Jonathan Swift

scrittore e poeta irlandese
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Jonathan Swift (1667 – 1745), scrittore e poeta irlandese.

Jonathan Swift nel 1710

Citazioni di Jonathan Swift

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  • L'adulazione è il cibo degli sciocchi. Tuttavia, talvolta gli uomini d'ingegno condiscendono ad assaggiarne un po'.
Flattery's the food of fools; | Yet now and then your men of wit | Will condescend to take a bit.[1]
  • La satira è una sorta di specchio, e chi ci guarda dentro generalmente vi scopre qualunque faccia tranne che la propria; questa è la ragione principale della cortese accoglienza che il mondo le riserva.[2]
  • Le parole giuste al posto giusto, fanno la vera definizione dello stile.
Proper words in proper places, make the true definition of a style.[3]
  • Libri, i bambini del cervello.
Books, the children of the brain.[4]
  • Mi piace avere amici rispettabili; mi piace essere il peggiore della compagnia.[5][6]
  • Non ho mai visto, sentito, o letto che il clero sia stato amato in qualsivoglia nazione dove il Cristianesimo era la religione dello stato. Niente lo può rendere popolare tranne un po' di persecuzione.
I never saw, heard, nor read, that the clergy were beloved in any nation where Christianity was the religion of the country. Nothing can render them popular but some degree of persecution.[7]
  • Principalmente io odio e detesto quell'animale che è chiamato uomo, anche se amo cordialmente John, Peter, Thomas e così via.
Principally I hate and detest that animal called man; although I heartily love John, Peter, Thomas, and so forth.[8]
  • Quando gli uomini diventano virtuosi in vecchiaia, non fanno altro che sacrificare a Dio gli avanzi del diavolo.[9]
  • Quando si tratta di pronosticare una sventura, nessun nemico è mai all'altezza di un amico.[10][6]
  • Qui giace il corpo di Jonathan Swift,
    ove l'ira e il risentimento
    più non possono divorare il cuore
    .[11]
  • Si accusano tanto gli uomini di ignorare le loro debolezze, tuttavia pochi forse sono consapevoli della loro forza. Avviene per gli uomini come per i terreni, ove talvolta si cela un filone d'oro di cui il proprietario non conosce l'esistenza.[12]

A Tritical Essay upon the Faculties of the Mind

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  • Al mondo non c'è nulla di costante, eccetto l'incostanza.
There is nothing in this World constant but Inconstancy.
  • Le leggi sono come ragnatele che possono catturare piccole mosche e lasciar passare vespe e calabroni.
Laws are like Cobwebs which may catch small Flies, but let Wasps and Hornets break through.
  • Nell'oratoria la più grande arte è nascondere l'arte.
In Oratory the greatest Art is to hide Art.

Completa collezione di ingegnosa e civile conversazione

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  • Fu veramente un audace colui che per primo mangiò un'ostrica.
He was a bold man that first ate an oyster. (Dialogue 2).
  • Le dita sono state fatte prima della forchetta, e le mani prima dei coltelli.
Fingers were made before forks, and hands before knives. (Dialogue 2).
  • Le promesse e la pastafrolla sono fatte per essere infrante.
Promises and pie-crust are made to be broken. (Dialogue 1).
  • Mi domando chi sia stato lo sciocco che inventò il bacio.[13]
  • Meglio che la pancia scoppi piuttosto che un buon liquore vada perduto.[14]
Better belly burst than good liquor be lost. (Dialogue 2).
  • Non odio nessuno: sono in pace con tutto il mondo.
I hate nobody: I am in charity with the world. (Dialogue 1).

I viaggi di Gulliver

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Gaetano Barbieri

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L'autore dà qualche notizia di sè medesimo e della sua famiglia. — Prime cagioni che lo invogliarono di viaggiare il mondo. — Naufragio e vita salvata a nuoto. Tocca sano e salvo la spiaggia a Lilliput; fatto prigioniero, è condotto attorno per quel paese.

