Anton Čechov

scrittore e drammaturgo russo (1860-1904)
(Reindirizzamento da Anton Pavlovič Čechov)

Anton Pavlovič Čechov (1860 – 1904), scrittore, drammaturgo e medico russo.

Anton Čechov, 1898

Citazioni di Anton Čechov

modifica
  • Adesso sono a Genova. Qui c'è un mucchio di navi e un famoso cimitero, ricco di statue. E di statue, effettivamente, ce n'è molte. Vengono raffigurati interi, in grandezza naturale, non solo i defunti, ma persino le loro inconsolabili vedove, suocere e figli. C'è la statua d'una vecchia signora, che tiene in mano due ciambellette ucraine col ripieno.[1]
  • Andiamo, andiamo su per la scala cosiddetta del progresso, della civiltà e della cultura. Ma dove si va? Io davvero non lo so.[2]
  • Bisogna liberare gli uomini dal gravoso lavoro fisico. Bisogna alleggerire il loro giogo, dar loro un po' di respiro, perché non passino tutta la loro vita accanto alla stufa, presso i trogoli e nei campi, ma abbiano pure il tempo di pensare all'anima, a Dio, e possano manifestare più ampiamente le loro qualità morali.[3]
  • Brindo alla scienza: fintantoché non nuoce al popolo.[2]
  • Che cosa accadrebbe se si tagliasse il naso dipinto a uno dei volti e lo si sostituisse con un naso vero? Il naso sarebbe realistico, ma il quadro sarebbe rovinato.[4]
  • Che fortuna possedere una grande intelligenza: non ti mancano mai le sciocchezze da dire.[5]
  • Da noi [in Russia], l'amor proprio e la presunzione sono europei, ma i comportamenti e i risultati sono asiatici.[2]
  • Dalla gioia che i suoi ospiti se ne andassero, la padrona esclamò: «Ma restate ancora un po'».[2]
  • [...] di morale ce n'è una sola, quella che Gesù Cristo ci ha dato ai suoi tempi e che adesso vieta a me, a voi, a Barancevic di rubare, di offendere, di mentire.[6]
  • Dietro la porta dell'uomo felice dovrebbe esserci qualcuo con un piccolo martello fra le mani, che, battendo costantemente, rammentasse che l'infelicità esiste e, passata la breve felicità, sopraggiungerà immancabilmente.[2]
  • È morto per la paura di prendersi il colera.[2]
  • [Ultime parole in punto di morte dopo aver bevuto un bicchiere di champagne] È tanto che non bevo champagne.
I haven't had champagne for a long time.[7]
  • Fidati del tuo cane fino all'ultimo, ma di tua moglie o di tuo marito solo fino alla prima occasione.[2]
  • Fra «Dio c'è» e «Dio non c'è» si estende un campo vastissimo, che con grande fatica un autentico saggio attraversa.[8]
  • Fu festeggiato l'anniversario di un uomo molto modesto. E soltanto alla fine del pranzo ci si accorse che qualcuno non era stato invitato: il festeggiato.[2]
  • I dottori sono simili agli avvocati; la sola differenza è che gli avvocati ti derubano soltanto, mentre i medici ti derubano e per di più ti uccidono.[9]
  • I pregiudizi e tutte queste brutture e lordure della vita quotidiana sono necessarie, poiché con l'andar del tempo si trasformano in qualcosa di utile, come il letame in terriccio.[10]
  • I solitari leggono molto, ma parlano poco e poco sentono dire: la vita per loro è misteriosa. Sono mistici e spesso vedono il diavolo dove non è.[11]
  • L'importante è trovare il sorriso giusto.[12]
  • L'università sviluppa tutte le attitudini, compresa la stupidità.[2]
  • L'uomo diventerà migliore soltanto quando gli mostrerete com'è fatto.[2]
  • L'uomo o dev'essere credente o deve cercare una fede, altrimenti è un uomo vuoto.[13]
  • L'uomo sbaglierà direzione, cercherà il suo fine, sarà insoddisfatto finché non capirà, non avrà trovato Dio. Non si può vivere per i figli o per l'umanità. E, se Dio non c'è, non c'è motivo di vivere, bisogna perire.[14]
  • La buona educazione non sta nel non versare la salsa sulla tovaglia, ma nel non mostrare di accorgersi se un altro lo fa.[2]
  • Là dove noi non siamo, si sta bene. Nel passato noi non ci siamo più, ed esso ci appare bellissimo.[5]
  • La morte non vuole gli stupidi.[15][16]
  • Marito e moglie amavano gli ospiti, perché senza ospiti litigavano.[2]
  • Nei certificati di nascita è scritto dove e quando un uomo viene al mondo, ma non vi è specificato il motivo e lo scopo.[2]
  • Niente ipnotizza e inebria più dei soldi: quando ce ne sono molti, il mondo sembra migliore di quello che è.[2]
  • Noi descriviamo la vita com'è e dopo, più niente, niente; noi non abbiamo scopi né vicini né lontani e la nostra anima è vuota. Noi non abbiamo ambizioni politiche, non crediamo alla rivoluzione, Dio non esiste, non abbiamo paura degli spettri.[17]
  • Non permettere alla lingua di oltrepassare il pensiero.[18]
  • Quando hai sete, credi di poter bere un mare intero: questa è la fede; quando inizi a bere, due bicchieri ti bastano: questa è la scienza.[2]
  • Si fa fatica, leggendo [La sonata a Kreutzer], a trattenersi dal gridare "è vero!" o "è assurdo!"[19]
  • «Tu dici che il pubblico piange ai miei lavori. Altri mi hanno rivelato la stessa cosa. Ma io non li ho scritti per ottenere questo risultato. La colpa è di Alexeiev (Stanislavskij) il quale trasforma i miei "caratteri" in bambini piagnucolosi. Io volevo dire onestamente alla gente: – Date uno sguardo a voi stessi e vedete come grame e desolate sono le vostre esistenze! – L'importante per me è che la gente si rende conto di ciò, perché, quando lo faccia, riuscirà poi a crearsi un altro e migliore modo di vita. Io non vivrò abbastanza per vederlo, ma so che esso sarà completamente diverso dal nostro. E finché questo differente modo di vita non sia per diventare una realtà, io continuerò a dire alla gente: Per favore, rendetevi conto che la vostra esistenza è grama e desolata! – Non mi pare che ci sia motivo di piangere per questo».[20]
  • Un bassotto camminava per la strada e provava vergogna di avere le gambe storte.[2]
  • Vocazione di ogni uomo è l'attività spirituale, la ricerca incessante della verità e del senso della vita.[3]

