Diego Velázquez

pittore spagnolo (1599-1660)
(Reindirizzamento da Velazquez)

Diego Rodríguez de Silva y Velázquez, (1599 – 1660), pittore spagnolo.

Diego Velázquez

Citazioni su Diego Velázquez

modifica
  • Con questa dottrina [del disegno] crebbe mio genero Diego Velázquez de Silva fin da ragazzo. Aveva indotto un apprendista, un contadinello, a fargli da modello in diversi atteggiamenti e posizioni, ora piangendo, ora ridendo, non cercando mai di sottrarsi ad alcuna difficoltà. E fece di lui molte teste a carboncino e biacca su carta azzurra, nonché molti altri schizzi dal vero, acquistando così la mano sicura per il ritratto. (Francisco Pacheco)
  • La creda che un pitor mandà da un re | sia per esser stimà de gran giudicio: | perché a chi se comete un tanto oficio, | certo che cima d'homo esser el dè. (Marco Boschini)
  • Crebbe a tal punto la sua abilità nel far ritratti belli e condotti con arte e talmente rassomiglianti da suscitare gran meraviglia, tanto tra i pittori quanto tra gli uomini di buon gusto. (Jusepe Martínez)
  • Qualcuno [gli] rinfacciò il fatto che non dipingeva con soavità e bellezza soggetti più seri, in cui avrebbe potuto benissimo emulare Raffaello d'Urbino: ed egli se la cavò elegantemente, dicendo "che preferiva essere primo in quel genere grossolano, che secondo in uno più delicato". (Antonio Palomino)
  • Un ingegno fornito di tutte le cognizioni, che han relazione alla Pittura, un genio ardito e penetrante, un pennello fiero, un vigoroso colorito, un tocco tutto energia, lo hanno fatto un Artefice di gran fama. (Jacques Lacombe)
  • Fu erudito e filosofo, e dopo che ebbe acquistato una cultura con lo studio delle lettere, esercitò filosoficamente la pittura. (Antonio Ponz)
  • Dove indubbiamente diede la più esatta idea dello stesso vero, fu nel quadro delle Filatrici, che appartiene alla sua ultima maniera, ed è condotto in modo tale da far sembrare che la mano non abbia avuto parte alcuna nell'esecuzione, ma che sia stato dipinto unicamente con la volontà. (Anton Raphael Mengs)
  • Che intelligenza, e verità nel Chiaroscuro non sì osserva in Velasquez! Come intese bene l'effetto, che fa l'aria interposta fra gli oggetti, per farli comparire distanti gli uni dagli altri! (Anton Raphael Mengs)
  • Tutti convengono che l'eccellenza di Velázquez non appartiene al genio filosofico e ideale della pittura, ma all'imitazione della natura. Perciò, nella classificazione dei pittori, viene collocato tra i "naturalisti"; nome, questo, che si dà a coloro che, pur senza innalzarsi all'ideale regione della bellezza, la cercano nella natura, tal quale esiste in essa, ed aspirano unicamente a trasferirla integra nei loro quadri. (Gaspar Melchor de Jovellanos)
  • Visto Velázquez ecco quel che cercavo da tanti anni, un impasto netto e nello stesso tempo ricco di sfumature. (Eugène Delacroix)
  • L'unico gran pittore spagnolo che non abbia dedicato abitualmente i suoi lavori alla Chiesa e che non sia andato a chiedere i suoi soggetti né alla Bibbia né alle vite dei santi, fu Velázquez, ma anche nel trattare temi profani mantenne sempre quella severità che corrisponde al carattere spagnolo e che contrassegna particolarmente le varie scuole pittoriche di Spagna. (William Stirling)
