Alessandro Bonan

giornalista e conduttore televisivo italiano

Alessandro Bonan (1964 – vivente), giornalista e conduttore televisivo italiano.

Il Foglio

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  Citazioni in ordine temporale.

  • [Su Gianluca Vialli] Era uno di quegli attaccanti con le spalle larghe e le gambe veloci. Segnava gol facili e impossibili. Era un equilibrista acrobatico. Conosceva l'arte della finta e quella del tiro a rete con potenza. Sapeva essere leggero e pesante. Veloce e immobile, di fronte alle intemperanze degli avversari. Al tempo della Sampdoria, gli capitava di giocare con i calzini abbassati. Sembrava una sfida ai difensori ostili, come a dirgli che quelle gambe così svelte era impossibile toccarle. Probabilmente esorcizzava la paura, o meglio la affrontava, ne provava a toccare qualche nervo.[1]
  • Guardiola si estende oltre la sua persona, ha un fascino coinvolgente, una specie di aura che ti piglia anche se non vuoi.[2]
  • Sarri si conclude negli occhiali. Sembra una distanza breve tra la faccia e le lenti, tanto che per guardare oltre, abbassa la testa e spia il mondo. Lo vede piccolo, una fessura, non sembra interessato all'orizzonte, a te che sei di fronte, all'oltre quella porta, al domani. Non vive l'altro, nemmeno lo considera. L'altro non c'è, come infatti non esiste l'altra squadra. Sarri studia la geometria del campo, lo suddivide in figure, ci mette dentro il pallone, formula qualche possibile variabile, poi teorizza e infine scrive sul piccolo quaderno a quadretti. Si auto compiace solo quando le equazioni tornano, come un matematico perseguitato dall'ordine dei numeri. Senza la malizia, la cattiveria, la scioccheria del presuntuoso, si dimentica di vivere al di fuori di un gioco [...] che rappresenta per lui il nirvana, l'angolo di paradiso, l'Altissimo. Vince se deve vincere, perde se qualcosa va storto (e qualcosa va sempre storto nel mondo degli umani). Difficilmente tradisce sotto il profilo algebrico. Uno più uno fa due, due più due quattro e così via. L'esattezza è la sua cifra stilistica.[2]
  • Era stato un allenatore di basket vincente, ma del successo gliene importava il giusto. A Bucci interessava l'anima. Come un vampiro buono si nutriva del sangue della nostra anima. Poi, come corroborato da quell'inspiegabile nettare, raccontava il suo modo di intendere la vita. Con una voce decisa, sicura, quasi imbarazzante nella sua forza – potenza di una cascata che ti schiacciava a terra, sorprendendoti. L'inevitabile reazione davanti alle parole di un uomo tanto energico era di ammirazione. Una spontanea forma di meraviglia, come quella che si prova davanti ad un'opera d’arte, che sia dell'uomo o di di Dio. In breve, insieme alla stupefazione, si faceva largo uno stato molto intimo di benessere.[3]
  • [Sulla Juventus Football Club 2019-2020] Cristiano Ronaldo non è più lo stesso. [...] A sconsacrare il fenomeno di Funchal, un uomo in saio blu, un sacerdote del calcio, un fideista del gioco: Maurizio Sarri. Con l'avvento del toscano, la Juventus ha bruciato non solo cento sigarette al giorno, ma anche il mito di Cristiano. E adesso, la gente che faceva ooo ad ogni tocco del "suo" pallone, si ciuccia la vocale in bocca, la mastica e poi la sputa anche per Dybala, Higuain, Bernardeschi, Cuadrado, perfino Matuidi, che di CR7 è praticamente la sentinella. Insomma per dirla in poche parole, la Juventus non dipende più da una giocata, bensì da un gioco. Il quale presuppone un principio collettivo in cui, anche un maestro con la bacchetta in mano, scende dal piedistallo e suona il piffero con l'orchestra. [...] La Juventus di Sarri distribuisce il pane e i pesci priva della necessità di assistere a un miracolo. Senza nulla togliere a ciò che è stato prima [...], oggi la Juventus si muove diversamente. Non si sa [...] se sia più forte o più debole [...]. Ma di sicuro, con Sarri, la sinistra conta come la destra e il dietro come il davanti. Ovunque sia il fenomeno, il signore del pallone, il dio del calcio. Ovunque sia, Cristiano Ronaldo.[4]
