Lope de Vega

scrittore, poeta e drammaturgo spagnolo

Félix Lope de Vega Carpio (1562 – 1635), scrittore, poeta e drammaturgo spagnolo.

Félix Lope de Vega

Citazioni di Lope de Vega

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  • E tu, Genova, gloriosa te ne stai. Oggi la tua repubblica si adorni di nuovi, vivaci colori, perché, fra i tanti tuoi eroici e intraprendenti capitani, Colombo è fra i migliori. Ora il mai visto orizzonte degli Indiani d'Occidente, si può ammirare qui, in Spagna, come dalla sommità d'un'alta montagna.[1]
  • Il vino è il latte dei vecchi. Non so se lo dice Cicerone o il vescovo di Mondoñedo.[2][3]
  • Io, sommo re di Lusitania, sono Cristoforo Colombo: nacqui a Nervi, povero sobborgo di Genova, fiore dell'Italia.[4]
  • Non voglio attender la fine che hanno tutti gli amori; perché è certo che finiscono in maggiore odio, quanto più grandi furono. Se dobbiamo esser nemici dopo, meglio vale concertarci ora con amicizia; ché quando la pratica cessa senza affronto, ben può continuare in confidenza senza biasimo e in affetto senza timore.[5]
  • Se fossi re, istituirei cattedre per insegnare a tacere.[3]
  • Vado alle mie solitudini, | dalle mie solitudini vengo, | perché per stare con me | mi bastano i miei pensieri.[6][3]

Diálogo militar

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  • Quella città famosa, il cui eccelso stato produce simili eroi nelle armi e nelle lettere; quella che da tanti secoli conserva maestà regale senza curvare a nessun re la testa superba: Genova la bella, dico, cui bacia i piedi il mare.[7]
  • [Su Ambrogio Spinola] [...] l'alba e il tramonto lo trovarono sempre vestito d'acciaio il corpo, la mente in gloriose imprese; esempio de' suoi soldati, illustre a tutte le frontiere, invidia dei secoli passati e gloria fortunata del secol nostro.[7]
  • [...] sebbene di questo cognome | Degli Spinola la memoria | Conservi una storia tanto alta, | quelle [le gesta] di questo grande capitano, | Ambrogio il Magno, saranno | di Italia e Spagna la gloria.
[...] aunque de aqueste apellido | De Spinolas la memoria | Conserva tan alta historia, | Las deste gran capitan, | Ambrosio el Magno, serán | De Italia y España gloria.[8]

Fuenteovejuna

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Nel palazzo del Gran Maestro di Calatrava, ad Almagro.
IL COMMENDADORE, FLORES, ORTUÑO e servi.
Commendatore: Il Gran Maestro è stato avvertito del mioarrivo qui nel borgo?
Flores: Sì, è stato avvertito.
Ortuño: Va maturando con gli anni.
Commendatore: E sa anche che io sono Fernando Gómez de Guzmán?
Flores: Non meravigliarti, è ancora un ragazzo.
Commendatore: Anche se ignora il mio nome, non gli doveva bastare il mio titolo di Commendatore maggiore?
Ortuño: Non manca chi gli consiglia di venir meno alla cortesia.
Commendatore: Così non si farà molti amici. La cortesia è la chiave che apre i cuori altrui, così come la sciocca scortesia è il mezzo migliore per farsi dei nemici.
Ortuño: Se uno scortese sapesse quanto è aborrito da tutti, anche da coloro che vorrebbero servirlo in mille modi, preferirebbe morire piuttosto che esserlo.

