Marco Ongaro

cantautore, poeta e scrittore italiano

Marco Ongaro (1956 – vivente), cantautore, poeta e scrittore italiano.

Marco Ongaro

Citazioni di Marco Ongaro

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  Citazioni in ordine temporale.

  • L'equipaggio dell'Enterprise è qui fuori o dietro il banco del farmacista a dirci che gli alieni siamo noi.[1]
  • Tutte le canzoni sono canzoni d'amore, alcune più di altre.[2]

Intervista di Giorgio Maimone, bielle.org, 17 novembre 2002.

  • Quando mi propongono un nuovo lavoro, come primo impulso dico no. Poi torno a casa e l'ho già scritto. Così funziona.
  • Se compongo alla chitarra è impossibile che non esca Dylan. Se compongo al pianoforte ecco Paolo Conte. Se scrivo per la De Marchi mi ritrovo tra il De Andrè e il Branduardi. Sono forse l'ultimo in grado di definire il mio stile vocale; credo di avere varie sedimentazioni che vengono fuori a seconda delle occasioni. Il motivo per cui mi piace fare l'autore è che non devo pormi problemi di questo tipo. Devo pormi il problema di far cantare gli altri.

Intervista di Laura Gorini, musicalnews.com, 8 gennaio 2011.

  • Tutto è autobiografico. È la vita a essere biografica.
  • Ma cos'è il cuore se non una convenzione, una metafora? Un muscolo piuttosto concreto cui si attribuiscono virtù eteree e simboliche. Ti renderai conto che dire che "un muscolo vince sempre" è un'affermazione quantomeno ambigua.
  • Credo che un artista sia in sostanza un modello mancato. Infatti vorrebbe stare dall'altra parte della tela ma nessuno lo ritrae e allora lo fa da sé.
  • (Mettersi a nudo con la propria arte è): Svelare la presenza di chiunque altro nella propria vita. Rivelare, anche a se stessi, la scarsa individualità della propria esistenza. O ancora scoprire quanto di universale corrompe ciò che si credeva fosse la propria personalità.

Intervista di Paolo Talanca, lisolachenoncera.it, 28 febbraio 2011.

  • La Donna cerca l'eternità, l'uomo la fraziona, la frammenta in mille provvisorietà.
  • Da giovani si è restii a mostrarsi nudi, da vecchi pure, per motivi diversi.

Intervista di Andrea Podestà, lisolachenoncera.it, 28 maggio 2022.

  • L'unico arbitrio che c'è nei tarocchi è quello di decidere se vuoi usarli o no.
  • Se tu cerchi di restituire tutte le parole tronche presenti in un'altra lingua come l'inglese diventi grottesco e ridicolo. Esaurito il campionario di "già", "pietà", "perché", "te", "me", "se" hai esaurito la canzone e l'hai resa un campo minato, un cimitero di croci e ogni croce è una tronca.
  • Se c'è una cosa che ho imparato in questi anni è che nella poesia devi lasciare lasco il significato di una parola.

Marco Ongaro, agendadigitale.eu, 11 maggio 2023

  • Con la scoperta che l'aratro lo tiravano meglio i buoi e che i cavalli permettevano di percorrere distanze superiori, i Terrestri hanno compreso che si poteva anche piombare su un territorio in numero sufficiente a sopraffarne gli abitanti per avere nuovi servitori per il lavoro in campagna, in casa e nel letto.
  • Quanto l'essere umano è programmato dalla natura e dall'infanzia? Quanto è androide senza saperlo? Un androide che costruisce altri androidi e, come un dio crudele o un padre padrone, li usa come schiavi.
  • La questione non è più come continuare a evolvere intelligenze che potrebbero un giorno essere usate da malintenzionati per assoggettarci, bensì come riusciremo moralmente a tenere queste creature in schiavitù.

Marco Ongaro, agendadigitale.eu, 7 giugno 2023.

