Malattia e destino
Malattia e destino, saggio di Thorwald Dethlefsen e Ruediger Dahlke.
- Così come tutto il mondo materiale è soltanto il palcoscenico su cui prende forma il gioco delle immagini primigenie che in questo mondo diviene allegoria, analogamente anche il corpo materiale è il palcoscenico sul quale si esprimono le immagini della coscienza. (p. 19)
- Non conosciamo una sola sollecitazione di Gesù a migliorare questo mondo e a trasformarlo in un paradiso — ma in ogni sua frase Gesù sollecita l'uomo a osare di fare il passo che porta alla salvezza. (p. 42)
- La redenzione dalla colpa è la conquista dell'unità – ma raggiungere l'unità è impossibile a chi cerca di evitare una metà della realtà. (p. 61)
- Di regola le interpretazioni esatte suscitano un senso di malessere, un senso di paura e quindi di ripulsa: e questo indica che si è individuato il reciproco rapporto. In questi casi può essere utile avere un partner o un amico sincero che si possa interrogare e che abbia il coraggio di dire apertamente quali sono i nostri punti deboli, quelli almeno che lui vede in noi. Ancora più sicuro è prestare ascolto alle critiche dei nostri nemici – loro hanno quasi sempre ragione. Regola: Quando un'interpretazione colpisce nel segno, sgomenta. (p. 103)
- La guarigione tende all'unità e alla completezza. L'uomo è sano una volta che ha trovato il suo vero Sé ed è diventato una cosa sola con tutto quello che è. [...] La malattia costringe l'uomo a non abbandonare la via che porta all'unità, per questo la malattia è una via che conduce alla perfezione. (p. 104)
- Onesti in ogni caso sono qui i nomi delle armi: antibiotici. Questa parola si compone delle due parole greche anti = contro e bios = vita. Gli antibiotici sono quindi «sostanze dirette contro la vita»: questa è sincerità! (p. 116)
- Tutte queste considerazioni non dovrebbero essere male interpretate e considerate ricette. Non si tratta di decidere se «ci si debba far vaccinare oppure no», o «se sia meglio non fare mai uso di antibiotici». In ultima analisi è totalmente indifferente quello che si fa – finché si sa quello che si fa! Quello che ci sta a cuore è la consapevolezza, non le ricette prefabbricate. (p. 117)
- Tutto quello che avviene nel corpo, noi lo viviamo anche nella nostra coscienza, nella psiche. Se ci diamo una martellata su un dito, diciamo: il dito fa male. Il che però non è del tutto esatto, perché il dolore è esclusivamente nella coscienza, non nel dito: ci limitiamo a proiettare la sensazione psicologica "dolore" sul dito. Dato che il dolore è un fenomeno psicologico, è possibile influire su di esso: con la distrazione, l'ipnosi, la narcosi, l'agopuntura. (Chi trova esagerata questa affermazione, si ricordi del fenomeno del dolore-fantasma!). Tutto quello che viviamo e soffriamo in un processo patologico fisico, avviene esclusivamente nella nostra coscienza. La distinzione tra "psichico" e "somatico" si riferisce esclusivamente al piano proiettivo. (pp. 117-118)
- Se il pensiero taglia i legami col basso, perde le radici. Il pensiero funzionale della scienza è per esempio un pensiero privo di radici – gli manca il rapporto col motivo primo – la religio. L'uomo che segue soltanto la propria testa sale ad altezze vertiginose senza alcun ancoraggio verso il basso: nessuna meraviglia quindi che perda la testa. La testa suona il campanello d'allarme. Fra tutti gli organi, la testa è quello che reagisce più rapidamente attraverso il dolore. (p. 173)
- Ogni dolore è sempre il risultato di un'azione aggressiva. Se io do libero corso alla mia aggressività e la scarico su un altro, è la mia vittima che sente dolore. Se domino l'impulso aggressivo, questo si ritorce contro di me e sono io che avverto il dolore (autoaggressività). Chi ha dei dolori, dovrebbe sempre chiedersi a chi in realtà essi erano rivolti. (p. 230)
- Perfezione e unione possono essere realizzate soltanto nella coscienza, non dentro la materia, perché la materia è l'ombra della coscienza. Nell'ambito del fuggevole mondo delle forme l'uomo non può realizzare ciò che appartiene a un piano eterno. Nonostante ogni sforzo, il mondo non sarà mai sano, senza conflitti e senza problemi, senza tensioni e lotte. Non esisterà mai l'uomo sano, senza malattia e senza morte, e neppure l'amore che tutto abbraccia, perché il mondo delle forme vive dei suoi confini. (p. 267)
Bibliografia
modifica- Thorwald Dethlefsen e Ruediger Dahlke, Malattia e destino, traduzione di Paola Giovetti, Edizioni Mediterranee, 1986. ISBN 8827200754