Marcellino Lucchi

pilota motociclistico italiano

Marcellino Lucchi (1957 – vivente), pilota motociclistico italiano.

Citazioni di Marcellino Lucchi

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  Citazioni in ordine temporale.

Maria Guidotti, mowmag.com, 27 maggio 2021.

  • La mia è una storia semplice, narra di un uomo che ha vissuto con una grande passione. Le moto non hanno cambiato la mia vita: l'hanno fatta, dall'inizio alla fine.
  • [Sul Gran Premio motociclistico d'Italia 1998] Ricordo il giro d'onore con la bandiera italiana. Ridevo e piangevo. Avevo vinto. Io che su quella pista avevo scavato un solco, a furia di girare, girare, girare... conoscevo ogni sfumatura dell'asfalto, ogni ciuffo d'erba. [...] Se non fosse stato per i commissari che si strinsero a me proteggendomi, i tifosi mi avrebbero spogliato. Nel giro d'onore fui sommerso dalla folla. Ma sì, avevo vinto anche per loro, soprattutto per loro.
  • I test erano le mie corse in solitaria, senza spettatori: la moto, io, il cronometro e il silenzio. Avevo due obiettivi: sviluppare la moto e migliorarmi ogni volta, per farmi trovare pronto in caso di una wild card.
  • [Sul Gran Premio motociclistico d'Italia 1998] [...] la gioia per la vittoria è stata immensa. Il Mugello è una famiglia per me perché ero di casa e conoscevo tutti. Avevo vinto per i commissari e tutti gli over. A quel tempo un quarantenne era considerato vecchio, invece io ho dimostrato che si poteva vincere ancora. E non necessariamente con la migliore moto, ma dando il massimo con il mezzo a disposizione.
  • [Sul Gran Premio motociclistico d'Italia 1998] Quel giorno Rossi aveva il muso perché non ci stava ad aver perso da un vecchietto come me. Sono sempre andato d'accordo con tutti, ma Rossi e Melandri soffrivano un po' del fatto che qualche volta potessi stare davanti. D'altronde avevo l'età di Dino, il papà di Marco, e anche Graziano era poco più grande di me.
  • Max [Biaggi] lo conosciamo tutti. Come pilota, chapeau, [...] avevo visto subito che aveva una marcia in più, ma umanamente qualche battuta poteva risparmiarsela. Ricordo ancora quando lo superai [...] al Mugello nel 1997. Gli feci il segno 4 con le dita, come dire: 40 anni e ti sono davanti. Poi vinse lui, però fu una soddisfazione enorme. Perché mi chiamavano nonno, ma io non ero vecchio, ero esperto.
  • [«Mai stato geloso dei piloti a cui preparavi le moto?»] Mai. Sono stato contento della carriera dei ragazzi. Mi dispiace solo che nessuno abbia creduto in me quando avevo 21 anni. Ma è andata così. Era scritto che dovessi aspettare. A 13 anni mio padre mi vietò di salire sulle moto, fui costretto a rimandare quel momento fino al raggiungimento della maggiore età. E pensare che ho ereditato la passione proprio da mio papà, che aveva un'officina di moto.
  • Ricordo ancora i primi metri sulla RS Cube e quel volo al Mugello quando mi sbalzò a terra. Era una moto difficile da guidare. Un progetto ambizioso e Noale pagò lo scotto di voler fare tutto in casa quando mancava l'esperienza.

Intervista di Riccardo Piergentili, motosprint.it, 4 dicembre 2021.

