Giovanni Di Pillo
giornalista e telecronista sportivo italiano (1955-2022)
Giovanni Di Pillo (1955 – 2022), giornalista e telecronista sportivo italiano.
Citazioni di Giovanni Di Pillo
modifica- [Sull'incidente occorso a Troy Bayliss al Gran Premio di superbike d'Europa 2007, «hai vissuto in prima persona la storia del mignolo?»] Ah certo, ero lì. Però tutti parlano del dito e nessuno dice la verità su un'altra cosa. Lui cascando finì sulla forcella con il... Dai, come si può dire? Con l'apparato uro-genitale, ecco. E se l'è tranciato, se l'è aperto! È volato via con l'appartato uro-genitale strappato, ci vollero 27 punti per suturarlo. Poi la storia che ha fatto leggenda chiaramente è stata quella del ragazzino a cui lui ha regalato il guanto, che è andato dalla mamma a farglielo vedere e ci ha trovato un pezzo di dito dentro, sono svenuti tutti. È scoppiato il delirio! Quando gli hanno portato il guanto nel ghiaccio con il pezzo di dito, gli hanno proposto di tentare di ricucirlo. Ma avrebbe dovuto stare due mesi fermo affinché tendine, vasi e nervi trovassero la giusta irrorazione sanguigna... Lui chiese che sarebbe successo se glielo avessero tagliato, e appena ha capito che avrebbe potuto correre non ci ha pensato più. Dopo quattro giorni è risalito in sella. Ma il problema è stato costruire una sorta di pacchetto in carbonio in cui metterci gli attributi, perché la vera ferita era lì! [ride, ndr]. Capito? È stato un eroe a salire in sella dopo quattro giorni... ma il dito? Gli importava un fico secco del dito. Aveva una brutta ferita lì sotto che secondo me gli faceva un male terribile. Si è tranciato la domenica e venerdì è salito in sella.[1]
- L'ho inventato io Troy Bayliss! [ride, ndr]. È stato un passaggio epocale, venivamo da una vecchia scuola di piloti che odiavano i giornalisti. Piloti veri, duri e puri come Fogarty, Chili, Falappa, Pirovano... Amavano correre e confrontarsi in pista, non certo le interviste. Ad esempio avevamo l'ordine di non avvicinare mai Fogarty (come tanti altri) prima di cinque minuti dalla bandiera a scacchi. Era uno che poteva menarti, strappare il microfono o dire cose che poi si sarebbe pentito amaramente di aver detto in diretta. Perché avevano l'adrenalina a mille e se ne fottevano dei giornalisti. Ricordo a Monza, gara di casa della Ducati... Carl Fogarty partiva in seconda fila e così sono andato a chiedergli come mai non fosse riuscito a fare la pole. Mi rispose qualcosa in slang... un amico inglese poi me lo tradusse con "brutto segaiolo, vacci te al posto mio!". Capito? Erano così. Quando è arrivata la nuova generazione sono cambiate le cose. Gente come Bayliss o Ben Bostrom, simpaticissimo! O Ruben Xaus, un amico. Ma Bayliss... Arrivavo in pista, c'erano le prove e lui fermava il briefing con gli ingegneri per venirmi a salutare. Un altro pianeta rispetto alla vecchia scuola.[1]
motoemozione.it.
- Io al mio fianco non avevo nessuno, ogni tanto mettevo in cabina qualcuno perché volevo fumarmi una sigaretta, ma il telecronista se ha qualcuno al suo fianco si deconcentra. Stiamo parlando di una cosa di 1 ora e non c'è bisogno di qualcuno "che spieghi". Il ruolo del telecronista non deve essere quello di spiegare, deve commentare quello che succede, non deve giudicare né spiegare.
- La vedo come una sciocchezza andare alla ricerca di nuovi mercati in paesi che non hanno nessuna tradizione motociclistica. A me le gare in Qatar fanno morire dal ridere. La moto è nata in Inghilterra, in Europa e poi si è trasferita in Giappone e negli Stati Uniti e lì dovrebbero correre. Che opportunità di mercato possono esserci per paesi con 36 giorni di percorribilità delle strade senza ghiaccio? Se pensi che la filiale di Mosca della Yamaha vende un numero minore di moto rispetto alla filiale di Monza alcune domande nascono spontanee. Il motociclismo è Germania, Italia, Inghilterra Giappone e Stati Uniti. Per me è inutile andare a cercare nuovi mercati, non è un prodotto da vendere, non è un business. Cosa c'entrano con il motociclismo fondi di investimento, società off-shore e speculatori finanziari? Il motociclismo è uno sport. Lo sport deve andare dove è nato e ha le sue tradizioni [...]. Però gli organizzatori devono sopravvivere...
