Francesco Crispi

patriota e politico italiano (1818-1901)

Francesco Crispi (1819 – 1901), patriota e politico italiano.

Francesco Crispi, 1893

Citazioni di Francesco Crispi

modifica
  • Alla mia età [...] dopo aver servito il paese per cinquantaquattro anni, posso avere il diritto di credermi invulnerabile e superiore alle ingiurie e alle diffamazioni.[1]
  • Come nel seno dell'Etna ribolle spesso e si rattiene l'ignea materia antica, mentre sulla sua vetta sta tranquilla e perpetua la neve, così accanto all'ardore dell'animo, alla eccitabilità della fibra ho posto il dominio sicuro di una ferma volontà, e questa adoprerò tutta per mantenere la più stretta imparzialità nel presiedere e regolare le vostre discussioni.[2]
  • La calunnia sdegna i mediocri, si afferra ai grandi.[3]
  • La monarchia ci unisce, la repubblica ci divide.[4][5]
  • La rivoluzione francese ci schiaccia, essa ancora preme sugli animi nostri e ci tiene avvinti ad un ordine d'idee, che c'impedisce di camminare sulle orme dei Padri.[6]
  • Qual è il nostro scopo? Uno solo: affermare il nome dell'Italia nelle regioni africane e dimostrare anche ai barbari che siamo forti e potenti! I barbari non sentono se non la forza del cannone; ebbene, questo cannone tuonerà al momento opportuno.[7]
  • [A Menelik II] Vi mando questi Remington perchè possano accrescere la vostra potenza e portare la distruzione fra i vostri nemici.[8]