  • Se l'obiettivo del grafomane, nell'accezione che ne dà Milan Kundera nella sua Arte del romanzo, è di vedere scritto il proprio nome sul frontespizio di un libro, tanto che lo scrittore ceco suggerisce una legge che costringa gli autori all'uso di uno pseudonimo per scongiurarne l'inflazione, un'opera prodotta artificialmente farebbe al caso suo. Il desiderio di tale individuo non sarebbe quello di creare una forma artistica che significhi e influisca sulla cultura della società in cui vive, bensì il perseguimento forsennato di un Io Ideale che lo rappresenti esteriormente come un "tipo figo" che sa di Lettere e possiede una profondità intellettuale degna di nota, guadagnando magari un bel po' di soldi in diritti d'autore usurpati nel regno del chissenefrega. "Io, io, io..."
  • Nel servirsi di una macchina come complice, il preteso scrittore sceglie una comoda compagna di bugie teoricamente priva di coscienza e soprattutto incapace di creatività letteraria autogenerata. Una sorta di affinità elettiva lo lega a ChatGPT più che a un ghostwriter vivente, in quanto quest'ultimo di tanto in tanto è in grado di produrre di proprio impulso qualcosa anche per sé. Pur essendo capace di combinare storie pescando a strascico negli infiniti dati del suo deposito in continuo aumento, e superando in questo le attitudini del richiedente, il congegno ne spartisce invece l'inettitudine a compiere una simile impresa per conto proprio. E poi, una persona potrebbe rivelarsi chiacchierona e spifferare in giro il malfatto mentre l'IA, chissà perché, si presume incapace di delazione, tomba elettronica di un segreto inconfessato in un rapporto totalmente intimo. "IA, IA, IA..."
  • Perché un piacere esiste nella scrittura e il disgraziato che ricorre a un cervello altrui per fingere di produrre la propria opera non ne godrà mai.
  • Ci sarà comunque bisogno di una madre che racconti la fiaba al piccolo prima di dormire, e lo standard umano, difettoso o sublime, tornerà in rilievo.

Intervista di Fabio Antonelli, bravonline.it, 28 novembre 2023.

  • Lo smartphone consultato spesso a tradimento per leggere l'animo altrui non può certo restituirne una foto attendibile.
  • Nulla è più concreto di un concerto.

Intervista di Matilde Alfieri, dasapere.it, 29 novembre 2023.

  • Contrariamente a Serge Gainsbourg, Piero Ciampi non è mai stato baciato dal successo. Lo proporrei come protettore di quelli il cui talento è direttamente proporzionale all'incomprensione da parte del grosso pubblico. San Piero Ciampi: non fosse che non è riuscito a compiere miracoli per sé, figuriamoci per gli altri.
  • L'amore va creato e ricreato di continuo, non necessariamente verificato compulsivamente alla ricerca di un'assenza di sincerità.
  • Credo che l'arte a questo serva, ad amare la vita.

starvanity.it, 14 febbraio 2024.

  • Credo che amore sia il contrario di solitudine.
  • L'amore è attivo per definizione, anche quando pare essere in una fase di stasi, la sua natura è l'estasi.
  • L'immensa vicinanza di Leonard Cohen alla sostanza dell'amore è mistero essa stessa, che dall'intimità del talamo si eleva alla cupola del tempio.
  • Niente è veramente sacro se basta dell'ironia a dissacrarlo.
  • La serietà non si misura con l'assenza di sorrisi.
  • Se l'amore è cieco, ha bisogno di ascoltare.
  • Il rocker vorrebbe mimare senza poi crederci le mosse erotiche di chi imbraccia la chitarra e la sventola come una protesi a sei corde, il cantautore ambisce a esporre i versi come protesi verbale della propria percezione del mondo sensibile. Si tratta sempre d'irrealtà aumentata.

Intervista di Fabio Antonelli, musicadiqualita.blogspot.com, 16 febbraio 2024.

  • Non c'è niente di vero nel mondo delle spie, tranne l'apparenza.
  • La scelta di narrare all'imperfetto è la scelta di immortalare, molto più che con il passato remoto.
  • A volte scrivere di un ricordo aiuta a custodirlo.
  • Di cosa parliamo quando si parla d'amore? Ma di lasciarci, è ovvio!

Intervista di Elena Torre, dasapere.it, 5 marzo 2024.

  • La confezione è un'arte che presenta ma anche rispetta il significato di ciò che racchiude.
  • L'amore è una miniera a cielo aperto sovrastante un subdolo vulcano, ogni minimo conflitto suscitato diventa linguaggio.
  • Ermetico non vuol dire inaccessibile, ma finalmente interpretabile.

ilquorum.it, 11 marzo 2024.