  • Velázquez non è soltanto un grande maestro, nel senso abituale che ha questa parola, per il genio, il talento, la tecnica, il successo e per tutte quelle qualità che fanno di un artista un caposcuola. È un grande maestro (anzi, uno dei più grandi e addirittura il più grande da un certo punto di vista) anche se prendiamo questa parola nel significato di professore, di educatore all'arte della pittura. Cerchiamo di chiarire il concetto: da una parte, un allievo, solo ammirando i suoi quadri e studiandoli intelligentemente, può ricevere la lezione di un maestro che non è più; dall'altra, gli allievi possono ricevere la continua raccomandazione di imitare severamente, e soprattutto, la natura, questo modello invariabile, che non può mai essere alterato né dai capricci della moda, né dalle stravaganze degli stili individuali, né dalle regole arbitrarie delle scuole successive. (Louis Viardot)
  • ... tra santi ed angioli si sentiva in disagio; gli aspetti, gli affetti degli uomini non aveansi misterii per lui, e li rappresentò da filosofo profondo, da insuperabil pittore. (Tullio Dandolo)
  • Come rimpiango che non siate qui. Quale gioia avreste provato nel vedere Velázquez. Da solo, vale il viaggio. I pittori di tutte le altre scuole, che sono intorno a lui al Museo di Madrid, e molto ben rappresentati, sembrano tutti, in confronto a lui, dei rimasticatori. È il pittore dei pittori. (Édouard Manet)
  • Questo artista è un mago che evoca, a prima vista, tutte le apparizioni nello stesso istante, ma grazie a misteriosi esorcismi di cui nessuno possiede il segreto. (Théophile Thoré)
  • È il principe dei pittori spagnoli e uno dei maggiori del mondo. In tutte le sue opere dominano la prospettiva aerea, l'atmosfera, la luce, il giusto valore di tutti i toni, e per mezzo del colore riesce a fissare i termini e le distanze con la stessa precisione con cui potrebbero farlo le inflessibili regole della prospettiva. Le sue grandi opere non debbono nulla a nessuno, per quanto egli abbia tributato non poca ammirazione ai pittori veneziani; sono figlie della sua originalità, della sua spontaneità, del suo senso artistico. Lo studio costante del vero gli diede il dominio del disegno, così come lo sguardo finissimo gli aveva dato la capacità d'apprezzare il colore. Il buon gusto e l'eleganza nel presentare atteggiamenti, espressioni e gruppi con snellezza e grazia, dominano in tutte le sue tele. Non è artista di grandi e complesse concezioni, né di ricerche erudite, né di spirito ardito. Naturalista per eccellenza, dipinge ciò che vede; e sa quel che dipinge e come deve dipingerlo. Né l'antichità classica, né il Rinascimento condizionano le sue opere; per lui non esistono altri libri, né altri modelli, né altri studi che il vero; non conosce altra erudizione, altra storia, altri orizzonti oltre a quelli percepibili con l'occhio. Da ciò dipende il fatto che Velázquez è in pittura, come Cervantes nelle lettere, così mirabilmente spagnolo. (Gregorio Cruzada Villaamil)
  • Fu il pittore che meglio seppe penetrare nell'anima spagnola, quello che trovò la forma e l'espressione che s'addicevano allo spirito del suo popolo. Dipinse con tanta finezza e acume, con tanto vigore e precisione, con tanta semplicità e forza rappresentativa, che di fronte a lui il più magistrale dei pittori prova la tentazione di spezzare i pennelli. (Karl Justi)
  • Le forme, come quelle di Fidia, hanno un loro svolgimento anche nella staticità. Come Fidia, egli ha scorto la corrispondenza che esse avevano con le onde della terra e il cerchio dell'orizzonte. Nessun altro, dopo Fidia, ha conservato davanti alla vita questa gravità rispettosa e questo entusiasmo cosciente che sono la vera religione. (Edgar Faure)
  • È sprovvisto d'immaginazione. È incapace di una qualsiasi invenzione e questa "debolezza" d'immaginazione è ciò che costituisce la sua forza. (Auguste Bréal)
