Manifesto del Partito Comunista

saggio scritto da Karl Marx e Friedrich Engels
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Manifesto del Partito Comunista, saggio scritto da Karl Marx e Friedrich Engels tra il 1847 e il 1848.

Copertina dell'edizione originale

Incipit

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Originale

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Ein Gespenst geht um in Europa – das Gespenst des Kommunismus. Alle Mächte des alten Europa haben sich zu einer heiligen Hetzjagd gegen dies Gespenst verbündet, der Papst und der Czar, Metternich und Guizot, französische Radikale und deutsche Polizisten.
Wo ist die Oppositionspartei, die nicht von ihren regierenden Gegnern als kommunistisch verschrieen worden wäre, wo die Oppositionspartei, die den fortgeschrittenen Oppositionsleuten sowohl, wie ihren reaktionären Gegnern den brandmarkenden Vorwurf des Kommunismus nicht zurückgeschleudert hätte?
Zweierlei geht aus dieser Thatsache hervor.
Der Kommunismus wird bereits von allen europäischen Mächten als eine Macht anerkannt.
Es ist hohe Zeit, daß die Kommunisten ihre Anschauungsweise, ihre Zwecke, ihre Tendenzen vor der ganzen Welt offen darlegen, und den Mährchen vom Gespenst des Kommunismus ein Manifest der Partei selbst entgegenstellen.
Zu diesem Zweck haben sich Kommunisten der verschiedensten Nationalität in London versammelt und das folgende Manifest entworfen, das in englischer, französischer, deutscher, italienischer, flämmischer und dänischer Sprache veröffentlicht wird.

Uno spettro s'aggira per l'Europa: — è lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa si alleano per dare santamente una spietata caccia a cotesto spettro: — e ossia il papa e lo czar, Metternich e Guizot, i radicali francesi e i poliziotti tedeschi.
Qual è il partito di opposizione, che i suoi avversarii al potere non abbiano colpito con la nota ingiuriosa di comunistico? e qual è il partito di opposizione, che alla sua volta non abbia ricambiata l'accusa, respingendo la infamante designazione del comunismo, o sugli elementi più avanzati della opposizione stessa, o su gli avversarii apertamente reazionarii?
Da questo fatto si viene a due conclusioni.
Il comunismo è oramai dalle potenze d'Europa quale un'altra potenza.
È tempo oramai che i comunisti espongano senz'altro innanzi a tutto il mondo il loro modo di vedere, i loro intenti, le loro tendenze e che allo spettro del comunismo contrappongano il manifesto del partito.

Uno spettro si aggira per l'Europa: lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono coalizzate in una sacra caccia alle streghe contro questo spettro: il papa e lo zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi.
Dov'è il partito di opposizione che non sia stato bollato di comunismo dai suoi avversari al governo, dove il partito di opposizione che non abbia ritorto l'infamante accusa di comunismo sia contro gli esponenti più progressisti dell'opposizione che contro i suoi avversari reazionari?
Di qui due conseguenze.
Il comunismo viene ormai riconosciuto da tutte le potenze europee come una potenza.
È gran tempo che i comunisti espongano apertamente a tutto il mondo la loro prospettiva, i loro scopi, le loro tendenze, e oppongano alla favola dello spettro del comunismo un manifesto del partito.
A questo scopo si sono radunati a Londra comunisti delle più diverse nazionalità e hanno redatto il seguente manifesto, che viene pubblicato in lingua inglese, francese, tedesca, italiana, fiamminga e danese.

Uno spettro si aggira per l'Europa – lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa, il papa e lo zar, Metternich e Guizot, i radicali francesi e i poliziotti tedeschi, si sono unite in una crociata e in una caccia spietata contro questo spettro.
Qual è il partito d'opposizione che non sia stato tacciato di comunismo dai suoi avversari al governo? E qual è il partito che, a sua volta, non abbia rilanciato l'infamante accusa di comunismo contro le personalità più avanzate dell'opposizione o contro i suoi avversari reazionari?
Due sono le conseguenze di questo fatto.
Il comunismo è ormai riconosciuto come potenza da tutte le potenze europee.
È ora che i comunisti espongano apertamente a tutto il mondo il loro modo di vedere, i loro scopi, le loro tendenze, e che contrappongano alle favole sullo spettro del comunismo un manifesto del partito.