Citazioni su Francesco Crispi

modifica
  • A Crispi era stato sempre negato il dono di sedurre le folle, l'arte del convincimento verso le moltitudini: l'asprezza della vecchiaia gli aveva tolto sino i rudimenti di quell'arte. (Arturo Carlo Jemolo)
  • Crispi sarà ministro un dì – certo – e forse in epoca non lontana – né sarà dei peggiori che afflissero Italia. (Ferdinando Petruccelli della Gattina)
  • Crispi si era, sì, convertito alla monarchia: ma nell'animo era sempre il vecchio cospiratore – amava ripeterlo egli stesso – convinto che l'Italia l'avessero fatta soprattutto Mazzini, Garibaldi e un po' anche lui stesso, con tanto d'inchino, ora sentito, a Vittorio Emanuele II, e che l'egoistico intervento di Napoleone III avesse più complicato che favorito le cose. Momento decisivo dell'unità era stato non il '59[9], bensì il '60 con la spedizione dei Mille. (Federico Chabod)
  • Fervido patriota. Uomo di grande energia e di mente larga [...] sproporzionato però nell'azione, [...] non adeguava i mezzi allo scopo. Con una scarsa attitudine all'esame ponderato delle cose che lo portava alle volte al fantastico. [10] (Giovanni Giolitti)
  • Francesco Crispi non era un uomo adatto alla ordinaria amministrazione. E come avrebbe potuto esserlo, a pensarci bene, uno che aveva convinto Garibaldi tentennante, preoccupato, roso dai dubbi, a salpare per la Sicilia, che aveva insomma «inventato», con energia leonina e certezze da profeta, la spedizione dei Mille? (Domenico Quirico)
  • Il 5 marzo [1896, dopo la disfatta di Adua], alla riapertura della Camera, egli si ritrasse senza neppur tentare di difendere l'opera sua. Era un uomo forte e sopravvisse, esasperato e avvilito, ancora cinque anni, nel silenzio e nel deserto. Indubbiamente era stato un politico di nobili intenzioni, il primo, forse, fra gli uomini di governo della nuova Italia, a indicare alte mète alla patria. Ma s'era speso nel suo orgoglioso sogno con un ardore senza controllo, dominato com'era dalla sua natura fragorosa e spettacolosa e «pieno di rancori e di vendette» (così lo giudicava Domenico Farini, che pure era a lui legato da profonda amicizia e da comunanza di idee). I fatti avevano ormai confermata la sua intrinseca incapacità di tradurre le proprie idee nella pratica, cioè di commisurare la politica di grandezza ch'egli perseguiva appassionatamente con la miseria delle risorse: in una parola la sua fiammeggiante retorica. (Nino Valeri)
  • Il suo patriottismo era ancora ardente e vivo come nella sua giovinezza, la sua passione per la grandezza d'Italia più viva che in altri, ma, anche se le intenzioni erano ottime, troppi preconcetti dottrinari e troppe preoccupazioni di classe ostacolavano in lui la retta visione delle circostanze e la valutazione della azione altrui. Né egli sapeva, difetto grave per un uomo di Stato, proporzionare le possibilità del paese alle difficoltà dei compiti proposti e, interprete di eccessive paure borghesi e conservatrici, non si rendeva conto del significato reale e della importanza sociale delle richieste e delle prime affermazioni operaie. (Alberto Maria Ghisalberti)
  • L'accusa di bigamia contro lui portata potrà essere confutata sul terreno giuridico: non era confutabile sul terreno morale. L'abbandono della Montmasson, fedele ed eroica compagna dei giorni più duri, non può essere scusato. (Arturo Carlo Jemolo)
  • La cronaca della vita di Francesco Crispi e delle posizioni che egli assunse durante la sua lunga carriera politica è un catalogo di tutto ciò che fu fatto e detto dalla prima generazione unitaria, una straordinaria sintesi delle mille contraddizioni personali e ideologiche che caratterizzarono la storia nazionale dal 1848 al 1900. (Sergio Romano)
  • Più forte della viltà universale, volse il pugnale alle liste e preparò, a libito suo, gli elettori dei futuri suoi giudici. Questi, non peranco investiti, si accapigliano nelle sue anticamere, facendo a chi dinanzi a lui saprà prostrarsi più basso. (Filippo Turati)
  • Soprattutto perché, implicato in quegli abusi [bancari], e largamente con i suoi familiari, fu il siciliano Francesco Crispi, il quale represse con durezza estrema la contemporanea rivolta dei "fasci" sviluppatasi nella sua isola, è soltanto la sconfitta di Adua gli impedì di seppellire il regime parlamentare trent'anni prima di Mussolini. (Gianfranco Miglio)
  • Un marcato dinamismo culturale e intellettuale è da sempre un tratto distintivo del popolo arbëreshë, che si è anche espresso, nel corso dei secoli, in un impegno civico di vasta portata. Francesco Crispi - Zef Krispi - partecipe della spedizione dei mille e in seguito più volte Presidente del Consiglio in Italia, si definiva “albanese di sangue e di cuore”. (Sergio Mattarella)
  • Cominciò a parlare di rettifiche di frontiera, di diritti italiani nel Mediterraneo, della necessità di espandersi, e con innumerevoli tirate retoriche riuscì ad instillare in un ampio settore dell'élite dirigente la smania dell'imperialismo. Fu una lezione assimilata più tardi da Mussolini, e fu lo stesso Mussolini a definire Crispi il precursore della rinascente Italia fascista.