Citazioni

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  • Lionello: Affé mia, avete perduto la ferula, perché lo «spettegolatoio» pubblico è già occupato!
    Barrildo: Come vi è andata a Salamanca?
    Lionello: Storia lunga da raccontare.
    Barrildo: Sarete diventato un Bartolo!
    Lionello: Nemmeno un barbiere! Come vi dicevo, è cosa ben nota in questa facoltà quello che vi riferisco.
    Barrildo: Mi sembra che abbiate tratto molto profitto dagli studi.
    Lionello: Ho cercato di imparare quello che più importa.
    Barrildo: Da quando escono tanti libri per le stampe, non c'è nessuno che non presuma di saper tutto.
    Lionello: È appunto per questo, a mio parere, si sa ancor meno, poiché l'eccesso di nozioni genera confusione e risolve in vana schiuma i tentativi di sapere, sicché persino chi è più avvezzo a leggere si sente confondere a vedere tante pagine stampate. Io certamente non nego che l'arte della stampa abbia permesso a mille ingegni di distinguersi dalla massa dei ciarloni, e che custodisce quasi in luogo sacro le sue opere, poesie al riparo dalle offese del tempo, il quale poi le distribuisce e le classifica. Questa invenzione si deve a Gutemberg, um famoso tedesco di Magonza, la cui fama supera ogni altro valore. Tuttavia molti che ebbero idee degne di considerazione, le persero proprio per aver dato alle stampe le loro opere, senza contare che molti stamparono sciocchezze dandosi arie di sapienti, mentre altri, vittime di bassa invidia, scrissero indegne insulsaggini e le mandarono in giro per il mondo, stampate, sotto il nome di coloro che essi odiavano.
    Barrildo: Non sono di codesta opinione.
    Lionello: È fatale che l'ignorante si vendichi del letterato.
    Barrildo: La stampa è una cosa molto importante, Lionello!
    Lionello: Il mondo è rimasto per molti secoli privo di essa! Né vediamo nel secolo presente personalità eccelse come quelle di un san Gerolamo o di un sant'Agostino...
    Barrildo: Lasciamo codesto discorso, e accomodatevi, ché mi parete stanco. (Atto II, scena II, p. 30-31.)
  • Commendatore: Alle donne facili io voglio molto bene e le pago nolto male. Se sapessero stimarsi per quello che valgono, caro il mio Flores...
    Flores: I favori che esse accordano si possono mettere alla stregua dei peggiori disgusti; arrendersi presto significa togliere ogni speranza di vero bene. Ma esistono anche donne a proposito delle quali dice il filosofo che desiderano gli uomini come la forma ha desiderio della materia; e non devi stupirti che le cose vadano a quel modo.
    Commendatore: Un uomo pazzo di desiderio si rallegra che esse si arrendano facilmente ai suoi amorosi assalti; ma poi perde ogni stima di esse, e anche per l'uomo più riconoscente il miglior sistema per fargli dimenticare l'amore è accordargli facilmente l'appagamento del suo desiderio. (Atto II, scena V)

[Lope de Vega, Fuenteovejuna, traduzione di Cesco Vian, EDIPEM, 1973. ]

Armonía es puro amor, | porque el amor es concierto.
  • Quando i paesi oltraggiati sono spinti alla rivolta, non si placano mai senza sangue o senza essersi vendicati.

La ragazza sciocca

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Liseo: Che belle locande!
Torino: E fresche!
Liseo: Il caldo non si sa che cosa sia.
Torino: Cimici e biancheria di qui sono famosi in tutta l'Europa.
Liseo: Splendido paese, Illescas! Devi girare un pezzo per il mondo, prima di trovarne uno uguale.
Torino: E se tu ne sapessi anche la causa...
Liseo: Qual è?
Torino: Due mesidi frottole e di menzogne.
Liseo: Siccome si riuniscono qui quelli che arrivano da Madrid e quelli che arrivano da Siviglia, vale a dire la Castiglia e l'Andalusia, discorrono lungamente gli uni con gli altri; gli uni riferiscono novità delle Indie e gli altri parlano di nomine e di incarichi statali: tutte cose di cui il volgo si pasce volentieri... Hai preso i nastri con su stampate le immagini?
Torino: Sì, una dozzina.
E che immagini?
Torino: Proprio di quelle che tutta la Spagna reputa miracolose in qualsiasi circostanza richiesta dalla fama e dalla devozione.
Liseo: Bene; e con ciò ce ne partiamo con la prima diligenza in transito.