  • È nello stesso tempo il tecnico più fecondo e l'esteta più pericoloso. Occorre studiarlo per imparare a dipingere bene: ma occorre dimenticarlo perché uno possa diventare un artista. Seppe restare un grande signore nell'arte che egli trascinava alla volgarità. È una specie di olandese, ma in grande, innalzato da una gravità tutta spagnola. (Émile Bernard)
  • La tavolozza del nostro artista è estremamente semplice. Non vi troviamo che i colori fondamentali e imprescindibili, e quegli altri che chiameremo "puri". Questi colori sono le terre in genere, le ocre, la terra di Siena bruciata e il nero d'osso. Le tele che Velázquez usava agli inizi erano ruvide (preparate da lui o almeno nella sua bottega), con un tono rossastro e con una gran quantità di colore. Via via che l'artista procede nella sua carriera, adopera tele sempre più sottili e rischiara anche i colori dell'imprimitura, che divengono prima rossicci chiari, poi ocra, quindi grigiastri e, sulla fine, grigi quasi chiari. I toni rossastri, scuri, caldi, che usava nel suo primo periodo causavano poi l'annerimento della pittura, che certo non era, nell'insieme, scura come ci è giunta oggi. Ma ancor più che l'imprimitura, quel che ha scurito tante opere è stato l'uso del bitume. Si potrebbe dire che lo svolgimento della tavolozza di Velázquez si identifica con il passaggio dal bitume al nero d'osso. (Aureliano de Beruete)
  • Velázquez è come un cristallo sospeso sul mondo. E nulla quanto i cristalli merita il rispetto che si deve alla veracità. E nulla c'è tuttavia che corra altrettanto pericolo di lasciarci nel dubbio se esista o no. Ma nessuno al mondo potrebbe mai perdonare a se stesso la stoltezza di ammonire Velázquez. Egli è come è: tranquillo, impassibile, irresponsabile. Ed anche le sue creature, emancipate da qualsiasi preoccupazione di levità o di peso, sono come sono e stanno come stanno. (Eugeni d'Ors)
  • Non fu costretto a scostarsi dalla natura, perché egli sapeva vedere il bello nella natura. Dipingeva con sicuri e ampi movimenti, e nelle sue opere la precisione è sempre accompagnata dalla facilità d'espressione. Le sue forme creano un ritmo meraviglioso. Una luce argentea percorre la sua opera. Vi è un tono violetto nel viso spagnolo. (Robert Henri)
  • L'infallibilità lincea che è propria, costantemente, al Velázquez e che non è già mero naturalismo ma invece modo personale di vedere con una terribile naturalezza che soltanto a pochi, nell'arte, fu propria. In altre parole, una facoltà complessa di afferrare il momento più icastico dell'apparenza naturale – momento dunque non già previsto e codificato in un canone di degnità ritmica o plastica ma, per contro, sorgente dall'efficienza cosmica delle relazioni conflagrate ad un tratto tra la luce e la materia delle cose, fra le quali, per avventura, è anche l'uomo. Una degnità, insomma, luministica, o ambientale, che si è sostituita a quella umanistica del Rinascimento, e la cui significazione storica non potrebbe esser mai abbastanza accentata. (Roberto Longhi)
  • In realtà, senza Michelangelo non si può concepire il Greco, come senza il Tintoretto non si concepisce "il furiosissimo"; ed io riconosco oggi che il Greco è l'ultima fase, la realizzazione del manierismo ispano-europeo (lo storico spagnolo direbbe forse più esattamente "plateresco"); l'ultima fase, dopo la quale non c'è più altro; il vero limite. Successivamente dovette venire Velázquez perché si tornassero a creare uomini di carne e di sangue, nati dalla terra e uniti ad essa, dopo che il Greco aveva dipinto degli esseri simili a uomini senz'ossa e senza muscoli, esseri che non eran altro che spirito e anima. (Hugo Kehrer)