- [...] non è l'organizzatore, non è lo spettacolo offerto è Valentino [Rossi] il fenomeno mondiale che ha trasformato la MotoGP da sport di nicchia a sport planetario.
- [Sulla Claiming Rule Team] [...] delle moto che sono delle superbike depotenziate per non rendere lo spettacolo [della MotoGP] ridicolo.
Citazioni tratte da articoli
modificaMotosprint
modifica- Era il 1988, e all'Autodromo di Imola si disputava una gara tiratissima della classe 500, vinta da Eddie Lawson davanti a Wayne Gardner e Wayne Rainey. Al traguardo arrivò in Top 10 la Cagiva C500 del francese Raymond Roche che, dopo la bandiera a scacchi, rallentò e come tutti si rialzò per percorrere a bassa andatura il giro d'onore. Purtroppo per il francese, in una frazione di secondo il pubblico dovette assistere scioccato a un incidente spaventoso. Il giapponese Tadahiko Taira tagliò il traguardo a 250 km/h ma non vide né i cartelli del suo box e nemmeno la bandiera a scacchi, proseguendo a gas spalancato verso il gruppo che aveva ormai rallentato. Come una bomba arrivò sul francese, distruggendo la propria moto e quella di Roche, in una nuvola di detriti e pezzi di plexiglass. [...] Roche rimase per mesi in ospedale, per provare a tornare in sella soltanto a fine stagione ma dovette dare forfait alla sua carriera in 500. Non tutti sanno che Claudio Castiglioni (patron della Cagiva e della Ducati) era un personaggio davvero particolare. Un vero Mecenate, che quando si legava a un pilota lo considerava come un figlio e non lo abbandonava mai, qualunque cosa succedesse. [...] Quindi Roche, coinvolto in quel tremendo incidente di Imola mentre era in sella alla Cagiva di Castiglioni, l'anno successivo venne spostato sulla Ducati 851 che Lucchinelli stava portando in gara agli albori della Superbike. Una moto meno esasperata e performante della 500, con la quale Roche riprese fiducia, ritmo e, decisamente, velocità.[2]
- [Sul Gran Premio di superbike di Imola 2002] Era un caldissimo fine settembre di un'altra magica stagione di Superbike e Imola era pronta a ospitare la resa dei conti tra Troy Bayliss e Colin Edwards, separati da un punto in favore dell'americano. Quella mattina nessuno aveva capito che stavamo per assistere a un evento unico, ovvero "la gara perfetta". La gara del secolo che tutti aspettano da una vita e che arriva all'improvviso, in modo stupefacente. Venivamo da una stagione fantastica, nella quale Bayliss aveva dominato fino a Laguna Seca, dove Texas Tornado si presentò con una livrea fantastica, a stelle e strisce da Capitan America, e prese a vincere, iniziando a recuperare gli oltre 50 punti di svantaggio dal ducatista. [...] Si uscì da Assen con Edwards incredibilmente primo per una lunghezza e si andò a Imola per la grande e attesa finale di questo bellissimo Mondiale. I primi segnali che sarebbe stata una gara davvero straordinaria si ebbero la mattina, quando alle 7 fummo costretti a una lunga fila dal casello fino al circuito, tutti dietro una fila unica di motociclisti festanti. Sinceramente code del genere alle sette di mattina le avevamo viste soltanto a Brands Hatch e Assen. Gara 1 fu pazzesca con bandiere rosse, ripartenze e soprattutto un numero esagerato di sorpassi tra Edwards e Bayliss, autori di una sfida fisica ma sempre corretta nonostante i colpi di carena e i numeri da brivido. [...] Un tale numero di spettatori non l'avevo mai visto a Imola, forse nemmeno nelle più belle gare di Formula 1. La conferma la ebbi [...] quando chiesi alla Direzione Gara il numero dei biglietti venduti. La risposta fu incredibile perché dopo aver venduto tutti i biglietti timbrati dalla Siae, e visto il continuo afflusso di pubblico che premeva alle casse, gli organizzatori presero velocemente tutto quello che trovarono nelle bocciofile, nei pattinaggi e nei campetti da calcio. Tanto che tantissimi appassionati hanno ancora gelosamente incorniciato il biglietto di quella leggendaria domenica con scritto "ingresso al Pattinaggio" e non alla pista di Imola. Ben