Eutanasia

pratica per porre fine alla vita di un individuo la cui qualità della vita sia permanentemente compromessa da una malattia, menomazione o condizione psichica

Citazioni sull'eutanasia, l'accanimento terapeutico e la sua interruzione.

Monumento all'eutanasia

Citazioni

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  • A chi appartiene la tua vita? A Dio, risponderà qualcuno, ma è una risposta che non può avere forza di legge: può governare le scelte del credente, non del cittadino scettico e dell'ateo. E a quale Dio, del resto? Il Dio cristiano dei valdesi, in determinate circostanze, ammette l'eutanasia. A parlare in nome di un Dio è sempre un uomo, infatti. Dunque, la tua vita appartiene a te, oppure a un altro uomo. Ma in questo caso sarebbe schiavitù. Poiché la tua vita appartiene a te, solo a te spetta decidere quando e come porvi fine. È un diritto personale inalienabile, che fonda ogni altro diritto e senza il quale ogni altro diritto può essere revocato in dubbio. (Paolo Flores d'Arcais)
  • A quelli che, nel loro disgusto per l'eutanasia, invocano solo ragioni morali e religiose, è opportuno ricordare che esistono in questo nostro crudele mondo cose infinitamente più gravi che Stato, Chiesa, leggi e coscienza non puniscono in alcun modo. È assurdo e ridicolo che la nostra sensibilità morale e religiosa si acuisca e vibri all'estremo nel caso dell'eutanasia mentre rimane sorda e inerte, e perfino complice e fautrice, nel caso della brutta morte di milioni di uomini massacrati da guerre, da campi di sterminio, dall'intolleranza e dalla persecuzione di altri uomini. (Remo Cantoni)
  • Come possono i vecchi o le persone handicappate, sotto la pressione sociale per la possibile eutanasia, non avere consciamente o inconsciamente paura dell'uomo e della donna in camice bianco, come a suo tempo si aveva paura del prete in sottana nera che veniva a portare l'estrema unzione al moribondo? (Christoph Schönborn)
  • Il dottor Wilson innanzitutto si scusa con voi per non essere presente, per cui vi esporrò la mia relazione adesso. Purtroppo non c'è stato tempo di correggere il programma ufficiale. Eutanasia, diciamo la verità, la pratichiamo tutti, solo che non ne parliamo, stiamo al gioco, usiamo altre parole; anzi non ne usiamo nessuna. Mmm, bella frase!
    Paziente S, un uomo di cinquantacinque anni, cancro terminale ai polmoni, soffriva ben oltre il livello in cui facciamo solo finta di dare un sollievo. Gli ho insegnato a usare la pompa di morfina. Gli ho detto che troppa morfina lo avrebbe ucciso, ma di non preoccuparsi, la macchina poteva erogarne una dose limitata... per aumentarla bisognava inserire un certo codice. Sono andato alla porta e ho detto all'infermiera: "il codice è 328". L'ho detto ad alta voce. La prima volta che era venuto nel mio ufficio gli avevo detto che avrei fatto con lui tutto il percorso, invece l'ho lasciato solo alla fine, non ho mantenuto la promessa, per vigliaccheria sono scappato... Mi sbagliavo quando l'ho scritto, non ho mai dato meno del mio meglio, sono incapace di sottrarmi alle mie responsabilità. I miei amici approfittano di questo fatto fin troppo spesso. So che ho dato a quell'uomo tutto ciò che potevo, e so che lo sapeva anche lui. Questo è un fardello che nessuno dovrebbe portare da solo e questa è una decisione che nessuno dovrebbe prendere da solo perché, francamente, non mi fido di nessuno di voi. (Dr. House - Medical Division)
  • Io non voglio soffrire, io non ho della sofferenza un'idea cristiana. Ci dicono che la sofferenza eleva lo spirito; no la sofferenza è una cosa che fa male e basta, non eleva niente. E quindi io ho paura della sofferenza. Perché nei confronti della morte, io, che in tutto il resto credo di essere un moderato, sono assolutamente radicale. Se noi abbiamo un diritto alla vita, abbiamo anche un diritto alla morte. Sta a noi, deve essere riconosciuto a noi il diritto di scegliere il quando e il come della nostra morte. (Indro Montanelli)
  • La cura non deve marcare una distanza, non deve far emergere una estraneità, ma consentire il raggiungimento di una possibile pienezza di vita, come vuole la percezione che ormai abbiamo della salute, non più standard, ma vissuta. (Stefano Rodotà)