  • Cominciai a correre nel 1976 e ho smesso di collaudare le moto da corsa nel 2004. Iniziai lavorando con le puntine e ho smesso mettendo a punto l'elettronica della MotoGP dell'Aprilia tricilindrica [...]
  • [«La RSA 250 era molto diversa dalla RSW?»] La RSA era un'evoluzione della RS, una moto eccezionale che in seguito è stata migliorata anche per merito delle nuove tecniche costruttive. Il forcellone della RSW era corto e la moto tendeva a impennarsi, però non potevamo "giocare" molto con la distribuzione dei pesi, perché il basamento del motore era grande. O meglio, era compatto ma, anno dopo anno, la tecnologia ha messo a disposizione degli ingegneri degli strumenti per miniaturizzare i componenti. Così è stato possibile costruire carter motore più compatti, dando più libertà a chi progettava la ciclistica.
  • Fino al 1989, spendevo tutti i soldi che guadagnavo per correre. Tiravo fuori tanto denaro dal portafogli e non bastava mai, però non volevo mollare, perché desideravo dimostrare di essere competitivo. Il mio obiettivo non era vincere il Mondiale; sapevo di essere capace di guidare la moto e volevo farlo capire a tutti. Purtroppo, però, io non sono mai stato bravo a chiedere una possibilità, non era nel mio carattere. Per fortuna avevo diversi amici manager che lo facevano al mio posto. [...] Nel 1989 volevo smettere di correre ma un mio amico, un macellaio di Bologna, mi aiutò a trovare uno sponsor. In qualche modo mettemmo assieme 80 milioni di Lire, con cui bisognava comprare le moto Aprilia, il furgone, eccetera. Eravamo comunque a corto di budget, così chiamai Fabrizio Guidotti, che risolse il problema fornendomi una vecchia ciclistica, con un buon motore. Io ero pilota, meccanico, autista, cuoco... e viaggiavo con un ragazzo che mi dava una mano. Con quella moto gareggiai nell'Europeo 250. Dovetti saltare la prima gara e debuttai nella seconda, a Zolder, dove vinsi davanti a Wilco Zeelenberg. Conquistai anche altre gare quell'anno ma persi il campionato, vinto da Andrea Borgonovo. Andavo a correre prendendo le ferie dal Comune... ed ero comunque contento.
  • La peggiore wild card al Mugello [...] è stata quella del 2001: sono caduto tre volte senza capire perché. Conoscevo la moto come le mie tasche eppure non funzionava. C'erano degli ingegneri assunti da poco, giovani. Ricordo di aver chiesto: "Cosa avete fatto a questa moto?". Dopo aver controllato i dati mi hanno risposto: "Niente, abbiamo soltanto sostituito il leveraggio ma è identico a quello che abbiamo tolto". A quel punto... [«A quel punto... qual è stata la tua risposta?»] È stata... "Identico sti due maroni!". Gli ho fatto capire che a mio avviso non era proprio identico...

Intervista di Paolo Beltramo, sport.sky.it, 11 dicembre 2023.

  • [...] ragazzi, ascoltatemi, è meglio fare i collaudatori per anni per una grande azienda [...], diventare importanti nello sport che vi piace e andare a correre: poi se vai piano nessuno ti dice niente, se vai forte tutti ti fanno i complimenti e hai un lavoro, il tuo stipendio e magari il rinnovo per anni. Se fai il pilota ufficiale e non stai davanti l'anno dopo ti danno un calcio nel sedere e ciao. Ai nostri tempi prendevi un secondo ed eri decimo, oggi sei ultimo o quasi. Ora comunque fare il collaudatore è forse più difficile che ai miei tempi: c'è tanta elettronica e tu invece riporti delle sensazioni, dei feeling. Una volta credevano di più alle mie parole che al computer [...]. Non so dire se fosse più difficile o meno, di sicuro è cambiato molto.
  • Quando [...] Gigi [Dall'Igna] tornò in Aprilia e fece la 250, che alla fine ha avuto anche Simoncelli, mise tutto quello che l'esperienza gli suggeriva: mappature marcia per marcia, GPS, piattaforma inerziale... Insomma in ogni circuito potevi avere l'anticipo giusto per ogni curva, già allora e sulla 250, si iniziava ad avere un'elettronica piuttosto importante, anche se si usavano ancora i carburatori.
  • Adesso per fare il pilota devi essere un vero atleta e lo sono tutti, allora io mi allenavo un po' in bici e andando in moto quando giravo, adesso devi stare sul pezzo tutti i giorni. Mi ricordo che i piloti delle prime 4T scendevano dalla moto con le borse sotto gli occhi per la fatica [...]
  • [Sulla classe 250] [...] era un equilibrio perfetto, [...] è la moto più bella per emozione, potenza, guidabilità. Quella è la moto da corsa, la Moto2 pesa 170 chili, hanno tutti lo stesso motore. Hanno reso più facile entrare, ma che gusto c'è a chiamare con il tuo marchio una Kalex?
  • Ai miei tempi [...] qualsiasi moto che avevamo dovevamo anche mettercela a posto, perché non avevamo i soldi ed erano moto artigianali. Quindi dovevi per forza capire cosa ti impedisse di andare più forte o cosa potessi migliorare. Nascevi collaudatore un po' per forza.
  • [Su Valentino Rossi] [...] guidava qualsiasi moto gli dessi. La domenica mattina andava in modalità corsa e andava e basta.
  • [Su Tetsuya Harada] [...] se aveva sotto quello che voleva lui era velocissimo, altrimenti no.

Citazioni non datate

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  • Sono stato campione d'Italia per sei volte e mi è capitato, durante qualche Gp del Motomondiale, di non mettermi a combattere con qualche pilota in lizza per il titolo, perché per me arrivare quarto o quinto, in quel caso, sarebbe stato lo stesso. Ci sono persone, che per molto meno, si sentono arrivate.[1]
  1. Da un'intervista a Il Secolo XIX; citato in Fabio Benaglia, Motociclismo, quando Marcellino Lucchi mandò a scuola Valentino Rossi al Mugello, corriereromagna.it, 6 luglio 2021.

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