  • La Var ha reso gli occhi impauriti, le parole confuse, i gesti incerti. Pure quello, a forma di rettangolo, con cui un arbitro indica il ricorso alle immagini. Sembra la cornice di una commedia semi seria, tendente al tragico. Perché c'è poco da ridere, il calcio arbitrato in questo modo non è più calcio. Serve un'illuminazione per uscire da questa strada buia, un colpo di coda. Tornare troppo indietro non si può, la tecnologia ci ha resi seguaci nella vita, figuriamoci in questa religione che si chiama calcio. Ma forse abbiamo ecceduto in desiderio di progresso. Gli arbitri sono uomini e stanno resistendo alla macchina, o meglio al cambiamento.[5]
  • Maurizio Sarri cerca una distanza, un punto focale, una specie di miraggio. Vede ruscelli, alberi, una vegetazione nel deserto. Questo è il gioco che cerca: un florilegio di passaggi, in geometrie inesatte, ma disegni comunque, che si esaltino nella rincorsa, nell'avanzamento del pallone, un rotolare logico verso la porta, una cascata in gol. In questa visione metafisica si nasconde l'insidia dell'incubo o, alla meno peggio, dell'imprevisto. [...] Sarri subisce l'inclinazione del risultato che nel calcio è fatto anche di estemporanee soluzioni, astrali combinazioni, talento, magia e corruzione dell'anima. L'esagerazione di queste parole serve a comprendere la michelangiolesca irrequietezza dell'allenatore toscano, un furore interiore che lo ha portato a credere in se stesso, quando quel sé altro non era che il ritratto di un uomo che amava il calcio a prescindere dal luogo in cui si consumasse, che fosse la polvere della provincia o l'altare dell'impero. Sarri, durante la sua lunga strada, non si è mai perso, al contrario si è piano piano trovato. Scoprendo di essere un allenatore vero prima ancora di estirpare il falso, qualora ve ne fosse.[6]
  • [Su Antonio Conte] Entra nel problema e non lo aggira [...]. Il pugliese porta le mani al cuore e lo strappa. Poi comincia l'ispezione, la sezione per meglio dire. Riparato l'organo lo rimette al suo posto. La squadra pompa, il sangue circola, il corpo prende vita. Lo slancio è potente. Conte fa giocare la squadra senza disegni preordinati, in lui la traccia si solca al momento in cui le cose accadono. Ma ingannevole è il cuore più di ogni cosa, perché la vittoria non è frutto solo del sentimento. C'è il lavoro, costante, asfissiante, ai fianchi, come si dice, di un uomo che non conosce la tregua. Il calciatore prima trema e poi corre. Per questo Conte è destinato a vincere e poi, è già successo, a fuggire.[6]
  • Il contropiede nel calcio è una forma di progressione, la più veloce che si conosca da quando esiste questo sport. Pochi passaggi e hop, siamo già dall'altra parte, magari in porta, esultando per un gol. E allora perché tutta questa vergogna nel discutere di un modo tanto efficace di giocare a pallone? Risposte sicure non ce ne sono, ma viene il dubbio di essere entrati nel pieno di [...] un mega pregiudizio ideologico: che solo chi tiene a lungo il possesso del pallone, faccia del bene allo spettacolo. Cosa che non solo è smentita dai fatti [...] ma anche dai canoni della normale estetica, visto che cento passaggi per arrivare al tiro non è detto che siano più divertenti di quattro fatti bene.[7]
  • Si fa una certa confusione quando di mezzo c'è la Premier League. La parola speed, velocità, si mangia tutto il resto del vocabolario [...]. Sono in tanti infatti a sostenere che in Premier League si giochi bene solo perché tutto scorre veloce. È vero, basta non subalternare la destrezza alla rapidità. [...] Senza tecnica non esiste la giocata; o meglio esiste il calcio, ma non la sua espressione funambolica. In Inghilterra si allena la squadra a esprimersi veloce, con sedute durante la settimana fatte di partitelle con il coltello tra i denti. Le sfide sono duelli costanti, testa a testa, e scambi essenziali. Sia nel primo caso che nel secondo, una sviluppata tecnica è la base del successo, altrimenti accade poco o nulla. Senza dribbling l'uno contro uno è una forma di suicidio, un po' come trovarsi davanti a Indiana Jones e pretendere di batterlo a colpi di schiaffoni. Senza capacità di tocco, lo scambio rapido finisce come una poesia senza rima: non si chiude. Quindi puoi giocare veloce solo se possiedi il pieno controllo del pallone. In Premier si va in porta di prima. Uno due tocchi al massimo, ma per farlo devi essere un ottimo calciatore. La differenza la fa la qualità e non la forza.[8]