Mio padre era un picciolo possidente della contea di Nottingham; fui il terzo de' suoi cinque figli. Mi pose, ch'io avea quattordici anni, nel collegio Emmanuele di Cambridge, ove rimasi tre anni, applicandomi seriamente ai miei studi; ma il peso di mantenermi, benchè m'avesse fatto un ben magro assegnamento, essendogli tuttavia greve, atteso lo scarso suo patrimonio, fui costretto entrare qual novizio di chirurgia sotto il magistero del signor Giacomo Bates, esimio professore di quest'arte in Londra; presso il quale rimasi quattro anni. In questo intervallo, mio padre mi spediva a quando a quando qualche po' di danaro ch'io spesi [4] nell'imparare la nautica e diverse parti delle scienze matematiche, utili grandemente a chi vuole imprendere navigazioni, giacchè ho sempre creduto che, una volta o l'altra, sarei chiamato dal mio destino su questa carriera. Licenziatomi dal signor Bates, tornai a trovare mio padre; e coll'assistenza di lui, del mio zio Giovanni e d'alcuni altri parenti, misi insieme quaranta lire sterline oltre alla promessa di altre trenta ogn'anno per mantenermi a Leida. In questa università mi dedicai per due anni e sette mesi alla fisica, ben comprendendo come tale scienza mi sarebbe stata di grande sussidio nel far lunghi viaggi.
[Gionatan Swift, Viaggi di Gulliver nelle lontane regioni, traduzione di Gaetano Barbieri, Vedova di A.F. Stella e Giacomo figlio, 1842]

Gianni Celati

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L'autore presenta alcuni ragguagli su se medesimo, la sua famiglia, i primi incentivi a viaggiare. Fa naufragio, salvasi a nuoto, sbarca nel paese di Lilliput. Ivi fatto prigioniero viene condotto all'interno del paese
Mio padre possedeva un modesto fondo nella contea di Nottingham, e io sono il terzo di cinque figli. All'età di anni quattordici egli m'inviò al Collegio Emanuele di Cambridge, ove rimasi per tre anni, dedicandomi strettamente agli studi: ma essendo il costo della retta troppo oneroso per le nostre povere sostanze (sebbene vivessi piuttosto magramente), fui destinato quale apprendista presso il dottor Giacomo Bates, eminente chirurgo di Londra, col quale rimasi per anni quattro; e inviandomi talora mio padre piccole somme di danaro, le investii per apprendere l'arte di navigare e altre cognizioni matematiche, utili a chi voglia darsi ai viaggi: come sempre ritenni sarebbe stata un giorno la mia sorte. Lasciato il dottor Bates, me ne tornai alla casa paterna; ove, con l'aiuto di mio padre e di mio zio Giovanni e d'altri parenti, raccolsi la somma di quaranta sterline e una promessa di trenta sterline annue per mantenermi a Leida: ivi studiai la medicina per due anni e sette mesi, ben sapendo che ciò sarebbe stato utile nei lunghi viaggi.
[Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver (Travel into several remote nations of the world. In four parts. By Lemuel Gulliver), traduzione di Gianni Celati, Universale Economica Feltrinelli, 1997. ISBN 8807821397]

Aldo Valori

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L'autore parla in succinto della propria nascita, della propria famiglia e dei motivi che primieramente lo indussero a viaggiare, e come, avendo fatto naufragio, si salvasse a nuoto arrivando al paese di Lilliput, dove venne fatto prigioniero e trasportato nell'interno.
Mio padre era un piccolo possidente della contea di Nottingham, ed io ero il terzo dei suoi cinque figli. Avevo quattordici anni quando fui mandato a Cambridge, nel Collegio Emmanuele, ove studiai con molta diligenza. Ma dopo qualche tempo la mia famiglia non poté sostenere la spesa, tuttoché modesta, della mia pensione, sicché dovetti lasciare il collegio e sistemarmi a Londra presso il celebre chirurgo Giacomo Bates, dal quale rimasi quattro anni come apprendista.
Ma io sentivo che il mio destino m'avrebbe portato a viaggiare per mare, sì che ogni piccola somma che mio padre buon'anima ogni tanto mi mandava, io l'impiegavo nello studio delle matematiche e della navigazione. Infine riuscii a cavar di sotto a mio padre, a mio zio e a qualche altro parente una quarantina di sterline, oltre alla promessa d'una pensione di trenta sterline all'anno, e con questi mezzi mi recai a Leida per laurearmi in medicina; ciò che feci dopo due anni e mezzo, ripromettendomene gran profitto nei miei futuri viaggi di lungo corso.
[Gionata Swift, I viaggi di Gulliver, traduzione di Aldo Valori, A. F. Formiggini, 1921]

