Battaglia di Dien Bien Phu
Citazioni sulla battaglia di Dien Bien Phu.
Citazioni
modifica- A Dien Bien Phu non abbiamo perso neanche un aeroplano, per la semplice ragione che non ne abbiamo impiegato. (Võ Nguyên Giáp)
- Da un punto di vista militare, Dien Bien Phu fu una battaglia facile per Giap. I francesi, a Dien Bien Phu, non avevan più nulla: né gli aeroplani, né i carri armati, né l'artiglieria. Giap non ebbe che da usare la marea umana e la tattica delle divisioni sempre fresche. Siamo onesti: a Dien Bien Phu cosa persero, in fondo, i francesi? Neanche un decimo del loro esercito. Qualsiasi generale francese che si trovava allora in Indocina le racconterà che l'esercito francese non era affatto sconfitto del tutto: se avessero ricevuto rinforzi da Parigi, avrebbero potuto difendere perfino il Vietnam del Nord. La guerra non fu persa dai francesi a Dien Bien Phu e grazie a Giap. La guerra fu persa a Dien Bien Phu perché era già stata perduta in Francia politicamente, psicologicamente, moralmente. (Nguyễn Văn Thiệu)
- Gli americani vivevan nell'incubo di una nuova Dien Bien Phu e, appena le cose andavano peggio, si diceva: «È Giap che prepara una nuova Dien Bien Phu». (Oriana Fallaci)
- La resa di Dien Bien Phu sanziona pertanto l'impossibilità della Francia di risolvere da sola la guerra d'Indocina. Per di più, dato che la fortezza era ormai assurta a un simbolo, politico e psicologico, la sua resa viene ad appesantire la situazione di partenza degli occidentali a Ginevra. (Ferdinando Vegas)
- Nella campagna di Dien Bien Phu avevamo pianificato un'azione lampo della durata di due o tre giorni. Ma avendo acquisito nuovi elementi sulla situazione cambiammo i nostri piani. Optammo per una campagna prolungata e l'azione durò 55 giorni. Ancora adesso penso che questa decisione di cambiare i piani fu la più difficile della mia vita. Il secondo momento decisivo fu la campagna primaverile del 1975. Inizialmente avevamo pianificato due o tre attacchi. Ma comprendemmo che si poteva intensificare l'azione e così pianificammo una campagna di due o tre mesi. Di fatto essa durò solo 55 giorni, esattamente come quella di Dien Bien Phu. Le due esperienze furono differenti: nel primo caso prolungammo l'azione, nel second l'accorciammo. (Võ Nguyên Giáp)
- Alcuni prigionieri tentarono di fuggire dopo la caduta di Dien Bien Phu, ma, per quanto mi risulta, non ci riuscirono. Gli abitanti del paese li ospitavano, dando loro da mangiare e da riposare, ma nello stesso tempo informavano le autorità militari del Vietminh.
- Dopo venti ore di lotta senza respiro, compresi combattimenti corpo a corpo, il nemico si è infiltrato in tutto il centro. Manchiamo di munizioni. La nostra resistenza sta per essere sopraffatta. I vietminhiti sono soltanto a pochi metri dalla radiotrasmittente dalla quale sto parlando. Ho dato ordine di effettuare il massimo delle distruzioni. Non ci arrenderemo.
- Ho visto almeno millecinquecento autocarri del tipo "Molotov"; inoltre essi usavano pure i cosiddetti organi di Stalin, e cioè dei cannoni a razzi multipli.
- I miei uomini hanno combattuto come leoni. I vietminhiti hanno sofferto terribili perdite. Ma erano sempre in grado di mandare continuamente nuovi uomini in prima linea.
- Cinquant'anni fa, nel cuore dell'Asia, in un punto strategico del Tonchino settentrionale, sul territorio vietnamita ma a ridosso del Laos, e a una certa distanza dal confine con la Cina, si svolse l'ultima battaglia antica dell'epoca moderna. Il suo nome mitico, Dien Bien Phu, tradotto alla lettera diventa burocratico. Dien in vietnamita significa grande; Bien frontiera; Phu è un capoluogo amministrativo. Dien Bien Phu vuol dunque dire Grande Centro Amministrativo di Frontiera. La battaglia, in quella località battezzata da mandarini senza fantasia e abitata da pacifici coltivatori d'oppio, durò cinquantasei giorni, tra metà marzo e i primi di maggio del 1954: e se non cambiò subito, direttamente, la storia del mondo, come altre battaglie rimaste nella memoria, essa annunciò, con un enorme spargimento di sangue e un altrettanto disperato coraggio da entrambe le parti, i mutamenti che nel mondo si sarebbero prodotti in un futuro non tanto lontano.
- Dien Bien Phu fu una disfatta francese, ma anche una pagina militare onorevole, coraggiosa nella storia dell'esercito francese. Nel ricordarla non si può tuttavia non scendere nei particolari perché quella fu una battaglia «all'antica», in cui l'onore aveva le sue regole.
- La scena della resa, nel bunker del generale de Castries, quel 7 maggio 1954, prefigura la scena del 30 aprile 1975, a Saigon: quella in cui l'ambasciatore americano con la bandiera sotto il braccio sale su un elicottero, posato sul tetto dell'ambasciata, che subito s'invola, mentre i soldati di Giap, non più con i sandali di gomma logora ma con i carri armati, stanno per sommergere la capitale del Sud. I militari francesi, come quelli americani ventun anni dopo, pagarono gli errori commessi nel valutare gli avversari.
- Per vincere la battaglia di Dien Bien Phu, Giap si era servito dell'arte della guerra imparata nelle foreste e nelle risaie del Viet Nam. I suoi studi erano stati di tutt'altra natura. All'università di Hanoi aveva frequentato disordinatamente corsi di legge e di filosofia. La sua passione era la storia. E nella storia aveva incontrato due maestri: Alessandro Magno e Napoleone. Dei quali aveva tratto insegnamenti che aveva poi adeguato alla sua realtà. Un altro suo ispiratore nell'arte della guerra era il Mao Tse Tung che non si accaniva contro i punti inespugnabili del nemico, che evitava le battaglie dall'esito incerto, che si sottraeva alla forza dell'avversario, e che sapeva mobilitare i contadini con parole d'ordine semplici, elementari, e cariche di passione.
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