Svjatlana Aleksievič

scrittrice bielorussa

Svjatlana Aljaksandraŭna Aleksievič (1948 – vivente), giornalista e scrittrice bielorussa di lingua russa.

Svjatlana Aleksievič nel 2017
Medaglia del Premio Nobel
Medaglia del Premio Nobel
Per la letteratura (2015)

Citazioni di Svjatlana Aleksievič

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  • Gli innamorati sono tutti maghi.[1]
  • Mi pare che l’energia della protesta si stia accumulando tanto in Russia quanto nel mio Paese. L’unica cosa che mi dispiace è che l’opposizione non sia alla guida di questo processo. Penso che il modo in cui vanno le cose, da noi ma anche in Russia, farà emergere leader del tutto diversi. Ma non c’è dubbio che il movimento sarà sempre più vasto. Basta vedere le facce delle persone scese in piazza e il rancore che si vedeva da ambedue le parti. Quanto al confronto con la Bielorussia, dico solo una cosa: il nostro potere non esiterà a spargere sangue.[2]
  • Occupati com'eravamo a edificare la storia, vivevamo però alla giornata, della memoria breve del quotidiano.[3]
  • Parlando a Londra con Mikhail Khodorkovskij ci siamo detti che ci rendiamo conto di una cosa. Se una persona è stata nel Gulag sovietico, appena uscita non può essere libera, non sa cosa voglia dire la libertà. Hanno preso il sopravvento i banditi e continuiamo a vivere secondo le regole del Gulag. Noi non possiamo che preparare la gente per il futuro che potrebbe anche essere abbastanza lontano.[2]
  • [Sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022.] La prima volta è stato Stalin a tentare di assassinare l'Ucraina, ora è Putin che la vuole uccidere, con grandissimo odio. Ma non ci riuscirà. Tutti di noi abbiamo visto le immagini dei carri armati russi che entrano nei villaggi ucraini, di anziani e donne che si piazzano davanti ai panzer e si inginocchiano. Sono immagini entrate per sempre nel mio cuore e nella mia vita.[4]

Intervista di Alessandro Zaccuri, avvenire.it, 8 ottobre 2015.

  • Tutta la cronaca [russa] degli ultimi anni si può riassumere in un ritorno al concetto di "russicità" dal quale molti di noi speravano di essersi congedati con la fine del comunismo. Oggi, per esempio, la propaganda sui traditori della patria assomiglia in modo impressionante a quella dell'epoca sovietica. Particolarmente preoccupante, poi, è il silenzio dell'opinione pubblica di fronte alla crisi in Ucraina. Ci si rassegna troppo facilmente alla sofferenza e, così facendo, ci si rassegna alla schiavitù, al sangue, alla morte.
  • Dagli anni Novanta in poi, la libertà è stato il tema sul quale più hanno insistito gli intellettuali russi. C'era la convinzione che si trattasse di un'esigenza diffusa, rispetto alla quale il sostanziale silenzio del popolo suonava abbastanza strano. La verità è che il popolo non parlava perché non aspirava affatto a essere libero. Attendeva semmai che si manifestasse una qualche variante dello stalinismo, una qualche forma di russicità mutante. Ed è a questo punto che si è fatto avanti Vladimir Putin, con la promessa di una nuova Russia dalle ambizioni imperiali, talmente forte da incutere timore al mondo intero. Un Paese, come Putin ripete spesso, che può contare su due soli alleati: l'esercito e la flotta.
  • La Storia dimostra come le stagioni di maggior prosperità della Russia abbiano coinciso con la sua vicinanza all'Europa. Una circostanza che però ha finito per generare un complesso di inferiorità e, quindi, un sotterraneo sentimento di rivalsa verso l'Europa stessa.
  • [Sulla perestrojka] La delusione scaturita da quella rivoluzione mancata ha generato un sentimento di impotenza sul quale la propaganda ufficiale ha facile presa. L'interesse russo è sempre al primo posto, il contesto generale non è tenuto in alcuna considerazione.

Intervista di Rosalba Castelletti, repubblica.it, 26 marzo 2017.