  • La mia considerazione personale – probabilmente non condivisa dai più – è che prolungare la vita, in presenza di malattie terminali, senza più alcuna aspettativa e speranza, porti solo ad allungare l’agonia ed una mera sopravvivenza. A mio sommesso avviso, è ora di considerare seriamente l’eutanasia volontaria per esplicita richiesta del paziente. Bisogna ricordarsi innanzitutto di valutare la personalità del paziente e la sua volontà. Per parte mia, ritengo che l’eutanasia attiva, pur se dolorosa per la famiglia e per il medico che la va a praticare, sia una scelta accettabile, in presenza di una certa e ferrea volontà, per evitare il prolungamento di sofferenze inutili e lesive della dignità del paziente, dovendosi invero vivere con dignità e con pari dignità morire. Ritengo contestabile il mero accanimento terapeutico, quale vuota ed inutile ostinazione a proseguire le terapie, quando siano gravose per il malato e non migliorino la sua condizione terminale. (Gustavo Raffi)
  • La peggiore delle tirannidi non è quella che uccide i suoi sudditi: è quella che arriva a impedire loro perfino di uccidersi. (Adriano Sofri)
  • La vita non sempre va conservata: il bene, infatti, non consiste nel vivere, ma nel vivere bene. Perciò, il saggio vivrà quanto deve, non quanto può. Osserverà dove gli toccherà vivere, con chi, in che modo e che cosa dovrà fare. Egli bada sempre alla qualità della vita, non alla lunghezza.[1] (Lucio Anneo Seneca)
  • Le questioni legate alle cure mediche, in particolare alla fine della vita e quando non si è più in grado di esprimersi, sono divenute più complesse anche per effetto di un progresso medico scientifico che non dominiamo appieno. Ci pongono di fronte a interrogativi di non facile soluzione e richiedono di essere affrontate senza arroccamenti dogmatici. Se è necessaria una legge è perché le risorse tecnologiche di cui dispone oggi la medicina consentono a volte di strappare un corpo alla morte, senza restituirlo pienamente alla vita recuperando le facoltà intellettive del paziente. Occorre dunque chiedersi se sia giusto utilizzare ogni terapia, anche quando è evidente che non serve più o, addirittura, può servire solo a prolungare una agonia. Siamo chiamati tutti, laici e credenti, uomini di destra e di sinistra, medici e malati, a riflettere sui limiti della scienza, che può alleviare la sofferenza ma non evitare la naturale conclusione dell'esistenza. (Ignazio Marino)
  • L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'accanimento terapeutico. Non si vuole così provocare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o altrimenti da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente. (Catechismo della Chiesa cattolica)
  • Meglio sarebbe se il legislatore, spogliandosi della pretesa d'onnipotenza e scoprendo il proprio limite, si astenesse dall'intervenire dove più forti e giustificate sono le ragioni della coscienza individuale, che qui davvero assume i caratteri della libertà. (Stefano Rodotà)
  • Nell'ambito morale, la vostra federazione è invitata ad affrontare la questione dell'obiezione di coscienza, che è un diritto che deve essere riconosciuto alla vostra professione, permettendovi di non collaborare, direttamente o indirettamente, alla fornitura di prodotti aventi come fine scelte chiaramente immorali, come ad esempio l'aborto e l'eutanasia. (Papa Benedetto XVI)
  • Nessuno può guardare nell'anima di un altro. Se una persona ha davvero perso ogni speranza e per lei la vita è diventata una pura e semplice sofferenza, abbiamo il dovere di credergli. Il politico legislatore dovrà muoversi sì sulla base delle proprie convinzioni, ma dovrà saper formulare una legge che contempli l'insopprimibile libertà dell'individuo. La nostra cultura ha eretto la libertà a criterio supremo, e una decisione contraria alla libertà non avrebbe alcun fondamento.
    Bisogna anzitutto verificare con il più severo rigore che la richiesta [di eutanasia] non derivi da alcuna forma di pressione e di necessità, che sia assolutamente libera. (Massimo Cacciari)
  • Nessuno vive perché lo vuole. Ma una volta che vive lo deve volere. (Ernst Bloch)
  • Non mi si portino i soliti argomenti astratti, tipo la sacralità della vita: nessuno contesta il diritto di ognuno a disporre della propria vita, non vedo perché gli si debba contestare il diritto a scegliere la propria morte. (Indro Montanelli)
  • Non si può dare fondamento costituzionale alla pretesa di considerare la vita indisponibile da parte della stessa persona. Si può ben dire che il riconoscimento della persona e della sua dignità esclude la possibilità di espropriarla del potere di decisione di fronte alla fine dell'esistenza, sancendo una sorta di estraneità dalla vita dell'intero tempo che ci porta verso il morire. (Stefano Rodotà)
  • Non sta scritto da nessuna parte che mi tocca vivere per forza e a qualunque costo. (Agesilao II)