Citazioni

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  • Madrid è un sacco pieno di pezzi di scacchi, in cui naufraga quanto genera il suo meccanismo. I re, le torri, gli alfieri possiedono quello che si sa; gli altri che vanno e vengono sono come vili pedine. Nell'insieme, un gran pasticcio. (Atto I, Scena Seconda)
  • Pietà del Cielo! Ma non c'è nessun uomo al mondo che si lagni che gli manca l'intelligenza! (Atto I, Scena Terza)
  • È lecito al maestro castigare lo scolaro ignorante! (Atto I, Scena Quinta)
  • Platone occultò ciò che scrisse intorno alle cose divine sotto veli di enigmi e di figure matematiche [...]. (Atto I, Scena Settima)
  • La chiarezza è piacevole a tutti; sia nello scrivere sia nel parlare. (Atto I, Scena Settima)
  • Colui che è povero viene considerato scemo, ecco la verità! Il ricco è sempre un genio! Non c'è magagna di nascita, per grossa che sia, che il denaro non cancelli; né difetto naturale che la povertà non aumenti e non faccia spiccare con ogni evidenza. (Atto I, Scena Settima)
  • Clara: Che cos'è questo amore, che non lo so?
    Pietro: L'amore? È follia, è furore.
    Clara: Allora, devo diventare pazza anch'io?
    Pietro: È una dolce follia, per la quale gli uomini sogliono volentieri cambiare la maggior saviezza. (Atto I, Scena Nona)
  • [...] l'esperienza e la storia insegnano che mille volte padri savi e dotti hanno generato figli idioti che li disonorano [...]. Analogamente, consta che da genitori tonti può benissimo nascere un genio, la fenice in persona! (Atto I, Scena Undicesima)
  • Non sempre l'interesse e l'avidità riescono a far nascere l'affetto! (Atto II, Scena Prima)
  • [...] gli intelligenti si ammalano a forza di sopportare gli idioti. (Atto II, Scena Prima)
  • Il vero amore non può mai fondarsi sul denaro: per prima cosa investe l'anima! (Atto II, Scena Prima)
  • Chi ama e soffre, o è pazzo o non sa quel che si fa! (Atto II, Scena Seconda)
  • È [...] un difetto delle persone intelligenti, quello di non essere affabili. (Atto II, Scena Terza)
  • Quello che meglio insegna è sempre il marito. (Atto II, Scena Quarta)
  • Se la donna nacque da una costola di un addormentato, non è quindi strano che anch'ella dorma. (Atto II, Scena Quinta)
  • Liseo: Diamoci dunque la mano, ma da veri amici, non da cortigiani abituati a dissimulare. Facciamo come se fossimo Greci, ossia del paese dove l'amicizia si ha in tanto pregio.
    Lorenzo: Io sarò il vostro Pilade.
    Liseo: E io Oreste. (Atto II, Scena Ottava)
  • Una volta che ne va della vita, si fa presto ad appianare una lite. (Atto II, Scena Nona)
  • Finea: E come si fa a togliersi di dosso il male della gelosia?
    Ottavio: Il rimedio più saggio e più prudente, qualora si sia patita un'offesa, è quello di disamorarsi, giacché quando si è innamorati è inevitabile essere anche gelosi. Il cielo ha voluto che l'amore, un bene così grande, avesse un contrapposto così triste!
  • Amore, divina invenzione, il cui scopo è quello di conservare la bellezza della nostra natura, sia tu accidente o scelta, strani davvero sono gli effetti che dalla scienza nascono; infatti le tenebre dissipano, i muti imparano a parlare e gli spiriti più rozzi si mutano in sottili e acuti. Non sono neppure due mesi ch'io vivevo quasi come una bestia, priva di apparenza persino dell'anima razionale. Avevo sensazioni d'animale, sì, e crescevo come una pianta; ma la santa e divina ragione sembrava eclissata in me, fino a quando i miei occhi npn si persero ai tuoi raggi, e fu come veder sorgere il sole! Tu rompesti e mettesti in guga le tenebre del mio ingegno; tu fosti il genio divino che m'illuminasti, facendo nascere in me il nuovo essere che ora sono. Mille volte io ti ringrazio, amore, poiché mi hai educato così bene che quanti mi vedono non mi riconoscono più! Per la pura immaginazione e la forza di un desiderio mi vedo ormai introdotta nei palazzi della divina ragione; tanto alto poté sollevarmi la contemplazione di un bene! Ormai puoi conferirmi la laurea, amore, poiché concedendomi Lorenzo e rendendomi di lui innamorata, mi hai potuta meglio educare! (Finea) (Atto III, Scena Prima)
  • Meravigliosa forza è quella del divino professore: l'amore! (Atto III, Scena Prima)
  • Non è mai una bella cosa prender moglie per vendicarsi d'un dispetto sofferto. Non è mai successo che sia finito bene un matrimonio combinato per vendetta! (Atto III, Scena Sesta)
  • Adesso ditemi una cosa: se ogni mese c'è una luna nuova, quelle vecchie, fino a tanti anni prima, dove vanno a finire?... Non sapete rispondermi, eh? (Finea) (Atto III, Scena Nona)
  • Per una donna onesta non c'è niente di più triste e pericoloso che si venga a scoprire il segreto del suo amore, quando si riesce a scoprirlo. E quello che c'è di più piacevole nell'amore è il riuscire a mantenerlo segreto. (Atto III, Scena Quattordicesima)
  • Non si deve mai far troppo affidamento sugli sciocchi. (Atto III, Scena Quattordicesima)