Capitolo I, Borghesi e proletari

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Karl Marx
 
Friedrich Engels
  • L'istoria dell'umanità non è stata che l'istoria della lotta di classe. Uomini liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi, oppressori ed oppressi, in opposizione costante, condussero una guerra, ora aperta, ora dissimulata; una guerra che sempre finì con una trasformazione rivoluzionaria dell'intera società, o con la distruzione delle due classi in lotta. (cap. I)
  • Ogni dì più la società si divide in due grandi campi opposti, in due classi nemiche: la Borghesia ed il Proletariato. (cap. I)
  • Il governo moderno non è che un comitato amministrativo degli affari della classe borghese. (cap. I)
  • La borghesia ha percorso, nella storia, un ruolo essenzialmente rivoluzionario.
    Dovunque conquistò il potere, essa calpestò le relazioni feudali e patriarcali. Tutti i vincoli multicolori che univano l'uomo feudale ai suoi superiori naturali essa li schiacciò senza pietà, per non lasciare sostituire, tra uomo, e uomo, altri vincoli che il freddo interesse, che la dura moneta contante. Essa annegò l'estasi religiosa, l'entusiasmo cavalleresco, il sentimentalismo del piccolo borghese, nelle acque ghiacciate del calcolo egoista. Essa fece della dignità personale un semplice valore di scambio; essa sostituì alle numerose libertà sì caramente conquistate, l'unica ed insensibile libertà del commercio. In una parola, al posto della spogliazione coperta da illusioni religiose e politiche, essa pose una spogliazione aperta, diretta e brutale.
    La borghesia spogliò della loro aureola, con paura, tutte le professioni considerate sino allora venerabili e venerate. Essa fece del medico, del giurista, del prete, del poeta, dello scienziato, altrettanti operai salariati.
    La borghesia strappò il velo della poesia soave, che ricopriva le relazioni di famiglia e le ha ridotte a non essere che dei semplici rapporti di denaro. (cap. I)
  • Spinta dal bisogno d'uno smercio sempre più esteso, la borghesia invade il globo intero. Bisogna che dappertutto essa s'impianti, che dappertutto stabilisca e crei dei mezzi di comunicazione.
    Per mezzo dello sfruttamento del mercato mondiale, la borghesia imprime un carattere cosmopolita alla produzione ed alla consumazione di tutti i paesi. A disperazione dei reazionarii essa tolse all'industria la sua base nazionale. Le vecchie industrie nazionali sono distrutte o sul punto di esserlo. Esse vengono sostituite da nuove industrie la cui introduzione diviene una questione vitale per tutte le nazioni incivilite; industrie che non adoperano più materie prime indigene, bensì materie prime venute dalle regioni più lontane, ed i cui prodotti non si consumano soltanto nel paese stesso, ma in tutti i punti del globo. In luogo dell'antico isolamento locale e nazionale, si sviluppa un traffico universale, una dipendenza mutua delle nazioni. Ciò che avviene nella produzione materiale si riproduce nella produzione intellettuale. Le produzioni intellettuali di una nazione divengono proprietà comune di tutte. L'esclusivismo ed i pregiudizii nazionali divengono ognora più impossibili; e delle diverse letterature nazionali e locali si forma una letteratura universale. (cap. I)
  • La borghesia sopprime ogni dì più lo sparpagliamento dei mezzi di produzione, della proprietà e della popolazione. Essa aggruppa le popolazioni, accentra i mezzi di produzione e concentra la proprietà nelle mani di qualche individuo. La conseguenza fatale di questi cambiamenti fu lo accentramento politico. (cap. I)