  • Credo che a legare il tutto sia in fondo quella cosa impalpabile, ma suscettibile di studio postumo, chiamata poetica.
  • Se si parla di canzoni, la parola è per forza al centro di tutto, o si avrebbero brani strumentali.
  • Marsia finisce scorticato vivo nella boscaglia perché non avrebbe potuto vincere la gara musicale con Apollo: il dio accompagna il proprio canto con la lira, Marsia soffia nel flauto. Mentre si soffia in un flauto è impossibile raccontare storie, siano esse cantate o parlate.
  • Nel comporre come nello scrivere, l'ispirazione è questione di volontà.
  • È il realismo, l'attimo circostante e l'impatto con il vivere a generare l'ispirazione.
  • L'opera si nutre della sua commissione.
  • Più grande è il musicista, più il testo canta della propria vera voce.
  • Intendo l'amore come sangue, dunque perché rifiutare una nuova, buona trasfusione?
  • Il rock 'n' roll aiuta a tener viva l'attenzione o comunque a fregarsene se il pubblico è in altre faccende affaccendato.

Il supplizio di Don Giovanni

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Donna Anna: Chi sei?
Don Giovanni: E voi chi siete?
Donna Anna: Lo sai, sono Anna, quella che doveva resisterti.
Don Giovanni: Proprio così.
(L'afferra e la bacia. Lei cede, poi si divincola ancora)
Donna Anna: Dovremmo separarci.
Don Giovanni: Si possono separare il buio e la luce?
Donna Anna: Così succede. Quando la luce appare, il buio se ne va. E viceversa.
Don Giovanni: Non è così. Il buio si nasconde. Si rintana in se stesso, nell'ombra, a scrutare la luce, a seguirne il luccichio, ad ammirarne il fulgore, pronto a riprendere nuovamente il sopravvento, mia luce.
(Cerca di baciarla nuovamente, ma lei si sottrae alzandosi dal divano)
Donna Anna: Ah, non c'è dubbio che tra noi due il buio sia tu.
Don Giovanni: Così vi permetto di esistere.

Citazioni

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  • Sono un territorio, non ricordi? Un territorio non trepida, non freme. Un territorio giace. Spesso viene calpestato.
  • C'illudiamo che il mondo venga creato, modellato, ornato sulla nostra figura, ma non siamo che orpelli, soprammobili, tappezzeria, bric-à-brac, oggetti di contorno, satelliti intorno al sole creatore, al carro infuocato di Apollo che usa Venere come zerbino. Povere sceme!

Donna Anna: Eppure non riesci a usare il "tu". Non ci riesci neanche in punto di morte. No, mio caro, nemmeno il trucco della comprensione funziona. Ora che ti senti capito, scoperto da me, credi che mi amerai sempre. Ma so che non ne sei capace. Proprio perché ti capisco, lo so. Quindi non attacca. Non puoi più conquistarmi.
Don Giovanni: Ne morirò.
Donna Anna: Anche un dio prima o poi dovrebbe provare a morire.
Don Giovanni: Cosa farete senza qualcuno che crea per voi?
Donna Anna: Non lo so. Ma sarà interessante scoprirlo.
Don Giovanni (riverso tra le braccia di Donna Anna): Posso dirvi un'ultima cosa?
Donna Anna: Come negartelo?
(Don Giovanni reclina il capo in grembo a Donna Anna e spira)
Donna Anna: Cosa volevi dirmi? Cosa volevi dirmi? (Lo schiaffeggia nel tentativo di rianimarlo) Oh, amore, cosa volevi dirmi? Su, non puoi lasciarmi così... Cosa diavolo dovevi dirmi, diavolo d'un uomo? Dai, torna qua, vieni qui ti ho detto e dimmi quello che devi dirmi! Parlami, insomma... parla!
(Tra i singhiozzi, gli stringe la testa inerte. Buio)

Kiki la modella

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Cos'era Parigi all'inizio del secolo scorso è ormai leggenda. Ci sono state Età dell'oro per l'arte ad Atene e a Firenze. A Parigi, a inizio Novecento, il fermento artistico è tale da far pensare di nuovo a una misteriosa congiunzione di eventi e individui in grado di produrre i miracolosi esiti che ancora oggi dettano legge nei musei e sui media. Nell'osservare quest'epoca da vicino, meraviglia la congerie di talenti d'ogni nazionalità confluiti per i motivi più svariati – dall'esilio alla visita di piacere – in questa particolare città, individui eccezionali che contribuiranno a renderla in pochi decenni la capitale dell'arte moderna.

