Vincenzo Riccio (politico)
politico italiano (1858-1928)
Vincenzo Riccio (1858 – 1928), politico italiano.
Francesco Crispi
modifica- L'uomo politico più notevole dell'Italia meridionale è Francesco Crispi. Ha un passato patriottico per lo meno tanto splendido, quanto quello di Cairoli e quello di Nicotera. Ha larghezza di vedute, sentimento di libertà individuale, per lo meno quanto Zanardelli, se non più. Ha più di Zanardelli, più di Cairoli, più di Baccarini, energia di fibra vigorosissima, sicché l'azione corrisponde alle concezioni della mente: azione rapida, potente, efficace. Sono queste qualità che, fuse fra loro, formano un tutto armonico e creano l'uomo di Stato dallo sguardo acuto e profondo, dalla mano rapida e sicura. Ha concetto alto della sua personalità, altissimo dell'autorità del Governo. Lui Ministro, non si commetteranno bassezze né debolezze. Renderà rigida, severa, spedita la pubblica, amministrazione, né si moltiplicheranno, come una volta, i casi di indebite ingerenze parlamentari, di fiacche compiacenze da parte dell'amministrazione.
Citazioni
modifica- Fin dal primo giorno in cui [Francesco Crispi] entrò nel Gabinetto Depretis, si riconobbe in lui il successore del vecchio deputato di Stradella alla direzione del Governo. A Cavallotti, che lo avvertiva badasse a non lasciarsi sciupare, egli rispose, con frase infelice come volgare era stato l'avvertimento: sciuperemo gli altri. Cavallotti e Crispi allusero a Depretis. Ma il vecchierello, che stava là a sentire, sorrise melanconicamente e si lisciò la lunga barba. (Introduzione, p. 8)
- [Agostino Depretis] Aveva pallidissimo il volto, smunte le guancie, e già le fatiche dell'ufficio riuscivano superiori alla resistenza della sua fibra malata. I giornali gli attribuivano congiure parlamentari e propositi di dominazione. Egli lottava per la difesa della sua persona, e pareva invece che riguardasse le battaglie parlamentari più da spettatore intelligente che da combattente. Vedendo seduti vicino a sé, al banco dei Ministri, i successori suoi, ossia gli uomini che volta a volta lo avevano combattuto, – Crispi, Saracco, Zanardelli, – chi sa quali melanconiche riflessioni dovette fare quello spirito acuto e sottile, negli ultimi giorni della sua vita!
Depretis era la più originale e simpatica figura del nostro mondo politico, la più serena e geniale. Noi cominciamo ora a comprendere i pregi altissimi e l'importanza dei servigi resi al paese da quest'uomo. (Introduzione, p. 8)
- Da quel che se ne può sapere, sembra che il Depretis fosse ossequente ai voleri superiori più di quanto convenga a ministro di Stato libero. Aveva debolezza di fibra, era facile a ricevere le impressioni altrui, a meno che non lo spingesse a reagire un forte interesse personale. Era proclive, cosi, a soddisfare ai voleri superiori, meno per pressioni forti che gli venivano fatte, meno per calcolo, che per natura buona dell'animo suo, e per il suo temperamento facile, bonario, indulgente. Perciò a Corte avevano caro il Depretis, perciò non il Re, ma quelli che a Corte circondano il Re e si credono in diritto di consigliarlo, non simpatizzavano, e forse non simpatizzano, col Crispi. (Introduzione, p. 10)
- Certo Crispi è monarchico fermamente e sinceramente convinto. Egli non ha le preoccupazioni e le paure di molti pubblicisti francesi, intorno all'azione del Sovrano.
Ma egli crede, però, ed a ragione, che il Ministro di una nazione libera debba presentarsi al Re non come servitore, ma come l'arbitro della situazione. È abbagliato anche lui dallo splendore del trono, ma il luccichio della Corona che spingeva Guglielmo Pitt a parlare al suo Sovrano in ginocchio, fa sollevare la frante orgogliosa di Crispi, che sa guardare in faccia al Nume.
A Corte questo coraggio, questo orgoglio, hanno fatto paura per molti anni. Crispi è stato per molto tempo una preoccupazione. (Introduzione, pp. 10-11)
- Ogni volta che la Sinistra era vicina al potere, Vittorio Emanuele affidava l'incarico di formare il Gabinetto ad Urbano Rattazzi, uomo ambizioso, caro al Re, di idee temperatissime, alieno dalle parti estreme della Camera, e che sceglieva i suoi compagni fra gli elementi più timidi del Centro.
Urbano Rattazzi disgregava cosi la Sinistra e le toglieva vita e vigore. Smanioso di risolvere la quistione romana, si accinse più volte ad imprese non lungamente meditate. Sperava sempre nell'impreveduto. (cap. VIII, pp. 52-53)
- Nel 4 aprile 1867, Ricasoli, dopo un voto di fiducia della Camera, avuto da una grandissima maggioranza, annunziò di aver dato le sue dimissioni, senza che vi fosse un fatto parlamentare qualsiasi che lo avesse spinto a tanta grave decisione. Si disse, a spiegazione di quella decisione di Ricasoli, come egli fosse malveduto e minato a Corte. Non piaceva la sua austerità e franchezza, né egli si trovava spesso di accordo con Vittorio Emanuele in molte quistioni, specialmente di politica estera. (cap. VIII, p. 53)
- [...] Crispi cominciò uno studio minuto sugli atti dei Parlamento, per mostrare le opinioni, la condotta politica del Presidente del Consiglio, sostenendo che Menabrea fu sempre un clericale, che interpretò lo Statuto in senso cattolico, che non ebbe sentimenti di italianità se non assai tardi. (cap. IX, p. 60)
- Agostino Magliani rivelò attitudini straordinarie di abile finanziere. Nessuno, dal 1860 finora, è stato più accorto di lui, più acuto e sagace nel maneggio del pubblico danaro, più profondo conoscitore delle forze economiche del paese. A lui si debbono, senza grandi scosse del bilancio, e senza che siano state attaccate le risorse della Nazione, l'abolizione del macinato e quella del corso forzoso. A lui in gran parte si deve, se fu promosso e favorito lo sviluppo economico del paese. Nuoce a Magliani potentemente l'indole buona e non resistente, sicché qualche volta egli è vittima delle pressioni dei colleghi e delle esigenze parlamentari. Ma egli resta sempre il miglior Ministro delle finanze che mai abbia avuto l'Italia. (cap. XVI, pp. 99-100)
Bibliografia
modificaVincenzo Riccio, Francesco Crispi, L. Roux e C. Editori, Torino-Napoli, 1887.
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