Teresa Forcades i Vila (1966 – vivente), monaca benedettina e attivista catalana.

Teresa Forcades (2015)

Citazioni di Teresa Forcades modifica

  Citazioni in ordine temporale.

"Adozioni gay? Ai bambini serve un amore maturo, il sesso dei genitori non conta"

Intervista di Geraldine Schwarz, repubblica.it, 9 febbraio 2016.

  • Se si è contro le unioni civili perché queste permettono l'unione tra persone dello stesso sesso, mi sembra che questo sia in fondo solo paura delle differenze. Il valore fondamentale del matrimonio è che rappresenta un impegno per sempre. Credo che sia importante sottolineare questo in una società che tende alla superficialità e alla strumentalizzazione delle persone: sto con te perché mi servi, o mi sei utile, o mi dai piacere, o mi diverti o quello che sia. Sono contro questo atteggiamento chiaramente e l'unione civile può essere seria come una religiosa, dipende dal grado di impegno che ci si mette.
  • Quello di cui i bambini hanno bisogno è di un amore adulto, maturo e responsabile da genitori che antepongano le loro necessità alle proprie e che sappiano nello stesso tempo porre loro dei giusti limiti e aiutarli a crescere. Il fatto di crescere con due donne o con due uomini non rappresenta nessun problema. Nel medioevo molti bambini crescevano in Monastero solo con donne o solo con uomini e molti di essi sono diventati santi.
  • La maternità surrogata è un abuso di potere in un mondo economicamente sbilanciato come quello attuale nel quale viviamo. Mette sempre più spesso donne povere nelle condizioni di scegliere se commercializzare e vendere la propria maternità o condannare se stesse e i loro figli alla miseria. È estremamente crudele, come lo è anche quando le donne devono emigrare e abbandonare la famiglia per guadagnare un minimo stipendio per sopravvivere o finiscono nella rete della prostituzione per la stessa ragione. [...] A parte lo sfruttamento economico, rifiuto la maternità surrogata per ragioni etiche: la psiche di una persona comincia a costituirsi durante la gravidanza attraverso la percezione della voce e gli effetti degli ormoni materni che circolano nei tessuti fetali e che si accordano alla voce e dallo stato d'animo della madre. Quindi, la separazione dalla madre biologica è sempre traumatica per il bambino e deve evitarsi per quanto possibile.
  • Io credo che la chiesa debba continuare a difendere la vita come un dono del quale non si può disporre a proprio piacimento. Ma credo che la maniera migliore di farlo non sia promuovere leggi che criminalizzano le donne che interrompono la gravidanza. Non si può salvare la vita del feto senza mettere sotto accusa i diritti della madre. Allora è necessario chiedersi se vogliamo che uno Stato forzi una donna a scegliere per il bambino. In questo caso, solo in questo caso, io propendo per la madre. Io credo che non si possano strumentalizzare le persone: non si può fare della madre uno strumento per la vita del bambino ma allo stesso tempo, e questo vale per la pratica della surrogazione, non si può neanche fare del bambino uno strumento del desiderio.
  • Mi sento una rivoluzionaria pacifica. Mi sento femminista perché voglio riconoscere il lavoro delle prime donne, pioniere del femminismo che si chiamarono così mentre lottavano per il diritto a entrare all'università, al voto, a essere governanti nella società o a detenere i massimi incarichi nella chiesa o nella religione. Sono contro la violenza e non la considero utile a cambiare la società però sono rivoluzionaria perché credo che la nostra società non si debba riformare ma debba proprio cambiare radicalmente.

Le ardite interpretazioni teologiche dei testi biblici di Suor Teresa

Citato in Davide Vairani, lacrocequotidiano.it, 4 ottobre 2016.