  • Si può dire che le due grandi composizioni che Velázquez dipinse verso la fine della carriera, Le damine di corte e Le filatrici, offrono un esempio evidentissimo del senso spaziale che il grande spagnolo possedeva, e dell'arte con cui sapeva utilizzare e realizzare gli insegnamenti tratti a suo tempo dalle opere del Tintoretto. Velázquez comunica realmente allo spettatore la nozione delle dimensioni, in primo luogo giovandosi degli esseri animati, degli oggetti, delle scale, degli ordigni per tessere, dei soffitti a volta e delle pareti, e in secondo luogo con la vita che infonde nei personaggi, coi loro gesti professionali, con una genuflessione, con una mano tesa. Ma è soprattutto il modo armonioso con cui sfrutta ombre e luci che costringe l'occhio ad abbracciare l'intera visione e a cogliere la distanza tra l'uno e l'altro piano. Con queste variazioni animate, Velázquez ci trasporta nello spazio che egli stesso ha creato, ci fa vivere direttamente in esso; e attinge così le vette della realtà artistica e vivente. (August Liebmann Mayer)
  • Economia dei gesti. Il corpo più pesante genera uno schema quasi astratto. Tutto lo scintillio di tocchi, di cui la tela è coperta, finisce nell'uniformità, un po' smorta, del volto. La pesantezza carnale non è altro che il sostegno per lo spirito che la anima. L'eloquenza di Velázquez consiste proprio in questa sua grande discrezione. L'anima è, qui, la forma del corpo. (René Schwob)
  • Velázquez, in particolare una testa da lui dipinta (dato che egli è soprattutto un ritrattista), è immediatamente accessibile anche allo spettatore meno versato nei segreti del mestiere: lo spettatore ammira in lui, senza aver bisogno di riflettere, la verità, la vita e ciò che gli appare come un effetto semplice e sorprendente. Eppure l'iniziato, che conosce le difficoltà dell'arte pittorica, gode della tecnica meravigliosa, delle sottigliezze e delle raffinatezze che permettono ad un artista (colmato di doni da tutte le fate di questo mondo) di realizzare una creazione così simile, o meglio, così equivalente all'opera della natura. (Paul Jamot)
  • Egli sapeva dipingere l'essenza della dignità di un essere umano, anche quando quell'essere era fisicamente o mentalmente anormale: lo testimoniano i suoi straordinari dipinti di nani e buffoni. Aveva la capacità dell'osservazione psicologica propria dell'introverso; se fosse vissuto oggi, invece di un pittore sarebbe forse stato uno psichiatra. (Joan Evans)
  • Pittura austera, pittura di Castiglia, pittura della concentrazione, pittura pregna di luce interiore, dove lo spazio esiste per lo spazio, come l'arte esiste per l'arte. Velázquez è l'indice della bilancia della Spagna nel momento in cui la bilancia saliva più in alto e nei suoi piatti stava l'oro del Secolo d'oro. È l'equazione plastica reale e aurifera perfetta. (Ramón Gómez de la Serna)
  • Concentrava il suo interesse nell'aspetto fisico delle cose; e la sua arte stava proprio nell'enfasi della volumetricità dei colori, della loro consistenza, evidenza ed essenza vivente. (Lionello Venturi)
  • Velázquez, che deve molto ai maestri veneziani, alla fine paga il suo debito. Abbandonate le tonalità cupe della primitiva tavolozza, diviene uno dei maggiori coloristi del tempo suo. I suoi limiti erano piuttosto angusti, ma la conoscenza dei valori crebbe con gli anni, e nell'impiego dei bianchi e dei grigi-argento non ebbe rivali. Dove i veneziani avrebbero creato un contrasto stridente con rosso e rosa, con rosa e porpora, Velázquez, con non so quale misteriosa alchimia, li combinava insieme senza dissonanze, creando nuove armonie di colori. Dai veneziani apprese a rompere i rigidi contorni delle figure e a modellarne le forme con la luce, a correre sulla trama della tela con un pennelleggiare rapido, ponendo l'accento là dove era più necessario. Dal realismo degli "interni" all'impressionismo degli ultimi lavori, fu lungo e faticoso il cammino, il costante ostinato progresso di un artigiano, destinato a padroneggiare il proprio mestiere piuttosto che il successo senza fatica di un virtuoso. (Elizabeth Du Gue Trapier)