[Lope de Vega, La ragazza sciocca , traduzione di Cesco Vian, EDIPEM, 1973. ]

  • [...] in qualsiasi stato sociale un uomo cerca con maggior interesse quello di cui sente maggiormente la mancanza.
  • Le migliori doti di una sposa sono la virtù e l'onestà. (da La ragazza sciocca)

San Giacomo il Verde

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Celia: Fra i vantaggi che l'amicizia offre, amica Teodora, c'è quello di potersi confidare il male e il bene, che viene ad essere pressappoco lo stesso. Il poco bene ne viene accresciuto, e il male trova conforto, giacché tutto quello che vive si conserva grazie a questo dono del Cielo. Dimmi, dunque: che cos'hai? Ti vedo infatti immersa in una tristezza che non può avere una cagione.
Teodora: La nostra natura, Celia, è congegnata in modo così strano, che spesso la malinconia non ha alcuna causa; o ce l'ha talmente segreta che l'anima stessa che la soffre non riesce a coglierne la prima ragione.
Celia: Non è possibile che la tua non ne abbia una, Teodora! A meno che non nasca e proceda da qualche desiderio impossibile, che ti costringa a non pensare che esso ne sia la causa.
Teodora: Chi si oppone ai propri affetti, Celia, deve amare ben poco. Io ti voglio bene, e per dimostrarti che il mio affetto verso di te è completo ti rivelerò un segreto che mi opprime l'anima. E se da prima ho negato che la mia tristezza avesse una ragione, non fartene meraviglia, poiché io stessa non so esattamente di che si tratti, né come chiamarla: ignoro infatti se si tratti di amore, di attrazione o di semplice curiosità, e nient'altro.