Il duello

modifica

Erano le otto del mattino, l'ora in cui, dopo una notte calda, soffocante, gli ufficiali, i funzionari ed i nuovi venuti, facevano, di solito, il loro bagno in mare, prima di andare a bere il caffè od il tè al Padiglione.
Ivan Andreitch Laievski, un giovanotto ventottenne, biondo e magro, col berretto d'impiegato al ministero delle Finanze, calzato di pantofole, nell'andare a fare il bagno, incontrò sulla spiaggia, fra parecchie altre conoscenze, il suo amico, il medico militare Samolienko.

Citazioni

modifica
  • Nella vita coniugale, l'essenziale, è la pazienza. Non l'amore: la pazienza! (p. 11)
  • Sposarsi senza amore, è così brutto e indegno di un uomo, come dir messa senza credere. (p. 14)
  • I despoti sono sempre stati preda d'illusioni. (p. 78)
  • Un laico non può giudicare un vescovo
  • Le scienze morali non soddisferanno il pensiero umano che quando, nel corso della loro evoluzione s'incontreranno colle scienze esatte e cammineranno alla pari. (p. 129)
  • [Von Koren] – La legge morale esige, supponiamo, che amiate gli uomini? Ebbene! l'amore deve consistere nell'allontanare tutto ciò che, in un modo o nell'altro, nuoce agli uomini e li minaccia nel presente e nell'avvenire. Il nostro sapere e l'evidenza vi dicono che, da parte degli individui anormali, fisicamente e moralmente, un pericolo minaccia l'umanità. Così essendo, lottate contro gli anormali. Se non avete la forza di ricondurli alla normalità, abbiate almeno la forza e la capacità di impedir loro di nuocere; cioè la forza di sopprimerli.
    [Diacono] – L'amore consiste dunque nel fatto che il debole sia vinto dal forte?
    [Von Koren]- Senza dubbio.
    [Diacono] – Ma, ribatté con ardore il diacono, – i forti hanno crocifisso Nostro Signore Gesù Cristo!
    [Von Koren] – Tutt'altro!: non sono stati i forti che l'han crocifisso, ma i deboli! La cultura umana attenua la lotta per l'esistenza e la selezione, e tende ad annullarla; da ciò, la rapida moltiplicazione dei deboli e il loro predominio. (p. 131)
  • Quando il diluvio ci minaccia, non bisogna temere di bagnarsi i piedi. (p. 132)
  • Cristo ci ha insegnato un amore ragionevole, sensato e utile. (p. 134)
  • La fede trasporta le montagne.[21] (p. 135)
  • La fede che non agisce è lettera morta, gli atti senza la fede sono peggio ancora; è tempo perso, nient'altro. (p. 135)
  • Non bisogna cercare la salvezza che in se stessi; e se non si trova, perché perdere il tempo? Bisogna uccidersi; ecco tutto... (p. 144)

