Paul Verlaine

poeta francese
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Paul Marie Verlaine (1844 – 1896), poeta francese.

Paul Verlaine

Citazioni di Paul Verlaine

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  • [Parlando di Arthur Rimbaud] Angelo in esilio, Satana adolescente.[1]
  • Il vecchio libro che si è letto e riletto tante volte! | In pezzi, straziato e desolante, logoro e orrendo, | rieccolo d'un tratto vivo, vezzoso, volto giovane, | delicato al tatto, delizia degli occhi e delle dita. || Quel libro creduto morto, cosa d'ombra e spavento, | la sua resurrezione "non stupisce il saggio". | Chi sa, o Rilegatore, artista e insieme mago, | quanto tu faccia anche meglio del dovuto. || Lo si riprende, quel libro in piena giovinezza, | come una vecchia amante cui una fata | abbia restituito tutta la sua verginità; || lo si rilegge come ascoltando la Musa | d'un tempo, voce d'oro arrochita dall'età, | di nuovo limpida, a divertirci ancora.[2]
  • In bianco manto regale, onda e fiamma, lucente: È il Tarlo.[3]
  • La morale migliore in questo mondo dove i più pazzi sono i più savi di tutti, è ancora di dimenticare l'ora.[4]
  • [...] la parola Illuminations è inglese e significa incisione colorata, «coloured plates»: è il sottotitolo medesimo che Rimbaud aveva dato al suo manoscritto.[5]
  • Leandro lo sciocco, | Pierrot che fa la pulce | e salta | quel cespuglio, Cassandro nel suo | cappuccio, || anche Arlecchino, | quell'imbroglione | così bizzarro | dal folle costume, | gli occhi lucenti | sotto la maschera, || − Do, mi, sol, mi, fa, − | tutta questa gente va, | ride, canta | e danza davanti | a una bella fanciulla | malvagia || i suoi occhi perversi | come gli occhi verdi | delle gatte | difendono le bellezze | e dicono: | «Giù le zampe!» | – E loro continuano ad andare! | Fatidico corso | degli astri, | oh, dimmi, verso quali | tetri o crudeli | disastri || la fanciulla implacabile | svelta, sollevando le gonne, | la rosa nel cappello, | conduce il suo gregge | di sciocchi?[6]
  • Maria Immacolata, amore essenziale, | Logica della fede cordiale e vivace, | Amando voi, ogni bontà non è forse possibile, | Amando voi, Soglia del cielo, unico amore?[7]
  • [Arthur Rimbaud] Non ha fatto altro che viaggiare terribilmente e morire giovanissimo.
Il ne fit plus rien que de voyager terriblement et de mourir très jeune.[8]
  • Povera gente! L'Arte non è sbriciolare la propria anima;
    è di marmo o no, la Venere di Milo?[9]
  • Prendi l'eloquenza e torcile il collo![10]
  • Singhiozzi lunghi | dei violini | dell'autunno || mordono il cuore | con monotono | languore.[11]
  • [Parlando di Arthur Rimbaud] Una specie di dolcezza splendeva sorridente in quegli occhi crudeli azzurro-chiari e su quella bocca vigorosa, rossa, dalla piega amara.[12]

Incipit di Confessioni

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Mi sono state chieste delle «note sulla mia vita». «Note» è proprio modesto; «sulla mia vita», però, è un tantino ambizioso. Non importa, senza andare troppo per le lunghe, molto semplicemente, – scegliendo, sfrondando, eludendo? Non troppo – eccomi qua: Sono nato a Metz nel 1844, al n. 2 di una certa rue Haute-Pierre, di fronte alla scuola di applicazione per i futuri ufficiali del Genio e dell'Artiglieria.[13]

Femmes e Hombres

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Originale

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Ouverture

Je veux m'abstraire vers vos cuisses et vos fesses,
Putains, du seul vrai Dieu seules prêtresses vraies,
Beautés mûres ou non, novices ou professes,
O ne vivre plus qu'en vos fentes et vos raies!

Sergio Zoppi

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Ouverture

Voglio innalzarmi verso le vostre cosce e chiappe,
Oh puttane, del vero Dio sole sacerdotesse,
Bellezze mature o no, novizie o professe,
E nelle fessure, nelle righe vostre vivere soltanto!