Citazioni

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  • Quel corpo è arte per come respira e per la voglia di vivere che sprigiona. È scultura vivente in fase di allevamento. Per quanto lo si castighi, esso vincerà, perché dentro o tutt'intorno, a seconda di come s'intende la vita, l'anima lo spinge verso la bellezza, la leggerezza, l'amore. (p. 16)
  • Gli incipit fanno la fortuna di un libro solo dopo che il libro ha avuto fortuna. (p. 19)
  • Kiki è un'Eva contenta della propria scelta. (p. 41)
  • Eva è il primo essere umano che ha esercitato il libero arbitrio. Eva è il primo "vero uomo". E Kiki discende direttamente da lei. (p. 41)
  • Tutto è eros nella visione di Alice, anche l'anzianità ne rimane vestita, contaminata, toccata dal rimpianto. La nonna non sente ma avverte le solite cose insolite. (p. 43)
  • Un buon nome d'arte è uno scivolo che immette nella notorietà. (p. 109)
  • Ogni cosa che un artista fa per l'universo, l'ha fatto per se stesso e per qualcuno lì vicino. Se quel qualcuno lì vicino non c'è, il messaggio è uno ed è terribilmente chiaro: l'amore ha subìto già tutte le sue irrimediabili incrinature. (p. 163)
  • Non è diversa la sorte del leggendario Violon d'Ingres, in cui la modella è ritratta nuda di spalle con due chiavi di violino sulla schiena, poste in un momento successivo, in fase di sviluppo e rielaborazione della foto. Tale intervento artistico surrealista non basta a togliere al volto lievemente piegato verso l'obiettivo, alla divisione netta delle natiche, il loro carattere di completata transitorietà. Che il turbante sulla sua testa sia lo stesso indumento usato come scialle in un'altra foto scattata da Ray a Kiki al tavolino di un ristorante, non fa che sottolineare l'unicità irripetibile della posa trascorsa. Kiki, da quel tavolo, guarda dritta nell'obiettivo con un garbato sorriso di speranza. Lo scialle le sta sulle spalle con altrettanto garbo e non ha memoria né profezia di turbante. Ricompare sulle sue orgogliose spalle nella famosa foto di gruppo scattata davanti al Jockey il giorno dell'inaugurazione. È un indumento che cambia identità ad ogni scatto, come la modella che lo indossa ad ogni scatto sfugge al presente e si ferma nel passato irreversibile della fotografia. La mano poggiata sul fianco serve a farsi coraggio e a intimidire, posa vagamente popolana, quasi zingara, tracciante una linea obliqua fino al naso che taglia di tre quarti il volto con imponenza impietosa, come non accadrà più in una foto di Man Ray. (p. 195)

Le gambe sono distese o raggomitolate come il pittore vuole, il sorriso è allentato come desidera lo scultore e le braccia stanno nella posizione decisa dal fotografo. Eppure sfugge, il luccichio, da quel lontano marciapiede di Châtillon-sur-Seine in cui ha lottato per accendersi, scintilla lungo l'esistenza e illumina i marciapiedi dei boulevard, le terrazze dei caffè, balugina oggi in ogni quadro, nel ricordo che i poeti e gli scrittori porgono di lei.

Una bambina di undici anni cammina in campagna d'estate e alla sommità di una roccia vede due serpi attorcigliate, due opulenti serpenti neri dal veleno mortale avvinghiati in un dolce movimento. È terrorizzata, non osa muoversi né respirare. È anche affascinata. Per la prima volta sta vedendo la morte così da vicino. Si chiede se quella sia davvero la morte o la danza della vita. Rimane a lungo davanti alle due creature, incantata. È diventata serpente.