Citazioni

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  • Una più strana fantasia venne due giorni dopo all'imperatore [dei lillipuziani]. Fece preparare per una rivista le truppe che si trovavano nei pressi della capitale, e dopo avermi pregato di stare ritto coi piedi lontani quanto mi fosse possibile l'uno dall'altro, nella posizione del colosso di Rodi, ordinò al generale, ch'era un espertissimo condottiero, di far passare l'intero esercito sotto le mie gambe, in ordine di battaglia. (1921, p. 82)
  • Avrei potuto soffocare l'incendio con la mia giacca; ma, disgraziatamente, nella fretta di uscire l'avevo lasciata a casa; sicché quel magnifico palazzo sarebbe stato senza fallo ridotto in cenere, se con una straordinaria presenza di spirito non avessi inventato un altro ripiego. La sera precedente avevo bevuto abbondantemente un vino bianco chiamato in paese Glimigrim, proveniente da una provincia di Blefuscu (dove vien chiamato Flunec) e che è molto diuretico; e per una straordinaria fortuna non mi ero ancora potuto scaricare la vescica. Sicché cominciai a orinare con sì grande abbondanza, dirigendo il getto così abilmente nei punti opportuni, che in tre minuti l'incendio fu spento, e il resto di quel mirabile edifizio, che era costato immensi tesori, fu salvato da una fatale rovina. (1921, p. 102)
  • I lillipuziani sono alti ordinariamente un po' meno di sei pollici; e tutti gli animali, le piante e gli alberi del paese stanno in confronto degli abitanti nella stessa proporzione che può osservarsi fra noi, le nostre piante e i nostri animali: sicché, per esempio, i cavalli e i bovi più grossi sono alti, in codesto paese, quattro o cinque pollici, le capre un pollice e mezzo circa, le oche hanno le dimensioni d'un nostro passerotto, e così via fino agli insetti, che erano quasi invisibili per me, ma non per gli abitanti, la cui vista è naturalmente avvezza alle minuzie. Tutti i loro sensi, del resto, sono d'una finezza straordinaria, ma poco estesi. Basti dire – per fornirvi un'idea dell'acutezza della loro vista da vicino – che un giorno vidi un cuoco occupato a spennare una lodola non più grossa d'una nostra mosca; e un'altra volta osservai una ragazza che infilava un filo invisibile in un ago egualmente invisibile. (1921, p. 104)
  • Comunque, il padrone dovette persuadersi ch'io ero un piccolo essere ragionevole, e cominciò a parlarmi: egli spiccava bene le parole, ma il suono della sua voce mi rintronava gli orecchi come il rumore di un mulino ad acqua. (1921, pp. 145-146)
  • Il nano della regina, che aveva la più piccola statura che mai si fosse vista in quel paese, quando ebbe trovato un uomo tanto più piccino di lui diventò insolentissimo, e non faceva altro che offendermi e tormentarmi. Mi guardava con cipiglio fiero e sdegnoso, e mi derideva sempre per la mia corporatura quando mi passava vicino, durante le mie conversazioni coi signori e le signore di corte, e aveva sempre qualche parola pungente sulla mia piccolezza. (1921, p. 172)
  • Ma le mie visite mattutine alle damigelle d'onore mi dispiacevano specialmente pel fatto ch'esse, considerandomi come un essere insignificante, mi trattavano senza nessun complimento, e non si facevano scrupolo di spogliarsi in mia presenza, levandosi anche la camicia mentre mi trovavo sulla loro specchiera e costringendomi a vederle, contro mia voglia, completamente nude. Dico contro voglia, perché quella vista, in luogo di solleticarmi piacevolmente, mi cagionava soltanto orrore e nausea. La loro pelle era ruvida e chiazzata, con certi nei, qua e là, larghi come scodelle; e i capelli erano grossi come corde. Sul resto sarà meglio non insistere. (1921, p. 186)
  • Sembra che codesta gente [i laputiani] sia tanto immersa nelle sue profonde meditazioni da trovarsi in uno stato di perpetua distrazione, dimodoché nessuno può parlare né udire i discorsi altrui se qualche impressione esterna non viene a scuotere i suoi organi vocali o uditivi. Perciò le persone benestanti hanno sempre seco un domestico battitore (o climénole, come essi lo chiamano) il quale ne risveglia l'attenzione: né escono mai di casa senza di lui. (1921, pp. 242-243)
  • Il primo accademico [dell'accademia di Lagado] che visitai aveva il volto magro e spaurito da far compassione, la barba e i capelli incolti, la pelle color tabacco, e gli abiti e la camicia del colore stesso della pelle. Egli da otto anni si perdeva dietro un progetto consistente nell'estrarre i raggi del sole dalle zucche, affinché fosse possibile, dopo averli chiusi in boccette ermeticamente tappate, di servirsene per riscaldare l'aria nelle stagioni fredde e umide. Mi disse che sperava, entro i prossimi otto anni, di fornire ai giardini del governatore dei raggi solari a un prezzo conveniente. Si lamentò però d'esser povero, e mi chiese qualche soldo a guisa d'incoraggiamento, tanto più che le zucche erano piuttosto care quell'anno. (1921, p. 270)