  • [Sulla possibile introduzione dei play-off nel campionato italiano] Generano equilibrio, incertezza, attesa. Sono spettacolo televisivo e di folla [...]. In più, contrariamente al pensiero contrastante, restituiscono alla stagione cosiddetta regolare, un respiro superiore. Si giocherebbe per vincere sempre, in quanto la sconfitta sarebbe comunque rimediabile. [...] Le stagioni del calcio troppo spesso si concludono in maniera malinconica, con squadre ormai sicure del successo finale prima ancora che inizi la primavera. Si comincia la stagione con mille mortaretti sparati tra le stelle e si finisce con un cerino che si addormenta tra le nostre mani. Nel basket i playoff sono diventati quasi l'essenza del gioco, in quanto spingono all'estremo il concetto della vittoria in uno sport dove non è previsto il segno X. Ed è questo il punto, i playoff nel calcio renderebbero il pareggio un risultato diversamente utile: un brodino sciocco (sciapo per i non toscani), rispetto a un piatto di spaghetti all'arrabbiata.[9]
  • La grande Honved, all'inizio degli anni Cinquanta, fu il frutto delle idee di un uomo piuttosto dimenticato dalla storia, Jeno Kalmar, l'allenatore dei magiari. Impostò la squadra come uno stormo di uccelli senza posizione, liberi di volteggiare sul campo. I vari Bozsik, Kocsis, Puskas, si passavano il pallone con il becco formando triangoli perfetti in grado di far scivolare l'azione verso la porta avversaria con la naturalezza di un tappeto che si srotola. Senza saperlo, gli ungheresi avevano dato inizio alla rivoluzione del calcio, di cui Rinus Michels si è successivamente appropriato [...][10]
  • Quando parla Gattuso si scatena un pensiero antico, fatto di fatica, onore, sincerità e altruismo. Qualcosa di completamente dimenticato nell'epoca digitale, dove l'unico obiettivo della gente è quello di insultare il prossimo, allontanandosi dalla decenza e il più delle volte dalla verità dei fatti. Gattuso smentisce i social, li rende stupidi, inutili, perfino anacronistici. [...] Gattuso sceglie una via diretta che prescinde dal risultato, senza farsi condizionare dalla vittoria o dalla sconfitta [...]: riesce a essere freddo e analitico, senza perdere mai il controllo della parola. Se sovrapponiamo questo modo di comportarsi alla sua natura istintiva di vulcano in perenne ebollizione, ne viene fuori un gigante.[11]
  • [...] il portiere, nel calcio moderno, gioca con gli altri ma perde da solo. È un acrobata sul filo, dove quel filo è la linea di porta, sulla quale deve fare il giocoliere con la palla, che se gli manca l'attimo precipita.[12]
  • Nel calcio chi vince si garantisce l'eternità. Sarà per questo che molti allenatori non subiscono il fascino a volte traditore della bellezza, ma guardano al sodo, al successo, in qualsiasi maniera lo si raggiunga. Una letteratura sciocca pone il bello avverso al concreto, come se le due facce di un'opera non fossero entrambe importanti.[13]
  • [...] ci sono quelli che passano per essere tanto sicuri di vincere – e di fatto vincono – da divertirsi a fare credere di essere dei machiavellici fautori del "fine che giustifica i mezzi". Tra questi spicca Massimiliano Allegri, il pragmatico per eccellenza, colui secondo il quale il calcio è un gioco semplice per persone furbe e intelligenti. E Allegri, furbo, lo è per natura.[13]
  • Se è vero che la perfezione è un incidente di percorso, José Mourinho è l'allenatore ideale per cercarla. In lui tutto si esprime secondo un ordine disatteso, dentro regole asimmetriche che lo pongono al riparo dalla prevedibilità.[14]
