Anwar al-Sadat
politico e militare egiziano (1918-1981)
Muhammad Anwar al-Sādāt (1918 – 1981), politico egiziano.
Per la pace (1978)
Citazioni di Anwar al-Sadat
modifica- [Ultime parole famose] Non chiedetemi d'intrattenere relazioni diplomatiche con... [Israele]. Mai. Mai
- Don't ask me to make diplomatic relations with... [Israel]. Never. Never. (da una dichiarazione del 1970 riportata dal New York Time, 7 ottobre 1981[1])
- [Sull'aver accolto Mohammad Reza Pahlavi] Io non dimentico gli amici e, poi, Khomeini è un pazzo, un fanatico che strumentalizza l'Islam per una politica di sangue, di vendetta e di arbitrio. Khomeini è la vergogna dell'Islam.[2]
- [Dopo la morte di Mohammad Reza Pahlavi] Sono molto triste. Nessuno sa quanto quest'uomo soffriva.[3]
Dal discorso di offerta di pace alla Knesset, 20 novembre 1977
Riportato in Oratorio per la pace, Massimozavoli.it, 2014.
- Noi tutti amiamo questa terra, la terra di Dio; tutti noi mussulmani, cristiani ed ebrei, tutti adoriamo Dio, un solo Dio. I suoi insegnamenti e comandamenti sono amore, sincerità, purezza e pace.
- Nessuno potrebbe mai concepire che il Presidente del più grande stato arabo, che porta il pesante onere e la responsabilità principale relativi alla causa della guerra e della pace in Medio Oriente, dichiarasse la propria disponibilità ad andare nella terra dell’avversario mentre siamo ancora in uno stato di guerra.
- Qualunque vita persa in guerra è una vita umana, sia essa quella di un arabo o di un israeliano. Una moglie che diventa vedova è un essere umano che ha diritto a una felice vita familiare, sia essa un'araba o un'israeliana. I bambini innocenti che sono privati delle cure e della compassione dei loro genitori sono nostri, che vivano in terra araba o israeliana. Essi ci comandano piena responsabilità per offrire loro una vita tranquilla oggi e domani.
- Nessuno può costruire la sua felicità, al prezzo della miseria degli altri.
- Sono venuto a Gerusalemme, città della Pace, che resterà sempre un simbolo vivente della coesistenza tra fedeli delle tre religioni.[...] Questa città deve rimanere libera e aperta a tutti i credenti.
- Mi impegno personalmente, veramente e sinceramente, con ogni uomo, donna, bambino in Israele. Dico loro: dal popolo egiziano, che benedice questa sacra missione di pace, io vi porto il messaggio di pace del popolo egiziano che non dà asilo al fanatismo e i cui figli, musulmani, cristiani ed ebrei vivono insieme in uno stato di cordialità, amore e tolleranza. Questo è l'Egitto, il cui popolo mi ha affidato il suo sacro messaggio. Un messaggio di certezza, sicurezza e pace per ogni uomo, donna e bambino in Israele. Io dico: incoraggiate i vostri dirigenti a lottare per la pace.
In cerca di una identità
modificaIo, Anwar el-Sadat, figlio di contadini cresciuto sulle rive del Nilo, là dove l'uomo ha assistito all'alba del tempo, offro questo libro ai lettori di tutto il mondo.
Esso contiene la storia della mia vita, che è insieme la storia dell'Egitto a partire dal 1918: così infatti ha voluto il destino.