[Anton Cechov, Il duello, traduzione di Leo Gastovinski, Casa Editrice Bietti, Milano 1930.]

Il gabbiano

modifica

Medvedenko — Ma perché andate sempre vestita di nero?
Maša — Perché sono infelice. Porto il lutto per la mia povera vita.[22]

Citazioni

modifica
  • Può essere bello solo ciò che è grave.
  • Medvèdenko: Mi consenta di chiederle, dottore, quale città straniera le è piaciuta di più?
    Dorn: Genova.
    Trepliòv: Perché Genova?
    Dorn: C'è una meravigliosa folla nelle sue strade. Quando esci, la sera, dall'albergo, sono tutte gremite di gente. Ti muovi in mezzo alla folla senza una mèta, su e giù, a zig zag, vivi della sua vita, ti fondi con essa psichicamente e cominci a credere che in realtà sia possibile un'unica anima universale [...] (p. 66)

Il giardino dei ciliegi

modifica

Lopaškin — Il treno è arrivato, grazie a Dio. Che ore sono?
Duniaša — Quasi le due. Fa già giorno.
[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Citazioni

modifica

Iepichodov - Per l'uomo innamorato, ogni chitarra è un mandolino...

  • Forse il nostro universo si trova dentro al dente di qualche gigante.[16]
  • Forse solo in paradiso l'umanità vivrà per il presente; finora è sempre vissuta d'avvenire.[16]
  • Il vino e la musica sono sempre stati per me un magnifico cavatappi.[2]
  • L'onore non si può togliere, si può solo perdere.[16]
  • La capacità di credere in qualcosa è una facoltà dello spirito. Gli animali non la possiedono, i selvaggi e gli uomini poco evoluti hanno paure e dubbi. La capacità di fede è propria soltanto delle organizzazioni superiori.[16]
  • La morte è terribile, ma ancora più terribile sarebbe avere la coscienza di vivere in eterno e di non poter mai morire.[5]
  • Meglio perire per mano degli stupidi che averne gli elogi.[16]
  • Più l'uomo è stupido e meglio lo capisce il suo cavallo.[16]
  • Qualsiasi idiota può superare una crisi; è il quotidiano che ti logora.
  • Quello che noi proviamo quando siamo innamorati, forse è il nostro stato normale. L'innamoramento mostra all'uomo come egli dovrebbe essere sempre.[5]
  • Se temete la solitudine, non sposatevi.[24]
  • Si dice che la verità trionfa sempre, ma questa non è una verità.[16]
  • Un proverbio: Una volta nel gregge, è inutile che abbai: scodinzola.[16]
  • Una persona buona prova vergogna anche davanti al cane.[5]
  • Valutati di più: ci penseranno gli altri ad abbassare il prezzo.[2]

Uno "choc" nervoso

modifica

Lo studente in medicina Meyer e l'allievo della scuola di belle arti di Mosca, Rybnikov, andarono a trovare una sera il loro amico Vassiliev, studente in legge, e gli proposero di andar con loro nella via S...
Vassiliev esitò a lungo prima di decidersi, poi indossò il soprabito e li seguì.
Conosceva le donne pubbliche soltanto attraverso le sue letture e per averne sentito parlare, ma non era mai stato nelle case in cui abitavano. Sapeva che vi sono delle donne senza vergogna, le quali, sotto il peso di circostanze fatali – ambiente, cattiva educazione, necessità, ecc. – sono costrette a vendersi. Queste donne non conoscono l'amore puro, non hanno figli, non hanno capacità giuridica. Le loro madri e le loro sorelle le piangono come se fossero morte. La scienza le tratta come un male; gli uomini dànno loro del tu. Ma, nonostante tutto ciò, sono sempre degli esseri umani, fatti a somiglianza di Dio.

