I cento passi

film del 2000 diretto da Marco Tullio Giordana

I cento passi

Descrizione di questa immagine nella legenda seguente.

La casa di Gaetano Badalamenti a Cinisi, distante cento passi dalla dimora di Peppino Impastato.

Titolo originale

I cento passi

Lingua originale italiano e siciliano
Paese Italia
Anno 2000
Genere Drammatico, biografico
Regia Marco Tullio Giordana
Sceneggiatura Claudio Fava, Marco Tullio Giordana, Monica Zapelli
Produttore Fabrizio Mosca
Interpreti e personaggi

I cento passi, film italiano del 2000, regia di Marco Tullio Giordana.

  Citazioni in ordine temporale.

  • My passeport americano but my heart is siciliano. (Cugino Antony)
  • E i siciliani cavernicoli devono restare? (Cesare Manzella) [rivolto a Stefano Venuti, esponente del PCI locale, che denunciava gli interessi mafiosi nella costruzione dell'aeroporto di Punta Raisi]
  • I compagni di Milano poi sono simpaticissimi, e i creativi venuti da Bologna e i fricchettoni piovuti giù dall'India, queste ragazze tedesche e inglesi sono bellissime. Viene voglia di piantare tutto e andare via dietro a loro. Ma qui non siamo a Parigi, non siamo a Berkeley, non siamo a Woodstock e nemmeno all'isola di Wight. Qui siamo a Cinisi in Sicilia, dove non aspettano altro che il nostro disimpegno, il rientro nella vita privata. Per questo ho voluto occupare simbolicamente la radio, per richiamare la vostra attenzione. Ma non voglio fare tutto da solo, bisogna che ognuno di noi ritorni al lavoro che ha sempre fatto, cioè informare, dire la verità... e la verità bisogna dirla anche sulle proprie insufficienze sui propri limiti! (Peppino Impastato) [durante l'occupazione di Radio Aut]
  • Stamattina Peppino avrebbe dovuto tenere il comizio conclusivo della sua campagna elettorale.
    Non ci sarà nessun comizio e non ci saranno più altre trasmissioni. Peppino non c'è più, è morto, si è "suicidato". No, non sorprendetevi perché le cose sono andate veramente così. Lo dicono i carabinieri, il magistrato lo dice. Dice che hanno trovato un biglietto: "Voglio abbandonare la politica e la vita".
    Ecco questa sarebbe la prova del "suicidio", la dimostrazione. E lui per abbandonare la politica e la vita che cosa fa? Se ne va alla ferrovia, comincia a sbattersi la testa contro un sasso, comincia a sporcare di sangue tutto intorno, poi si fascia il corpo con il tritolo e salta in aria sui binari. "Suicidio".
    Come l'anarchico Pinelli, che vola dalle finestre della questura di Milano. Oppure come l'editore Feltrinelli, che salta in aria sui tralicci dell'Enel. Tutti "suicidi". Questo leggerete domani sui giornali, questo vedrete alla televisione. Anzi non leggerete proprio niente, perché domani stampa e televisione si occuperanno di un caso molto importante. Il ritrovamento a Roma dell'onorevole Aldo Moro, ammazzato come un cane dalle brigate rosse. E questa è una notizia che naturalmente fa impallidire tutto il resto. Per cui chi se ne frega del piccolo siciliano di provincia? Ma chi se ne fotte di questo Peppino Impastato? Adesso fate una cosa: spegnetela questa radio, voltatevi pure dall'altra parte, tanto si sa come vanno a finire queste cose, si sa che niente può cambiare. Voi avete dalla vostra la forza del buonsenso, quello che non aveva Peppino.
    Domani ci saranno i funerali: voi non andateci, lasciamolo solo. E diciamolo una volta per tutte che noi siciliani la mafia la vogliamo. Ma non perché ci fa paura: perché ci dà sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace! Noi siamo la mafia! E tu Peppino non sei stato altro che un povero illuso! Tu sei stato un ingenuo, sei stato un nuddu miscato cu' niente! [non riesce a trattenere le lacrime] (Salvo Vitale) [annunciando dai microfoni di Radio Aut la morte di Peppino Impastato]

Dialoghi

modifica

  Citazioni in ordine temporale.