  • Per la prima volta le proteste in Bielorussia hanno un volto nuovo. Le facce dei manifestanti non sono quelle dei giovani, ma di anziani senza nulla per vivere. Questa è una rivolta per il pane. Di chi non ha più nulla da perdere. E questo a Lukašenko fa paura.
  • È sbagliato paragonare quello che sta succedendo ai fatti di Kiev. In Ucraina la gente combatteva per l'indipendenza. Il sentimento antirusso è stato il fattore scatenante della rivoluzione arancione del 2004 e della rivolta di Majdan del 2014. Da noi la protesta ha un aspetto totalmente diverso, puramente materiale. È una rivolta per il pane. L'idea di libertà e indipendenza in Bielorussia non è forte come lo è in Ucraina.
  • Sperare di ottenere un risultato immediato, come fa l'opposizione, è da ingenui. L'opposizione ha sopravvalutato le sue capacità. E ha esagerato quando ha parlato di lotta al regime. Lo trovo anche irresponsabile. I giovani che oggi protestano e vengono fermati domani verranno espulsi dalle Università che frequentano. Il nostro Paese così finirà per essere privato di nuove leve intellettuali.
  • L'Occidente cerca il dialogo con Lukašenko, ma lui è inaffidabile. Civetta con l'Europa solo quando vuole intimorire e ricattare Putin per estorcergli denaro. Ed è assolutamente incapace di guardare all'Occidente. Se qualcuno lo farà, sarà un leader più giovane, ma temo che in Bielorussia non ci sarà un cambio di guardia senza spargimento di sangue.

Intervista di Giuseppe Fantasia, huffingtonpost.it, 9 aprile 2017.

  • [Su Vladimir Putin] Non posso che essere contro di lui, non sto zitta, il mio è un impegno politico, sociale, culturale ed esistenziale. Per lui, la Russia è la più forte nel mondo, capace di combattere ogni nemico, ma non si rende conto dei danni che sta facendo. Usa spesso la parola "guerra" tanto che la stessa non fa più paura a nessuno.
  • [Su Vladimir Putin] È un uomo pericoloso che ci ha fatto abituare ad una società totalitaria. Anche se sono tanti i giovani che lo appoggiano, in generale la gente non è contenta, ma se provi a dire qualcosa di diverso, non ti ascoltano e ti dicono che sei contro il tuo paese, che è colpa di Obama e delle sanzioni introdotte contro di noi.
  • Il romanticismo che ci contraddistingueva negli anni Novanta con Gorbaciov è fallito. Le strade percorse sono state ingenue e quelle da percorrere sono ancora molto lunghe.

Intervista di Francesca Mannocchi, espresso.repubblica.it, 18 ottobre 2018.

  • Ho sempre voluto che le voci nei miei libri suonassero come un coro, ma d'altra parte desidero sempre che emerga l'ascolto di un'unica voce umana. Viviamo in un tempo in cui tutto è compresso in un monolite, e credo che oggi le persone vogliano conoscere le altre persone, non la generalità e la superficialità del resoconto della storia e delle epoche.
  • Gli esseri umani difficilmente hanno fiducia negli altri, c'è il peso del loro vissuto, il peso del tempo, l'intimità si costruisce con pazienza.
  • Penso che la poesia, per quanto possa a volte risuonare spaventosa, sia presente in tutto. Anche nell'orrore.
  • La letteratura può soltanto influenzare l'animo umano. Immaginare che possa cambiare il mondo è ingenuo. Piuttosto può cambiare una persona, e una persona può provare a cambiare il mondo. Un uomo dopo la guerra è uno spettacolo terribile. Nessuno può capirlo e lui non può capire quello che lo circonda. Non può aprirsi verso di noi né noi verso di lui. Purtroppo siamo ostaggi della cultura della guerra. Ci penso sempre, ogni volta che guardo in televisione uomini che si vantano dei propri missili, o delle armi più precise di quelle degli avversari, che possono cioè uccidere di più. Vivevo in un paese in cui la cultura della guerra era ritenuta necessaria per crescere patrioti, ma questo non è patriottismo, questa è barbarie. Per questo temo l'ammirazione, il culto della violenza. La cultura della guerra è così antica che vince ancora, è così forte che oggi siamo ancora suoi ostaggi.
  • La paura fa sì che le persone scelgano dei governanti primitivi che hanno risposte facili a domande difficili.
  • Penso che le persone abbiano paura, perché pensano che il mondo stia diventando incomprensibile e imprevedibile. E la destra ha successo, perché il populismo promette un futuro che oggi non è prevedibile. Ci saranno sempre più profughi, i profughi delle guerre cui si aggiungeranno i profughi dovuti al cambiamento climatico. Per questo è necessario per tutti noi abituarci a vivere con l'Altro, con gli altri. E i qualunquisti hanno paura degli altri, perché non sono pronti ad affrontare l'imprevedibile.

Intervista di Rosalba Castelletti, repubblica.it, 10 giugno 2019.

