Andrej Illarionov

politico russo

Andrej Nikolaevič Illarionov (1961 – vivente), economista e politico russo.

Illarionov nel 2003

Citazioni di Andrej Illarionov

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  Citazioni in ordine temporale.

La Repubblica, 24 gennaio 2006.

  • [«Perché si è ritirato?»] Tre ragioni principali: il cambiamento della politica economica, la deriva del regime politico, l'affermazione di un modello corporativo dello Stato. Mi sono rifiutato di fare ciò che mi veniva chiesto.
  • La Russia ha deciso di controllare le ex repubbliche sovietiche ricattandole con il prezzo di gas e petrolio, ma pure bloccando le importazioni dei loro prodotti. Nel lungo periodo nessuno garantisce che lo stesso trattamento possa essere riservato ai Paesi antipatici in Europa.
  • Il mercato del gas non esiste [in Russia]. I prezzi sono fissati in base alle relazioni tra gli Stati. Le discriminazioni sono evidenti: costi stracciati per la fedele Bielorussia, triplicati per le filo-occidentali Ucraina e Georgia.
  • Negli ultimi due anni una politica già non liberale è stata sostituita dal corporativismo dei colossi pubblici. Le grandi aziende energetiche però sono statali solo in apparenza: difendono esclusivamente i propri interessi. Non è rimasto alcuno spazio per le libertà economiche: conta solo la fedeltà politica.

corriere.it, 18 aprile 2006.

  • Secondo la Dichiarazione di Rambouillet del 1975 e i tradizionali comunicati emessi in seguito agli incontri dei capi di Stato, il Gruppo degli Otto è costituito dai Paesi più democratici e maggiormente industrializzati del mondo. [...] Rispondere soltanto ad alcuni (ma non a tutti) dei requisiti menzionati, sia pure in presenza di peculiarità aggiuntive straordinarie, non è sufficiente perché un Paese faccia parte di questo gruppo. [...] La Russia di oggi risponde a uno solo dei criteri del Gruppo, cioè all'entità dell'economia calcolata secondo la Ppp. [...] Secondo tutti gli altri criteri, la Russia attuale non risponde ai parametri del Gruppo degli Otto.
  • La Russia non è un Paese economicamente progredito. Per il Pil pro capite secondo la Ppp, la Russia si trova al 69˚posto al mondo. [...] Dal 2005 la Russia non è un Paese politicamente libero. Secondo l'indice dei diritti politici della Freedom House, essa occupa il 168˚posto tra 192 Paesi del mondo; in base all'indice della corruzione della Transparency International, è al 126˚posto su 159 Paesi; secondo quello del favoritismo delle decisioni governative è 85˚ su 106 Paesi; per quanto riguarda la difesa dei diritti di proprietà, è 88˚su 108 Paesi; per l'indipendenza del potere giudiziario, sta all'84˚ posto tra 102 Paesi (gli ultimi tre indici vengono calcolati dal Forum economico mondiale). Il G8 in quanto gruppo di Stati democratici non esiste più.
  • Si rivelano fondamentali le differenze tra i 7 e la Russia su quasi tutte le questioni sostanziali all'ordine del giorno mondiale, sugli obiettivi perseguiti dai loro governi, sul comportamento nell'arena internazionale. Alle guerre dei visti e dei polli a scapito di Paesi vicini alla Russia, ora si sono aggiunte quelle elettriche e del vino (incombe quella dell'acqua minerale?). Sui mass media ufficiali russi si è scatenata un'isteria propagandistica contro Ucraina, Moldova, Georgia, Paesi Baltici, Europa, Usa. Sono finiti tutti tra i nemici internazionali dell'odierna dirigenza russa, e nel ruolo di principali bersagli di una nuova «guerra fredda» che di fatto si sta conducendo. Contemporaneamente sono emersi anche i nuovi amici: gli attuali leader di Bielorussia, Uzbekistan, Iran, Algeria, Venezuela, Myanmar, Hamas. Anche questo è una specie di G8. Le differenze abissali tra i Sette e la Russia non sono casuali. Alla loro base stanno le divergenze fondamentali nella visione del mondo contemporaneo, nella concezione di ciò che è possibile e ciò che non è ammissibile nell'operato del potere statale, nei valori di fondo.
  • I poteri russi hanno già mostrato cosa intendano per sicurezza energetica. Anziché liberalizzare e privatizzare, stanno facendo l'esatto contrario sia all'interno del Paese sia fuori, cercando di imporre anche al resto del mondo metodi non di mercato. I Sette saranno d'accordo? L'idea di educare la dirigenza russa allo spirito dei valori democratici è invece non professionale, inefficace, ridicola. [...] Le stesse autorità russe avranno buon gioco a respingere tale pedanteria: il G8 non è una scuola di buona condotta. Nei club di gentleman non ci si occupa di ciò. Ma il solo fatto che si discuta di come educare la dirigenza russa, vuol dire che la Russia non viene percepita quale membro naturale di questo club neppure da coloro che intendono andare a Pietroburgo. Una conferma in più della morte di fatto del G8, anche come club.
  • Andando a Pietroburgo, i leader dei Sette daranno prova della loro indifferenza verso le sorti della libertà e della democrazia in Russia. La miglior conferma di quello che la dirigenza russa ripete: tra noi e i leader occidentali non ci sono distinzioni di principio; essi, come noi, non fanno che dare l'impressione di essere interessati a difendere i diritti umani e l'economia di mercato; essi, come noi, non fanno che esaltare la libertà e la democrazia solo a parole.
  • Il summit di Pietroburgo sarà anche un incoraggiamento per i regimi autoritari di tutto il mondo. Un trionfo per i dittatori di oggi e di domani. Nessuno deve nutrire dubbi se dopo un simile summit ci sarà al mondo più o meno libertà, più o meno democrazia, più o meno aggressione.