  • Cesare Manzella: Oh, oggi l'olio lo raccoglieremo tutti nei tini di acciaio inossidabile.
    Gasparo: L'olio nel ferro? Sarà. Ma io continuo a conservarlo nelle giarre di terracotta.
    Cesare Manzella: Zu Gasparo, tu uomo del passato sei. Fussi pittìa ancora nell'età della pietra saremmo. Oggi l'agricoltura bisogna farla con sistema industriale.
    Gasparo: E i piccioli che ci vogliono?
    Cesare Manzella: Iècierto che ci vogliono i piccioli... Ennoi ce li faremo dare dalla reggione.
    Gasparo: Tutti curnuti sono!
    Cesare Manzella: Zu Gasparo, fatti furbo, non votare più per il re, oggi abbiamo la repubblica, la democrazia.
  • [Cesare Manzella fa guidare la propria auto da Peppino, ancora bambino, tenendolo seduto sulle gambe, ma arresta l'auto quando si trova di fronte a Tano Badalamenti che non si sposta di fronte all'auto in corsa.]
    Gaetano Badalamenti: Che è Peppino vuoi mettere sotto a Tano? Ah? Non ci vuoi più bene allo zu Tano? [Scuotendo con fare minaccioso il viso di Peppino.]
    Cesare Manzella: Oh! Cala 'e mano.
  • Cesare Manzella: U figghiu tuu, picciotto sveglio, eh
    Luigi Impastato: Eh, ma a semenza quann'è bona 'un si pierde: s'è messo in macchina cinque m'nuti e se 'nsegnò a guidare.
    Cesare Manzella: E a capire cu mettere sotta e cu no. Non è vero Tano? Volevi farci vedere che non hai paura tu? Manco per giocare col bambino?
    Gaetano Badalamenti: Amunì, dai.
    Luigi Impastato: Cogna', ma 'sta Giulietta quanto te costò?
    Cesare Manzella: T'a vuoi accattare tu?
    Luigi Impastato: Io? E con quali... Minchia, io m'acattaggiu? Io?
    Gaetano Badalamenti: Dicono che LaBarbera se sono fatti la Mercedes.
    Cesare Manzella: E tu chinne sai?
    Gaetano Badalamenti: Eh, chenne sacciu? U sanno tutti.
    Cesare Manzella: Quegli scassapagliari di Palermo ti mittisti a frequentare? Altro che Mercedessi, quelli ancora col mulo dovrebbero camminare.
  • [A notte fonda, sotto casa]
    Peppino Impastato: Sei andato a scuola, sai contare?
    Giovanni Impastato: Come contare?
    Peppino Impastato: «Come contare», uno, due, tre, quattro... sai contare?
    Giovanni Impastato: Sì, so contare.
    Peppino Impastato: E sai camminare?
    Giovanni Impastato: So cammina'.
    Peppino Impastato: E contare e camminare insieme, lo sai fare?
    Giovanni Impastato: Sì, penso di sì...
    Peppino Impastato: Allora forza. Conta e cammina. Dai. [prende il fratello per il braccio e comincia a camminare] Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto..
    Giovanni Impastato: Dove stiamo andando?
    Peppino Impastato [alza la voce]: Forza, conta e cammina!
    Giovanni Impastato: Piano!
    Peppino Impastato: Ottantanove, novanta, novantuno, novantadue,
    Giovanni Impastato: Peppino...
    Peppino Impastato: Novantatré, novantaquattro, novantacinque, novantasei, novantasette, novantotto, novantanove e cento! Lo sai chi c'abita qua?
    Giovanni Impastato: Ammuninne... [sottovoce, intimorito]
    Peppino Impastato [inizia a urlare]: Ah, u' zu Tanu c'abita qua! Cento passi ci sono da casa nostra, cento passi! Vivi nella stessa strada, prendi il caffè nello stesso bar, alla fine ti sembrano come te! «Salutiamo zu' Tanu!» «I miei ossequi, Peppino. I miei ossequi, Giovanni.» E invece sono loro i padroni di Cinisi! E mio padre, Luigi Impastato, gli lecca il culo! Come tutti gli altri! Non è antico, è solo un mafioso, uno dei tanti!
    Giovanni Impastato: È nostro padre...
    Peppino Impastato: Mio padre! La mia famiglia! Il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente![1]
  • Peppino Impastato: Sai cosa penso? Che quest'aeroporto in fondo non è brutto, anzi...
    Salvo Vitale: Ma che cosa dici?
    Peppino Impastato: No ma... Visto così dall'alto, uno sale qua sopra e potrebbe anche pensare che la natura vince sempre, che è ancora più forte dell'uomo e invece non è così! In fondo tutte le cose, anche le peggiori, una volta fatte poi si trovano una logica, una giustificazione per il solo fatto di esistere: fanno 'ste case schifose con le finestre in alluminio e i muri di mattoni finti... Mi stai seguendo?...
    Salvo Vitale: Eeh, ti sto seguendo!
    Peppino Impastato: I balconcini, 'a gente ci va a abitare e ci mette... le tendine, i gerani, la televisione e dopo un po' tutto fa parte del paesaggio, c'è, esiste, nessuno si ricorda più di com'era prima, non ci vuole niente a distruggere la bellezza.