Citazioni
modifica- La terra è solida e tenace, e tutto ciò ce la appartiene deve essere altrettanto tenace. (p. 10)
- Molti dei miei amici erano rampolli di ricche famiglie e vivevano in abitazioni lussuose, ma non ricordo di aver mai desiderato di avere ciò che essi possedevano. In effetti, mi sono sempre sentito fiero della nostra casa e del bestiame al villaggio, fiero che si parlasse di me come del «figlio dell'effendi» e, ciò che soprattutto importa, della terra alla quale appartenevo, una terra tenace, solida, immutabile come i valori della vita contadina, del tutto ignoti a molti abitanti delle città. (p. 15)
- In effetti, Kemal Atatürk nel mondo islamico era assurto a mito; il suo nome era noto a tutti come quello di un condottiero che voleva liberare e ricostruire il suo paese. (p. 19)
- Il rifiuto è sempre stato e sempre sarà l'arma più efficace di cui disponiamo noi, figli della buona terra da me amata più di ogni altra cosa al mondo. L'uomo non può fare a meno di essere rampollo della propria terra, carne e sangue dei suoi antenati. (p. 24)
- [Sul primo incontro con Gamal Abd el-Nasser] L'impressione che ne ricavai fu quella di un giovane serio, che non condivideva l'interesse per i passatempi dei suoi commilitoni né ammetteva che ci si comportasse con lui in maniera scherzosa, perché lo riteneva un affronto alla propria dignità. (p. 27)
- [Sul primo incontro con Gamal Abd el-Nasser] M'ero reso subito conto della sua straordinaria serietà, e provavo il desiderio di conoscerlo meglio; Nasser, però, aveva evidentemente eretto una barriera quasi insuperabile tra sé e gli altri, e se ne stava sulle sue in maniera così manifesta, che a quell'epoca i nostri rapporti non andarono mai al di là di un mutuo rispetto insufficiente a superare le distanze. (p. 27)
- [Sul primo incontro con Hassan al-Banna] Da tutti i punti di vista, era davvero un leader religioso ideale, senza contare che era anche un genuino egiziano, pieno di buon umore, modesto, tollerante. (p. 29)
- M'ero immaginato, in base a quanto avevo sentito dire della Fratellanza musulmana, che si trattasse semplicemente di un'associazione religiosa che si proponeva la rinascita dei valori islamici e il progresso morale; ma le parole del dottor Banna mi indussero a vederla in maniera ben diversa. L'oratore parlava di questioni mondane come pure di cose ultramondane, con uno stile del tutto insolito tra i predicatori. (p. 29)
- Ero colpito dalla perfetta organizzazione della Fratellanza musulmana e dal rispetto, anzi dalla straordinaria reverenza di cui era fatta oggetto la Guida Suprema. I membri dell'associazione addirittura lo adoravano, e per poco non si inginocchiavano a baciare il terreno da me calpestato, solo perché mi aveva invitato nel suo studio. (p. 30)
- Mi resi conto che essere un semplice contadini era sufficiente per fare di me l'uomo più felice del mondo; la sensazione che non avevo bisogno di null'altro, eccezion fatta della mia terra, anchorché poca, appena un ettaro, si rivelò, per tutto il tempo che trascorsi in carcere, una fonte inesauribile di energia. E tale continua a essere: in ogni momento o circostanza, la consapevolezza di essere un contadino mi rende del tutto autosufficiente. In effetti, la terra è sempre lì. Posso tornare a essa in ogni momento; posso lavorarla io stesso, con le mie mani, e questo sarebbe sufficiente – più che sufficiente. Perché io dunque controllo il mio destino, la mia volontà è soltanto mia, io sono l'unico mio padrone. (p. 49)
- In tutta la loro lunga storia, gli egiziani hanno sempre trovato il modo di gabbare i governanti oppressori, soprattutto quando i decreti di questi fossero contrari ai loro desideri e interessi. (p. 62)
- Nulla è più penoso, per dei giovani, che essere delusi da un leader che un tempo era il loro idolo. (p. 64)
- Il matrimonio precoce è una regola del mondo rurale: fa parte integrante del processo di crescita, anziché costituirne il coronamento. Insomma, una necessità ineluttabile. (p. 80)
- Il rapporto ideale tra uomo e Dio non deve basarsi sulla paura di punizione o sulla speranza di premi, bensì su un valore assai più elevato, anzi supremo, quello di amicizia. Il Creatore è misericordioso, giusto e amoroso; è onnipotente perché ha creato ogni cosa. Se ti considera amico e stabilisce con te un rapporto di reciproco amore, virai sempre nella pace dell'anima, quali che siano le circostanze esteriori. (p. 84)
- L'amore non mi ha mai deluso. L'amore ha sempre avuto il sopravvento, com'è comprovato dalla storia (o meglio da una parte della storia) dei miei rapporti con Gamal Abdel Nasser. Ci sono stati momenti, durante i diciotto anni di intima collaborazione con lui, in cui non sono riuscito a comprenderlo e non ho potuto condividerne le iniziative; ma l'amore che gli portavo non è mai venuto meno. Dal canto suo, Nasser fin dall'infanzia era stato invece preda di «complessi» che sovente ne motivavano le azioni; le conseguenze erano sofferenze per lui come per molti di coloro che lo circondavano. (p. 84)
- Il successo esteriore aliena l'uomo da se stesso; e l'autoalienazione, sinonimo di autoignoranza, è la cosa peggiore che possa capitare a un uomo, in quanto comporta la perdita della luce interiore e, inevitabilmente, la cecità completa. L'incapacità di un individuo a scorgere la strada che ha davanti a sé fa di lui un prigioniero di se stesso: lo isola da tutto ciò che trascende i ristretti limiti dell'«io», in tal modo annullandone l'appartenenza all'umanità.