Intervista di decidere.net, 24 aprile 2008.

  • [...] la carica più alta spetta a Medvedev, ma tutti sanno con chi si deve parlare quando si devono prendere decisioni importanti.
  • [«Secondo lei Medvedev è un liberale?»] Dovremmo prima metterci d'accordo sul significato di questo termine. Comunque sia, non credo lo sia, perché non è sufficiente essere gradito alla comunità imprenditoriale internazionale per essere un liberale.
  • [...] un conto è vivere in un paese semi-libero, un altro è lavorare in un paese che è cambiato in questi anni ed ha smesso di essere libero. Io non mi riconosco più in questa Russia.
  • Ho deciso di dimettermi da consigliere quando mi sono accorto che ormai i siloviki avevano instaurato un regime autoritario. Non ho mai condiviso la gestione del caso Yukos e l'arresto di Khodorkovsky, ma speravo che rimanendo dentro sarei riuscito a dare spazio ad una visione più liberale, anche se il mio campo era solo quello economico.
  • La Russia soffre di quello che io chiamo il male dello Zimbabwe, perché dal 1991 ad oggi le libertà civili e i diritti politici sono stati calpestati, se non distrutti, proprio come accade in Zimbabwe. E questo nonostante la crescita economica avrebbe dovuto e potuto favorire il miglioramento di quese libertà. Il sistema di potere dei siloviki ha solo impresso una svolta autoritaria allo sviluppo della Russia: nell'attuale burocrazia governativa, il 77% proviene dagli apparati di sicurezza e solo il 23% dal servizio civile: questo non è un paese normale.
  • Dal mio punto di vista la classe media ancora non esiste. La Russia è il mercato più grande per la vendita di BMW, macchina diffusa soprattutto fra i burocrati di stato. Se i salari medi sono quelli che conosciamo, come è possibile? Questo non è un buon segno. Paradossalmente, quando la Fiat sarà la macchina più diffusa, allora inizierò a credere che esiste una classe media, che può permettersela grazie al salario. E faccia attenzione: i siloviki non hanno un disegno strategico nelle loro nazionalizzazioni, perché l'unico interesse è far tornare sotto controllo statale tutti i settori dell'economia che permettono di incassare denaro liquido. Come ha detto un politico russo, la Russia è un'azienda di stato e con le elezioni si scelgono i top managers di questa azienda di stato.