  • Se Dio ha posto nelle mani della madre la vita del feto, noi non siamo nessuno per intervenire.
  • [Sulla teologia] O è liberazione o non è teologia. O è femminista — nel senso di una identità per uomini e per donne a immagine di Dio non incasellata in nessuno stereotipo — o non è teologia.
  • Maria è una donna veramente libera. È stata capace di guardare, di relazionarsi con Dio, da una posizione di parità. Quando Dio le chiede se vuole avere un figlio da Lui, se vogliono un figlio insieme, la prima reazione di Maria è di stupore. Come possiamo immaginare questa interazione tra Dio e un essere umano, una donna? Dio le dice. "Io non sono Dio perché detto delle regole, perché ti dico cosa devi e cosa è giusto fare, perché sono l'adulto; ma semplicemente perché sono la vita stessa. Tu e io possiamo interagire solo se lo desideriamo, se lo desideri". Dio ci ha dato la dignità e la scelta.
  • [...] io sono cresciuta in una famiglia atea. Ho letto per la prima volta il Vangelo a 15 anni: ne rimasi impressionata. La mia seconda lettura è stata Gesù Cristo il liberatore di Leonardo Boff. Nessun racconto di Dio quando ero una bambina. Andavo in Chiesa solo per battesimi e comunioni. Dalle mie letture posso dirti che la tradizione vuole Maria come una donna sottomessa ma nel vangelo Maria è descritta come una giovane donna che sa cosa vuole, che prende decisioni che la riguardano, che dice sì a Dio. Leonardo Boff, nel suo libro, dipinge Maria come una donna capace di essere la compagna di Dio. Maria vuole essere incinta di Dio. È straordinario il suo desiderio. Sappiamo che una donna può rimanere incinta di un uomo che non ama, ma spiritualmente non si può. Non si può stuprare una donna spiritualmente; fisicamente si, ma non spiritualmente. Dio non s'impone a lei con la forza, Dio chiede a Maria e Maria dice sì e rimane incinta perché si amano. Per me è molto bello perché è quello che Dio vuole con ognuno di noi: rendere spiritualmente incinta o incinto ognuno di noi per portare Dio nel mondo. Io credo che il Dio (lui o lei) cristiano non si vuole imporre, è un Dio che esiste nello spazio e nel tempo se noi gli diamo la vita come Maria.
  • [Sull'essere favorevole al matrimonio tra persone dello stesso sesso] [...] le identità sessuali non vanno considerate come scatole chiuse che Dio vuole complementari le une con le altre e che devono restare per sempre così, fissate in ruoli definiti e separati. Vivo nel mondo e vedo persone dello stesso sesso che si amano e mi chiedono: "Perché dovrebbe essere sbagliato?". Sembrano felici, si amano davvero. Perché dunque non dovrebbero essere benedetti? Perché non dentro alla Chiesa? Perché non dobbiamo esultare di fronte all'amore qualunque forma assuma? Certo, se c'è rabbia e risentimento, se si agisce con violenza nella coppia non va bene, ma questo può succedere in qualsiasi coppia, che sia etero o omosessuale. Il punto centrale è come due persone stanno insieme. Certo, da coppie etero possono nascere bambini e da coppie omosessuali no; ma non credo che questo sia l'aspetto fondamentale del matrimonio. Io amo molto i bambini (ne volevo nove) e credo siano importantissimi; ma il punto centrale della vita di coppia per me è un altro. Il segreto del matrimonio è essere due che provano a essere uno e poi tornano ad essere due. È come Dio nella Trinità: siamo uno ma siamo anche separati. Questo si può esperire anche in una vita comunitaria, in modi molto differenti. Nella coppia si raggiunge la massima intimità tra due persone; non è facile, ma è una forma di cammino a due. Si cresce in questo cammino e si mostra agli altri come l'amore possa trasformare la realtà e quali miriadi di relazioni siano possibili tra esseri umani. Tutto questo è molto affascinante.

Nella Chiesa c'è una storia tutta femminile

Intervista di Ritanna Armeni, osservatoreromano.va, 5 febbraio 2022.

  • La chiesa cattolica, in cui appunto il patriarcato è forte, è, tuttavia, l'istituzione che più di ogni altra ha preservato la presenza, la storia e la memoria delle donne. Se questa è viva, se oggi sappiamo che cosa tante donne in luoghi e tempi diversi hanno fatto, sentito, pensato lo dobbiamo al cattolicesimo che ogni giorno e in ogni parte del mondo celebra il nome e ricorda le opere di una di loro. Dico Chiara, Ildegarda, Teresa, potrei fare centinaia di altri nomi. Le donne ci sono state e ci sono. Non senza conflitto, ovviamente. Ma è avvenuto e va detto subito. Con enfasi, con convinzione, con forza. Aggiungo che non solo ci sono state e hanno agito ma hanno creato comunità e queste sono vive ancora oggi. Insomma hanno costruito nella Chiesa una storia propria, una storia femminile. E questo è difficile, sappiamo che è difficile, difficilissimo non solo in una istituzione cattolica.
  • La Chiesa cattolica è formata da donne, la maggioranza è femminile. Quindi viviamo una situazione davvero strana. Un'istituzione, una realtà in grandissima parte, al settanta, l'ottanta per cento, nella quale le donne contano poco o niente. Non mi stupisce che una situazione così strana, così singolare provochi ansia, inquietudine, incertezza, paura. Gli uomini della Chiesa sanno bene che se le donne la abbandonassero semplicemente cesserebbe di esistere.
  • [Sul femminismo] Non ci vuole molto per definirlo. Sono tre o quattro punti. Primo: il femminismo è individuare la discriminazione. Non tutti la vedono. Gregorio nel IV secolo l'ha vista, altri neppure oggi, lo fanno. Secondo: prendere coscienza della ingiustizia di questa discriminazione. Insomma assumere con chiarezza una posizione contraria. Neanche questo però basta: contro la discriminazione bisogna agire, lottare per eliminarla. Per fare teologia femminista c'è un quarto punto. Deve esserci chiaro che la discriminazione non viene dalla natura, non viene da Dio, non viene dai sacri testi. Quindi va criticata e respinta la teologia che teorizza la discriminazione perché la ritiene voluta da Dio.
  • Pensi a che cosa era il matrimonio prima del cristianesimo. Una questione economica che riguardava la proprietà: di chi era, a chi doveva essere lasciata. E quindi di chi era il figlio. Questo presupponeva il controllo e la subordinazione della donna. Nel mondo antico il matrimonio era un contratto fra due uomini, il padre e il marito. Per la chiesa cattolica il matrimonio è l'incontro d'amore fra un uomo e una donna che si scelgono e si uniscono. Un cambiamento radicale rispetto alla cultura allora dominante. Anche nella tradizione giudaica, del resto, la donna non è la madre del figlio dell'uomo ma "carne della sua carne".

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