  • Mourinho ha girato il mondo, ha conosciuto re e regine, si è autoproclamato speciale per poi legittimare questa esclusività con i risultati. Ha vinto dappertutto, e Oporto non è Milano, e Milano non è Londra e Londra non è Madrid e Madrid non è Manchester. E vincere dappertutto non è così scontato anche quando ti danno tra le mani il meglio che il calcio può esprimere.[15]
  • Sarri è un uomo della gente a cui non manca un sano realismo (sarà mica questo il cosiddetto sarrismo?) [...][16]
  • Pioli è bravo, dicevamo, ma. Dove quel ma, messo così, seguito da un punto, si trasformava da congiunzione in aggettivo sinonimo di inadeguatezza. Stefano Pioli è bravo ma, troppo buono. Ma, esageratamente conciliante. Ma, poco autoritario. Ma, dotato di una personalità velata, non chiara. Ma, afflitto da un’immagine dimessa, con quella barba sacerdotale che sa di chiesa e di rosario.[17]
  • [Sulla Juventus Football Club 2021-2022] Allegri è ancora convinto del calcio che propone? A vedere la Juventus [...], non sembra, visto che la squadra gioca male e perde spesso. L'impressione è quella di un gruppo indeciso sul da farsi: andare avanti, tornare indietro, guardarsi alle spalle, puntare al futuro. Sembra di stare in mezzo all'amletica domanda tra essere e non essere. Un territorio desertico dove l'incertezza provoca un vuoto, un blocco del discorso. La Juventus di questi tempi è come un ragionamento senza un filo logico, che si interrompe a metà e poi riprende, magari con qualche frase a effetto, una parola bella, a cui segue una conclusione affrettata.[18]
  • [Sul calciomercato] Tizio passa da questa squadra a un'altra. E questo basti, è la notizia. Già, ma la storia? Dov'è la storia? La storia si consuma in rapidi retroscena che non sempre appartengono alla verità assoluta, ma solo a quella del momento: una sorta di verità di comodo. La storia vera sta nel mezzo, nelle pieghe, nascosta in quello che spesso non si sa, non si vede, non si dice, oppure, molto semplicemente, non si vuole dire. Magari quella stessa storia verrà raccontata un giorno, quando tutto si è concluso nel bene o nel male, ma non è detto che avremo perso un'occasione. [...] È questa la parte seduttiva del calciomercato: la maniera in cui ti somministra punture di verità che da sole bastano a riempire una serata, un racconto, una storia. È l'attimo di fuga in cui il traguardo si accorcia all'improvviso, è la goccia che diventa fiume, è la preghiera di un bambino che si tramuta in un sogno a occhi aperti.[19]
  • Che sapevamo noi del passaggio di Maradona al Napoli? Che fu un'operazione finanziaria geniale, che Maradona scelse una squadra che non aveva mai vinto nulla, e lo fece senza apparenti motivi. Fu tutto così veloce e inaspettato, che nessuno ebbe il modo, né il tempo, di raccontare la verità [...]. Abbiamo saputo tutto dopo. Maradona già si drogava e il Barcellona se ne voleva liberare. Senza questa base malata i catalani mai e poi mai avrebbero lasciato andare via così in fretta il giocatore più forte di tutti i tempi [...]. Quella operazione nacque dunque da una mistificazione, ma come a volte capita, è da un inganno che prende vita una grande storia d'amore. E così fu. Senza Maradona non ci sarebbe stato quel Napoli, senza Napoli non ci sarebbe stato (forse) quel Maradona. Per cui, visto l'epilogo, è stato meglio sapere tutto a posteriori.[19]
  • [Sulla Juventus Football Club 2021-2022] Ad Allegri manca una squadra, e forse anche una società così come la si intendeva fino a ieri: non solo potente ma anche strategica. I giocatori di cui dispone sono di alto livello, presi uno ad uno, ma messi insieme assomigliano a disertori che si ritrovano per caso sotto lo stesso tetto. Appaiono stanchi e sembrano non sapere nulla l'uno dell'altro, si guardano, non possono amarsi, vorrebbero conoscersi ma nessuno fa il passo decisivo verso l'altro. Chiesa si spara da solo come una donna cannone, oltrepassa il grande telo e sparisce nel vuoto. Si butta tra le stelle, per meglio dire, ma quello slancio sembra essere l'unico atto eroico di una squadra a cui Allegri non riesce a dare ancora un nome.[20]
  • Parlare di arbitraggi, nell'epoca del var, è come discettare di nuvole, di stelle, di universo: non porta a nulla.[20]