  • Provincie riunite tra loro solo dai legami federali, aventi interessi, leggi, governi, tariffe doganali differenti, furono riunite in una sola nazione, un solo governo, una sola tariffa doganale, un solo interesse nazionale di classe. La borghesia, dal suo avvenimento appena secolare, creò delle forze produttive, più svariate e più colossali che tutte le generazioni passate prese insieme. (cap. I)
  • Basta menzionare le crisi commerciali che, per il ritmo periodico, mettono ognor più in questione l'esistenza della società borghese. Ogni crisi distrugge regolarmente, non soltanto una massa di prodotti già creati, ma ancora una grande parte delle stesse forze produttrici. Una epidemia colpisce l'umanità, che nelle epoche precedenti sarebbe sembrata un paradosso: è l'epidemia della sopra-produzione. La società si trova subitamente rigettata in uno stato di momentanea barbarie: si direbbe che una guerra d'esterminio le porta via tutti i mezzi di vita: l'industria ed il commercio sembrano paralizzati. – E perché? – perché la società ha troppa civiltà, troppi mezzi di sussistenza, troppa industria, troppo commercio. (cap. I)
  • Come fa la borghesia per superare queste crisi? Da una parte con la distruzione forzata d'una massa di forze produttrici, dall'altra con la conquista dei nuovi mercati e lo sfruttamento più perfetto degli antichi. Cioè essa prepara delle crisi più generali e più terribili, e riduce i mezzi per prevenirle. (cap. I)
  • Ma la borghesia non ha soltanto fabbricato le armi che devono darle la morte; essa produsse pure gli uomini che devono manipolarle – gli operai moderni, i Proletarii. Con lo sviluppo della borghesia, cioè del capitale, si sviluppa il Proletariato, la classe degli operai moderni, i quali non vivono, che a condizione di trovare lavoro, e che non ne trovano più appena che il loro lavoro cessa di aumentare il capitale. (cap. I)
  • La borghesia vive in uno stato di guerra perpetua; prima contro l'aristocrazia, poi contro questa categoria della borghesia i cui interessi entrano in contraddizione col progresso dell'industria, ed infine contro la borghesia dei paesi stranieri. (cap. I)
  • Di tutte le classi, attualmente avversarie della borghesia, il proletariato solo è veramente rivoluzionario. Le altre classi si dislocano e scompaiono in causa della grande industria: il proletariato, al contrario, è il suo prodotto particolare. (cap. I)
  • La classe media, i piccoli fabbricanti, i bottegai, gli artigiani, i contadini lottano contro la borghesia perch'essa compromette la loro esistenza in qualità di classe media. Per conseguenza essi non sono rivoluzionarii, ma conservatori. Anzi sono reazionari, poiché si sforzano di far retrocedere il cammino alla storia. Se essi agiscono rivoluzionariamente è per la paura sempre presente di cadere nel Proletariato. Essi difendono in questo caso i loro interessi futuri, e non i loro interessi attuali; essi rinunciano al loro proprio punto di vista per mettersi in quello del Proletariato. (cap. I)
  • Il movimento del proletariato è il movimento spontaneo della immensa maggioranza a profitto della immensa maggioranza. (cap. I)
  • La borghesia produce innanzi tutto i suoi seppellitori. La sua caduta ed il trionfo del proletariato sono del paro inevitabili. (cap. I)