    Salvo Vitale: Ah be' ho capito, ma allora?
    Peppino Impastato: E allora... E allora invece della lotta politica, la coscienza di classe, tutte le manifestazioni e 'ste fissarie, bisognerebbe ricordare alla gente che cos'è la bellezza, aiutarla a riconoscela, a difenderla.
    Salvo Vitale: La bellezza?
    Peppino Impastato: La bellezza, è importante la bellezza, da quella scende giù tutto il resto.
  • [Nella pizzeria, chiusa, degli Impastato. Bussano]
    Giovanni Impastato [urlando]: È chiuso!
    Peppino Impastato: Lutto! Per la prematura scomparsa dell'adorato i figli, addolorati, lo piangono.
    Giovanni Impastato: E che cazzo, Peppino, la vuoi finire! [entra Tano Badalamenti]
    Tano Badalamenti: Sì, lo so che siete a lutto, ma gradirei il caffè. [Giovanni si alza, ma Peppino lo trattiene e lo fa sedere] Be', allora questo caffè me lo faccio io, perché uno nella vita deve sapere fare tutte cose, anche il caffè, e io il caffè lo so fare! Tutte cose so fare! [si prepara un caffè] Sapessi quante volte sono stato solo nella mia vita, e mi sono sempre arrangiato. Oggi io dovevo andare al cimitero, a onorare un mio amico che purtroppo non c'è più, e invece me ne sono salito in campagna. Ho pensato a tante cose, ho pensato: "Ma perché Tano non può onorare il suo amico Impastato?". Ma soprattutto ho pensato: "Perché a Tano non lo vogliono al funerale del suo amico Luigi Impastato?". Perché? [beve il caffè ed estrae un foglio dalla tasca] Forse per questa cosa che c'ho scritta in tasca: "Tano Seduto, viso pallido, esperto di lupara e traffico di eroina". Ecco perché non lo vogliono. E come potrebbe onorare il suo amico se è questo quello che pensano di lui? "Tano Seduto, viso pallido, esperto di lupara e traffico di eroina"! E allora io mi chiedo: tutta la droga che passa per Punta Raisi la traffica Tano? Allora tutte le raffinerie che sono nascoste in mezzo alla campagna di Punta Raisi appartengono a Tano? Ma allora questo Tano è un mostro! Tano è il diavolo, Tano è la cattiveria fatta persona, Tano è tintu! È tintu! Ma chi le dice queste cose? E soprattutto come fa a dirle? L'ha visto a Tano che faceva tutte queste cose? No, non l'ha visto! L'ha visto a Tano che comprava la droga? Non l'ha visto! Che la raffinava, che se la metteva in tasca, la portava in America l'ha visto? Non l'ha visto! Non l'ha visto, però queste cose le dice lo stesso. Me ne stavo in campagna e pensavo tanto al mio amico Luigi, a lui e a questi due picciriddi. Quando venne davanti a me piangendo e mi rici: "Zù Tano, fatemi travagghiare, che non c'ho lavoro! Zù Tano, fatemi mangiare!". E Tano Badalamenti che fa? Parla con questo, parla con quello, disturba qualche altro amico e ci rici: "Fate lavorare a Luigi, perché c'ha famiglia". E Luigi comincia a lavorare, comincia a guadagnare i propri picciuli, si compra questa bella pizzeria, manda i suoi figli a scuola affinché non possano soffrire come a lui! Imparino a non sottomettersi come a lui! Ma tutto questo grazie a chi? Grazie a Tano, anzi, grazie a "Tano Seduto, viso pallido, esperto di lupara e traffico di eroina". Voi adesso mi offrite questo buon caffè [posa il foglio e la tazzina davanti a Peppino e Giovanni] e siamo pari di tutto, di debito, di riconoscenza e di rispetto. Perché io lo so che quando si fa del bene poi alla fine uno viene odiato, perché è legge di natura. Voi non mi dovete più odiare, perché con questo caffè abbiamo chiuso tutti i conti, e se invece tu, Peppino, vuoi continuare a odiarmi per me va bene uguale, perché tanto, mischinu che sei, tu a Tano ci fai soltanto ridere, i tuoi insulti non ci arrivano! Perché tu non esisti, tu non ci sei, tu sei nuddu miscatu cu' niente! E nemmeno paura devi avere, perché ci sarà Tano a proteggerti! Perché è Tano, e soltanto Tano che ti dà il permesso di continuare a ragliare come i cavalli, come gli scecchi.

Citazioni su I cento passi

modifica
  • Non volevamo raccontare la mafia, ma un conflitto tra padre e figlio, in un tempo di grandi sogni e di grandi ansie. Non volevamo presentare carnefici e assassini, solo bianchi o neri, ma anche tanti toni grigi. (Claudio Fava)
  1. Parte di questo dialogo è stato utilizzato come introduzione nell'omonimo brano dei Modena City Ramblers, I cento passi, tratto dall'album ¡Viva la vida, muera la muerte!

Voci correlate

modifica

Altri progetti

modifica