Citazioni

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  • E i vostri seni, duplice monte d'orgoglio e di lussuria, | tra i quali si issa talora il mio orgoglio virile | per gonfiare a suo agio e fregare il testone: | come un cinghiale delle valli del Parnaso e del Pindo. (Ouverture)
  • Fondoschiena, fine del sogno infantile d'essere saggio, | natiche, trono adorato dell'impudicizia, | natiche la cui bianchezza divinizza ancora la rotondità, | trionfo della carne più di quello del volto. (Gioco a quattro)
  • Luigi xv non amava i profumi. Io l'imito | e li accetto nel giusto limite. | Né flaconi, ve ne prego, né sacchetti in amore! | Ma, un'aura ingenua e stimolante intorno fluttui | a un corpo, assieme all'arte di eccitarmi; | ama il mio desiderio e la mia scienza approva | nella carne desiderata, ad ogni nudità, | l'odore della prestanza e della pubertà | o il buonissimo lezzo delle donne mature. (Gusti regali)
  • Orso ben leccato, ghiotta e ubriaca, | la mia lingua qui può confermarlo, | il tuo clitoride a lungo ha succhiato | così a lungo da non saper più contarlo. | Ben leccato, sì, ma aspro, diavolo, | il tuo bel buco, briccone e dispettoso, | che rosso ride su fondo sabbia: | come le labbra d'Arlecchino. (Alla signora...)
  • La smorfiosetta | a piene mani | scuote il batacchio | del ragazzotto. || Felice il pargolo | ben scappellato | gode e sputacchia | da ogni lato. || L'infante radiosa | Vedendo il latte | e curiosa | del nuovo fatto, || annusa una goccia | in punta alla tetta. | Suvvia, bisboccia, | perbacco, di fretta! (Idillio High-Life)
  • Gozzoviglia allora il mio batacchio | di 'sta fica che, di fatto, lo scopa | e di 'sto ventre che su di lui pesa | d'un peso sozzo e che sciaborda, | e le poppe che debordano | dalla camicia lentamente | e danzano indolentemente, | e i miei occhi che quasi sborrano, || mentre i tuoi, d'una vacca, | come quelli di Giunoni antiche, | gettan loro sguardi obliqui, | profondi come colpi d'ascia. (Ragazzate)
  • La Carne, anche la carne della donna, proclama | il culo, il cazzo, il torso e l'occhio del fier Pulzello, | e per quello, secondo il consiglio di Rousseau, | a volte bisogna, o poeta, «lasciar la dama» per un po'. (Hombres. I)
  • Glande, punta suprema dell'essere, | del mio padrone, | del mio amante adorato | che accoglie con gioia e timore | il tuo abbraccio | mio culo felice, perforato || tanto e tanto da quel grosso membro | che si inarca, | si gonfia e tutto glorioso | delle imprese e prodezze | nelle chiappe | affonda con slanci furiosi. (Balanite. 2)
  • Tocca a me ora | a fare in fretta ad aver sulle labbra | l'amato tuo glande, gravido di febbri, | perché si scarichi in un flusso regale. || Latte supremo, fosforo divino | profumato di fior di mandorlo, | dove viene l'aspra sete a mendicare | la sete di te che mi divora. || Ma egli va, ricco e generoso, | il dono della tua adolescenza, | Comunicando, con la tua essenza, | tutto il mio essere ebbro d'essere felice. (Appuntamento. VI)
  • Anche quando non si drizza più, | il tuo batacchio è ancor la mia delizia | quando pende, bianco d'oro tra le cosce, | sui tuoi coglioni, scure primizie. (Hombres. X)
  • In quel caffè pieno d'imbecilli, noi due, | soli, rappresentiamo il cosiddetto schifoso | vizio d'essere «per soli uomini» e, senza dubbi | da parte loro, smerdavamo quei coglioni dall'aria bonaria, | i loro amori normali e la loro falsa morale. (Hombres. XI)