Per conservare la propria entità di essere umano, un individuo dovrebbe mantenere la comunione conscia con tutto ciò che esiste; in mancanza di essa, non gli resterà altro che l'effimero successo (o il fallimento), sarà ridotto a schiavo del tempo e dello spazio, con la conseguenza che il suo essere diverrà completamente irreale. (p. 88) - Nella Bibbia, si legge che Dio ha creato l'uomo a propria immagine e somiglianza, e nel Corano che gli ha insufflato il proprio Spirito. Priva di aspirazioni, l'esistenza dell'uomo sarebbe anche priva di significato. Siamo stati creati perché reggessimo la responsabilità che Dio ci ha affidato. Per quanto diverso dai suoi simili, ogni uomo deve realizzare la propria specifica aspirazione e reggere la propria individuale responsabilità. A tale scopo, deve innanzitutto riconoscere, ed esserle leale, la reale entità che ha in sé, indipendentemente da ogni fattore esterno; soltanto così, infatti, sarà in grado di appartenere e di essere fedele a quell'Entità che è più grande, più ampia e più duratura del suo «io» individuale. (p. 90)
- Avevamo invocato un dittatore benevolo, un giusto tiranno; ma, quando ci trovammo ad averne uno, ci rendemmo conto che il sistema, sebbene esteriormente non mancasse di attrattive, era un edificio costruito sulla sabbia, ed era affatto logico che quanto prima crollasse. Il tratto peggiore di tale esperienza, tuttavia, non fu il disastro economico dell'Egitto né l'umiliante situazione militare in cui venimmo a trovarci, bensì la montagna di odio che andò accumulandosi in seguito al tentativo di costruire una comunità basata sul potere. A causa dell'assenza di valori umani in comunità del genere, coloro che ne fanno parte sono preoccupati, ripeto, soltanto nel successo esteriore; mirano ad assicurarsi tutti i vantaggi materiali che possono, con mezzi legali o non, anche se questo comporta la distruzione di altri. (p. 91)
- Finché un uomo ha bisogni materiali – finché desidera possedere questa o quella cosa –, nulla in realtà gli apparterrà mai; sarà sempre lui ad appartenere alle «cose». E chi sia schiavo di queste, non esiste come essere umano; soltanto quando abbia cessato di avere bisogno delle cose, un uomo può essere davvero il proprio padrone, e pertanto esistere realmente. (p. 92)
- Le grandi sofferenze edificano l'essere umano, gli permettono di raggiungere l'autoconoscenza; e grandi sofferenze inevitabilmente si accompagnano a grandi ideali umani. (p. 93)
- L'amore mi ha aiutato a conoscere me stesso. Quando la mia entità individuale si immerse nella più vasta entità dell'esistenza onnicomprensiva, il mio punto di partenza divenne l'amore per la patria, l'Egitto, l'amore per tutti gli esseri, l'amore per Dio. E dall'amore ho preso le mosse nello svolgimento dei miei doveri, delle mie responsabilità, sia durante gli ultimi mesi trascorsi in prigione, sia nel periodo immediatamente successivo alla mia scarcerazione, e poi quale membro del Consiglio Rivoluzionario Supremo e ora quale presidente egiziano.