Citazioni

modifica
  • [prostitute] Hanno tutte la coscienza del loro peccato e sperano nella salvezza dell'anima; possono usare, nella più larga misura, dei mezzi che vi conducono. La società, è vero, non dimentica il passato delle persone; ma, dinanzi a Dio, Maria l'Egiziana non è inferiore agli altri santi. (p. 175-176)
  • «Com'è povero e meschino tutto ciò (pensava Vassiliev). In un ambiente come questo, che cosa dunque può indurre alla tentazione un uomo normale, incitarlo a commetere quell'orribile peccato di comprare per un rublo un essere vivente? Io comprendo qualsiasi peccato, commesso per ragione di splendore, di bellezza, di grazia, di passione, di gusto, ma qui, cosa c'è? Per qual motivo si pecca, in questo luogo? D'altro lato... Non bisogna riflettere!...» (p. 182)
  • Come si vendono male! Non riescono dunque a comprendere che il vizio non attrae se non quando la bellezza l'accompagna e quando esso si nasconde, quando ha la vernice della bellezza? Dei vestiti scuri e modesti, delle facce pallide, dei sorrisi tristi e la penombra, agirebbero più fortemente di tutti questi grossolani orpelli. Come sono sciocche! Se da sole non riescono a comprenderlo, perché non lo insegnano loro i clienti?... (p. 185)
  • [Prostituzione] Il vizio esiste ma non vi è in loro, né coscienza di colpa, né speranza di salvezza. Le vendono, le comprano, le annegano nel vino e nelle turpitudini, ma sono bestie come delle pecore, indifferenti, ed incoscienti. Dio mio, Dio mio! (p. 196)
  • Una delle due: o l'umanità, nel rappresentare la prostituzione come un male, esagera; oppure, se è veramente un male, come si ammette, i miei due buoni amici sono padroni di schiavi, dei violenti e degli assassini. Adesso, cantano, ridono, ragionano da persone sane; ma non sono forse stati, poco fa, sfruttatori della fame, dell'ignoranza e dell'imbecillità?
  • Noi uomini ci uccidiamo fra noi; è certamente immorale, ma la filosofia non può farci niente. (p. 200)
  • Bisognerebbe che gli uomini, i quali le comprano e le uccidono, sentissero tutta la immoralità della loro azione, della loro parte di mercanti di schiave e ne provassero spavento. Bisogna salvare gli uomini. (p. 203)
  • Per quanto elevate possano sembrare le scienze e le arti, esse sono l'opera degli uomini, la carne della nostra carne, il sangue del nostro sangue. Esse soffrono del nostro stesso male; e la nostra corruzione si riflette in esse. La letteratura e la pittura non sfruttano forse il nudo e l'amore venale? La scienza non insegna forse a considerare le donne pubbliche come una semplice mercanzia che, in caso di difetto, dev'essere eliminata? Nelle questioni di morale, vi è una sola via d'uscita, l'apostolato. (p. 204)

[Anton Cechov, Uno "choc" nervoso, traduzione di Leo Gastovinski, Casa Editrice Bietti, Milano 1930.]

Uomini superflui

modifica

Sono le sei passate di una sera di giugno. Dalla stazione di Chìlkovo si trascina verso il paese una folla di villeggianti appena scesi dal treno: soprattutto padri di famiglia, carichi di fagotti, di borse e di scatole di cartone per signora. Il loro aspetto è stanco, affamato e rabbioso, come se per loro non splendesse il sole e non verdeggiasse l'erba. (Anton Cechov, "Uomini superflui". In: A. Čechov, Racconti e novelle; traduzione di Giovanni Faccioli, Sansoni, Firenze, 1963, Vol. I, p. 658)

Citazioni

modifica
  • Io, signore, son d'opinione che la villeggiatura l'abbiano inventata i diavoli e le donne. In questo caso il diavolo s'è fatto guidare dalla malignità e la donna dall'estrema leggerezza. Scusate, questa non è vita, ma è una galera, un inferno! Qui c'è afa, caldo, si respira a stento, e tu ti trascini da un posto all'altro come uno scomunicato e non trovi in nessun modo un rifugio. Là in città non hai né mobilia, né servitù.... tutto hanno portato in villa.... ti nutri il diavolo lo sa di che cosa, non prendi il tè perché non c'è chi ti prepari il samovàr, non ti lavi, ma vieni qui, in questo seno della natura, e devi andare a piedi con la polvere, col calore.... (Anton Cechov, "Uomini superflui". In: A. Čechov, Racconti e novelle; traduzione di Giovanni Faccioli, Sansoni, Firenze, 1963, Vol. I, p. 659)