I poeti maledetti

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  • Tristan Corbière fu un Bretone, un Marinaio e lo sdegnoso per eccellenza, aes triplex. Bretone senza essere un praticante cattolico, ma credente nel diavolo; marinaio, né militare, né soprattutto mercante, ma innamorato furioso del mare, che egli non navigava se non nella tempesta, eccessivamente impetuoso su questo più dei cavalli (di lui si raccontano prodigi di folle imprudenza). Sdegnoso del successo e della gloria fino al punto che sembrava avere l'aria si sfidare questi due imbecilli a commuovere per un istante la sua pietà per loro!
  • [Arthur Rimbaud] Era un uomo alto, ben piantato, quasi atletico, dal volto perfettamente ovale di angelo in esilio, con capelli castano chiari in disordine e due occhi di un blu pallido inquietante. Ardennese, egli possedeva, oltre a un accento campagnolo troppo presto perduto, il dono della pronta assimilazione, propria delle genti di quel paese – e questo può spiegare il rapido inaridirsi, sotto il sole scialbo di Parigi, della sua vena, per dirla come i nostri avi, il cui linguaggio diretto e corretto non aveva sempre torto, in fin dei conti.
  • [Stéphane Mallarmé] Viveva allora in provincia facendo il professore d'inglese, ma frequentava spesso Parigi. Fornì al Parnasse versi di una novità che fece scandalo sui giornali. Peroccupato certo! della bellezza, considerava la chiarezza come una grazia, secondaria, e affinché il suo verso fosse molteplice, musicale, raro, e, quando abbisognava, languido o eccessivo, ridicolizzava tutti per piacere ai raffinati, di cui era, lui, il più difficile.
  • Innanzitutto Marceline Desbordes-Valmore era del Nord e non del Mezzogiorno, sfumatura importante più di quanto si pensi. Del Nord crudo, del Nord nostrano (il Mezzogiorno, sempre arso, è sempre meglio, ma questo meglio potrebbe senza dubbio essere il nemico del vero bene), – e questo ci piacque, a noi del Nord ugualmente crudi, – infine!
  • [Auguste de Villiers de L'Isle-Adam] Ancora bambino cominciava a fare versi superbi. Solamente, andateli a cercare! Andate a cercare Morgane, Elën, drammi come ne hanno fatti pochi i più grandi drammaturghi; andate a cercare Claire Lenoir, un romanzo unico in questo secolo! E il seguito, la fine di Axel, de l'Eva futura, dei capolavori, dei puri capolavori, interrrotti per anni, ripresi senza sosta come le cattedrali e le rivoluzioni, alte come queste.
  • [Pauvre Lelian] Non v'è dubbio che il poeta, come ogni artista, dopo l'intensità, condizione eroica, indispensabile, deve cercare l'unità, l'unità di tono (che non è affatto la monotonia), uno stile riconoscibile in qualsiasi punto dell'opera, preso a caso, le abitudini, le attitudini; l'unità del pensiero anche, ed è qui che un dibattito potrebbe sorgere [...].
  • Bacio! malvarosa al giardino delle carezze! (Poèmes Saturniens, Capricci, Il bacio, p. 81)
Baiser! rose trémière au jardin des caresses!
  • La vostra anima è uno scelto paesaggio. | incantato da maschere e da bergamasche | che suonano il liuto e danzano, quasi | tristi sotto i loro travestimenti fantastici. (Fêtes Galantes, Clair de lune, p. 89)
Votre âme est un paysage choisi | que vont charmant masques et bergamasques | juant du luth et dansant et quasi | tristes sous leurs déguisements fantasques.
  • È la pena più grande | non conoscerne il motivo, | senz'amore e senz'odio, | il mio cuore ha tanta pena! (Romances sans paroles, p. 155)
C'est bien la pire peine | de ne savoir pourquoi | Sans amour et sans haine | Mon coeur a tant de peine!
  • La musica prima di tutto, | e per questo preferisci l'impari | più vago e solubile nell'aria | senza nulla in sé che pesi e posi. (Jadis et Naguère, Arte poétique, p. 251)
De la musique avant toute chose, | Et pour cela préfère l'Impair | plus vague et plus soluble dans l'air, | sans rien en lui qui pèse ou qui pose.
  • Perché vogliamo la sfumatura ancora, | non Colore, ma solo la sfumatura! | Oh! la sfumatura solo accoppia | il sogno al sogno e il flauto al corno! (Jadis et Naguère, Arte poétique, p. 253)
Car nous voulons la Nuance encor, | Pas la Couleur, rien que la nuance! | Oh ! la nuance seule fiance | Le rêve au rêve et la flûte au cor!

Citazioni su Paul Verlaine

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  • Gli ultimi versi di Verlaine. Non è più una scrittura: è un gioco di dadi fatto con le parole. (Jules Renard)
  • Se fossi stato amico o parente di Verlaine, lo avrei preso senza dubbio a schiaffi. Umile lettore in mezzo alla folla anonima, io non conosco che l'immortale poeta. La mia gioia è di amarlo, il mio dovere è di assolverlo per il male che ha fatto agli altri. (Jules Renard)
  • Verlaine, un Socrate da letamaio. (Jules Renard)
  1. Citato in Henri Daniel-Rops, Rimbaud, p. 22.
  2. Bibliofilia, in Poesie, introduzione, traduzione e note di Lanfranco Binni, Garzanti, Milano, 1993, p. 847. ISBN 88-11-58506-6
  3. Da Bibliophobes. Citato in Stefano Benni, Il bar sotto il mare, Feltrinelli, 2006, p. 31. ISBN 8807810778
  4. Les uns et les autres, da Allora e ora.
  5. Citato in Henri Daniel-Rops, Rimbaud, p. 44.
  6. Da Colombina, Feste galanti, in Feste galanti, La buona canzone, traduzione e introduzione di Cesare Viviani, Mondadori Oscar, Milano, 1988, pp. 65-67. ISBN 88-04-30739-0
  7. Da Poesie e prose.
  8. Da Nouvelles notes sur Rimbaud, in Œuvres posthumes.
  9. Épilogue, da Poemi saturnini.
  10. Da Art poétique. Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  11. Da Canzone d'autunno, in Poesie, 2002, p. 95.
  12. Citato in Henri Daniel-Rops, Rimbaud, p. 22.
  13. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia

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  • Henri Daniel-Rops, Rimbaud, traduzione di G.L. Pizzolari, Morcelliana Brescia 1947.
  • Paul Verlaine, Poesie e prose, a cura e traduzione di D. Grange Fiori, Mondadori, 1992.
  • Paul Verlaine, Poesie, cura e traduzione di Renato Minore, Newton Compton ed., prima edizione, Roma, giugno 1989.
  • Paul Verlaine, Poesie, a cura di Luciana Frezza, Rizzoli, Milano, 2002.
  • Paul Verlaine, Femmes e Hombres. Poesie erotiche, trad. di Sergio Zoppi, Newton, 1993. ISBN 8879830694
  • Paul Verlaine, I poeti maledetti, Introduzione di G.-A. Bertozzi, cura e traduzione di Claudio Rendina, Newton Compton, marzo 1980, Roma.

Voci correlate

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