presto finirono anche tutti gli altri biglietti ma il pubblico, dopo la fantastica Gara 1, era ancora più numeroso ai cancelli e alla fine il Questore decise di far aprire le porte per non creare problemi di ordine pubblico. Così moltissimi entrarono gratis per la finale delle finali. E nessuno rimase deluso perché fu un altro duello magico, nel quale i due contendenti si passarono e sorpassarono come in una danza perfetta fatta di staccate millimetriche e inserimenti azzardatissimi. E la definitiva conferma di aver assistito a un evento unico e rarissimo la ricevemmo quando, dopo il traguardo, i due fantastici piloti si abbracciarono e complimentarono in modo sincero, schietto e sportivissimo. Sicuri di aver dato il massimo in modo leale e di essersi giocati un intero Mondiale con una gara memorabile. E il pubblico tutto questo clima di grandissima sportività lo aveva percepito fino in fondo tanto da invadere la pista per un tributo finale a un podio fantastico. Una festa proseguita nel paddock fino a notte fonda. [...] E quella notte oltre ai festeggiamenti di Edwards e di tutta la Honda, anche in Ducati c'era Bayliss a brindare a più non posso con gli avversari di una bellissima stagione [...]. Fu una festa indimenticabile che segnò la fine di un'era magica, in cui un piccolo campionato, inventato dai fratelli Flammini, in pochissimi anni aveva conquistato il cuore di tutti gli appassionati arrivando addirittura a minare la fama e la credibilità del vero Motomondiale. [...] Chiunque cerchi nella memoria le gare leggendarie a cui ha assistito, difficilmente potrà trovare un evento perfetto e bellissimo come Imola 2002. Personalmente avevo vissuto gare magiche come l'ultima vittoria di Giacomo Agostini al Nürburgring o la finale tra Freddie Spencer e Kenny Roberts sempre a Imola, e molte gare fantastiche al Mugello. Ma la perfezione di questa finale di Imola, le superava tutte.[3]
- Falappa arrivò nel mondiale SBK nel 1989 in sella a una Bimota con un contratto da... autista del camion, e come seconda guida accanto al campione europeo 500 Fabio Biliotti. Merita ricordare come Giancarlo approdò al Mondiale: dopo anni di off-road, Falappa decise di provare una moto in pista a Misano e dopo aver firmato il record della pista venne subito ingaggiato per il campionato italiano Sport Production, dove vinse tutte le selettive e si trovò alla finale del Mugello a pari punti con un grande Gianluca Galasso. Giuseppe Morri, titolare della Bimota, disse che il vincitore dell'Italiano sarebbe stato preso come seconda guida nel mondiale SBK. Falappa, emozionatissimo per la notizia, cadde nel giro di ricognizione e spezzò la pedana del cambio. Eppure riuscì a schierarsi e a partire senza pedana prendendo subito la testa inseguito da Galasso. Dopo tre giri in testa a Falappa, che teneva la gamba sospesa in aria, prese un crampo e volò via alla Casanova. Galasso, che lo seguiva, iniziò forse a festeggiare e distraendosi volò via alla Savelli. Quindi dopo aver spulciato tutte le vittorie e i record dei due, Falappa si aggiudicò per un soffio il posto in Bimota. Incredibile: con soltanto quattro gare disputate in pista, Giancarlo arrivò a Donington per il Mondiale, senza conoscere nulla della moto e della pista. Incredibilmente in Gara 1 partì primo e per sei giri rimase al comando davanti agli scatenati britannici, che gioirono quando Falappa scivolò e si ritirò. Ma in Gara 2, il debuttante Giancarlo riprese il comando e senza errori andò a vincere la sua prima gara mondiale, lasciando tutti a bocca aperta. Biliotti, finito nelle retrovie, obbligò il team a fermarsi a Misano perché per contratto lui avrebbe dovuto avere il motore ufficiale mentre Falappa avrebbe dovuto correre con un motore di serie. E quindi volle un confronto a moto invertite: arrivati a Misano, Falappa con la sua moto rifilò un secondo a Biliotti, il quale, salito sulla moto di Giancarlo, si vide sopravanzare di due secondi! Fabio decise di ritirarsi, aprendo una concessionaria di auto [...].[4]
