Classe 250
Citazioni sulla classe 250, classe del motomondiale disputata dal 1955 al 2009.
Citazioni
modifica- Basta solo pensare di affrontare la curva e la moto dopo un'istante è già alla corda, oltretutto ad una velocità pazzesca. Rispetto ad una MotoGP o ad una SBK, le 2T 250 cc hanno una velocità a centro curva molto maggiore ed è un godimento assoluto andarci così veloci! Poi ogni volta che cambi marcia lei ti risponde con una sinfonia degna di un'opera lirica! Non c'è paragone è lei la vera Regina! (Max Biaggi)
- [«In che modo [...] una 250cc a due tempi aiuta la crescita del pilota?»] È una questione di dinamica del mezzo. Il motore di un veicolo che pesa cento chilogrammi, dotato di molti cavalli, è più dinamico nel modo in cui sviluppa la propria potenza rispetto a un quattro tempi. Con una quattro tempi il motore è meno veloce, ma in una 250 bisogna saper gestire l'acceleratore e il contatto tra questo e la ruota posteriore. Questa "filosofia del motore" è molto costruttiva per la formazione del pilota. Penso che con una quattro tempi, se la moto è al limite o sta andando in una certa direzione, è possibile correggere più facilmente la traiettoria, ma in questo modo si acquisisce minore esperienza per quanto riguarda la guida e la preparazione dell'assetto. (Jan Witteveen)
- [«Si disputava su una moto da corsa praticamente perfetta: velocissima, ma ancora umana direi...»] Era meravigliosa, con una velocità di percorrenza in curva spaziale e poi 100 cavalli per 100 chili: un equilibrio esagerato. C'erano piste come il Sachsenring, Donington e poche altre che sembravano disegnate per la 250, dove non serviva di più. (Marco Melandri)
- Era un equilibrio perfetto, [...] è la moto più bella per emozione, potenza, guidabilità. Quella è la moto da corsa. (Marcellino Lucchi)
- Ho spogliato di recente una 250 e lì vedi quanto semplici fossero quelle moto rispetto alle MotoGP attuali. Se togli una carena ad una MotoGP oggi non trovi nessuno spazio libero, non riesci ad infilarci un cablaggio, un sensore, niente! Su una 250 era tutto molto più semplice ed era anche più semplice lavorarci. Facevamo tanto in pista, il rodaggio dei motori lo facevamo in pista. Un altro mondo, impensabile oggi. Però un mondo che ha un fascino incredibile. Oggi quando sento una 250 accesa, mi scendono le lacrime, è un'emozione unica. (Luigi Dall'Igna)
- La 250, con il motore due tempi, faceva crescere i piloti e pure i meccanici. [...] restavano a lavorare nel paddock fino a notte inoltrata. Sai quante ore passavano su cilindri e carburatori? Infinite. Di conseguenza, chi giovava delle loro capacità andava forte, senza noie. Nella dueemmezzo i dettagli facevano il risultato e tutto doveva essere a posto. Dal polso del corridore alla scelta delle gomme. Vietato fare errori. (Carlo Pernat)
- La 250 è stata la migliore moto per preparare i piloti, perché era leggera ma molto prestazionale. Infatti, Aprilia e Honda hanno realizzato delle 400 e 500 bicilindriche, cioè delle 250 più veloci. Quei prototipi erano leggerissimi e si impennavano molto. Girando insieme alle 500 con quattro cilindri, in curva le bicilindriche dovevano andare più lente del loro standard e in accelerazione si impennavano ancora più del normale, perdendo quindi tempo. Per questo, in gara, le 400 e le 500 bicilindriche avevano dei limiti. Però, se parliamo di prestazioni sul giro, erano competitive, e infatti con quel progetto Aprilia ha conquistato anche delle pole position. Questo discorso spiega che la 250, 100 cavalli per 100 kg, era una scuola eccezionale per tutti i piloti. (Jan Witteveen)
- La 250 era la classe "regina", e a ripensarci ora non mi spiego le ragioni. Forse perché c'era maggiore affollamento, dato che era economicamente più sostenibile. E quindi io volevo gareggiare in 250: il mio primo sogno da pilota era vincere il Mondiale della 250! (Carl Fogarty)
- La 250 era una classe di grandissima competitività con moto fantastiche di cento chili per cento cavalli e con tanti italiani protagonisti. Da Cadalora a Reggiani, da Capirossi a Biaggi e Romboni. Le gare erano tutte battaglie in gruppo selvaggio fino alla bandiera a scacchi. (Pierfrancesco Chili)
