Consumismo
fenomeno sociale
Citazioni sul consumismo.
- Che cos'è che ha trasformato i proletari e i sottoproletari italiani, sostanzialmente, in piccolo borghesi, divorati, per di più, dall'ansia economica di esserlo? Che cos'è che ha trasformato le «masse» dei giovani in «masse» di criminaloidi? L'ho detto e ripetuto ormai decine di volte: una «seconda» rivoluzione industriale che in realtà in Italia è la «prima»: il consumismo che ha distrutto cinicamente un mondo «reale», trasformandolo in una totale irrealtà, dove non c'è più scelta possibile tra male e bene. Donde l'ambiguità che caratterizza i criminali: e la loro ferocia, prodotta dall'assoluta mancanza di ogni tradizionale conflitto interiore. Non c'è stata in loro scelta tra male e bene: ma una scelta tuttavia c'è stata: la scelta dell'impietrimento, della mancanza di ogni pietà. (Pier Paolo Pasolini)
- Compri mobili. Dici a te stesso, questo è il divano della mia vita. Compri il divano, poi per un paio d'anni sei soddisfatto al pensiero che, dovesse andare tutto storto, almeno hai risolto il problema divano. Poi il giusto servizio di piatti. Poi il letto perfetto. Le tende. Il tappeto.
Poi sei intrappolato nel tuo bel nido e le cose che una volta possedevi, ora possiedono te. (Chuck Palahniuk, Fight Club) - Davvero, penso che il vero consumismo presuppone solo l'acquisto: è nell'acquisto che si svolge tutta la lotta, la seduzione tra venditore e acquirente. Del dopo, del consumo vero e proprio, al consumismo come mostro della modernità non può interessare nulla. Il desiderio, dopo il suo appagamento, semplicemente muore. Il consumo non esiste, non c'è, non appare, il mostro fornisce e abbisogna solo di desideri inappagati... (Franz Krauspenhaar)
- Il consumismo è interessante perché non è affatto un materialismo, ma una forma di spiritualismo, perché il consumatore non si attacca agli oggetti. Consumare è prendere, utilizzare e gettare, distruggere nel consumo. (Fabrice Hadjadj)
- Il ragionamento che nega la natura oppressiva del consumismo – sostenendo che i consumatori in realtà sono felici, che il consumo è fonte di soddisfazione e dà significato alla vita – è robusto. D'altra parte è difficile resistere all'idea che, se la felicità fosse davvero tutto ciò che conta, potremmo raggiungerla, nella stessa intensità ma in modo rapido ed economico, introducendo negli acquedotti una droga adatta allo scopo. Senza contare che quel ragionamento ignora un'intuizione così familiare da essere stata per molto tempo la quintessenza del cliché, e cioè che tutte le cose che vale davvero la pena avere nella vita, come la generosità, la saggezza e gli affetti umani, non sono in vendita nei centri commerciali. (Anthony Clifford Grayling)
- Io credo, lo credo profondamente, che il vero fascismo sia quello che i sociologhi hanno troppo bonariamente chiamato la "società dei consumi". Una definizione che sembra innocua, puramente indicativa. E invece no. Se uno osserva bene la realtà, e soprattutto se uno sa leggere intorno negli oggetti, nel paesaggio, nell'urbanistica e, soprattutto, negli uomini, vede che i risultati di questa spensierata società dei consumi sono i risultati di una dittatura, di un vero e proprio fascismo. Nel film di Naldini noi abbiamo visto i giovani inquadrati, in divisa... Con una differenza, però. Allora i giovani nel momento stesso in cui si toglievano la divisa e riprendevano la strada verso i loro paesi e i loro campi, ritornavano gli italiani di cento, di cinquant'anni addietro, come prima del fascismo.
Il fascismo, in realtà, li aveva resi dei pagliacci, dei servi, e forse in parte anche convinti, ma non li aveva toccati sul serio. Nel fondo dell'anima, nel loro modo di essere. Questo nuovo fascismo, questa società dei consumi, invece, ha profondamente trasformato i giovani, li ha toccati nell'intimo, ha dato loro altri sentimenti, altri modi di pensare, di vivere, altri modelli culturali. Non si tratta più, come all'epoca mussoliniana, di un'irregolamentazione superficiale, scenografica, ma di una irregolamentazione reale che ha rubato e cambiato loro l'anima. Il che significa, in definitiva, che questa "civiltà dei consumi" è una civiltà dittatoriale. Insomma, se la parola fascismo significa la prepotenza del potere, la "società dei consumi" ha bene realizzato il fascismo. (Pier Paolo Pasolini) - La formula della felicità, fino a questo momento, è consistita nell'eseguire l'operazione consumi fratto desideri. Ma questa è stata una ricetta per il consumismo. Se invece si azzerano i desideri, la felicità tende all'infinito. (Paul Samuelson)
- La pubblicità ha spinto questa gente ad affannarsi per automobili e vestiti di cui non hanno bisogno. Intere generazioni hanno svolto lavori che detestavano solo per comperare cose di cui non hanno veramente bisogno. (Fight Club)
- La società preconsumistica aveva bisogno di uomini forti, e dunque casti. La società consumistica ha invece bisogno di uomini deboli, e perciò lussuriosi. Al mito della donna chiusa e separata (il cui obbligo alla castità implicava la castità dell'uomo) si è sostituito il mito della donna parte e vicina, sempre a disposizione. Al trionfo dell'amicizia tra maschi e dell'erezione, si è sostituito il trionfo della coppia e dell'impotenza. I maschi giovani sono traumatizzati dall'obbligo che impone loro la permissività: cioè l'obbligo di far sempre e liberamente l'amore. (Pier Paolo Pasolini)