- Il francese [Raymond Roche] entrò in pianta stabile nel Mondiale delle derivate 1989 con la squadra ufficiale di [Marco] Lucchinelli. Cinque vittorie di manche, ma sempre troppi ritiri per la bellissima 851 di Borgo Panigale, che si ammutoliva troppo spesso senza motivo. [...] Durante l'inverno in Ducati capirono come tutti i problemi della 851 fossero causati da interferenze radio e magnetiche che resettavano le centraline elettroniche. Riuscirono a schermarle totalmente e nel 1990 la musica cambiò a vantaggio della bicilindrica Desmo di Borgo Panigale. Fin dalla gara di apertura a Jerez, dove Roche dopo la pole position piazzò una fantastica doppietta che lo lanciò subito in testa al Mondiale. I grandi avversari erano il due volte iridato Fred Merkel che fino al Giappone diede del filo da torcere al francese, poi però un brutto infortunio alla 8 Ore di Suzuka lo mise ko. Emerse così il velocissimo brianzolo Fabrizio Pirovano con la Yamaha Valli preparata da Peppo Russo. Un testa a testa che vide Pirovano attaccare Roche a suon di vittorie, con la doppietta nella sua Monza, dove venne portato in trionfo. [...] Firmata da Roche, la prima vittoria di una Casa come la Ducati, per dimensioni inferiore ai colossi giapponesi, nella Superbike ebbe una eco mondiale che provocò un interesse smisurato nei confronti dell'azienda italiana. In effetti la Ducati 851 aveva avversarie bellissime ed evolute come la V4 Honda RC30 (due volte titolata) e la quattro cilindri frontemarcia Yamaha OW-01, oltre a Bimota e Kawasaki. Gli inglesi per il mondiale SBK avevano coniato un motto molto azzeccato che rendeva perfettamente l'importanza di questo campionato: "Win on Sunday, sell on Monday!". Ovvero, molto semplicemente, vinci la domenica e vendi il lunedì. In effetti ogni vittoria nel mondiale SBK si ripercuoteva immediatamente in un'impennata nelle vendite delle supersportive inducendo le Case a impegnarsi maggiormente in questo particolare Mondiale riservato alle derivate dalla produzione di serie. [Claudio] Castiglioni, titolare della Cagiva e della Ducati, lo aveva capito benissimo e il suo impegno a 360° nelle competizioni con la splendida Cagiva 500 e la Ducati 851 aveva dato i frutti sperati. Grazie al successo ottenuto con Roche, Castiglioni fu subissato di richieste per la sua 851, considerata un prodotto velocissimo e speciale al pari di una Ferrari. [...] Bisogna riconoscere che quella prima lontana vittoria della "strana coppia" Lucchinelli-Roche ha avuto un'importanza basilare per la storia del mondiale SBK e della Ducati. Da quel primo titolo è nato un fantastico duello durato oltre 20 anni tra la piccola italiana Ducati e il colosso mondiale Honda. Una battaglia cavalleresca che ha infiammato il pubblico di tutto il Mondo.[2]
- La stagione 1991 del mondiale Superbike rappresentò una svolta storica per questo campionato, che finalmente venne interamente diffuso in diretta TV nel Mondo, e il pubblico iniziò immediatamente a capire il grande spettacolo offerto. La stagione 1991 fu anche fortemente caratterizzata dall'arrivo di Eraldo Ferracci dagli Stati Uniti. Ternano doc [...], accumulò grande esperienza soprattutto come meccanico e tecnico da competizione, e nel 1963 si trasferì a Philadelphia, dove mise a frutto la sua grande capacità con le moto da corsa soprattutto italiane. [...] Ma la vera svolta avvenne quando Eraldo, nel 1988, decise di portare in pista negli Stati Uniti le Ducati 851 e con Dale Quarterley vinse la Battle of the Twins. La Ducati decise di affidargli la gestione delle sue moto ufficiali negli Stati Uniti e di creare un team ufficiale Ducati per il campionato AMA. Ferracci contattò il texano Doug Polen, che in sella alla Yoshimura Suzuki, stava dominando il campionato Superbike giapponese dopo aver corso e vinto in USA. Nel 1991, con la squadra pronta a dare battaglia nel campionato AMA con il Team Fast By Ferracci, la Ducati propose a Eraldo di correre anche nel Mondiale come team di supporto alla squadra ufficiale [...]