Dall'intervista di Maša Gessen

Mosca, giugno 2011; citato in Maša Gessen, L'uomo senza volto. L'improbabile ascesa di Vladimir Putin, traduzione di Lorenzo Matteoli, Sellerio, 2022, ISBN 88-389-4424-5

  • [Sulla seconda guerra cecena] Putin era felice. Gesticolava emozionato e diceva: «Glielo abbiamo fatto vedere, li abbiamo presi». Poiché non avevo niente da perdere dissi a loro tutto quello che pensavo della guerra in Cecenia. Gli dissi che le truppe russe ai suoi ordini commettevano un delitto. Lui continuava a dire che c'erano banditi e che li avrebbe fatti fuori e che lui era lì per fare in modo che la Federazione russa rimanesse intatta. Quello che mi disse in privato era esattamente quello che aveva sempre detto sull'argomento in pubblico: era la sua sincera opinione. Invece la mia opinione sincera era che si trattasse di un crimine.
  • [Su Michail Borisovič Chodorkovskij] Non è andato in prigione per l'evasione fiscale o per avere rubato il petrolio, in nome di Dio! [...] È andato in prigione perché era – ed è – un essere umano indipendente. Perché non si è inchinato. Perché è rimasto un uomo libero. Questo Stato punisce la gente che vuole essere indipendente.
  • Per tutti arriva il momento della resa dei conti [...]. Per me fu Beslan. Fu allora che capii che era il modus operandi canonico. C'era l'effettiva possibilità di salvare vite umane, e lui [Putin] scelse invece di uccidere gente innocente. L'uccisione degli ostaggi. Voglio dire, stavo lavorando e potevo vedere e sentire, e vidi tutto da vicino. Mi resi conto che se avessero continuato il confronto per almeno alcune ore si sarebbero salvate delle vite, tutte o quasi tutte. Non ci sarebbe stato l'assalto e i bambini, i genitori e i maestri sarebbero stati salvi. Così stavano le cose e c'era una sola ragione per attaccare la scuola in quel momento. Tutto mi fu chiaro quel giorno, il 3 settembre 2004. [...] Fare il consigliere è fare il consigliere: è una cosa importante, ma non è la stessa cosa che rappresentare personalmente qualcuno. Dissi al mio datore di lavoro che date le circostanze non potevo più svolgere il ruolo di suo rappresentante personale.
  • Era diventata una cosa ridicola. Nessuno seguiva i miei consigli sull'economia o su altro. Il treno della Russia viaggiava a tutta velocità su rotaie assolutamente diverse.

Discorso tenuto ad una conferenza in Palanga, Lituana; citato in itlietuviai.it, 22 settembre 2014.

  • [«Gli abitanti di Riga possono dormire tranquilli?»] La stessa domanda potrebbe essere fatta a Tallinn, Vilnius, Palanga, Bucharest e altre città. Nessuno a Riga potrebbe rispondere affermativamente [...]. A mio parere, comunque, la domanda deve essere riformulata, soprattutto dopo che Barack Obama in visita all'Estonia ha detto che la NATO è pronta a difendere Tallinn, Riga e Vilnius. La situazione sembra più tranquilla dopo questa dichiarazione, ma dobbiamo considerare la tempestività delle forze armate, gli armamenti militari, non le parole. Dal punto di vista della tempestività, le forze armate NATO del Baltico non bastano.
  • Parliamo di "crisi" in Ucraina, ma questo termine è già la testimonianza del trionfo della propaganda di Putin, del successo della controinformazione del Cremlino. Non è una crisi, è una guerra. Ed è una guerra tra Russia ed Ucraina, per ora.
  • [Sulla definizione legale russa dei "russi"] Un ordinamento del genere autorizza l'esercito russo a proteggere tutti i russi descritti nella legge. Di conseguenza, viste dalla sponda russa queste incursioni dell'esercito russo al di fuori dei confini nazionali possono sembrare legittime.
  • [Sul conflitto russo-ucraino] Studiosi russi sostengono che questa è la guerra della Russia contro l'Occidente: dicono che l'Occidente ha commesso molti errori e si sta muovendo nella direzione sbagliata e che la Russia sta difendendo i propri valori [...]. Altri studiosi, [...] vedono questa guerra in un secondo modo, secondo il quale Putin stesso divide l'Occidente in due parti: gli stati anglosassoni (Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia) e gli stati di frontiera (stati baltici, Polonia, Romania). Secondo questo orientamento, non deve assolutamente esserci alleanza tra gli stati anglosassoni e gli stati di frontiera.

