Gian Lorenzo Bernini

scultore, architetto e pittore italiano (1598-1680)

Gian Lorenzo Bernini (1598 – 1680), scultore, urbanista, architetto, pittore, scenografo, e commediografo italiano.

Autoritratto malinconico (Gian Lorenzo Bernini, 1630 ca)

Citazioni su Gian Lorenzo Bernini modifica

  • Bernini non diventò Michelangelo perché neanche Michelangelo, se fosse nato allora [nel Seicento], sarebbe diventato Michelangelo. Ma come lui era un lavoratore infaticabile ed esigentissimo, mai soddisfatto di quel che faceva, e infatti lo disfaceva e rifaceva continuamente. Passava notti intere a correggere un naso, a limare una fronte, a scavare una ruga. (Indro Montanelli e Roberto Gervaso)
  • Certo Michelangelo e Vignola avevano dato in Roma aspetto di conforme grandiosità alle loro architetture, ma l'assetto, per così dire, scenografico e prospettico delle parti oggi più mirabili della città fu opera del Bernini e de' suoi seguaci. (Corrado Ricci)
  • Dopo aver fatto esplodere il Barocco in Roma nella sua giovinezza, il Bernini, insieme al raccoglimento religioso della tarda età, matura anche un più esplicito e pacato ritorno al suo non mai sopito ideale classicistico. (Dino Formaggio)
  • Era piuttosto un bell'uomo, di media statura, vigoroso, bruno di carnagione e nero di capelli, occhi vivaci e penetranti, ciglia lunghe e folte, fronte spaziosa, narici dilatate, gote un po' cascanti. Come tutti gli uomini di carattere aveva un caratteraccio, che le frequenti emicranie vieppiù incupivano. Si adirava per un nonnulla e faceva scenate terribili. Era di gusti semplici e d'abitudini spartane. I suoi pasti erano limitati a una fetta di carne e a un po' di frutta. Dormiva poco, di giorno non si concedeva un attimo di tregua, poneva mano e attendeva contemporaneamente a più opere, andava ogni mattina a messa, faceva due volte la settimana la comunione e la sera, prima di coricarsi, leggeva i Padri della Chiesa. Ma non era un bacchettone. (Indro Montanelli e Roberto Gervaso)
  • Il Bernini nel recitar commedie a soggetto valeva assai più del [Salvator] Rosa, non tanto por lo spirito, quanto per l'invenzione. Fece egli mirabilmente, dice il Baldinucci, tutte le parti serie e ridicole e in tutti i linguaggi (dialetti)[1]. Talvolta durò un mese intero a rappresentare tutte le parti da per se stesso per insegnare agli altri e poi fare a ciascheduno la parte sua. (Eugenio Salomone Camerini)
  • Il Bernini vinceva poi il Rosa per un altro lato, assai importante nelle cose sceniche. Egli era solenne maestro di macchine, ed ora figurando un incendio, ora un'inondazione spauriva gli spettatori che fuggivano temendo di annegare o d'ardere. (Eugenio Salomone Camerini)
  • Il Borromini in architettura, il Bernini in scultura, Pietro da Cortona in pittura, il cavalier Marini in poesia, sono peste del gusto. Peste ch'ha appestato un gran numero di artisti. Non v'è male, da cui non si possa trarre del bene. È bene veder quelle loro opere e abbominarle. Servono per sapere quel che non si deve fare. Vanno riguardate come i delinquenti che soffrono le pene delle loro iniquità per istruzione de' ragionevoli. (Francesco Milizia)
  • ... il pregio maggiore del suo scalpello, con cui vinto aveva le difficultà di render il Marmo pieghevole come la cera. (Filippo Baldinucci)
  • Interprete del sentimento e della vita romana, scultore e architetto officiale del papato, domina tutto quel secolo, tutta l'arte di Roma Lorenzo Bernini, che operò senza posa sotto nove pontificati. Egli fu detto corruttore, che meglio dovrebbe dirsi rigeneratore. Nelle acque stagnanti dell'arte con cui si apriva il secolo XVII, grande senza grandiosità, scorretta senza novità, egli portò il soffio potente del genio; la agitò, la mosse, fino a sconvolgerla in tempesta. Il grande, il magnifico, l'ingegnoso, l'appariscente, il maraviglioso, l'eccessivo, era lo spirito, l'ideale del tempo; e questo, Michelangelo meridionale, egli tradusse nell'arte. (Domenico Gnoli (poeta e storico))
  • L'antichità ellenistica e il soffitto Farnese di Annibale Carracci[2] furono le guide essenziali alle concezioni rivoluzionarie del Bernini. Alcuni dei nuovi principî possono essere riassunti: tutte queste figure mostrano un momento transitorio, il punto culminante di un'azione e l'osservatore è attratto nella loro orbita da una quantità di espedienti. La loro immediatezza e naturalezza sono sostenute dal realismo del dettaglio e dalla differenza di materia che rendono tanto più impressionante il momento drammatico. Basta solo confrontare il Davide del Bernini con le statue di Davide dei secoli precedenti, come quella di Donatello o di Michelangelo per capire la rottura decisiva con il passato: invece di un pezzo di scultura autonoma, una figura che si muove nello spazio quasi minacciosamente afferra l'osservatore. (Rudolf Wittkower)
  • Le sculture di Bernini sono tutte contorte in un fracasso di panni volanti, e a forza di moto non hanno né moto, né vita. (Francesco Milizia)
  • Sappiamo da fonti, e anche da incisioni, che grandi artisti, come Gian Lorenzo Bernini, si sono dedicati alla fattura di dolci monumentali per l'aristocrazia romana. Queste opere erano fatte in gelatina, in panna montata, in creme di vario colore e solidità. Tali produzioni dovevano essere estremamente libere, capricciose, perché è molto più facile modellare in gelatina che non in creta o, addirittura, in marmo. (Federico Zeri)

Note modifica

  1. Il Bandello IV. 2. – Parlava poi ogni linguaggio di tutte le città d'Italia sì naturalmente come in quelli luoghi fosse nasciuto e stato da fanciullo nodrito. [N.d.A.]
  2. Annibale Carracci affrescò la volta della galleria nel Palazzo Farnese di Roma.

Opere modifica

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