. Eraldo in poco tempo si organizzò e con una squadra quasi a conduzione familiare si schierò al via con il quasi sconosciuto Polen. [...] I risultati delle sue reali capacità emersero immediatamente alla prima gara della stagione 1991, il lunedì 1 aprile nel freddo di Donington. Come un fuoco pirotecnico il texano portato da Ferracci conquistò con facilità la pole position e vinse in modo netto Gara 1, con il giro record davanti a tutti i più forti piloti del Mondo in sella alle SBK. Questo texano con il numero 23 si era fatto fare una bellissima tuta tricolore con scritti sulle braccia il suo nome a destra e Dianne, il nome della inseparabile moglie, a sinistra. A partire dalla prima gara divenne il personaggio più ricercato del paddock perché dopo Donington continuò a vincere e siglare record su record. Nella seconda gara sulla micidiale pista madrilena di Jarama, Polen siglò una pole record e ottenne la prima doppietta con i record sul giro, diventando subito il leader di un Mondiale dove, di fatto, era un rookie [...]. Allibiti gli avversari come Roche, Fabrizio Pirovano o Stéphane Mertens, che non si capacitavano della velocità e della superiorità di questo nuovo arrivato, e non riuscivano in nessun modo a contrastarlo. Un segreto di questa superiorità erano le coperture Dunlop, che Polen usava da anni, e soprattutto con l'anteriore aveva una fiducia assoluta. Ma anche la sua moto aveva molte parti speciali costruite da Eraldo, che aveva modificato la frizione e altri dettagli della 888. [...] Polen dominò la stagione 1991 vincendo addirittura 17 gare su 26 (ma partecipò soltanto a 24 manche per il boicottaggio dei big a Mosport) conquistando il suo primo titolo con molto anticipo rispetto alla conclusione della stagione dominata dalla Ducati, che ottenne 23 successi di manche su 26. Polen aveva conquistato tutti grazie al carattere mite e gioviale, sempre disponibile e sorridente. Non beveva ed era ben diverso dal connazionale Merkel, assai più esibizionista e con manie di protagonismo.[5]
- L'unico vero avversario di Frankie era... Chili stesso, e la sua emotività.[6]
- Nel paddock Mertens è sempre stato una presenza educata, quasi defilata e al di fuori dei giganteschi party che finivano in abusi alcolici e, talvolta, risse. Lui curava in modo maniacale la preparazione mentale usando tecniche ma viste prima: lo yoga e una particolare concentrazione che lo rese protagonista di episodi incredibili. Spesso lo trovavo poco prima delle qualifiche in un angolo del box, dove a occhi chiusi simulava la posizione in moto facendo il suono del motore con la bocca. Appena finiva stoppava il cronometro e, guardandomi, mi diceva: "Questo è il tempo che oggi farò in prova". Incredibilmente quasi sempre riusciva a replicare in pista l'esatto tempo fatto registrare nel giro immaginario.[7]
motosprint.corrieredellosport.it, 11 marzo 2022.
- Provate a fare il nome di Nori Haga in qualsiasi raduno di motociclisti di qualunque Marca e vedrete subito espressioni sognanti ed estasiati come se aveste nominato una Divinità pagana! Il giapponese è diventato in brevissimo tempo una rockstar del paddock delle Superbike [...]. Nel mondiale SBK si erano già affacciati altri piloti del Sol Levante [...]. Ma nessuno di questi aveva conquistato il cuore come questo fantastico istrione, capace di battute fulminanti e atteggiamenti da attore nato. Qualità che si declinavano anche nel suo comportamento in pista, e che rompevano lo schema del pilota giapponese tradizionalmente compassato, educato e defilato. La miscela esplosiva era formata da questo carattere estroverso unito a uno stile di guida mai visto prima. Velocissimo, spavaldo, combattente fino al contatto fisico con gli avversari e soprattutto precursore, con pieghe da brivido con tutto il casco proiettato all'interno delle curve e il gomito vicino all'asfalto. [...] E proprio il tributo della gente resta il vero titolo di Haga, il cui nome non compare nell'albo d'oro dei campioni della SBK.