Zio Vanja

modifica
  • Quelli che vivranno dopo di noi, fra due o trecento anni, e ai quali stiamo preparando la strada, ci saranno grati? Si ricorderanno di noi con una buona parola? Balia, non ricorderanno! (p. 66)
  • Ti si accostano ghignando, ti guardano in cagnesco, ti squadrano, ti etichettano: «Questo, è uno psicopatico» oppure «Quello è un parolaio». E quando non sanno che etichetta appiccicarti in fronte, dicono: «È un uomo strano, proprio strano!» Amo le foreste: è strano. Non mangio carne: anche questo è strano. Un rapporto diretto, pulito, libero con la natura e con la gente non c'è più... (p. 84)

[Anton Cechov, Teatro, traduzione di Gerardo Guerrieri, Oscar Mondadori, Milano 1982.]

  • Una donna può esser amica di un uomo solamente in questa progressione: dapprima conoscente, poi amante e infine amica.

Incipit di alcune opere

modifica

La lota

modifica

Mattino estivo. Nell'aria c'è silenzio; solo una cavalletta stride ogni tanto sulla riva e in qualche posto timidamente brontola un aquilotto. Nel cielo stanno immobili delle nubi piumose, simili a neve sparpagliata...[25]

La steppa

modifica

Una mattina di luglio, sul far dell'alba, da N. capoluogo del governatorato di Z. partiva un calesse senza molle e malandato, rumorosamente rantolando per la strada maestra: uno di quei trabiccoli antidiluviani su cui non viaggiavano allora in Russia che i commessi viaggiatori, i mercanti di bestiame e i preti poveri.[26]

Nelle tenebre

modifica

Una mosca di media grandezza s'insinuò nel naso del sostituto procuratore, consigliere di corte Gàghin. L'avesse punta la curiosità o, forse, vi fosse capitata per storditezza, o a causa delle tenebre fatto è che il naso non resse alla presenza di un corpo estraneo, e accennò uno starnuto.[26]

Tre sorelle

modifica

Olga — Papà è morto un anno fa, precisamente il 5 maggio: il giorno del tuo onomastico, Irina.[27]

Una storia noiosa

modifica

C'è in Russia un emerito professore, un certo Nikolaj Stepanovič consigliere segreto e cavaliere; egli possiede così tante decorazioni russe e straniere, che quando gli tocca indossarle, gli studenti lo chiamano iconostasi.[2]