Citazioni

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  • Non c'è vera amicizia e nemmeno amore, dove c'è ostinazione. (Atto I, Scena Prima)
  • Alessandro Magno non tentò mai di conquistare una donna che non lo poteva vedere, e per questo dicono, conquistò il mondo| Piccolo mondo chiamano l'uomo, e altrettanto la donna; pertanto colui che amam deve veramente conquistare un mondo! (Atto I, Scena Seconda)
  • Si dice che il simbolo delle donne siano le mani, e chi vuole averle belle e le cura bene, se le troverà brutte se tralascerà di curarsele anche per soli due giorni, poiché esse sono ingrate. Di tal genere è il bizzarro umore delle donne alle quali affidi incautamente i tuoi denari: se non gli dai niente per due giorni, ci rimetti le rendite di un anno! (Atto I, Scena Quarta)
  • Il desiderio è una malattia degli occhi. (Atto I, Scena Sesta)
  • La bellezza può essere trascurata, ma il denaro, quando si vuol trovare marito, è il mezzo infallibile! (Atto I, Scena Decima)
  • L'uomo ammogliato, per chi sta aspettando una carta buona, è la matta che non vale niente! (Atto I, Scena Dodicesima)
  • García: Questo stupido è del parere che il matrimonio sia una gabbia; e io non comprendo il motivo di codesta opinione da animale.
    Lucindo: Non meravigliatevene, don García. Raccontano di Leonida lo Spartano che un giorno prese moglie, secondo l'uso greco, a Sparta, e un suo amico, vedendo che la sposa di Leonida era piccolissima di statura, gli disse scherzando: «Che cosa pensavate di fare, Leonida, prendendo una moglie così minuscola, bemché la vita sia così breve?» E Leonida replicò : «Nessuno deve farmi una colpa di questo errore, perché fra tutti i mali del matrimonio si deve scegliere il minore!» (Atto I, Scena Tredicesima)
  • Dunque, il dotto di cui ho letto aveva una mortale nemico; e proprio a costui diede in moglie una sua figlia. E a chi si meravigliava per questa concessione, il sapiente rispose: «Mi sono voluto vendicare di lui!» (Pietro) (Atto I, Scena Tredicesima)
  • L'attesa, quando si ama, è un piacere. (Atto II, Scena Nona)
  • García: Che cosa significa amare, Lucindo, se non ostinarsi pervicacemente?
    Lucindo: Codesta è la migliore definizione dell'amore!
    García: Il credere alle parole di una donna mi ha gettato in tanta confusione.
    Lucindo: Chi ripone fiducia in una donna, ara nel vento e semina nel mare!
    García: La fragile natura loro può scagionarle . Scrive un antico greco che un giorno si spezzò la prima corda della cetra di Apollo, e allora la corda stessa salì in cielo a lamentarsi del dio. «Chiedo giustizia a voi, giudici sommi, – disse al trono d'avorio, – giacché essendo io la più sottile sono quella che Apollo fa vibrare più spesso! Io sono debole ed egli non si stancaa di solleticarmi, mentre tocca molto meno spesso il bordone, che è ben più forte di me. Quindi Apollo non deve lagnarsi se talora mi spezzo mentre egli sta accompagnando il suo canto, giacché vengo costretta da lui a vibrare tante volte!» Con questo bel paragone lo scrittore vuol dire che quella corda così sottile e delicata che è la donna, l'uomo la carica di tanto onore, fiducia, amore, verità, piacere, cura, lealtà. verecondia, valore e patrimonio, che non è strano che talora, a furia di usarla, la perda, e spezzata in più parti gli sembra impazzita.
    Lucindo: Quella corda parlò sottilmente, non per nulla era sottile e strumento nelle mani di Apollo! E da parte sua Seneca, che fra i pagani fu il più degno d'approvazione, affermò che la natura operò sapientemente negando potere e forza fisica alla donna, giacché se avesse anche quella non si potrebbe vivere! (Atto III, Scena Prima)

[Lope de Vega, San Giacomo il Verde, traduzione di Cesco Vian, EDIPEM, 1973.]

Canzone all'eccelso padre e patriarca san Giovanni di Dio

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  • [Giovanni di Dio] Il povero più ricco, che rivestì di Cielo | il suo spirito evangelico divino, | del quale la povertà è fondamento. | Il ricco più povero, che con santo zelo | passò per questo mondo, pellegrino, | alla conquista della ricchezza celeste.[9]
Pobre, el más rico, que vistió de Cielo | Su espìritu evangçlico divino, | De quien es fundamento la pobreza. | Rico el más pobre, que con santo zelo | Pasó per este mundo peregrino | A conquistar la celestial riqueza.
  • Se avesse incontrato insieme un angelo e un povero, avrebbe lasciato l'angelo e abbracciato il povero.