Citazioni

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  • L'incesto è la cassaforte degli affetti famigliari. Come si permette un cugino appena adulto di appropriarsi di qualcosa che proviene direttamente dai lombi del capofamiglia e gli appartiene in via patrilineare? (p. 23)
  • Performance di pittura allo sparo s'inanelleranno a trasformazioni di bambine in dee, in giganti indistruttibili e variopinti nel tentativo di consumare una vendetta, poi una rivalsa, un riscatto e infine una riconciliazione con la Natura Madre e con un qualche Padre primevo, forse, dopo la morte fisica di quello autentico. L'evoluzione artistica offrirà l'illusione di un movimento da quell'episodio, tenendolo invece costantemente immobile quale fulcro emotivo della sua creatività. (p. 26)
  • Più colori e meno elettrodi: questo avrebbe potuto essere lo slogan idoneo a una riforma delle clinihce psichiatriche dell'epoca. (p. 88)
  • Quando un'epoca si mette ad avere punti di vista, non si è più al sicuro. (p. 103)
  • Una volta "eseguita" l'opera, una volta ucciso il quadro, potrà esserne acquistata ed esposta solo la carcassa, il cadavere che, come dice Niki, vive però una nuova vita. (p. 133)
  • Il tempo è una dimensione mitologica potentissima, è la porta da cui tutto entra ed esce. Il veggente sbircia in avanti attraverso di esso, il Mago confonde il presente con apparizioni e sparizioni stupefacenti, fruga nel passato scrutando nella memoria dell'universo, influenza il futuro con sortilegi di cui si dimenticherà l'esistenza. Il tempo carica di energia i movimenti. Progresso e regresso scorrono e indietreggiano, si arrestano dominati dall'incertezza capovolta dell'Appeso. Dominare il tempo nel suo primo ciclo artistico è l'intuizione geniale di Niki. (p. 136)
  • Nello scegliere le cose più grandi del mondo – le piccole carte che comprendono ogni saggezza racchiusa nelle minuscole arche che imprigionano i più potenti segreti del creato – per farne sculture pantagrueliche, Niki opera la riscossa del bambino di fronte alla mole prepotente dell'esistente. Riduce a parco giochi le nozioni più gravi che regolano vita ed esseri, dimensioni e distanze, si reimpossessa a nome di tutti i bambini della gentile innocenza che alla fine si nasconde in ogni terribile manifestazione esistenziale. (p. 183)

Le due nature, quella ancestrale simbolica e quella concreta e reale, sono riunite nella funzione di abbellire il mondo con quello che c'è. L'appariscente e il nascosto vengono in superficie e fanno mostra di sé nella forzosa riconciliazione dell'arte, l'arte di una bambina donna, di un'aristocratica sfollata, di una locomotiva a due binari ormai riappacificata con lo scambio principale che avrebbe dovuto separarli. Quale direzione prendere? E quando? La scelta è chiara: entrambe, sempre.

Elogio dello snob

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Le etimologie sono miniere di riflessioni e di incertezza. Affondando le radici in tempi spesso dimenticati, suggeriscono informazioni non sempre sostenute da riscontro, tracciano significati, a volte fuorvianti, sono spunto per interpretazioni creative da parte – principalmente – di filosofi, poeti e, in Italia, navigatori.

Citazioni

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  • Tra il "villan rifatto che imita i nobili" e il "maestro di futilità che coltiva raffinatezze sconosciute ai più" vibra il mistero di un termine equivoco, ambivalente, cangiante nel tempo e nel giudizio. Una parola cui l'etimologia non saprà offrire altra illuminazione che la fortuna di un ribaltamento completo. (p. 11)
  • Nelle università ribolliva una pressione dal basso verso l'alto e viceversa alla ricerca di un'uniformità non concessa: lo snobismo era piccola cosa, ma molto sintomatica. La nemesi di tale fenomeno sussultorio è stata infine l'attribuzione del termine snob a frange di entrambi i movimenti. (p. 19)
  • Dapprima scimmie imitanti e poi maestri di distinzione, gli snob hanno eroso le fondamenta delle classi puntando a ibridi sempre più liquidi, capaci di filtrare in altre dicotomie peculiari: l'eleganza e la sciatteria, il buongusto e il cattivo gusto, l'arte e la natura, l'omo e l'eterosessualità, il progresso tecnologico e il buon vecchio artigianato, la spiritualità e il materialismo, la cultura e l'ignoranza. (p. 31)
  • L'appariscenza dell'eccentrico è ridimensionata nella figura, talora molto più austera, del magister elegantiarum, e l'apparenza sostanziale del dandy si fa espressione visibile dello spirito, cui la visibilità non è concessa per natura. (p. 49)
  • Così il senzatetto si gusta il cielo stellato dal suo giaciglio sotto il ponte, la proletaria fa merenda sul prato tra i condomini di Praga per godersi il verde, il genio si bea di essere incompreso, l'artista di essere di nicchia, la ballerina di fila di non aver ceduto alle profferte sessuali di un facoltoso protettore. (p. 55)
  • Il Don Giovanni impersonato da Casanova è la più riuscita transustanziazione di un personaggio letterario in un individuo di carne e ossa. La dichiarazione di superiorità della parola scritta sulla vita vissuta, evocata dal Don Chisciotte di Cervantes e in futuro tradotta al femminile da Gustave Flaubert in Madame Bovary, si perfeziona nel massimo snobismo pre-dandy di "Don" Giovanni Giacomo Casanova, che per primo porta coscientemente a realtà l'apparenza di una creazione narrativa. (p. 75)
  • Sono i poeti e gli artisti a promuovere gli artisti e i poeti patrocinandoli, riprendendone le opere, acquisendone frammenti e citazioni nelle proprie. Così si propaga lo spirito dandy verso l'aristocrazia spirituale della noncuranza terrena, territorio impalpabile e squisito che contraddistingue un popolo polimorfo unito da una solitaria solidarietà a distanza. (p. 83)
  • Le sue parole in punto di morte riecheggiano con maggior leggerezza quelle del Cristo, dandy leggendario ancora insuperato: «Bevete alla mia salute». (p. 104)
  • Essere poeta significa permeare il mondo per lasciarsene permeare e creare un nuovo mondo che cerchi di spiegare quello esistente, con l'aiuto della più alta espressione dello spirito di contraddizione. Essere poeta è essere snob nel senso più edificante e totale della parola. Il poeta non smette mai di lavorare, soprattutto non si avvale soltanto delle parole e dei versi, ma di qualunque linguaggio sia a disposizione dell'artista. Questo vale per quasi tutti i dandies che abbiano avuto un'influenza sul progresso culturale, da Baudelaire a Andy Warhol. Perfino l'ostentato disinteresse di Brummel denunciava una febbrile operosità per la distinzione.