Citazioni su Anton Čechov

modifica
  • Cechov è un drammaturgo particolare, delicato, lascia molto di ciò che vuole intendere tra le righe, e per capirne meglio il senso dobbiamo servirci della profondità della natura. Forse per questo Cechov è interessante per noi: ci fa capire meglio l'anima russa. (Renato Scarpa)
  • Coltivo una enorme ammirazione per Cechov e anche un grande affetto. Cosa mi attrae in lui? È un uomo che ha vissuto veramente con un sorriso sulle labbra, benché abbia scritto cose tristissime. Ed è anche moderno, a causa di quel tema predominante che si può definire "carenza di comunicazione". I suoi personaggi hanno tutti un proprio specifico punto di partenza; non si raggiungono e non confluiscono mai fra loro. Ma lo stupefacente è che Cechov, pur pendendo le mosse da questo dato, non si intristisce, anzi, si fa delle sane risate. La sua opera teatrale Ivanov è una curiosa combinazione di dramma e farsa. Nelle opere più tarde è andato oltre: ha rimescolato fra loro questi due elementi. Qualcosa di triste perlopiù e al tempo stesso anche di comico. Lui vi è riuscito in modo stupendo. Non vi accade molto di più a prima vista. E questa è la maniera più bella di scrivere: scrivere senza riempire tutti i buchi. In tal modo si considera il lettore un adulto: "eccoti qua il materiale", gli si dice "tu stesso devi essere in grado di percepire cosa hai da dire..." (Simon Carmiggelt)
  • L'importante è che, comunque interpretato e recitato, il teatro di Cechov è teatro di poesia, e il pubblico ne riconosce l'autenticità sotto qualunque forma esso gli sia offerto. (Lorenzo Gigli)
  • Ma quali figli di puttana, siamo figli di Checov! (Linea 77)
  • – Parlerà abbastanza della realtà? Se non è abbastanza reale, se ne accorgono. Rileggiti Čechov. La spenta musica della vita...
    – Sì, però questo è un film un po' più attuale.
    – Niente è più attuale di Čechov. (Boris - Il film)
  • Se ripenso a Tito, cui si deve uno degli slogan più squallidi – "La pace durerà cent'anni, ma dobbiamo esser pronti a entrare in guerra domani" –, mi viene da identificarlo con il protagonista di quel racconto di Cechov che, a forza di pensare a cose ordinarie in modo ordinario, finisce per non esistere più. (Emir Kusturica)
  1. Da una lettera a Natàl'ja M. Lintvarëva del 1º ottobre 1894, in Epistolario vol. II, traduzione di Gigliola Venturi, Einaudi, 1960, p. 61
  2. a b c d e f g h i j k l m n o p q r s Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  3. a b Da La casa col mezzanino; citato in Ferdinando Castelli S.I., La rassegnata disperazione di Anton P. Cechov, La Civiltà cattolica, anno 155, volume I, quaderno 3685, 3 gennaio 2004, p. 38.
  4. Dalle prove de Il gabbiano, Teatro d'Arte di Mosca, 11 settembre 1898. Citato in Luigi Allegri, Prima lezione sul teatro, Laterza. ISBN 9788858103852
  5. a b c d e Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Ettore Barelli e Sergio Pennacchietti, BUR, 2013. ISBN 9788858654644
  6. Dalla lettera a Suvorin del 25 novembre 1892; citato in L'anima del mondo e il mondo di Cechov, p. 154.
  7. Citato in William Boyd, Bamboo, Bloomsbury Publishing, 2008, p. 246. ISBN 0747597685 (Anteprima su Google Books)
  8. Citato in Aa. Vv., Dizionario delle citazioni, a cura di Ettore Barelli e Sergio Pennacchietti, BUR, 2013.
  9. Da Ivanov
  10. Da Il reparto n. 6, in Racconti, traduzione di Alfredo Polledro, BUR, 2010.
  11. Da Un caso di pratica medica
  12. Citato in Philip Roth, Il teatro di Sabbath, traduzione di Stefania Bertola, CDE, Milano, 1997, p. 205.
  13. Citato in Curzia Ferrari, Gorkij: fra la critica e il dogma, Editori riuniti, Roma, 2002, p. 148.
  14. Citato in Duška Avrese, Anton Pavlovic Cechov. Il momento della rivelazione, Ceseo-Liviana, Padova, 1973, p. 24.
  15. Da Biancafronte.
  16. a b c d e f g h i Citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894
  17. Citato in L'anima del mondo e il mondo di Cechov, p. 154
  18. Da Racconti variopinti
  19. Da una lettera del 15 febbraio 1890: citato in Miriam Capaldo, L'amore ai tempi di Tolstoj, in Lev L. Tolstoj, Il preludio di Chopin, Editori Riuniti, 2010, p. XVIII. ISBN 978-88-359-9015-4
  20. Da una lettera ad Alessandro Tikhonov; citato in Lorenzo Gigli, Cecov con Cecov, in Il Dramma diretto da Lucio Ridenti n. 158, 1952.
  21. Cfr. Gesù: «Abbiate fede in Dio! In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Lèvati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato».
  22. Citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993.
  23. Anche I quaderni del dottor Cechov o Taccuini
  24. Citato in Guido Ceronetti, Tra pensieri, Adelphi, Milano, 1994, n. 156.
  25. In Anton Čechov, Racconti umoristici, traduzione di Alfredo Polledro, E/O, 2011. ISBN 9788866321101
  26. a b Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937
  27. Citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993.

Bibliografia

modifica
  • AAVV, L'anima del mondo e il mondo di Cechov: atti del convegno "L'anima del mondo e il mondo di Cechov", tenutosi a Genova il 12 e il 13 novembre 2004. Introduzione di Guido Ceronetti, Il melangolo, Genova, 2005
  • Anton Cechov, Il duello e altri racconti, traduzione di Leo Gastovinski, Casa Editrice Bietti, Milano 1930.
  • Anton Čechov, Il gabbiano , traduzione di Angelo Maria Ripellino, Einaudi, Torino, 1970. ISBN 88-06-29728-7
  • Anton Čechov, Racconti e novelle; tre volumi, a cura di Giuseppe Zamboni; introduzione di Emilio Cecchi; appendice critica a cura di Maria Bianca Luporini, Coll. I grandi classici stranieri, G. C. Sansoni, Firenze, 1963

Altri progetti

modifica