  • Egli tentò di consolidare la sua coalizione facendo credere che il paese fosse in pericolo. Nel far fronte a questi pericoli immaginari Crispi si faceva pochi scrupoli di ricorrere alla legge marziale, sostenendo che ogni opposizione, per il fatto stesso di essere tale, non poteva che essere faziosa e antipatriottica.
  • Nonostante una notevole vittoria nelle elezioni del novembre 1890, Crispi mise il piede in fallo quando nel gennaio 1891 rinfacciò provocatoriamente ai conservatori di aver lasciato l'Italia disarmata prima del 1876, accusandoli persino di aver costretto il paese a seguire «una politica servile verso lo straniero». Era questa una di quelle affermazioni inequivocabili capaci di far saltare qualsiasi sistema politico trasformistico, che si fondava essenzialmente su delicate sfumature e su coalizioni di compromesso. Essa dimostra come la mancanza di tatto di Crispi facesse di lui nel migliore dei casi un uomo politico mediocre, data la sua incapacità di frenare la sua voluttà di ferire e d'ingiuriare.
  • A differenza di Giolitti, egli non giunse mai neppur lontanamente a comprendere il socialismo, e mentre da una parte ne esagerava deliberatamente i pericoli, dall'altra commetteva l'errore di ritenere che semplici misure di repressione fossero sufficienti a domarlo. Affermò in parlamento che il socialismo era antipatriottico, non diversamente dall'anarchismo, e che esso significava la fine della libertà, aggiungendo inoltre che le masse popolari erano corrotte dall'ignoranza, rose dall'invidia e dall'ingratitudine, e immeritevoli di avere voce in capitolo nella politica.
  • Certo Crispi è monarchico fermamente e sinceramente convinto. Egli non ha le preoccupazioni e le paure di molti pubblicisti francesi, intorno all'azione del Sovrano.
    Ma egli crede, però, ed a ragione, che il Ministro di una nazione libera debba presentarsi al Re non come servitore, ma come l'arbitro della situazione. È abbagliato anche lui dallo splendore del trono, ma il luccichio della Corona che spingeva Guglielmo Pitt a parlare al suo Sovrano in ginocchio, fa sollevare la frante orgogliosa di Crispi, che sa guardare in faccia al Nume.
    A Corte questo coraggio, questo orgoglio, hanno fatto paura per molti anni. Crispi è stato per molto tempo una preoccupazione.
  • Fin dal primo giorno in cui entrò nel Gabinetto Depretis, si riconobbe in lui il successore del vecchio deputato di Stradella alla direzione del Governo. A Cavallotti, che lo avvertiva badasse a non lasciarsi sciupare, egli rispose, con frase infelice come volgare era stato l'avvertimento: sciuperemo gli altri. Cavallotti e Crispi allusero a Depretis. Ma il vecchierello, che stava là a sentire, sorrise melanconicamente e si lisciò la lunga barba.
  • L'uomo politico più notevole dell'Italia meridionale è Francesco Crispi. Ha un passato patriottico per lo meno tanto splendido, quanto quello di Cairoli e quello di Nicotera. Ha larghezza di vedute, sentimento di libertà individuale, per lo meno quanto Zanardelli, se non più. Ha più di Zanardelli, più di Cairoli, più di Baccarini, energia di fibra vigorosissima, sicché l'azione corrisponde alle concezioni della mente: azione rapida, potente, efficace. Sono queste qualità che, fuse fra loro, formano un tutto armonico e creano l'uomo di Stato dallo sguardo acuto e profondo, dalla mano rapida e sicura. Ha concetto alto della sua personalità, altissimo dell'autorità del Governo. Lui Ministro, non si commetteranno bassezze né debolezze. Renderà rigida, severa, spedita la pubblica, amministrazione, né si moltiplicheranno, come una volta, i casi di indebite ingerenze parlamentari, di fiacche compiacenze da parte dell'amministrazione.
  1. Citato in Denis Mack Smith, Storia d'Italia dal 1861 al 1997, volume I (Modern Italy. A Political History, 1997), Laterza, Bari, 1997, p. 199.
  2. Dal Discorso di insediamento alla Presidenza della Camera del Regno d'Italia, XIII legislatura, 23 novembre 1876; disponibile su Camera.it.
  3. Da Pensieri e profezie.
  4. Secondo Giuseppe Fumagalli l'ultima parola è "dividerebbe"; cfr. Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 210.
  5. Dal discorso alla Camera dei deputati, 1° maggio 1864; in Discorsi parlamentari di Francesco Crispi.
  6. Citato da Giovanni Maresca Donnorso Di Serracapriola nella Tornata del 6 giugno 1929 della Camera dei Deputati (Regno d'Italia).
  7. Dal discorso alla Camera dei Deputati del 7 maggio 1885; citato in Giuseppe Piccinini, Guerra d’Africa, Perino, Roma, 1887, p. 981.
  8. Citato da Felice Cavallotti nella Tornata del 21 marzo 1896 della Camera dei Deputati (Regno d'Italia).
  9. Seconda guerra d'indipendenza italiana del 1859.
  10. G. Giolitti, Memorie della mia vita, Garzanti, Milano 1982, pp. 53-54, in Salvadori Massimo L., Storia d'Italia. Il cammino tormentato di una nazione. 1861-2016, Einaudi, Torino 2018

Altri progetti

modifica