  • Non è importante parlare di coppe o di medaglie, di bacheche rimaste desolatamente vuote ma sottolineare l'influenza culturale ed emotiva dell'unicità dei bergamaschi. [...] L'Atalanta, a prescindere dai risultati, ha potenziato un pensiero altrimenti debole: quello del piccolo che demolisce il grande. [...] L'Atalanta ha fatto paura [...] a tutti i grandi d'Italia e d'Europa, convincendoci di un fatto con il quale siamo nati e cresciuti, e cioè che nello sport conta quello che fai e non quello che sei.[21]
  • [Sulla Juventus Football Club 2021-2022] [...] una squadra sbagliata in una società in lento assestamento in mezzo a piccole scosse, in un presente sussultorio, sia dal punto di vista tecnico che finanziario. Con dentro, sbriciolate in piccole lettere, l'idea fuori tempo della Superlega, l'affare inconcludente di Ronaldo, certi rimedi da ultimo giorno di scuola come il pasticcio di Suarez, il tentativo ondivago di seguire una moda, quella del gioco (cos'è il gioco?), passando da Allegri a Sarri, con dentro un pizzico di Pirlo per tornare ad Allegri. Per finire al mercato, costruito senza avere in testa l'unica idea che conta nel calcio dei più grandi: acquistare campioni e non figure intermedie, detto senza infamia e poca lode. La Juventus di oggi, priva di vittorie come non le capitava da un pezzo, è il risultato di una gestione a cui va messo un punto grande come una casa. Da quel punto la Juventus deve ripartire [...]. Perché non sta scritto da nessuna parte, se non in uno sgualcito vocabolario delle frasi antipatiche, che vincere sia l'unica cosa che conta. Si può anche perdere, e da una sconfitta rinascere.[22]
  • La capacità persuasiva di Mourinho [...] è in grado di mostrare al prossimo, uno scenario altrimenti invisibile. Lo vede lui, soltanto lui, e te ne parla. A quel punto lo vedi anche tu. Mourinho non cerca l'impossibile, si muove dove può competere, in questo concreto come un ragioniere. [...] Il portoghese va dove lo porta il cuore e sfonda le porte agitando il sentimento, un ciondolo dal tintinnio ipnotizzante. Proprio per questo è più di un allenatore, è una sorta di guida spirituale la cui venerazione comporta un pizzico di sicuro smarrimento e il rischio di una probabile perdizione. Il suo carisma appartiene al mondo della devozione: o ti abbandoni o non sei niente.[23]
  • [Su Carlos Alcaraz] Gioca diverso, nella misura in cui varia il modo di toccare la pallina. La picchia forte, in questo identico agli altri, ma l'addomestica costantemente al suo volere provocando traiettorie extra ordinarie, come se fosse il protagonista di un manga. La sua superiorità è fisica, in quanto arriva dappertutto rimanendo centrale con il corpo, ma la sua forza è mentale. Lo spagnolo è capace di capire in un lampo dove si trovi la soluzione migliore per ottenere il punto. Alcaraz non elabora un pensiero, non ne avrebbe il tempo, lo mette in pratica. Ed è sempre o quasi il pensiero migliore.[24]
  • Arrivare al limite, senza superarlo. Dove quel limite sta per remora, piccola vergogna. Era una delle modalità di scrittura di Mario Sconcerti, quasi una sua regola non scritta. Sconcerti si portava sulla soglia dell'imbarazzo e si fermava lì, mettendosi a giocare con l'effetto prodotto dalla sua prosa. Provocatorio nella misura in cui ciò che scriveva determinava un dibattito. Era un fuoriclasse nel girare intorno ai fatti narrati, come uno squalo senza denti, per poi toccarli con la coda. Senza cattiveria, ma spaventando per il solo motivo di essersi portato sull'argomento con la consueta precisione, sicurezza, essenzialità.[25]
  • Italiano è questo, prendere o lasciare. Vuole vincere con coraggio e perdere alla stessa maniera.[26]
  • Di Buffon mi ha sempre colpito il contrasto tra la fragilità dichiarata fuori dal campo [...] e l'onnipotenza mostrata sul campo, dove non si capiva mai la fine del suo corpo e l'inizio dell'impossibile. Sapeva districarsi tra le pallottole e rimanere incolume, eroe di un fumetto animato. Fisicamente mostruoso, è stato tecnicamente diseguale, con un lato impreciso che ne esaltava la capacità di improvvisare nelle situazioni apparentemente definitive, nelle quali ormai, l'osservatore di parte, il comune mortale, si portava la mano sulla fronte per il segno della croce, che la fede è un sentimento a cui conviene cedere.[27]