Capitolo II, Proletarii e Comunisti

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  • Lo scopo immediato dei comunisti è il medesimo di tutte le frazioni del proletariato: organizzazione dei proletarii in partito di classe, distruzione della supremazia borghese, conquista del potere politico per parte del Proletariato. (cap. II)
  • Tutti i rapporti di proprietà sono stati soggetti a un continuo mutamento storico, a una continua trasformazione storica.
    La rivoluzione francese, ad esempio, abolì la proprietà feudale a favore di quella borghese. (cap. II; Laterza 1999, p. 26)
  • Il carattere distintivo del comunismo non è l'abolizione della proprietà in generale, ma l'abolizione della proprietà borghese. (cap. II)
  • [...] i comunisti possono riassumere le loro teorie in questa proposta: abolizione della proprietà privata. (cap. II)
  • Noi non vogliamo in alcun, modo, abolire quest'appropriazione personale dei prodotti del lavoro indispensabile al mantenimento dell'esistenza quest'appropriazione non lascia dietro di sé alcun profitto netto, che dia del potere sul lavoro degli altri. Ciò che noi vogliamo è, sopprimere le miserie di quest'appropriazione, che fanno sì che l'operaio non vive, che per accrescere il capitale, e nei limiti voluti dagl'interessi della classe dominante. (cap. II)
  • [Sull'abolizione della proprietà privata] Ed è l'abolizione di un simile stato di cose che la borghesia chiama abolizione della personalità e della libertà. In questo essa non ha torto. Poiché si tratta effettivamente dell'abolizione dell'individualità, dell'indipendenza, e della libertà borghese. (cap. II)
  • Voi inorridite all'idea che noi vogliamo abolire la proprietà privata. Ma nell'attuale vostra società la proprietà privata è abolita per nove decimi dei suoi membri; anzi, essa esiste precisamente in quanto per quei nove decimi non esiste. Voi ci rimproverate dunque di voler abolire una proprietà che ha per condizione necessaria la mancanza di proprietà per l'enorme maggioranza della società. In una parola, voi ci rimproverate di voler abolire la vostra proprietà. È vero: è questo che vogliamo. (cap. II)
  • Il comunismo non toglie a nessuno potere d'appropriarsi la sua parte dei prodotti sociali, esso non toglie che il potere di assoggettare coll'aiuto di quest'appropriazione, il lavoro degli altri. (cap. II)
  • I nostri borghesi non contenti di avere a loro disposizione le mogli e le figlie dei loro proletarii, senza parlare della prostituzione ufficiale, trovano il piacere singolare... d'incoronarsi tra loro. (cap. II)
  • Gli operai non hanno patria. Non si può levar loro quello che non hanno. Siccome il proletariato d'ogni paese deve, in primo luogo, costituirsi in classe nazionale nel proprio paese, nei suoi proprii limiti nazionali, per questo fatto egli è nazionale, non però nel senso borghese. (cap. II)
  • [...] la prima fase nella rivoluzione operaia è la costituzione del proletariato in classe dominante, la dominazione del popolo.
    Il proletariato si servirà della sua supremazia politica per strappare gradualmente il capitale alla borghesia, per accentrare tutti gl'istrumenti di produzione nelle mani dello stato, cioè del proletariato organato in classe dominante, e per aumentare il più presto possibile la massa delle forze produttrici disponibile.
    E questo naturalmente non potrà essere effettuato, da principio, che per mezzo di un'azione dispotica verso i diritti di proprietà ed i rapporti di produzione borghese, cioè prendendo delle misure, che dal punto di vista economico, sembreranno insufficienti ed insostenibili, ma che sono indispensabili come mezzo di rivoluzionare l'intero sistema di produzione. (cap. II)
  • [...] il potere pubblico perde il suo carattere politico. Il potere politico è l'organamento del potere di una classe per l'oppressione di un'altra. Se il proletariato, nella sua lotta contro la borghesia, si costituisce forzatamente in classe, se egli si erige con una rivoluzione in classe dominante e, come classe dominante distrugge violentemente i vecchi rapporti di produzione, egli distrugge, nello stesso tempo che questi rapporti di produzione, le condizioni di esistenza dell'antagonismo di classe, egli distrugge le classi in generale, e quindi la sua stessa dominazione come classe. (cap. II)

Capitolo III, Letteratura socialista e comunista

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Sottocapitolo 1, Il socialismo reazionario

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  • Nulla di più facile che dare all'ascetismo cristiano una mano di vernice socialista. [...] Il socialismo sacro è soltanto l'acqua santa con cui il prete benedice il risentimento degli aristocratici. (cap. III.1; Laterza 1999, p. 41)

Sottocapitolo 4, Posizione dei comunisti a petto dei differenti partiti dell'opposizione

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  • Insomma, i comunisti appoggiano dappertutto qualunque movimento rivoluzionario contro lo stato di cose sociali e politiche esistenti. In tutti questi movimenti essi mettono innanzi la questione della proprietà, quale che sia la forma più o meno sviluppata ch'essa abbia rivestita, come la questione fondamentale del movimento. (cap. III.4)
  • I comunisti non si abbassano a dissimulare le loro opinioni ed i loro fini. Essi proclamano altamente che questi fini non potranno essere raggiunti senza il rovesciamento violento d'ogni ordine di cose attuale. Che le classi dominanti tremino pure all'idea d'una rivoluzione comunista. I proletarii non hanno nulla a perdere, all'infuori delle loro catene: essi hanno un mondo da guadagnare. Proletari di tutti i paesi unitevi! (cap. III.4)

Citazioni sul Manifesto del Partito Comunista

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  • I Vangeli e il Manifesto del partito comunista sbiadiscono; il futuro del mondo appartiene alla Coca-Cola e alla pornografia. (Nicolás Gómez Dávila)
  • Marx dà già una forma-partito alla struttura propriamente politica della forza che dovrà essere, secondo il Manifesto, il motore della rivoluzione, della trasformazione, dell'appropriazione, quindi finalmente della distruzione dello Stato, e della fine del politico come tale. (Jacques Derrida)
  • Tutta l'esperienza della storia moderna e, in particolare, la lotta rivoluzionaria del proletariato di tutti i paesi, sviluppatasi per più di cinquant'anni, dopo la pubblicazione del Manifesto comunista, dimostrano inconfutabilmente che la concezione marxista del mondo è la sola espressione giusta degli interessi, delle opinioni e della cultura del proletariato rivoluzionario. (Lenin)

Bibliografia

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Voci correlate

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