Fan, una parola coniata da Andy Warhol, quello dei 15 minuti di popolarità destinati a chiunque, divenuti ormai 15 secondi. Il numero di visualizzaioni diventa potere contrattuale in futuro ambito pubblicitario, riportando il prestigio nella sfera del fustino Brillo. La rincorsa della tendenza, l'inseguimento e il sorpasso della Guida sono movimenti irrinunciabili nella vita sociale. Attendiamo ancora un paio d'anni prima di vedere quanto c'è, se c'è, di diverso tra Severgnini e Sainte-Beuve. Poi ne riparleremo.

Guida ai grandi aforisti

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  • L'aforisma è la forma d'arte, sintetica ed efficace a un tempo, che meglio rappresenta lo scrittore scomparso nel momento in cui la memoria dell'uomo artista torna ad affermarsi in qualche anniversario, della nascita o della morte. (p. 9)
  • L'uomo evidentemente ricerca una stabilità logica in cui poi non ama soffermarsi. (p. 12)
  • E gli aforismi, pazientemente riconosciuti dai filologi, trascolorano pian piano nell'oblio della paternità come orfanelli sulle vie dell'Oriente. (p. 15)
  • Dimmi che poeta citi e ti dirò chi sei. Dimmi quale filosofo ricordi, a quale regista cinematografico ti riferisci, quale segreta peculiarità di uno scrittore conosci e io saprò se ammirarti o trascurare l'insufficienza della tua galassia di menzioni. (p. 15)
  • Il diritto d'autore è un istituto tardivo di cui il tempo fa giustizia a dispetto dei cavilli legali. (p. 16)

Elogio della borghesia

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Luis Buñuel in uno dei suoi film più famosi, Il fascino discreto della borghesia, del 1972, traccia un ritratto che vorrebbe essere impietoso ma che grazie all'uso dell'ironia, strumento borghese per eccellenza, non riesce a discostarsi dallo charme evocato nel titolo originale.