  • L'uomo più decrepito spera sempre di vivere almeno un giorno in più, e considera la morte come il peggiore dei mali. (1990, p. 247)
  • «Allorché un immortale» aggiunse il mio interlocutore, «si sposa con una immortale, il matrimonio viene disciolto, per una legge dello stato, quando il più giovane dei due coniugi ha raggiunto gli 80 anni; già che si ritiene giusto che un disgraziato, costretto a campare, senza suo desiderio né colpa, per l'eternità, non debba anche per colmo di sventura vivere insieme a una donna egualmente immortale. (1921, p. 320)
  • «Quando arrivano a 90 anni, [gli Struldbrugs, immortali] perdono i denti e i capelli; non sentendo più il gusto dei cibi, mangiano e bevono senza provar piacere. Le loro malattie si prolungano senza più aggravarsi né dar luogo a guarigione. Nel parlare, essi dimenticano i nomi dei più comuni oggetti e dei più intimi amici; non possono neppure dilettarsi dei libri, non ritenendo a memoria le prime parole d'un periodo fino alla fine del medesimo, e così anche quest'ultimo svago è loro vietato. Inoltre, essendo la lingua luggnagghiana molto proclive a cambiare, gli Struldbrugs nati ed educati in un secolo stentano a capire gli uomini nati nei secoli seguenti, e duecento anni dopo non possono più sostenere una conversazione coi propri bisnipoti, sicché si trovano sempre come stranieri nella loro patria stessa.» (1921, pp. 320-321)
  • [Padron Cavallo] Trovò anche che il mio modo di camminare era malsicuro, giacché bastava che uno dei piedi di dietro sdrucciolasse perché dovessi cadere; e seguitò così a trovar da ridire su tutta la fattura del mio corpo: sulla mia faccia piatta, il mio naso prominente, la posizione dei miei occhi, messi in modo che per guardare a destra e a sinistra dovevo voltar per forza la testa. Notò che per mangiare avevo bisogno d'adoprare le zampe davanti alzandole fino alla bocca; e perciò la natura aveva dovuto provvedermi di tante giunture. Non capiva poi lo scopo di quei piccoli membri staccati fra loro che stavano in cima ai miei piedi posteriori, troppo deboli e teneri per non essere tagliati e rovinati dai sassi e dagli sterpi, se non eran coperti dalla pelle di qualche altra bestia; e non si spiegava come il mio corpo fosse così nudo e indifeso contro il caldo e il freddo da costringermi a ricorrere al vestito, che avevo la noia di levarmi e mettermi tutti i giorni. (1921, pp. 363-364)
  • «Ci sono poi, oltre alle malattie vere, quelle immaginarie, e per esse i dottori hanno inventato immaginari rimedi. Tutti conoscono i nomi di codeste malattie e le medicine necessarie; e le nostre iahù[15] di sesso femminile sono quasi sempre afflitte da simil genere di mali. (1921, p. 384)
  • Mi disse però che alcuni houyhnhnms, più osservatori per natura, avevano notato che i vari branchi di iahù riconoscevano, di solito, un capo (come i cervi dei nostri parchi hanno sempre un cervo che li guida); e questi era di solito il più brutto e malvagio iahù del branco. Quel capo aveva quasi sempre un favorito, che gli rassomigliava nella misura del possibile, e la cui funzione consisteva specialmente nel leccare i piedi e il deretano del padrone e condurre delle femmine nella sua lettiera, ottenendo ogni tanto in ricompensa di tali servizi un pezzetto di carne di ciuco. Questo favorito era oggetto d'odio da parte di tutto il branco, tanto che non osava staccarsi un istante dal suo padrone, e durava in carica finché questi non aveva trovato un altro iahù ancora più malvagio. Allora il primo favorito era licenziato, e il successore, mettendosi alla testa di tutti gli iahù del paese, maschi e femmine, giovani e vecchi, li conduceva a far di corpo tutti insieme sull'infelice caduto in disgrazia, e a scompisciarlo da capo a piedi. (1921, pp. 397-398)