- Nel 1999 la Yamaha presentò una moto rivoluzionaria con lo scopo di cercare di colmare il divario [nel campionato mondiale Superbike] tra le quattro cilindri rimaste a 750 cm³ e le bicilindriche ormai arrivate quasi a mille di cilindrata. La Yamaha R7 era una moto molto particolare perché costosissima e dotata di un motore poco potente che doveva essere potenziato da un kit altrettanto costoso, ma era dotata del telaio derivato dalla 500 GP e di sospensioni racing. Insomma, una moto destinata a non avere successo commerciale ma che diventò ben presto un altro mito delle corse della Casa giapponese, poiché protagonista di fantastiche battaglie.
- Quello era un vero periodo magico per la Superbike che viveva stagioni avvincenti, con gare incerte e spettacolarissime che si risolvevano spesso all'ultimo giro con duelli al cardiopalmo. Al contrario la bellissima classe 500 dei GP viveva un noiosissimo dominio di una sola moto, la Honda 500 NSR, che guidata da Mick Doohan addormentava tutte le gare. Nella SBK ben sei Case differenti si fronteggiavano con piloti che venivano da tutti i continenti catalizzando l'interesse degli appassionati sia sulle piste che in TV. La stagione 2000 della SBK fu un capolavoro di suspense e colpi di scena. Il più clamoroso fu il brutto incidente alla seconda gara in Australia: il Re, Carl Fogarty, si ruppe un braccio in un tamponamento sotto il diluvio. E fu l'infortunio che mise fine alla carriera del quattro volte campione del Mondo. La Ducati dovette cercare il sostituto, pescando Troy Bayliss, che si fece conoscere con un leggendario sorpasso a quattro avversari alla prima variante di Monza. Ma l'australiano, nonostante le vittorie e i piazzamenti, non poteva certo lottare subito per il Mondiale, essendo entrato "in corsa". Via libera quindi per due fantastici rivali come Colin Edwards in sella alla mille bicilindrica Honda e Nori Haga con la sua [Yamaha] quattro cilindri 750 R7. Purtroppo il vero duello sportivo tra questi due talenti fu pesantemente condizionato da una serie di fatti scaturiti al termine della prima gara in Sud Africa: Haga fu squalificato per la positività all'antidoping all'efedrina. Un farmaco anoressizzante che il giapponese prendeva per dimagrire più velocemente dopo il riposo invernale che lo aveva appesantito. Iniziò quindi una serie di ricorsi e appelli che ingiustamente si protrasse fino alla penultima gara, condizionando l'esito di una stagione in cui Haga, con questa moto nettamente inferiore sul dritto, aveva tenuto testa – e a volte persino strapazzato – Edwards. [...] In quel 2000, quattro successi e 11 podi ottenuti con la spada di Damocle della sanzione (perse i 25 punti di Gara 2 in Sud Africa) non bastarono, e Haga venne sospeso per un mese, non potendo così vivere in pista la sfida finale di Brands Hatch. Fu una sorta di specchio della carriera di un pilota spesso vincitore di tappa [...] ma mai del titolo [...].
Citazioni su Giovanni Di Pillo
modifica- Giò sei stato un grande professionista, un grande amico! Le telecronache della WSBK sono epiche. In TV hai avuto il coraggio di osare e più di vent'anni fa hai solcato una strada che ancora oggi è moderna. Giò è stato un onore essere raccontato da Te! In questo nostro mondo si sentirà tanto la tua mancanza. (Max Biaggi)
Note
modifica- ↑ a b Dall'intervista di Cosimo Curatola , Auguri a Troy Bayliss, Giò Di Pillo: "Era un Dio. Ma quale dito mozzato... Quella volta si fece davvero male da un'altra parte", mowmag.com, 30 marzo 2021.
- ↑ a b Da Ducati Story: Raymond Roche e il trionfo in SBK nel 1990, motosprint.corrieredellosport.it, 7 febbraio 2023.
- ↑ Da SBK: Imola 2002, la gara perfetta, motosprint.corrieredellosport.it, 13 giugno 2021.
- ↑ Da Ducati Story, Giancarlo Falappa: talento, cuore e follia, motosprint.corrieredellosport.it, 28 febbraio 2022.
- ↑ Da Ducati Story: Doug Polen, il marziano texano, motosprint.corrieredellosport.it, 11 marzo 2022.
- ↑ Da SBK: Pierfrancesco Chili-Suzuki, la strana coppia, motosprint.corrieredellosport.it, 23 settembre 2021.
- ↑ Da Scatto Sprint: Stéphane Mertens, un pilota fuori dagli schemi, motosprint.corrieredellosport.it, 18 luglio 2022.
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