Catanzaro
comune italiano, capoluogo dell'omonima provincia e della regione Calabria
Citazioni su Catanzaro, capoluogo della Calabria.
- Ara a curte e Catanzaru c'è sta scrittu "Fanne quantu nne voi ca câ t'aspiettu." (proverbio calabrese)
- Era il tramonto quando scesi a Marina, e mentre aspettavo il treno secondario, i miei occhi godettero una festa di colori che mi fece dimenticare il malessere della stanchezza. Tutt'intorno erano aranceti, i più belli che abbia mai visto, e sulla massa compatta dello scuro fogliame, gremito di frutti quasi maturi, si effondeva lo splendore del cielo occidentale. Era un quadro insuperabile nella ricchezza dei toni; il denso fogliame, del verde più intenso e più caldo, brillava e lampeggiava, con una magnificenza accresciuta dal riverbero delle innumerevoli sfere d'oro che lo ornavano. Al di là, il mare incantato, rosso e violaceo, mentre il sole splendeva all'orizzonte che si faceva indistinto. A levante, al disopra dei contrafforti della Sila, era una luna quasi piena, gialla come le foglie autunnali, in un cielo leggermente rosato.
Nella mia geografia sta scritto che fra Catanzaro e il mare si trovano i giardini delle Esperidi. (George Gissing) - Fu sempre la metropoli di tutta la Calabria Ultra, prima che venisse in due parti suddivisa, ed ha tuttavolta i superiori dicasteri provinciali e la gran corte civile per le appellazioni, ch'è una delle quattro di qua dal faro, e che comprende tutte le Calabrie nella sua giurisdizione. Oltre alcuni stabilimenti di beneficenza, evvi una reale accademia delle scienze, ed uno de' maggiori licei regi. (da Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica (Gaetano Moroni)
- Il mare è distante da la città sei miglia, ma ti pare di averlo sotto la mano, e ne odi il fragore: vi si discende per una strada che va lungo un torrente, e quando sei su la riva trovi un villaggio che chiamano la Marina, dove i signori hanno loro casini e la primavera vanno a villeggiare. (Luigi Settembrini)
- In pochi luoghi come a Catanzaro il destino della città, lo sviluppo del suo insediamento, l'avvenire della sua comunità cittadina dipenderanno da riflessioni oculate e da volontà guidate dal senso della storia e dagli impulsi della tradizione, di quella tradizione che ha salde radici nel tessuto spirituale della città. A Catanzaro v'è come un alone fatto di distinzione; un alone che è come un blasone che investe il catanzarese, sia esso il discendente di antica famiglia, sia il magistrato illustre, sia il professionista che tramanda il lustro del padre o dell'avo, sia ancora l'artigiano o il più umile lavoratore. Ognuno in questa città ha un titolo, caduto ormai in disuso, il titolo di don; il che non vuol dire che la città sia rimasta chiusa in schermi retrivi e sorpassati; ma vuol dire che qui il don ha un valore morale, di rispetto e di distinzione, valore che non è etichetta appiccicata e superficiale, ma che insieme è parvenza e sostanza e cioè realtà e storia. (Luigi Lacquaniti)
- Io le voglio un gran bene a quella città di Catanzaro, e piacevolmente mi ricordo sempre di tante persone che vi ho conosciute piene di cuore e di cortesia, ingegnose, amabili, ospitali. (Luigi Settembrini)
- La parte alta della città che sembra voglia svincolarsi dal declivio collinoso su cui riposano le sue case, e forse desiosa di azzurro e di verde tende a stendersi, risalendo coi suoi fabbricati, ancora in alto, verso le montagne presilane che poi azzurramente cupe degradano sino, a poco a poco, a raggiungere le acque silenziose del classico golfo di Squillace. È sempre bello a vedere questo giardino, nei tepidi pomeriggi di autunno e nelle primavere aulenti, nelle fresche mattine d'estate e nelle luminose giornate d'inverno… (Giovanni Pascoli)
- Per conoscere Catanzaro, l'antica Catàsaron, bisogna andarla a cercare nel suo castello arroccato sul piano come un maniero feudale, in faccia al Golfo di Squillace, ed è un castello che abbassa i ponti levatoi dell'ospitalità piena solo se chi sbarca ai suoi piedi sia debitamente informato della grande storia della città, che i bizantini fondarono, Carlo V dichiarò «magnifica e fedelissima», i tessitori di damasco e broccato resero famosa in tutto il mondo, i sanfedisti pugnalarono, e i garibaldini di Bixio liberarono dalla peste borbonica. (Leonida Rèpaci)
- Quando da un luogo della città detto la Villa io guardai quella fioritissima veduta, volli trovare la fede di battesimo di Catanzaro, e dissi: "Se la vostra cronaca narra che un potente bizantino a nome Flagizio venne nell'ottavo secolo e fondò o ampliò la città, egli le dovette dare questo nome di Catantheros, Catantharos, (Κατανθήρος) che vuoi dire sul fiorito, e glielo diede pel sito bellissimo ed amenissimo su cui forse ebbe una sua villa, e poi surse la città". "Oh, che Flagizio e che greco voi ci contate. Una volta c'erano due fratelli briganti, Cataro e Zaro, i quali dopo molti anni che scorsero la campagna, infine si pentirono, e vennero qui che era luogo forte, e nessuno poteva toccarli: qui abitarono con la loro compagnia e le loro famiglie, qui fabbricarono una chiesa e ci furono seppelliti; e così si formò la città che porta il nome di tutti e due." Ci ebbi una quistione lunga che non è decisa ancora: anzi ogni buon catanzarese tiene per i due briganti, e non so come non gli hanno messi tra i santi protettori della città. (Luigi Settembrini)
- Una ripida discesa, che si prolunga sul fianco del dirupo, ci conduce al fondo della vallata del torrente che sbocca alla Marina di Catanzaro. All'inizio di questo pendìo un gruppo di platani secolari, dal tronco marmorato, offrirebbe ai paesaggisti magnifici modelli per degli studi di alberi. Avvezzo alla abitudini del paese, io non stupisco né mi spavento di vedere il nostro cocchiere spingere le sue bestie a gran corsa nella discesa; so già per esperienza che i cavalli calabresi hanno il piede di una sicurezza mirabile, e sono abituati a scendere a tutto galoppo i più forti pendii, girando con una precisione meravigliosa nelle curve più brusche della strada, quando s'immaginerebbe che il loro slancio stia per trascinarli nell'abisso. In fondo alla vallata lasciamo sulla destra, a un centinaio di metri di distanza, una vasta chiusa di aranci e di altri alberi fruttiferi, perfettamente irrigua, di una vegetazione meravigliosa, circondata da tutti i lati da rocce a picco bruciata dal sole e coperte da cactus, di agavi e aloe. Questa chiusa passa per una delle meraviglie dei dintorni di Catanzaro; è uno dei siti in cui si conducono i forestieri. La si chiama il Paradiso, e tal nome è ben dato, perché è un vero paradiso di frescura e di ridente vegetazione, una deliziosa solitudine, nella quale è possibile credersi isolato dal resto del mondo. (François Lenormant)
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