  • M'accingevo a dare più minuti particolari, quando il padrone m'ingiunse di tacere. "Chiunque conosce" egli disse "l'indole degli yahoo può agevolmente capire che un animale così abietto diventi capace di commettere tutte le orribili azioni da voi menzionate, sol che forza ed accortezza eguaglino la tristizia. Poiché il vostro discorso ha fatto aumentare il mio aborrimento per l'intera razza yahoo, provo, a sentirvi parlare, un turbamento mentale affatto nuovo. Non è escluso che col tempo le mie orecchie si abituino alle parole detestabili che vi escono dalla bocca, e imparino poco per volta ad accoglierle con minore ripugnanza. Odio, sì, gli yahoo di questo paese, ma non li biasimo per i loro abominevoli difetti più di un gnnayh (uccello rapace) per la sua crudeltà, o d'una pietra acuminata per la sua qualità di ferirmi lo zoccolo. Ma quando un essere che si vanta ragionevole può essere capace di tutte le atrocità cui avete accennato, comincio allora a temere che la ragione male adoperata sia qualche cosa di peggio della stessa naturale bestialità. Voglio, dunque, credere che voi siate dotati, non già di ragione, ma d'una facoltà atta ad accrescere i vostri difetti naturali; quale un torbido ruscello che riflette l'immagine d'un corpo deforme, non soltanto ingrandita, ma più stravolta che mai". (da Opere, traduzione di Masolino d'Amico, Mondadori, Milano, 1983)
  • A praticare questo esercizio sono solo quelle persone candidate alla copertura di cariche elevate o ad alte onorificenze della corte. Sin dalla gioventù vengono addestrate a questa arte e non tutte sono di sangue nobile o di cultura liberale. Quando una carica di primo piano è vacante, perché il titolare è morto o è caduto in disgrazia, cinque o sei candidati alla successione presentano all'imperatore la richiesta di potere intrattenere Sua Maestà e la corte esibendosi sulla corda. Colui che fa più salti senza cadere, ha diritto a subentrare in quella Carica. Molto spesso gli stessi ministri sono obbligati a dare prova della loro bravura, per convincere l'imperatore che sono sempre in possesso della loro abilità. Il tesoriere Flimnap, lo riconoscono tutti, fa, capriole sulla corda tesa un centimetro più in alto degli altri nobili dell'impero. L'ho visto fare il salto mortale parecchie volte di seguito, sopra una tavoletta fissata alla cordicella non più spessa di un nostro spago. Dopo di lui viene, se non pecco di parzialità, il mio amico Reldresal, primo segretario agli interni, mentre tutti gli altri funzionari più o meno si equivalgono (Viaggio a Lilliput, III, Next edizioni, 2012)
  • Tanto insignificanti son reputati i servigi resi ai regnanti, quando vengono contrapposti al rifiuto di compiacere alle loro passioni! (Viaggio a Lilliput, V, Next edizioni, 2012)
  • I saggi ammettono l'assurdità di questa dottrina, eppure si continua a praticarla per compiacere alle credenze del volgo. (Viaggio a Lilliput, VI, Next edizioni, 2012)
  • Ogni delitto contro lo stato viene punito con estrema severità; tuttavia, se l'accusato dimostra durante il processo la sua innocenza, l'accusatore viene immediatamente condannato ad una morte infamante, mentre le sue terre e i suoi beni costituiranno una ricompensa quattro volte maggiore per la perdita di tempo, per il pericolo corso, per il rigore della prigione, per le spese di difesa sostenute dall'accusato. Se i beni del delatore sono insufficienti, supplirà la Corona. L'imperatore in persona gli conferirà in pubblico un segno della sua stima e la sua innocenza verrà proclamata dai banditori nei rioni della città. (Viaggio a Lilliput, VI, Next edizioni, 2012)
  • Il re rimase inorridito alla descrizione di quelle terribili macchine e alla proposta che gli avevo fatto. Non sapeva capacitarsi come un insettuccio debole e impotente come me (questa fu la sua definizione), potesse concepire idee così abominevoli, perverse e irresponsabili, da non mostrare il minimo segno di commozione dinnanzi a tutte le scene di sangue e di distruzione che gli avevo presentato come effetto di quelle terribili macchine, e concluse che il loro inventore doveva essere stato qualche genio del male, nemico dell'umanità. (Viaggio a Brobdingnag, VII, Next edizioni, 2012)
  • [...] rispose che dovevo prendere abbaglio, a meno che non avessi detto una cosa «che non era». (Gli houyhnhnms non hanno una parola che esprima la bugia). (1921, p. 352)
  • Gli dissi che nel nostro paese c'erano delle persone istruite fin da giovani nell'arte di dimostrare, con la moltiplicazione delle parole inutili, che il bianco è nero o il nero è bianco, a seconda del desiderio di chi li paga: tutti gli altri sono al loro cospetto degli schiavi. (Viaggio nel Paese degli Houyhnhnm, V, Next edizioni, 2012)
  • C'era un Architetto molto ingegnoso che aveva escogitato un nuovo Metodo per costruire Case, cominciando dal tetto, e lavorando all'ingiu' fino alle Fondamenta.
  • E lui diede questa opinione: che chiunque facesse crescere cinque pannocchie di grano o due fili d'erba la' dove prima ne cresceva uno solo, avrebbe fatto un miglior servizio al suo paese che tutta la razza dei politici messa assieme...