È per questa ragione che sono instancabile avvocato dell'amore, il quale costituisce la salvaguardia dell'uomo contro tutti gli ostacoli sociali. Chi vive nell'amore, non può non essere dotato di fecondità spirituale. Amare significa dare, e dare significa costruire, mentre odiare equivale a distruggere. (p. 94)
- L'amore è l'unica forza capace di abbattere le barriere che possono sussistere tra materia e spirito, tra il visibile e l'invisibile, tra il singolo e Dio. Senza amore, non siamo in grado di riconoscere l'alterità di altri e non siamo in grado di comunicare, e perdiamo noi stessi perché confiniamo il nostro «io» nei suoi angusti limiti. Inoltre, in mancanza d'amore, la pace dello spirito, che costituisce l'elemento più prezioso della vita di ogni singolo individuo, subisce un processo di cospicua erosione; la sua anima comincia a perdere il proprio equilibrio, e ne deriva un interminabile conflitto interiore. (p. 95)
- Ritengo che la politica sia l'arte di costruire una società in cui si manifesti la volontà di Dio. Il nostro Creatore ha decretato che dobbiamo impegnarci seriamente in opere costruttive; e, in una società del genere, ogni individuo dovrebbe godere di assoluta libertà, non essere soggetto ad altre restrizioni oltre a quelle implicite nei genuini valori umani della società stessa, valori che sono il frutto della sua cultura indigena, e appaiono dunque accettabili a chiunque. La libertà è il frutto più bello, più santo e prezioso della nostra cultura; un individuo non dovrebbe mai essere ridotto alla sensazione che è alla mercè di qualsivoglia forza coercitiva o che la sua volontà è subordinata a quella di altri. (p. 97)
- [Sui partiti politici nell'Egitto di re Fārūq] Non erano che strumenti nelle mani del re e degli inglesi, e si alleavano volta a volta con il primo o i secondi soltanto per ottenere i massimi vantaggi personali a spese del popolo. (p. 111)
- La ruota del tempo continua a girare, la storia prosegue la sua marcia, e nulla si può fare per arrestare l'una e l'altra; non resta che cercare di mettersi al timone, di assumere il controllo, di accertarsi che la marcia avvenga nella direzione giusta. Fu questo che facemmo o, per lo meno, che tentammo di fare con tutte le nostre forze. (p. 116)
- Era evidente che il paese era pronto alla rivoluzione: il popolo aveva perso fiducia nei partiti politici e l'ostilità che nutriva per la casa regnante e gli inglesi aveva raggiunto il culmine. Era quindi del tutto naturale che i nostri carri armati fossero salutati con giubilo ovunque da gruppi di cittadini che cantavano e improvvisavano danze attorno ai veicoli, felici e festanti. Ne eravamo consapevoli, ci era chiara la responsabilità che questo comportava. Nostro primo compito era quello di formare un governo operante ed efficiente. Ma chi poteva mettersene alla testa? (p. 116)
- Nasser non era affatto un idealista; al contrario, aveva uno straordinario senso pratico, era spesso sospettoso e diffidente: non faceva un passo senza aver riflettuto attentamente. (p. 125)
- L'affetto che provavo per lui mi velava gli occhi, mi impediva di scorgere la verità. Inoltre, si è portati a giudicare gli altri sulla scorta del proprio carattere, e io sono naturalmente portato a fidarmi di tutti finché non intervengano fatti ben precisi che mi costringano a mutare atteggiamento. Invece Nasser, come mi resi conto in seguito, sospettava di tutto e di tutti, finché non intervenissero fatti tali da convincerlo che il suo atteggiamento era ingiustificato; non va però dimenticato che, nella realtà dell'esistenza multiforme che conduciamo, ben di rado si può verificare questa seconda evenienza. (p. 131)
- Il potere ha la capacità di inebriare gli uomini, anche se sono giovani «rivoluzionari»; che così accadesse, era, penso, del tutto umano, ma, grazie a Dio, io sono sempre stato e sempre sarò immune da tentazioni del genere. (p. 134)
Citazioni su Anwar al-Sadat