(EN) Intervista di Hans H. Luik, delfi.lt, 2 febbraio 2024.

  • La fine del secolo fu il momento migliore anche se paragonato ad altri periodi migliori nella storia economica russa, inclusa la NEP di Lenin, o Nuova Politica Economica, negli anni '20. È stato un miracolo economico. In 10 anni, quel tempo è scaduto.
The turn of the century was the best time even compared to other best times in Russian economic history, including Lenin's NEP, or New Economic Policy, in the 1920s. Economic miracle. In 10 years, that time ran out.
  • Credevo che questi soldi dovessero essere utilizzati per migliorare il tenore di vita dei cittadini russi lanciando vari programmi, attraverso i quali la Russia si sarebbe unita pacificamente al mondo libero e avrebbe goduto dei benefici della cooperazione internazionale, scientifica ed educativa. L'obiettivo di Putin in quel momento, come il mondo intero in seguito si rese conto, era esattamente l'opposto. Non è interessato all'elevare il tenore di vita del popolo russo. Putin ha iniziato ad accumulare risorse da utilizzare per attaccare e soggiogare militarmente i suoi vicini, e non solo loro.
I thought that this money should be used to improve the standard of living of Russian citizens by launching various programs. With programs by which Russia would peacefully join the free world and enjoy the benefits of international, scientific and educational cooperation. Putin's goal at that time, as the whole world later realized, was quite the opposite. He is not interested in the higher standard of living of the Russian people. Putin began to accumulate resources to be used to attack, militarily subjugate his neighbors and not only his neighbors.
  • Innanzitutto, quando Putin entrò al Cremlino, la sua mentalità era diversa. All'inizio, soprattutto nei primi due o tre anni, dal 2000 al 2003, Putin era ovviamente interessato all'integrazione con l'Occidente. Ha parlato dell'Unione Europea e in particolare della NATO in conversazioni non pubbliche. Voleva che la Russia diventasse un membro a pieno titolo della NATO. Non ha parlato di questo desiderio una o due volte, ma molte volte, anno dopo anno, con un tono tale che se lo sentissimo esprimelo adesso, 20 anni dopo, rimarremmo scioccati. È abbastanza difficile immaginare come si sia comportata in quel momento la stessa persona, per la quale la NATO è ora il principale nemico.
First, when Putin entered the Kremlin, his mindset was different. In the beginning, especially in the first two or three years, from 2000 to, say, 2003, Putin was obviously interested in integration with the West. Spoke about the European Union and especially NATO in non-public conversations. He wanted Russia to become a full member of NATO. He didn't talk about this wish once or twice, but many times, year after year, in such a tone that if we heard him tell us now 20 years later, we would be shocked. It is quite difficult to imagine how the same person, for whom NATO is now the main enemy, acted at that time.
  • Putin aspirava ad aderire alla NATO anche [...] nel 2005, quando partecipò al saccheggio di 12 miliardi di dollari di beni russi e li donò ai suoi amici e a se stesso attraverso Rosneft per arricchimento personale. A causa di un simile comportamento, quest'uomo pensò di poter unirsi all'Occidente. Era un periodo in cui era interessato alle riforme economiche. Ormai da almeno 10 anni, anzi anche da 15 anni, sicuramente dal 2008, la sua idea principale è invece l'espansione dell'Impero russo.
Putin aspired to join NATO even in [...] 2005, when he participated in the looting of $12 billion of Russian assets and gave it to his friends and himself through Rosneft for personal enrichment. Because of such an episode of behavior, this man thought that he could join the West. It was a time when he was interested in economic reforms. Now for the last 10 years, at least, actually even the last 15 years, certainly since 2008, his main idea is instead the expansion of the Russian Empire.
  • Ho visto le richieste territoriali di Putin aumentare di anno in anno. Già nel 2003 Putin aveva avviato una campagna per impadronirsi della piccola isola di Tuzla nello stretto di Kerč tra il Mar Nero e il Mar d'Azov, inizialmente solo all'Ucraina. Inizialmente, nel settembre-ottobre 2003, fu lanciata una rumorosa campagna per riprenderci "la nostra isola di Tuzla". Nel 2014, all'inizio sembrava che volesse solo la Crimea, ma sfruttando l'occasione, ha immediatamente puntato sul Donbass e sulla Novorossija. E ora, se lo ascoltiamo e leggiamo, è già interessato a tutta l'Ucraina.
I saw Putin's territorial demands swell year by year. Already in 2003, Putin began a campaign to seize the small island of Tuzla in the Kerch Strait between the Black Sea and the Sea of Azov, initially only from Ukraine. Initially, a noisy campaign was made in September-October 2003 only to take back "our island of Tuzla". In 2014, at first it seemed that he was only in Crimea, but using the opportunity, he immediately barked at Donbass and the Novorossiya. And now if we listen to him and read, he is already interested in the whole of Ukraine.
  • Putin non è "un altro autocrate corrotto" il cui obiettivo principale è arricchire se stesso e i suoi amici attraverso il furto. Anche se lo ha fatto e continuerà a farlo, il suo obiettivo principale è molto più ambizioso: l'espansione dell'impero. E tutto il resto è solo un mezzo per raggiungere questo particolare obiettivo.
Putin is not "another corrupt autocrat" whose main goal is to enrich himself and his friends through theft. Even though he has done so and will continue to do so, his main goal is much more ambitious – expansion of the empire. And everything else is just a means to achieve this particular goal.
  • Negli ultimi 30 anni non ci sono stati tentativi di occidentalizzazione decisi e stabili in Russia. Questi esperimenti durarono al massimo nove anni, dopodiché si spostarono nuovamente nella direzione dell'orientalizzazione. Ciò fu accompagnato dalla totalitarizzazione del paese, che vediamo ancora oggi.
In the last 30 years, there have been no determined and stable westernization attempts in Russia. These experiments lasted at most nine years, and after that they again moved in the direction of orientalization. This was accompanied by the totalitarianization of the country, which we still see today.