  • [Su Chernobyl] Siamo testimoni di come stiano cambiando la natura e il clima. Capiamo che non sempre riusciamo a controllare le tecnologie di cui disponiamo. Non sappiamo neppure quanto a lungo dureranno gli effetti dell’esplosione di Chernobyl: c'è chi dice decine di anni, chi centinaia. La gente comincia a capirlo. Il merito della serie è avere risvegliato questa coscienza e di parlarne con un linguaggio moderno.
  • Siamo circondati da macchine. Oramai compongono poesie e battono a scacchi i Grandi Maestri. Che cosa succederebbe se avvenisse un imprevisto?
  • In Russia non c'è un'idea globale che possa consolidare la società a parte la vittoria nella Grande guerra patriottica. Il numero delle perdite fu enorme. Fu una vittoria di Pirro ed è per questo che viene abbellita. Anche perché è un ottimo paravento per coprire l'orrore del Gulag.

Intervista di Martina Napolitano, eastjournal.net, 8 ottobre 2019.

  • Volete sapere com'è la campagna slava? Tutti si conoscono, si sta spesso fuori, si sa tutto di tutti, si ascolta.
  • [Sulla stampa sovietica] Era solo propaganda, mentre io volevo raccontare le storie che sentivo dalla gente comune, nelle campagne.
  • Mi trovai davanti una situazione a dir poco straniante: il luogo era come rimasto uguale, apparentemente; eppure era allo stesso tempo tutto morto. La radiazione è un collasso totale per le nostre capacità umane, perché nessuno dei cinque sensi ci aiuta a percepire cosa sia e quindi non sappiamo nemmeno trovare le parole per descriverla. Pare che invece per gli animali sia diverso: allora, molti uccelli sceglievano di suicidarsi, andando a sbattere con violenza contro i vetri, le mucche si rifiutavano di bere l’acqua dei fiumi. Ecco, mi ci sono voluti undici anni per riuscire a scrivere di Černobyl.
  • Si osserva una sorta di Anschluss silenzioso oggi tra Russia e Bielorussia; temo che la Bielorussia finirà per divenire parte della Federazione Russa, un paese che va sempre più verso un regime totalitario, dove la libertà si paga con il sangue, con le vite dei giornalisti, degli attivisti, di chi rivendica libertà di espressione. Putin avrà la possibilità già in tempi brevi di farsi eleggere presidente di una Confederazione tra i due paesi e da lì il passo sarà breve.
  • Ovunque nel paese si registrano casi di persone comuni che invocano l'apertura di musei o l'erezione di statue in onore di Stalin, e spesso sono persone i cui stessi genitori, nonni, parenti furono vittime delle repressioni staliniane. Semplicemente, è questo ciò che loro comprendono della storia russa. La perestrojka di Gorbačëv fu attuata e compresa solo da lui e dal suo quadro dirigenziale: l'intera nazione non stava affatto capendo cosa stesse succedendo. Anche noi "democratici" quando negli anni Novanta ci rallegravamo con ingenuità della libertà, in realtà non stavamo capendo la situazione. Putin ha invece compreso bene cosa dire alla nazione: la Russia si vuole ancora vedere come una grande potenza, forte; è questo che la popolazione capisce e tutto ciò che dai tempi sovietici poteva essere ripristinato, lui l'ha ripristinato. Se c'è una parola chiave per gli anni Novanta, ecco, questa è negotovnost’, impreparazione – al cambiamento, alla nuova realtà.

Intervista di Elisabetta Scuri, lifegate.it, 22 novembre 2019.

  • Quando sei lì, ti rendi conto che l'organismo non è stato creato per Chernobyl perché non senti odori, la radiazione non ha odore, non la vedi, ma dappertutto c'è la morte.
  • Il nostro atteggiamento dopo Chernobyl non è più così romantico nei confronti del progresso. Il progresso ci può offrire anche le nuove forme della guerra.
  • Adesso si può avere l'accesso a Chernobyl, mentre da Fukushima bisogna mantenersi ad un raggio di dieci chilometri di distanza. Avranno pur qualcosa da nascondere!

Incipit di Tempo di seconda mano

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Ci stiamo congedando dall'epoca sovietica. Che è come dire: dalla nostra stessa vita.[5]

  1. Da La nostalgia del mare, Internazionale, n. 712, 28 settembre 2007, p. 56.
  2. a b Dall'intervista di Fabrizio Dragosei, Mosca, arrestato Navalny La Nobel Svetlana Aleksyevich «In Russia si vive ancora nel gulag», Corriere della Sera, 28 marzo 2017.
  3. Da Nella nostra casa vivono due guerre, Internazionale, n. 839, 26 marzo 2010, p. 92.
  4. Citato in Aleksievic Vargas Llosa “Non taceremo mai”, la Repubblica, 7 marzo 2020, pag. 21.
  5. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

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