modifica- Io ritengo che i Paesi seguono i loro interessi economici e politici. Sadat ha dimostrato che anche in politica ci sono valori morali che contano. (Farah Pahlavi)
- Lui ebbe l'umanità di ospitare lo Scià malato e di garantirci la sicurezza. Gli Stati Uniti non volevano che l'Egitto ci ricevesse, il presidente Sadat disse al presidente americano Carter: Jimmy I want the Shah here and alive. Lui a un certo punto non volle più parlare con il presidente Carter e inviò a farlo il suo vice Mubarak. (Farah Pahlavi)
- Non avevo avuto nessuna simpatia per Sadat, che si era rivoltato contro il suo mentore e ne aveva rovesciato la politica quando aveva assunto la presidenza dell'Egitto nel 1970. Ma quando lessi la notizia della sua morte, mi sentii inaspettatamente commossa. Anche se mio padre aveva criticato duramente la pace separata conclusa da Sadat con Israele, il presidente egiziano aveva chiesto clemenza per lui. Inoltre aveva dato rifugio allo scià di Persia e alla sua famiglia, sfidando una crescente impopolarità. E quando lo scià era morto di cancro, Sadat aveva disposto per lui un solenne funerale, dimostrando una generosità di spirito molto rara nel mondo della realpolitik. Non aveva mai permesso che le divergenze politiche e le controversie gli impedissero di fare ciò che riteneva giusto. (Benazir Bhutto)
- Non dobbiamo dimenticare neppure Anuar El-Sadat che succeduto a Nasser, si trovò a capo di un Paese non soltanto schiacciato, ma anche umiliato, e dove nonostante tutto parte dell'opinione pubblica continuava a essere fuorviata e distratta da slogan menzogneri. Egli riprese la lotta e, grazie alle armi sovietiche, certo, strappò una prima vittoria. Ma il prezzo di questa vittoria gli parve troppo alto e fu davvero per salvare la pace che ringraziò i consiglieri sovietici e instaurò una politica d'indipendenza, a solo beneficio del popolo egiziano.
Per compiere un simile sconvolgimento, bisognava essere dotati di grande senso politico e di coraggio non meno grande. Così Sadat è già entrato nella Storia come uno dei più autentici geni politici che l'Egitto abbia mai conosciuto. (Mohammad Reza Pahlavi) - Sadat non era popolare. Gli mancava quel tocco di magia, o di cialtronismo, che consentiva a Nasser di bandire guerre come crociate e di annunciare disfatte come trionfi. [...] Sadat amava il popolo, il popolo contadino del profondo Sud nubiano, di cui era egli stesso originario. Ma non amava le masse, e le masse lo sentivano. [...] Sapeva, quando andò a Gerusalemme, di lanciare a quelle arabe una sfida più pericolosa di quella che lanciava a Begin. [...] Ma all'impopolarità di Sadat contribuiva anche un altro elemento: il fatto di essere un vero riformatore. [...] Rehza Pahlevi volle applicare gli stessi metodi di Atatürk senz'averne l'autorità e il prestigio, e per questo lo cacciarono. Ma dopo due anni di Khomeini, anche i più ciechi e idioti fra i progressisti occidentali, che ne avevano salutato l'avvento come quello del Redentore, si saranno accorti che il progresso, sia pure a forza di polizia segreta e di plotoni di esecuzione, era lo Scià. L'ayatollah è il medioevo. Sadat non seguì i metodi satrapeschi del suo amico Pahlevi, ma ne condivise i fini. [...] Il Rais che ha restituito all'Egitto l'integrità territoriale, l'indipendenza politica, il prestigio militare e il rilancio della sua più proficua industria, il canale di Suez, è giusto che susciti meno rimpianto di chi tutto questo all'Egitto fece perdere. Nasser era un «personaggio», Sadat una «personalità». Il personaggio fa colore e diverte, la personalità incute rispetto e disturba. (Indro Montanelli)
- Sadat non vuole negoziare con noi. Io sono più che pronta a negoziare con lui. Lo dico da anni: «Sediamoci a un tavolo e vediamo di arrangiare le cose, Sadat». E lui, picche. Lui non è affatto pronto a sedersi a un tavolo con me. Continua a parlare della differenza che esiste tra un accordo e un trattato. Dice che è disposto a un accordo, ma non a un trattato di pace. Perché un trattato di pace significherebbe il riconoscimento di Israele, relazioni diplomatiche con Israele. Mi spiego? Ciò cui allude Sadat non è un discorso definitivo che stabilisca la fine della guerra: è una specie di cessate-il-fuoco. E poi egli rifiuta di negoziare direttamente con noi. Vuoi negoziare attraverso intermediari. Non possiamo parlarci attraverso intermediari! privo di senso, è inutile! (Golda Meir)