Incipit di alcune opere

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Arte nuova di fare commedie

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Mi dite, o chiari ingegni, i primi di Spagna | ... | che un'Arte per Commedia vi componga, | che allo stile del volgo si disponga.[3]

El caballero de Olmedo

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Amore, non ti chiami amore | chi non ti corrisponde, | ché non vi è materia a cui | il favore non dia forma.[3]

Citazioni su Lope de Vega

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  • Da un'altra nube sbucò il gran Lope
    poeta insigne che, in versi e in prosa,
    nessuno supera e nemmeno uguaglia. (Miguel de Cervantes)
  • Fabio Franchi (1630) recatosi a Madrid per conoscere Lope: «per assicurarsi se fosse dio o uomo». (José López Rubio)
  • Da una parodia del Credo di quell'epoca: «Credo in Lope onnipotente, poeta del Cielo e della terra». (José López Rubio)
  • La penna di Lope si lascia indietro la Fama. (Tirso de Molina)
  • La sua è una poesia all'aria aperta, da far esplodere nell'aria, con le sue percussioni esclamative, la sensibilità arguta, la vitalità insieme realistica e illusionistica. Lope manda in estasi la realtà. (Alfonso Berardinelli)
  • Le produzioni religiose di Lope de Vega sono le più estranee al nostro gusto ed alle nostre abitudini. Bisogna essere spagnuolo, ovvero entrare nello spirito, nelle credenze forti e sincere, nelle abitudini di questo paese per non essere urtato da quel miscuglio di sacro e di profano, da quelle allegorie bizzarre, da quell'apparecchio assai simile alla pompa delle opere in musica, che s'incontrano in quei drammi sacri. (Licurgo Cappelletti)
  • Lope de Vega non è un uomo, è una letteratura. (Ezra Pound)
  • Tanto può, tanto impetra
    la facondia di Lope; ei sol fu degno
    di mutar lingua all'Apollineo regno. (Fulvio Testi)
  • Un altro grande spagnolo si imbatte in personaggi, in eventi siciliani: Lope de Vega. Scrive la Comedia famosa del santo negro Rosambuco de la ciudad de Palermo. Il santo negro, "más prodigioso", era il fraticello laico, figlio di uno schiavo moro, Benedetto Manasseri. Era stato "inventato" dai francescani a favore dei mori battezzati, in opposizione al potere dei "bianchi" inquisitori domenicani e all'orgoglio, al riscatto dei "cristiani vecchi", sui quali avrebbe ironizzato Cervantes nel Retablo de las maravillas e nel Quijote. San Benito diverrà popolare tra i mori e i poveri d'America, rimbalzerà, per le prodigiose vie della letteratura, da Lope de Vega a Borges: darà nome a quel quartiere Palermo o San Benito de Palermo di Buenos Aires, la Palermo "di coltelli e di chitarre", il quartiere di Evaristo Carriego. (Vincenzo Consolo)
  1. Tesoriere; da Il Nuovo Mondo scoperto da Cristoforo Colombo, p. 82.
  2. Da Novelas a Marcia Leonarda.
  3. a b c d e Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  4. Da Il Nuovo Mondo scoperto da Cristoforo Colombo, p. 8.
  5. Da La Dorotea, in Alda Croce, La "Dorotea" di Lope de Vega. Studio critico, seguito dalla traduzione delle parti principali dell'opera, Laterza, Bari, 1940, p. 178.
  6. Da Poesie.
  7. a b Citato in Antonio Restori, Genova nel Teatro classico di Spagna, in Annuario dell'anno scolastico 1911-1912, Società Tipografica Ligure E. Oliveri & C., Genova, 1912, p. 41
  8. Da Colección escogida de obras no dramáticas de Frey Lope Félix de Vega Carpio, Rivadeneyra, 1856, p. 268
  9. Da Igino Giordani, Il Santo della Carità ospedaliera.

Bibliografia

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  • Lope de Vega, Fuenteovejuna, traduzione di Cesco Vian, EDIPEM, 1973.
  • Lope de Vega, Il Nuovo Mondo scoperto da Cristoforo Colombo, traduzione di Sergio Bullegas, Einaudi, Torino, 1992. ISBN 88-06-12946-5
  • Lope de Vega, La ragazza sciocca , traduzione di Cesco Vian, EDIPEM, 1973.
  • Lope de Vega, San Giacomo il Verde, traduzione di Cesco Vian, EDIPEM, 1973.

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