Citazioni

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  • Un postino nudo è sempre un postino. (p. 16)
  • Attira più il fascino di un'imperfezione che la perfezione stessa. (p. 20)
  • Se non da parte dei nobili scalzati dai loro troni, da tutti gli altri viene simpatia per questa classe che è l'immagine di ciascuno e di nessuno, proiezione di un desiderio realizzato e mai interamente compiuto. Nelle pieghe di questa indeterminatezza fatta di opposti e chiaroscuri, si annida invincibile il suo discreto fascino. (p. 20)
  • Perché sei un saggista e sai che non resisterai alla sfida. Non sei uno storico né un sociologo, sei uno scrittore, principalmente un artista. Sai che ogni saggio non è altro che un nuovo capitolo della tua autobiografia, come ben sapeva Oscar Wilde – vedi prefazione a Il ritratto di Dorian Gray – e, per quanto fuori tema rispetto alla tua vita, sai che alla fine riuscirai a farcelo rientrare, o viceversa. (p. 21)
  • Sembra che la letteratura sia una scienza "senza qualità" che offre il suo servizio alla storia senza pretendere di modificarla. (p. 67)
  • L'individuo si nutre della letteratura, ne fa sostegno della propria psicologia, vi trova sollievo o divertimento, ma poi si muove indipendentemente da essa seguendo i venti degli accadimenti storici. (p. 68)
  • I se e i ma sono necessari e preziosi, sono creature della sintassi che hanno una funzione moderante, riflessiva, spostano i punti di vista e li fanno soppesare. Un mondo senza ipotetiche e avversative è un mondo totalitario. Nelle dittature non sono ammessi se e non sono ammessi ma. (p. 173)

E allora io, figlio di ferroviere, che da ragazzo ho lavorato di notte alla Melegatti e ho pure servito il mio Comune per un mese e mezzo di contratto a termine tra le file dei netturbini, mi sento borghese, felice traditore della mia classe di provenienza com'è nella migliore tradizione degli snob cari alla borghesia. Outsider, male accetto come qualunque snob, sono grato a questa classe così inclusiva da non avermi escluso in virtù della mia fatica applicata alla cultura. Grato a una classe che non mi ha lasciato fuori al buio e mi ha tenuto d'occhio affinché mostrassi ciò che, piacesse o meno, avevo da offrire. E sono grato all'editore che mi ha chiesto di cimentarmi in questo saggio.

Il senso per la parola di Serge Gainsbourg

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  • La poesia è la creazione della vita, un'opera d'arte spesso riassunta in un insufficiente epitaffio. L'opera può essere la vita e la vita può essere l'opera. [...] Un poeta che lascia al mondo la sua poesia lascia in eredità la sua vita. Che può nasconderne un'altra. (p. 6)
  • Tutto è bene quel che finisce nell'ingiustizia. La festa dell'orrore si conclude con l'immeritato riposo del criminale in un esilio senza responsabilità né colpa. (p. 22)
  • Eppure lottano e si impegnano nella vita come se davvero potesse servire a qualcosa. Il fatalismo nasce per aiutare l'individuo a compiere il proprio dovere comunque, per sentirsi comunque uomo. (p. 22)
  • Il calembour è un costrutto parassita, una forma felice di memoria derubata e riciclata in favore di nuovi eventi suscettibili di pathos. Qualunque proverbio o frase celebre, qualunque titolo di film, romanzo e canzone di successo può essere modificato in parafrasi che, profittando della popolarità dell'originale, evochino costruzioni equivoche capaci di attirare l'attenzione sulla nuova idea. Amato dai comici e dai pubblicitari, abusato da titolisti e saltimbanchi, il calembour s'insinua nel grigiore della quotidianità offrendo speranze degne di ogni delusione. Se tutta la scrittura è scrittura sacra e ogni scrittore si parifica temporaneamente al Creatore, l'autore di calembour è un guastatore che nel sabotare il linguaggio gli attribuisce solennità e indigenza. (p. 37)
  • La solitudine del poeta emerge altissima in questi dettagli, infiniti e sempre più frequenti con il sommarsi degli anni e dei componimenti. La consapevolezza di scrivere cose al di sopra delle possibilità percettive della "gente normale" crea un probabile distacco progressivo tra l'uomo Gainsbourg e i suoi simili. Distacco in cui la consapevolezza del genio di non poter mai essere compreso fino in fondo per il valore della propria opera apre una voragine di misantropia che è semplice autodifesa. Paradossalmente, più la sua arte minore si è avvicinata alla musica pop, più è andato incontro ai gusti di massa e più ha disseminato i suoi lavori di preziosità musicali, attingendo alla sua formazione classica, e di perle poetiche sviluppando il suo genio per la parola. Se Rodolfo J. Wilcock scriveva che "L'ingiustizia è la giusta punizione di chi si sottopone al giudizio dei suoi inferiori", è evidente come, tra una frustrazione e l'altra, Serge Gainsbourg abbia potuto sentirsi vittima di una serie di ingiustizie a catena tali da accrescere il suo gusto autodistruttivo per l'alcol e la sigaretta. L'alter ego negativo Gainsbarre emerge dal puro e innocente Gainsbourg come reazione all'impossibilità delle masse a comprendere l'acutezza del genio. Qualcosa di simile ha provato sicuramente Bob Dylan, come pure Glenn Gould, tutti i geni che in un certo momento della loro vita hanno sentito di doversi difendere dall'incomprensione inevitabile del resto del mondo. Ciascuno reagisce a proprio modo. Gould si è isolato, Dylan ha cambiato compulsivamente le esecuzioni delle proprie canzoni per esaltarne la natura estemporanea ed eterna. Gainsbourg, più timido e fragile, più bisognoso di riconoscimento e gloria, più affamato d'amore, non ha trovato che la soluzione dell'apparente abbrutimento, dell'abbandono al fondo dell'infimo per far risaltare forse, un giorno, il diamante del suo sublime. Per questo a trent'anni dalla morte, soprattutto nel mondo francofono, i libri di esegesi sull'opera di Gainsbourg continuano a moltiplicarsi senza esaurire l'argomento. (p. 145)
  • Come Casanova sentiva di impersonare il Don Giovanni letterario scrivendo le proprie memorie, così il poeta decide di evolversi-dissolversi definitivamente nel suo lato oscuro per rinunciare almeno alla scomodità del dualismo. Meglio essere uno e pessimo che essere sempre in conflitto tra sé e sé. (p. 159)
  • Appena si ascolta la canzone Charlotte forever, infatti, si ritrova tutto il mondo che lo ha reso unico. Preso il modello ever che suona alla francese 'eur' per molte rime del lungo duetto con la figlia, la solita genialità rimette in campo tutte le possibilità linguistiche che ne possono scaturire, con anagrammi inglesi tra 'leader' e 'dealer', sottrazioni che scambiano Charlotte for Eve, timori, tremori, rossori, autori che conducono infine alla corruzione di minori. (p. 177)
  • La sua visione estetica vince sulle miserie umane, inclusa la propria. (p. 183)