- La verità è, signora, che il vero bisogno dell'uomo di oggi è questo di buttare e comprare, buttare e comprare, perché questo è il consumismo. Questo è l'origine di tutti i nostri guai. (Così parlò Bellavista)
- [Parlando dei giovani d'oggi] Le famiglie si allarmano, la scuola non sa più cosa fare, solo il mercato si interessa di loro per condurli sulle vie del divertimento e del consumo, dove ciò che si consuma non sono tanto gli oggetti che di anno in anno diventano obsoleti, ma la loro stessa vita, che più non riesce a proiettarsi in un futuro capace di intravedere una qualche promessa. (Umberto Galimberti)
- Le popolazioni del Terzo Mondo aspirano a una vita migliore. [...] I paesi del Terzo Mondo sono incoraggiati dalle organizzazioni internazionali a perseguire l'obiettivo di una vita «all'occidentale» [...] Nessuno, però, vuole dire esplicitamente che quel sogno è irrealizzabile: un mondo in cui l'enorme popolazione del Terzo Mondo raggiungesse e mantenesse gli standard di vita tipici del Primo sarebbe insostenibile. [...] Oggi non è politicamente realistico che i leader dei paesi del Primo Mondo propongano ai cittadini di abbassare i loro standard di vita, limitandosi nel consumo di risorse e di rifiuti prodotti. Ma cosa accadrà quando le popolazioni del Terzo Mondo capiranno che gli standard di vita occidentali sono per loro irraggiungibili e che i paesi sviluppati si rifiutano, da parte loro, di abbandonare quello stile di vita insostenibile? La vita è piena di scelte difficili [...] ma questa sarà la più dura: come incoraggiare e aiutare tutti i popoli a raggiungere standard di vita più elevati senza, però, che uno sfruttamento eccessivo delle risorse del pianeta mini alle fondamenta la possibilità stessa di una vita migliore per tutti? (Jared Diamond)
- – Lester, verserai la birra sul divano! [Carolyn, con questo richiamo, interrompe bruscamente le gesta sensuali di Lester]
– E con questo?! È solo un divano!
– Questo è il sofà da 4.000$ tappezzato con seta italiana... Questo non è solo un divano!
– È – solo – un – divano! Non è la vita... Questa è solo roba. Ma per te è diventato più importante che vivere: bè, tesoro, la cosa è pazzesca! [Carolyn, visibilmente contrariata, abbondona la stanza e imbocca le rampa delle scale] Sto solo cercando di aiutarti... (American Beauty) - Lo scopo del gioco del consumo non è tanto la voglia di acquisire e possedere, né di accumulare ricchezze in senso materiale, tangibile, quanto l'eccitazione per sensazioni nuove, mai sperimentate prima. I consumatori sono prima di tutto raccoglitori di sensazioni: sono collezionisti di cose solo in un senso secondario e derivato. (Zygmunt Bauman)
- Nei Paesi ricchi il consumo consiste in persone che spendono soldi che non hanno, per comprare beni che non vogliono, per impressionare persone che non amano. (Joachim Spangenberg, Vicepresidente del SERI, Sustainable Europe Research Institute)[1]
- Non è compito dei consumatori sapere quello che vogliono. (Steve Jobs)
- Oggi la gran parte di noi occidentali può permettersi di condurre un'esistenza piena di sprechi. Ma in questo modo dimentichiamo che le nostre condizioni sono soggette a fluttuazioni e che potremmo non essere in grado di anticipare quando il vento cambierà. A quel punto saremo ormai troppo abituati a uno stile di vita dispendioso, per cui le uniche vie d'uscita potranno essere una drastica riduzione del nostro tenore di vita o la bancarotta. (Jared Diamond)
- Per riassumere: consumare è una forma dell'avere, forse quella di maggior momento per l'odierna società industriale opulenta. Il consumo ha caratteristiche ambivalenti: placa l'ansia, perché ciò che uno ha non può essergli ripreso; ma impone anche che il consumatore consumi sempre di più, dal momento che il consumo precedente ben presto perde il proprio carattere gratificante. I consumatori moderni possono etichettare se stessi con questa formula: io sono = ciò che ho e ciò che consumo. (Erich Fromm)
- Se tra i nostri antenati filosofi, poeti e predicatori si ponevano la questione se si lavorasse per vivere o si vivesse per lavorare, il dilemma che più spesso si sente rimuginare oggi è se si abbia bisogno di consumare per vivere o se si viva per consumare. Qualora si sia ancora capaci di separare il vivere e il consumare, e se ne senta la necessità. (Zygmunt Bauman)
- [Al consumatore] si chiede di diventare un uomo con il frigorifero e un televisore da 21 pollici, e cioè gli si chiede di rimanere com'è aggiungendo agli oggetti che possiede un frigorifero e un televisore; in compenso gli si propone come ideale Kirk Douglas o Superman. L'ideale del consumatore di mass media è un superuomo che egli non pretenderà mai di diventare, ma che si diletta a impersonare fantasticamente, come si indossa per alcuni minuti davanti a uno specchio un abito altrui, senza neppur pensare di possederlo un giorno. (Umberto Eco)
Note
modifica- ↑ Simone Perotti, Adesso basta, Chiarelettere editore.
Voci correlate
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