- Supponiamo che Sadat firmi e poi venga assassinato. O semplicemente eliminato. Chi ci dice che il suo successore rispetterà l’accordo firmato da Sadat? (Golda Meir)
- All'epoca della morte di Nasser, erano ormai circa vent'anni che Sadat attendeva la sua opportunità dietro le quinte. Si era salvato dall'ossessiva gelosia di Nasser perché era stato capace di celare del tutto le sue ambizioni. Egli era stato sempre pronto ad accollarsi ogni missione della quale Nasser decideva di incaricarlo. Alcuni lo definivano allora il "burattino" di Nasser. Altri sostenevano che il segno che portava sulla fronte non era tanto dovuto all'abitudine musulmana di chinare cinque volte al giorno il capo fino a terra in preghiera, bensì all'abitudine di Nasser di rifilargli degli scappellotti durante le riunioni di gabinetto, per tener viva la sua attenzione sul dibattito. Per diciotto anni, Sadat era rimasto tranquillo ad ascoltare. Prima della rivoluzione, all'epoca della dominazione britannica, egli era stato imprigionato per le sue attività nazionalistiche. In prigione, Sadat aveva imparato il valore della pazienza. Conoscendo la gelosia di Nasser verso i possibili concorrenti, Sadat si prese cura di non apparire mai interessato al potere.
- Nasser era stato un leader "emozionale". Sadat era stato un condottiero "cerebrale". Nasser era stato capace di leggere nel cuore degli Egiziani. Sadat invece era quello che aveva guardato oltre le loro teste. Per il suo personale distacco, Sadat più che amato era rispettato.
- Nasser era un "dinamo" di umana energia. Egli partecipava anche agli atti minori del governo, fermandosi nel suo ufficio fino alle prime ore del mattino per evadere tutte le pratiche ammucchiate sul suo tavolo. Sadat era più contemplativo e distaccato. Ignorando spesso i suoi ministri, egli era solito prendere le sue decisioni durante lunghe passeggiate pomeridiane lungo il Nilo.
- Quando Sadat assunse il potere dopo la morte di Nasser, molti osservatori si dissero convinti che il suo "regno" sarebbe durato poco. Si diceva che Sadat non avesse neanche parte del carisma del suo predecessore. Tutti costoro ignoravano il fatto che esistono diversi tipi di carisma, una qualità che si rivela solo dopo essere giunti al potere. Sadat non cercò di sostituirsi alla figura di Nasser. Egli scelse una sua strada nella storia. Iniziò con il respingere tutti gli attacchi degli altri pretendenti al potere, ricorrendo anche all'imprigionamento dei suoi oppositori più tenaci. E presto la sua autorità non venne più rivaleggiata.
- Sadat era stato una specie di "antidoto" rispetto a Nasser. Egli seppe portare a termine molti progetti del suo predecessore, ma fu anche capace di correggerne quelli che egli pensava fossero degli errori.
- Sadat riuscì dove Nasser aveva fallito perché riuscì a capire che il suo primo compito era il miglioramento delle condizioni di vita del suo popolo, piuttosto che il miglioramento del prestigio arabo nel mondo. Sadat aveva una migliore comprensione del suo predecessore delle forze prime che muovono il mondo.
- Sadat, un po' come de Gaulle, aveva un amore speculativo per la sua nazione, ma non si sentiva veramente partecipe dei sentimenti del popolo.
Note
modifica- ↑ (EN) Citato in Christopher Cerf e Victor Navasky, The Experts Speak, New York, Villard, 1998, p. 288. ISBN 0-679-77806-3
- ↑ Citato in Ultimo rifugio l'amico Sadat, La Stampa, 25 marzo 1980
- ↑ Citato in È morto Reza Pahlavi, La Stampa, 28 luglio 1980
Bibliografia
modifica- Anwar el-Sadat, In cerca di una identità, traduzione di Francesco Saba Sardi, Arnoldo Mondadori Editore, 1978.
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