nome, conosce in sé, nel più profondo del suo essere, il dramma che Rimbaud ha sofferto e del quale ci ha lasciato la testimonianza.
  • Ritrovare la purezza non nella coscienza ma in ciò che la nega: questo è stato il tentativo di Rimbaud, come di qualcun altro del suo stampo.
  • Il vero dramma di Rimbaud, esattamente uguale sul piano umano a quello in cui ci parlano i testi, è dunque, a mio parere, il dramma di Satana ribellatosi a Dio e gettato nelle tenebre eterne.
  • Per quanto avventuriero, Rimbaud era tuttavia ossessionato dall'idea di raggiungere la libertà, che egli traduceva in termini di sicurezza economica.
  • Rimbaud era stato un fanatico, un tipo a cui toccava andare a fondo, o di morire. In ciò consiste la sua purezza, la sua innocenza.
  • Rimbaud fu un suicida vivente. Tanto più insopportabile per noi.
  • Angelo in esilio, Satana adolescente.
  • Era un uomo alto, ben piantato, quasi atletico, dal volto perfettamente ovale di angelo in esilio, con capelli castano chiari in disordine e due occhi di un blu pallido inquietante. Ardennese, egli possedeva, oltre a un accento campagnolo troppo presto perduto, il dono della pronta assimilazione, propria delle genti di quel paese – e questo può spiegare il rapido inaridirsi, sotto il sole scialbo di Parigi, della sua vena, per dirla come i nostri avi, il cui linguaggio diretto e corretto non aveva sempre torto, in fin dei conti.
  • Non ha fatto altro che viaggiare terribilmente e morire giovanissimo.
  • Una specie di dolcezza splendeva sorridente in quegli occhi crudeli azzurro-chiari e su quella bocca vigorosa, rossa, dalla piega amara.
  1. La terza delle tre poesie omonime.
  2. a b c d e f g h i j In Opere, a cura di Diana Grange Fiori, 1992.
  3. Esiste un'altra lettera, detta ugualmente del Veggente, spedita a Georges Izambard due giorni prima, il 13 maggio del 1871.
  4. a b c d e In Opere, a cura di Ivos Margoni, 1978.
  5. Citato in Henri Daniel-Rops, Rimbaud, p. 21.

Bibliografia

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  • Arthur Rimbaud, Illuminazioni (Illuminations), traduzione di Diana Grange Fiori, Mondadori, Milano 1972.
  • Arthur Rimbaud, Illuminazioni, cura e versione di Gabriele-Aldo Bertozzi, Newton Compton, Roma, 1994.
  • Arthur Rimbaud, Illuminazioni, introduzione, traduzione e note di Ivos Margoni e Cesare Colletta, commento di Cesare Colletta, BUR, Milano, 2001. ISBN 88-17-12323-4
  • Arthur Rimbaud, Opere, a cura di Ivos Margoni, Feltrinelli, Milano, 1978.
  • Arthur Rimbaud, Opere, a cura di Diana Grange Fiori, introduzione di Yves Bonnefoy, Mondadori, Milano, 1992.
  • Arthur Rimbaud, Una Stagione in Inferno (Une Saison en Enfer), traduzione di Diana Grange Fiori, Mondadori, Milano, 1972.
  • Arthur Rimbaud, Una stagione all'inferno, cura e versione di Gabriele-Aldo Bertozzi, Newton Compton, Roma, 1995.

Voci correlate

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