Antistene
filosofo greco antico
Antistene (436 a.C. – 366 a.C.), filosofo greco.
Citazioni di Antistene
modifica- [Quando gli fu domandato perché rimproverasse così aspramente i suoi allievi] Anche i medici fanno così con i malati.[1]
- [A chi lo criticava per il fatto che frequentava uomini malvagi] Anche i medici stanno con gli ammalati, eppure non hanno la febbre.[2]
- Bisogna procurarsi provvigioni tali per il viaggio che, anche nel caso di naufragio, possano insieme galleggiare sull'acqua.[1]
- È assurdo scegliere il loglio e levarlo via dal grano e fare così anche in guerra con quelli che non servono, e invece nella vita politica non scartare i malvagi.[2]
- È meglio combattere al fianco di pochi virtuosi contro tutti i malvagi piuttosto che al fianco di molti malvagi contro pochi virtuosi.[3]
- [Udendo una volta che Platone parlava male di lui] È proprio di un sovrano fare buone azioni e sentire parlare male di sé.[4]
- Gli invidiosi sono divorati dal loro proprio carattere come il ferro dalla ruggine.[5]
- [Alla domanda su quale degli apprendimenti fosse più necessario] Il dimenticare i mali.[6]
- [Interrogato su quale vantaggio gli fosse derivato dalla filosofia] Il poter stare in compagnia di me stesso.[2]
- La virtù basta in se stessa alla felicità, che non ha bisogno di null'altro se non del vigore di Socrate.[7]
- La virtù è un'arma che non può essere sottratta.[3]
- La vita in comune di fratelli che vanno d'accordo è più robusta di ogni fortezza.[1]
- Meglio cadere nelle grinfie dei corvi [kórakas] piuttosto che in quelle degli adulatori [kólakas]: i primi, infatti, divorano i cadaveri, i secondi, invece, i vivi.[1]
- Nel lusso possano vivere i figli dei nemici.[8]
- Non si deve far smettere chi contraddice contraddicendolo, ma convincendolo: neppure il pazzo infatti è curato da chi diventa a sua volta pazzo. (frammento 65D)[9]
- Ουκ αντιλέγοντα δέι τόν αντιλέγοντα πάυειν, αλλά διδάσκειν; ουδέ γάρ τόν μαινόμενον αντιμαινόμενός τις ιάται.
- [A chi gli riferì: «Molti ti lodano»] Perché, che male ho fatto?[8]
- Platone, vedo il cavallo ma non la cavallinità.[10] [criticando la dottrina delle idee]
- Possa io diventare pazzo, piuttosto che provare piacere.[4]
- [A chi gli domandava quale tipo donna sposare] Se è bella, la avrai in comune con altri [koiné], se è brutta, l'avrai tu solo in punizione [poiné].[4]
- [A chi lo criticava perché non era figlio di persone libere] Se è per questo, non sono neppure figlio di due lottatori professionisti, eppure io sono un bravo lottatore.[1]
- Se vogliamo preservarci, abbiamo bisogno di amici sinceri o di accesi nemici, perché i primi criticano i nostri errori, e gli altri, inveendo contro di noi, ce ne distolgono.[11][12]
- Stai attento ai nemici, perché essi per primi si accorgono degli errori tuoi.[3]
- Una definizione è quella che mostra «che cos'era o che cos'è».[4]
- Un avaro non può mai essere uomo virtuoso.[13]
Note
modifica- ↑ a b c d e Citato in 2005, VI, 4.
- ↑ a b c Citato in 2005, VI, 6.
- ↑ a b c Citato in 2005, VI, 12.
- ↑ a b c d Citato in 2005, VI, 3.
- ↑ Citato in 2005, VI, 5.
- ↑ Citato in 2005, VI, 7.
- ↑ Citato in 2005, VI, 11.
- ↑ a b Citato in 2005, VI, 8.
- ↑ Stobeo, Florilegio (2,2,15 W.-H.).
- ↑ Citato in Antistene di Atene, in Enciclopedia on line, Treccani Cultura.
- ↑ Citato in Plutarco, Come trarre vantaggio dai nemici, 6, 89B, traduzione di Giuliano Pisani, in Tutti i Moralia, coordinamento di Emanuele Lelli e Giuliano Pisani, revisione generale di Leo Citelli, Emanuele Lelli, Valentina Zanusso, Bompiani, Firenze-Milano, 2018, p. 161. ISBN 9788858777428
- ↑ Plutarco attribuisce un pensiero simile a Diogene di Sinope in Come distinguere l'adulatore dall'amico e Come constatare i propri progressi nella virtù.
- ↑ Citato in Niccolò Persichetti, Dizionario di pensieri e sentenze di autori antichi e moderni d'ogni nazione, 3 voll., Fratelli Rechiedei, Milano, 1877-1878, vol. I, 1877, p. 122.
Bibliografia
modifica- Diogene Laerzio, Vite e dottrine dei più celebri filosofi, a cura di Giovanni Reale con la collaborazione di Giuseppe Girgenti e Ilaria Ramelli, Bompiani, 2005. ISBN 88-452-3301-4