  • Ognuno di noi ha diritto a disporre della propria vita, fino a quando questo non danneggia gli altri. Quindi sono favorevole all'eutanasia. (Luigi Luca Cavalli-Sforza)
  • Siamo di fronte a una strana alleanza fra cultura tecnocratica e cultura religiosa cattolica: entrambe cercano la sopravvivenza a tutti i costi. Ma la cultura cattolica possiede almeno un senso della sofferenza del morente, che è estraneo alla tecnica, interessata soltanto al buon funzionamento dell'apparato. (Sergio Givone)
  • Siamo padroni della nostra esistenza, fino al punto di decidere di non lasciarla continuare quando ci concede solo sofferenza e quando ci ha privato di tutta la dignità della quale potevamo disporre. (Carlo Flamigni)
  • Si fa sempre più forte la tentazione dell'eutanasia, cioè di impadronirsi della morte, procurandola in anticipo e ponendo così fine «dolcemente» alla vita propria o altrui. In realtà, ciò che potrebbe sembrare logico e umano, visto in profondità si presenta assurdo e disumano. Siamo qui di fronte a uno dei sintomi più allarmanti della «cultura di morte», che avanza soprattutto nelle società del benessere, caratterizzate da una mentalità efficientistica che fa apparire troppo oneroso e insopportabile il numero crescente delle persone anziane e debilitate. Esse vengono molto spesso isolate dalla famiglia e dalla società, organizzate quasi esclusivamente sulla base di criteri di efficienza produttiva, secondo i quali una vita irrimediabilmente inabile non ha più alcun valore. (Giovanni Paolo II)
  • Soprattutto nei casi di malattie dall'esito scontato non condivido l'obbligo a vivere ad oltranza. Non capisco perché obbligare qualcuno a trascinare un'esistenza che non considera degna di essere vissuta o sopportabile. La vita, le sensazioni, i dolori, principi e valori che guidano le nostre scelte sono personali. Non sono gli altri a dover decidere per noi, al posto nostro e soprattutto su un tema così definitivo, fondamentale. (Giancarlo Galan)
  • Totalmente, convintamente, naturalmente, psicologicamente, sentimentalmente a favore [...]. Gli strumenti di cui dispone la medicina, ai giorni nostri, oltre un certo limite, tolgono dignità all'uomo. Essere tenuti in vita a forza è un orrore. È peggio della morte stessa. (Mina)
  • La mia legge non riguarda il tema dello stato vegetativo permanente nella sua globalità, ma solo il diritto di ogni cittadino di rifiutare questo modo innaturale di terminare la propria vita. Oggi la decisione di come e quando prolungare l'assistenza è completamente nelle mani dei medici, mentre invece è diritto inalienabile di ogni cittadino decidere se iniziare o quando lasciare il trattamento di sostegno. [...] In passato c'era la paura di morire anzitempo. Oggi c'è quella di sopravvivere oltre il limite naturale della vita, in una condizione artificiale, priva di coscienza e di vita di relazione. [...] Chi ha fede sceglierà di affidarsi a Dio. O, ancora per fede, rifiuterà trattamenti che potrebbero salvarlo (le trasfusioni di sangue per i Testimoni di Geova). Chi non ha fede, potrà affidarsi ai poteri della scienza medica o scegliere di stabilire dei limiti.
  • [Commentando la sentenza della Cassazione che autorizza l'interruzione delle cure per Eluana Englaro] La sentenza della Cassazione non sancisce la vittoria degli scienziati, né dei laici, né di qualche schieramento politico, ma dei cittadini e dei principi della Costituzione che ne tutelano la libertà. E una volta di più i giudici dimostrano la loro fedeltà alla Costituzione, e l'indipendenza intellettuale dalle pressioni ideologiche. Perché proprio dei diritti di tutti i cittadini alla libertà individuale stiamo parlando. Con "tutti" intendo credenti e non credenti.
  • Ma sono ancor più convinto che, per non arrivare all'eutanasia, passiva o attiva che sia, c'è un fondamentale obiettivo da raggiungere: prevenire il desiderio di morte facendo il possibile perché il malato, in particolare il malato terminale, non arrivi a un tale stato di sofferenza.
    Se è curato bene, difficilmente il paziente chiede di morire. Se è curato con affetto, con amore, senza dolore, non chiederà la buona morte.
  1. Seneca invita ad accettare la morte e a ricercare la qualità della vita (virtuosa) piuttosto che la sua lunghezza. Modernamente, questa posizione è interpretata come una critica all'accanimento terapeutico. Cfr. Daniele Barbieri, Effetto Welby, finalmente si scrive di eutanasia, Liberazione, 17 luglio 2007; C. Angelino, In difesa dell'eutanasia. Stoici. Seneca. Hume. Nietzsche, Il Nuovo Melangolo, 2007.

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