  • Zoff è stato un portiere carismatico, senza possedere nulla del protagonista. Era assente tra i pali, come un alunno seduto all'ultimo banco, mimetizzato con il muro. A chi pensava che fosse timido, rispondeva con gesti esatti, composti: insolito genio senza sregolatezza.[27]
  • Tamberi è un istrione che qualcuno mal sopporta, per via di una certa propensione all'estremo, ma nessuno può discutere la forza di quello che fa e che dice. C'è pienezza nei suoi gesti, nei suoi pensieri, una vitalità quasi imbarazzante, se confrontata con la nostra pigrizia. Tamberi sorride, e tra i suoi denti si intravede la tentazione del prossimo morso alla vita.[28]
  • [Su Vincenzo Italiano] Esterni alti, sia le ali che i terzini, linea difensiva quasi a centrocampo, quattro ruote motrici in spinta costante, tanto da rimanere qualche volta senza benzina. Il suo calcio è così coraggioso da sfiorare l'incoscienza. Perde, vince o pareggia [...] ma gioca, sempre. In due parole, è divertente. Poi, facendogli le pulci, vi si trovano difetti sparsi. [...] Ma, come in tutte le opere alternative, originali, tipiche di chi ha inventato uno stile, l'imperfezione certifica la mano dell'autore e l'autorizza a perseverare.[29]
  • [...] il calcio non distingue ciò che fai dalla maniera in cui lo dici. E Mazzarri ha sempre detto le cose nel modo sbagliato.[30]
  • Thiago non ride quasi mai. Proprio per questo non risulta simpatico a molti giornalisti, almeno nella maniera tradizionale in cui si intendono i simpatici. Alle domande risponde a monosillabi e a volte in modo ruvido. Sembra avere un'alta considerazione di sé, e questo lo aiuta nei momenti difficili, provocando per difendersi. È un figlio di tutti e di nessuno. Sembra assomigliare a Gasperini (lo ha avuto al Genoa) nella maniera in cui gioca spavaldo, e a Mourinho (lo ha avuto all'Inter) per come non si fa pestare i piedi in modalità dialettica, e poi ad Ancelotti (lo ha avuto al Paris Saint-Germain) per il libero arbitrio concesso ai suoi attaccanti. Nella crasi dei tre, c'è Thiago Motta, che pare in sintesi una perfetta fusione tra un brasiliano e un italiano. Palleggio, corsa, samba e diagonali, ritmo e scivolate.[31]
  • Kroos parlava una lingua decisa in campo. Si faceva sentire forte da compagni, avversari e arbitro (cosa per nulla trascurabile). [...] Con Kroos in campo, l'allenatore poteva anche andare al mare, che tanto ci pensava Toni a guidare la squadra. Possedere un giocatore così, significa ridimensionare (e di parecchio) l'importanza della guida in panchina.[32]
  • Ci sono allenatori bravi e meno bravi, ma in entrambi i casi, senza una squadra forte, il risultato rimane a rischio. In questa logica [...] si fa largo un'eccezione italiana chiamata Gasperini. Credo sia uno dei pochi allenatori al mondo in grado di fare da solo la differenza. Con lui crescono tutti: i timidi, i disperati, i coatti, i ciechi, i poveri di spirito, i senza tetto. Gasperini possiede una didattica efficace e un modo molto personale di esprimere la leadership. Si fa seguire, senza preoccuparsi di farsi amare, provocando in certi casi perfino l'avversione. [...] Qualcuno dice che Gasperini fuori dall'Atalanta sarebbe come un lago dentro il mare: si perderebbe. Ma perché, l'avete mai visto un lago dentro il mare?[32]
  • Se le Olimpiadi fossero una fiaba, sarebbero certamente quella di Cenerentola, dove ci sono zucche, scarpette, matrigne, sorellastre cattive, una fata e poi lei, appunto, Cenerentola, la protagonista di un riscatto. Il bello delle Olimpiadi è che accendono una luce su chi vive nell'ombra il sacrificio di sport anche molto faticosi. Che ne sappiamo noi, per il resto dell'anno, di lottatori, sparalesti, tuffatori spanciati, spadaccini spuntati, nuotatori [...], signori degli anelli rubati, saltimbanchi e acrobati di vario genere?[33]