  • Velázquez, che fu non solo il più glorioso, ma per molti lati il più fedele dei suoi seguaci [del Caravaggio]. (Bernard Berenson)
  • Quando si parla di Velázquez si dice sempre che dipingeva l'aria, l'ambiente, eccetera. Io non credo a nulla di tutto questo e non mi sono mai accorto che si sia chiarito ciò che si intende enunciare con siffatte espressioni. L'effetto aereo delle sue figure è dovuto semplicemente all'indecisione di profili e di superfici in cui le lascia. Ai suoi contemporanei pareva che fossero rimaste "non finite" di dipingere, e a questo appunto è dovuto il fatto che Velázquez non fu popolare ai tempi suoi. Aveva fatto la scoperta più "impopolare": che la realtà si differenzia dal mito, nell'ambito del quale non è mai del tutto "finita". (José Ortega y Gasset)
  • Nelle opere giovanili che di lui rimangono, lo scopo era di raffigurare una realtà assoluta. Le sue nature morte sono pitture realistiche che rivelano la maestria del pittore nei valori tattili. Egli probabilmente conobbe qualche opera del Caravaggio e di alcuni suoi seguaci: in ogni caso, utilizzò in parecchi quadri ciò che chiamiamo "tenebrismo", anche se se ne servì alla propria maniera. Per tutta la vita le sue composizioni seguirono gli schemi dei pittori manieristici; mai compose secondo linee diagonali nello spazio, fatta eccezione per qualche ritratto equestre. Ma quando Velázquez si stabilì a Madrid e poté studiare i grandi veneti, lo stile mutò. La sua tavolozza passò dal bruno ai grigi e ai neri; l'artista si fece più sicuro di sé, arrivando a raffigurare il movimento. Più tardi Velázquez andò in Italia e prese contatto con gli artisti di quel paese, non solo del passato, ma anche con quelli allora vivi e operosi. La tavolozza si fece così più ricca di colore, secondo un'inclinazione che doveva farsi sempre più sentita per il resto della vita. Il pennelleggiare sulla tela divenne sempre più libero ed eloquente in ogni opera, raggiungendo in breve un'esattezza unica nella pittura europea. Le sue ardite pennellat e degli anni maturi possono essere paragonate per l'eloquenza a quelle dei pittori orientali. (Xavier de Salas)
  • Si è detto qualche volta che il realismo di Velázquez viene "spiritualizzato" in tal modo che l'artista, pur operoso eminentemente nel secolo del barocco, sembra un "classico", e sebbene tanto spagnolo ed immerso nella sua epoca, addirittura un greco dell'età di Pericle. Sicuramente, al di sopra di tendenze estetiche più o meno transitorie e più o meno brillanti e fittizie, la pittura di Velázquez si mantiene, come l'arte greca, su di un elevato piano d'equilibrio, di sobria eleganza, di severa profondità, nel nome di quella bellezza che sgorga, come limpida acqua, dalla sorgente perenne della verità. (Bernardino De Pantorba)
  • Un quadro non deve tanto dire il dramma interiore dell'artefice, che è sempre implicito, ma deve contenere un'epoca: l'Innocenzo X di Velasquez contiene non solo Velasquez ed il suo, dramma interiore, ma tutto, intiero il suo secolo. Emilio Bodrero.
  • Un Velazquez, solo un principe poteva ammirarlo. (Carmelo Bene)

Altri progetti

modifica