Per contro gli Houyhnmhnm, che vivono sotto il governo della Ragione, non si gonfiano d'orgoglio per le loro buone qualità più di quanto potrei farlo io per non esser privo d'un braccio o d'una gamba: cose di cui a nessun uomo assennato verrebbe in mente di vantarsi, ancorché la loro mancanza lo renderebbe un povero disgraziato. Mi dilungo su questo argomento poiché nutro l'ambizione di rendere la compagnia d'uno Yahoo d'Inghilterra non del tutto intollerabile: supplico pertanto coloro che siano macchiati pur lievemente da quell'assurdo vizio di non osare presentarsi alla mia vista.
[Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver (Travel into several remote nations of the world. In four parts. By Lemuel Gulliver), traduzione di Gianni Celati, Universale Economica Feltrinelli, 1997. ISBN 8807821397]

Il leone non mangia la vera vergine

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  • Pertanto non corriamo alcun rischio di andare contro all'Inghilterra, perché il tipo stesso di materiale non è adatto per essere esportato, dato che la carne di infante è di consistenza troppo delicata per rimanere a lungo immersa nel sale; anche se forse esiste un paese che sarebbe ben contento di mangiarsi l'intera nazione senza sale. (da Una modesta proposta)
  • Certo un uomo è come un manico di scopa: la natura lo invia in questo mondo forte e vigoroso, in condizioni prosperose e con tutti i capelli sulla testa, i veri rami dei vegetali dotati di ragione; poi, la mannaia dell'intemperanza gli taglia tutti i rami verdi e lo lascia come un tronco avvizzito. Allora l'uomo ricorre all'artificio, e decide di indossare il parrucchino, valutando la sua essenza su una massa fasulla di capelli coperti di polvere e incapaci di crescere veramente. (da Meditazione su un manico di scopa. In conformità allo stile e alle maniere delle meditazioni dell'onorevole Robert Boyle, 1703; in 1993)
  • Tale è l'importanza che ogni uomo si attribuisce, pronto a pensare che la stessa importanza gli venga attribuita dagli altri, che trascura di compiere almeno una volta questa facile e ovvia riflessione: i suoi affari hanno per gli altri la stessa importanza che gli affari degli altri hanno per lui; e quanto scarsa questa importanza sia ne è certamente a conoscenza. (da Suggerimenti per un saggio sulla conversazione; in 1993)
  • Pertanto, gli uomini di alta cultura e coloro che conoscono la varietà del linguaggio sono in genere i peggiori oratori improvvisati, fino a quando la pratica non li ha abituati e irrobustiti, perché vengono confusi da molte cose, dalla varietà di nozioni e di parole tra cui è difficile scegliere prontamente e si sentono perplessi e intralciati da una scelta troppo grande; il che non rappresenta uno svantaggio nelle conversazioni private mentre, d'altro canto, il talento per gli attacchi verbali è, piú di altri, insopportabile. (da Suggerimenti per un saggio sulla conversazione; in 1993)