- [«Luca, cosa aveva di speciale la 250?»] La moto era veramente molto equilibrata. Perciò il peso, le dimensioni e la potenza creavano un mezzo che davvero consentiva di essere sfruttato al 100%. Era una combinazione veramente incredibile. [«Cosa insegnava nello specifico?»] A essere puliti nella guida, e questo veniva abbastanza naturale. Non si poteva guidare "sporco", anche perché soltanto con un certo stile di guida potevi sfruttare la 250. (Luca Cadalora)
- Mi sono voluto riconfermare nella classe di mezzo per più anni, perché era la classe più combattuta, era molto bella e divertente, anche se non era la classe regina. (Max Biaggi)
- Ragazzi, quanto manca quella categoria! Difficile, selettiva, formativa. La vera motocicletta da corsa, un mezzo da Gran Premio puro, perché essenziale, leggero, "cattivo". Racing nel DNA. Nella sua gloriosa e significativa storia, la dueemmezzo annovera grandi moto e incredibili campioni. (Carlo Pernat)
- [Nel 2021] All'epoca la 250, soprattutto per l'Italia, era la classe regina perché in 500 non c'era nessun italiano in lotta per le prime posizioni. Era veramente un traguardo arrivare in 250. [«Cos'altro aveva di speciale?»] Le moto erano fantastiche: agili come biciclettine ma con 100 cavalli e andavano fortissimo. Soprattutto nel 1993, quando passai alla Honda ufficiale, la moto era bellissima, molto leggera, emozionante... Nel '97, al ritorno in 250 dalla 500, al Mugello giravo in 1'52", 1'53"... tempi spaventosi, e parliamo di oltre vent'anni fa!
- [«Quanto era istruttiva la 250?»] Su alcuni circuiti, con i tempi eravamo molto vicini alle 500: è chiaro che la moto aveva un po' meno della metà dei cavalli, ma era molto più agile. All'epoca erano moto comunque difficili: io feci un sacco di high side anche con la 250. [...] Adesso con MotoGP e Moto2 a quattro tempi, chiunque può scendere in pista e divertirsi... All'epoca se non eri un professionista, era impossibile guidare la 500, e anche salire sulla 250 era difficile. Le marce lavoravano tantissimo sul cambio, avevamo centinaia di opzioni, in tutte le piste sostituivamo il cambio tre o quattro volte... Con le quattro tempi non è più così, il motore ha tantissima coppia, e se sbagli una marcia perdi soltanto due-tre decimi. All'epoca se sbagliavi una marcia perdevi tre-quattro secondi...
- [«Qual era il segreto per essere forti in 250?»] Tra andare forte e piano c'era una linea di confine molto sottile: se non eri a posto con il cambio e le sospensioni, ti beccavi un secondo dal primo, poi sistemavi quella piccola cosa ed eri velocissimo... Dovevi avere tanto talento ma anche tanta grinta, perché la 250 andava guidata anche un po' di cattiveria: dovevi sempre portarla al limite, essere perfetto anche con i giri del motore... Con le vecchie due tempi, infatti, non si usavano i tappi per le orecchie.
- Dopo un po' scoprii che la 250 era la mia categoria ideale, mi sentivo forte, padrone della situazione, riuscivo a guidarla e a svilupparla bene. Non mi è nemmeno più tornata la voglia di passare in 500. A quell'epoca non c'era la rincorsa massima alla classe regina e la 250 era comunque un campionato del Mondo.
- [«Qual era l'aspetto più piacevole di quelle 250?»] La guidabilità, erano molto leggere e agili, pur avendo una potenza già rilevante, gli 85-90 cavalli ci permettevano di raggiungere i 270 km/h. Un buon compromesso. [...] non bisognava mai spigolare, né "impiccarsi" troppo in frenata. Andava lasciata scorrere e puntare sulla velocità di percorrenza della curva. Il motore, per spingere bene, dovevi tenerlo dagli undici ai tredicimila giri/minuto. [«L'altra faccia della medaglia erano le frequenti rotture»] Il grippaggio era talmente normale che siamo nati con le dita della mano sinistra sulla frizione: ti aspettavi che succedesse.
- [«Perché la 500 era la classe degli americani e la 250 quella degli italiani?»] Non l'ho mai capito. Loro venivano dalle Superbike, moto da 200 chilogrammi, forse consideravano la 250 una categoria da ridere e così la snobbavano, anche se secondo me erano superiori.
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