Quante luci nel suo passaggio terreno, e quante ombre, ma tutto brilla in Gainsbourg, soprattutto il buio. Dal Cimitero di Montparnasse con le Gitanes lasciate in omaggio da feticisti del viaggio in metro insieme agli ultimi biglietti del Poinçonneur des Lilas, uscendo verso 5 bis, rue de Verneuil, dove qualcuno scrive sul muro che Dio è un fumatore, il suo amore per i classici, la sua lotta di ragazzino con la stella gialla da sceriffo nella Parigi occupata, il suo anticonformismo oltranzista, l'aqualescopismo, il buco nero che l'ha ingoiato prima che il suo Steinway venisse fatto a pezzi come da lascito testamentario: tutto è espressione di un 'neanch'io' esploso in faccia a ogni risibile affermazione del mondo.

Ti amo, neanch'io.
Sono ebreo, neanch'io.
Sono un genio, neanch'io.
Sono morto, neanch'io.

Citazioni su Marco Ongaro

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  • Iniziamo con la prima caratteristica: la ritrattistica. Diverse sono le canzoni che, descrivendo un personaggio, ne esaltano dei tratti per bloccarli nel tempo; si può citare Artista moribondo, canzone che parla di Piero Ciampi e lo descrive morente, in un momento emblematico dell'"adesso" e di tutta una vita. Ciò che a Ongaro interessa è bloccare una caratteristica, la tracotanza artistica di chi nella morte vuole strabiliare, magari non riuscendoci, come Ciampi non è riuscito a battere gli dei, nonostante non sia "mai arrivato secondo/col fucile o con la penna". Immancabile l'aria da guascone, sfrontata del soggetto:

Il vecchio artista moribondo
potrai anche sentirlo dire:
"Ai miei tempi stavo quasi vincendo
ma poi ho dovuto partire"

La realtà è una realtà inchiodante, che non appartiene all'artista "distante mille sogni da te"; qui, nell'ultimo spettacolo che gli è consentito, la verità è "perdere o morire/che schifo di decisione". Non serve altro, per descrivere un poeta, un cantautore, un artista. Paolo Talanca, Cantautori Novissimi

  1. Dall'intervista Marco Ongaro - Star Trek, bravonline.it, 5 novembre 2020.
  2. Citato in Fabio Antonelli, Marco Ongaro: quando l'amore sfida l'algoritmo dell'iPhone, qubemusic.it, 19 Febbraio 2024.

Bibliografia

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