Incipit di Istruzioni alla servitù

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Quando il padrone o la padrona chiamano un servo per nome, se quel servo non è a portata di voce, nessuno di voi risponda, altrimenti non ci saranno più limiti alla vostra oppressione.[16]

Pensieri su vari argomenti

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  • Abbiamo religione a sufficienza per odiarci, ma non abbastanza per amarci l'un l'altro.
We have just enough religion to make us hate, but not enough religion to make us love one another.[17]
  • Devo lamentare che le carte sono mischiate male fin quando non ho una buona mano.
I must complain the cards are ill shuffled, till I have a good hand.[18]
  • Il programma degli Stoici, di soddisfare i nostri bisogni, eliminando i desideri, è come tagliarsi i piedi, quando abbiamo bisogno delle scarpe.[19][20]
  • La capacità d'inventare appartiene alla gioventù, come il giudizio alla vecchiaia.
Invention is the talent of youth, and judgment of age…
  • La gelosia come il fuoco può accorciare le corna, ma le fa puzzare.
  • La ragione per cui sono così pochi i matrimoni felici, è che le ragazze spendono il loro tempo a fare reti, non a fare gabbie.
  • La visione è l'arte di vedere cose invisibili.
Vision is the Art of seeing Things invisible. (Further thoughts on various subjects, 1745)
  • Le critiche sono la tassa che un uomo paga al pubblico per essere famoso.
Censure is the tax a man pays to the public for being eminent.
  • Le lagnanze sono i tributi più frequenti che il Cielo riceva.
Complaint is the largest tribute heaven receives.
  • Non sappiamo cosa fanno uomini e donne in paradiso. Sappiamo soltanto che non si sposano.
What they do in heaven we are ignorant of; what they do not we are told expressly: that they neither marry, nor are given in marriage.
  • Ogni uomo vorrebbe vivere a lungo, ma nessuno desidera invecchiare.
Every man desires to live long, but no man would be old.
  • Quando un vero genio fa la sua comparsa nel mondo lo potete riconoscere grazie a questo infallibile segno: che tutti gli asini si uniscono per cospirare contro di lui.[19][21]
  • Se un uomo mi tiene a distanza, la mia consolazione è il fatto che tiene a distanza anche se stesso.[6]
  • Si credeva che Apollo, dio della medicina, fosse anche quello che mandava le malattie. In origine i due mestieri ne formavano uno solo; è ancora così.[6]
  • Un uomo non dovrebbe mai vergognarsi di confessare di aver avuto torto; che poi è come dire, in altre parole, che oggi è più saggio di quanto non fosse ieri.[22]
  • Un uomo schizzinoso è un uomo che ha idee disgustose.
A nice man is a man of nasty ideas.