Citazioni su Andrej Illarionov

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  • Negli Stati Uniti sarebbe stato qualificato come ultraconservatore (in seguito ricoprì l'incarico al Cato Institute, un centro di studi economici liberista a Washington DC), ma in Russia il suo pensiero economico lo collocava decisamente sul versante liberista dello spettro. Illarionov non credeva nel riscaldamento globale e credeva invece nell'illimitata potenzialità di autoregolazione dei mercati. Era anche conosciuto per la sua brillante mente analitica e per il carattere suscettibile, fatto che lo tenne ai margini dei più importanti avvenimenti degli anni Novanta. La sua nomina fu una sorpresa per tutti, lui compreso. (Maša Gessen)
  • Parlando con me, undici anni dopo la sua nomina, Illarionov era ancora convinto che Putin fosse «una persona straordinaria», e citava come prova fondamentale di questo la sua capacità di tenere sotto controllo le emozioni. Su questo aspetto c'era in realtà una massa di prove contrarie, comprese le molte volte che Putin aveva perso il controllo in pubblico. Ma essendo incapace di tenere per se stesso le sue opinioni, Illarionov era ancora colpito dalla capacità di Putin di «semplicemente chiudere» la conversazione sulla Cecenia – e anche, sembra, dal totale apprezzamento di Putin nei suoi confronti. In fondo Illarionov non riusciva a immaginare di poter essere sistematicamente ingannato – che è esattamente la ragione per la quale si lasciò sistematicamente ingannare per molto tempo. (Maša Gessen)

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