  1. Da Vialli, il coraggio della paura, ilfoglio.it, 24 dicembre 2018.
  2. a b Da Le vite diverse di Guardiola e Sarri, ilfoglio.it, 10 febbraio 2019.
  3. Da L'addio di un gigante, Alberto Bucci, ilfoglio.it, 18 marzo 2019.
  4. Da Il Ronaldo sconsacrato, ilfoglio.it, 26 ottobre 2019.
  5. Da Var, ritorno al futuro, ilfoglio.it, 24 novembre 2019.
  6. a b Da Sarri–Conte, i due rivali, ilfoglio.it, 6 dicembre 2019.
  7. Da Il contropiede, obtorto Conte, ilfoglio.it, 10 gennaio 2020.
  8. Da La diversità tra Premier League e Serie A sta nel tocco, ilfoglio.it, 25 gennaio 2020.
  9. Da Playoff, ottima idea, ilfoglio.it, 23 maggio 2020.
  10. Da Tra pratica e teoria, ilfoglio.it, 24 settembre 2020.
  11. Da Gattuso l'antisocial, ilfoglio.it, 27 settembre 2020.
  12. Da Quando il portiere era come Jacques Tati, ilfoglio.it, 20 febbraio 2021.
  13. a b Da Allegri, il bello e l'eternità, ilfoglio.it, 1º maggio 2021.
  14. Da José Mourinho, il gatto, ilfoglio.it, 21 agosto 2021.
  15. Da Allegri e Mourinho, così uguali e così distanti, ilfoglio.it, 16 ottobre 2021.
  16. Da Il grande naso di Maurizio Sarri, ilfoglio.it, 23 ottobre 2021.
  17. Da Stefano Pioli, vittima del "ma", ilfoglio.it, 13 novembre 2021.
  18. Da Il dubbio amletico di Allegri, ilfoglio.it, 27 novembre 2021.
  19. a b Da La grande seduzione del calciomercato, ilfoglio.it, 2 gennaio 2022.
  20. a b Da Quel filo che unisce Allegri e Mourinho, ilfoglio.it, 8 gennaio 2022.
  21. Da L'Atalanta del Gasp, una splendida illusione, ilfoglio.it, 23 aprile 2022.
  22. Da La storia tra Allegri e la Juventus è un'amore senza fine, ilfoglio.it, 14 maggio 2022.
  23. Da Il carisma diverso di Maldini e Mourinho, ilfoglio.it, 18 giugno 2022.
  24. Da Carlos Alcaraz, il tennista diverso, ilfoglio.it, 25 giugno 2022.
  25. Da Il bagliore di Mario Sconcerti, ilfoglio.it, 24 dicembre 2022.
  26. Da L'imperfetto Italiano. Se vuoi imparare a vincere, prima devi perdere, ilfoglio.it, 10 giugno 2023.
  27. a b Da L'addio di Buffon e la follia di un portiere, ilfoglio.it, 5 agosto 2023.
  28. Da Allenatori, l'importanza di saper tacere, ilfoglio.it, 2 settembre 2023.
  29. Da Vincenzo Italiano. Un allenatore vero, ilfoglio.it, 23 settembre 2023.
  30. Da Walter Mazzarri, uomo e ragno, ilfoglio.it, 18 novembre 2023.
  31. Da Il calcio di Thiago Motta tutto samba e diagonali, ilfoglio.it, 17 febbraio 2024.
  32. a b Da Gasperini, diversamente leader, ilfoglio.it, 15 luglio 2024.
  33. Da Quanto è bello partecipare alle Olimpiadi, ilfoglio.it, 3 agosto 2024.

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