Citazioni su Jonathan Swift

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  • Amato, non amante: ecco quale sarebbe stato il degno epitaffio per la tomba nella cattedrale di Dublino dove, sul finire dell'ottobre 1745, Jonathan Swift venne sepolto accanto a Stella. (Olga Ceretti)
  • L'inglese Swift in gioventù costruì un manicomio dove egli stesso da vecchio fu ricoverato. E si racconta che spesso si guardava nello specchio ripetendo: «Povero vecchio mio!». (Søren Kierkegaard)
  • La posizione di un uomo conteso fra due donne è sempre difficile, spesso addirittura penosa e ridicola: Jonathan Swift trova il modo di esasperarla sino al dramma. (Olga Ceretti)
  • La vecchiaia realizza i presentimenti della gioventù; sì, in realtà questo lo si può vedere con Swift, che nella sua gioventù costruì un manicomio, e da vecchio egli stesso vi finì ricoverato. (Søren Kierkegaard)
  • Facendo un vaglio di tutto quello che Swift ha scritto, ci si accorge che quasi tutto è ricalcato su modelli di smercio dalla carta stampata ai suoi tempi; ad esempio: almanacchi popolari, predizioni astrologiche, lettere pubbliche sui giornali, proposte di riforme politiche, trattati sulle nuove scoperte, manuali di buone maniere, etc.
  • Il modo swiftiano di accostarsi alle menzogne sociali non è quello della condanna pomposa, ma quello di chi ascolta le voci della piazza pubblica, e sente che tutte sono parole al vento, parole che tra un attimo non vorranno più dire niente, ma sono anche l'unico teatro del mondo – un mondo dove tutto, essendo volatile come le parole, è sempre sul punto di perdere significato e svanire all'orizzonte come le nubi in un giorno d'estate.
    In questo senso, tutto quello che Swift ha scritto compone la veduta d'un mondo di rovine, su cui trionfa la falce del Tempo.
  • Swift doveva essere un appassionato di manicomi, perché in quegli anni entra a far parte del comitato di gestione del manicomio di Londra, poi avrà un incarico nella workhouse di Dublino, con funzioni simili a quelle d'un manicomio; e infine lascerà una parte dei suoi beni per costruire il manicomio di Dublino.
  1. Da Cadenus and Vanessa (1713).
  2. Da La battaglia dei libri, traduzione di E. Bulgarelli, prefazione, in Opere, Mondadori, Milano, 1983; citato in Tra virgolette. Dizionario di citazioni, p. 389.
  3. Da Letter to a Young Clergyman (9 gennaio 1720).
  4. Da A Tale of a Tub (1704).
  5. Da Diario a Stella
  6. a b c d Citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894
  7. Da Thoughts on Religion.
  8. Dalla lettera a Pope, 29 settembre 1725.
  9. Citato in Focus, n. 115, p. 170.
  10. Da Sulla morte del dottor Swift.
  11. Parole dettate per la propria epigrafe; citato in Olga Ceretti, Soltanto scherno per l'amore, Historia luglio 1968 n. 128. Cfr. Iscrizione nel luogo di sepoltura, cattedrale di San Patrizio, Dublino, Irlanda.
  12. Citato in Ari Kiev, Vivere meglio giorno per giorno, Selezione dal Reader's Digest, luglio 1974.
  13. Citato in Aa. Vv., Dammi mille baci, e ancora cento. Le più belle citazioni sull'amore, a cura delle Redazioni Garzanti, Garzanti, 2013.
  14. In realtà si tratta di un proverbio precedente a Swift, citato in James Howell's English Proverbs (1659).
  15. yahoo nel testo originale.
  16. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937
  17. Da Thoughts on Various Subjects in The Battle of the Books and Other Short Pieces, p. 178.
  18. Da Thoughts on various subjects, in The Works of the Rev. Jonathan Swift, vol. 10, p. 247.
  19. a b Da Pensieri su vari argomenti, traduzione di D. Gentili, in Opere, Mondadori, Milano, 1983.
  20. Citato in Tra virgolette. Dizionario di citazioni, p. 421.
  21. Citato in Tra virgolette. Dizionario di citazioni, p. 174.
  22. Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Ettore Barelli e Sergio Pennacchietti, BUR, Milano, 2013. ISBN 9788858654644

Bibliografia

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  • Jonathan Swift, Il leone non mangia la vera vergine, traduzione di Giovanni Acunzoli, La Spiga, 1993.
  • Gionata Swift, I viaggi di Gulliver, traduzione di Aldo Valori, A. F. Formiggini, 1921.
  • Gionatan Swift, Viaggi di Gulliver nelle lontane regioni, traduzione di Gaetano Barbieri, Vedova di A.F. Stella e Giacomo figlio, 1842.
  • Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver (Travel into several remote nations of the world. In four parts. By Lemuel Gulliver), traduzione di Gianni Celati, Universale Economica Feltrinelli, 1997. ISBN 8807821397
  • Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver, traduzione di Carlo Formichi, Mondadori, 1990 (1982).
  • Franca Rosti, Tra virgolette. Dizionario di citazioni, Zanichelli, Bologna, 1995. ISBN 88-08-09982-2

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