Ivan Sergeevič Turgenev

scrittore e drammaturgo russo
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Ivan Sergeevič Turgenev (1818 – 1883), scrittore e drammaturgo russo.

Ivan Turgenev, foto di Félix Nadar (1820-1910)

Citazioni di Ivan Turgenev

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  • Chi non ha visto Venezia in aprile, non può immaginare tutta la bellezza inesprimibile di questa città d'incanto. La dolcezza della morbida primavera si addice a Venezia, come il sole abbacinante d'estate si addice alla splendida Genova, e l'oro e la porpora dell'autunno a Roma, grande e antica. La bellezza di Venezia commuove e fa nascere desideri, come la primavera; stanca e lusinga come la promessa di una vicina, misteriosa felicità. Tutto è luminoso e comprensibile, e tutto è avvolto nel fumo sonnolento di un silenzio incantanto. Tutto tace ed è tutto gradevole; tutto è femminile, dallo stesso nome: non per niente l'hanno chiamata «la Bella». Le sagome dei palazzi e delle chiese si alzano lievi e stupende, come il sogno di un giovane Iddio; c'è qualcosa di fiabesco, qualcosa di strano, che affascina, nel luccicare verdastro e nelle sfumature di seta dell'acqua tranquilla dei canali, nella silenziosa corsa delle gondole, nella mancanza di quell'irritante frastuono della città, di suoni e rumori. «Venezia muore, si è spopolata» dicono i suoi abitanti; le mancava forse quest'ultima grazia, la grazia di appassire in fiore, nel trionfo della bellezza. Chi non l'ha vista, non sa: nè Canaletto nè Guardi (per non parlare degli ultimi pittori), hanno potuto cogliere quel lieve clima d'argento, l'orizzonte vago e vicino, la divina armonia delle linee più delicate e dei colori più languidi. Chi ha già vissuto e sofferto non venga a Venezia. Gli verrebbe l'amarezza dei sogni giovanili non realizzati. Ma sarà dolce a chi ha ancora se si sente teso alla gioia; allora porterà la sua gioia sotto i cieli incantati, e per quanto sia luminosa, la indorerà con la loro luce smagliante.[1]
  • L'arte di un popolo è la sua anima viva, il suo pensiero, la sua lingua nel significato più alto di questa parola; raggiunta la sua piena espressione, essa diventa patrimonio di tutta l'umanità, quasi più della scienza, proprio perché l'arte è anima parlante e pensante dell'uomo, e l'anima non muore, ma sopravvive all'esistenza fisica del corpo e del popolo.[2][3]
  • La felicità di ciascuno è costruita sull'infelicità di un altro.[4]
  • La felicità è come la salute: se non te ne accorgi vuol dire che c'è.
Счастье - как здоровье: когда его не замечаешь, значит, оно есть.[5]
  • Per qualunque cosa un uomo preghi, egli prega per un miracolo. Ogni preghiera si riduce a questo: "Dio onnipotente, fai che due per due non faccia quattro."
О чем бы ни молился человек — он молится о чуде. Всякая молитва сводится на следующую: «Великий боже, сделай, чтобы дважды два — не было четыре![6]
  • Senza autenticità, senza educazione, senza libertà nel loro significato più ampio – nel rapporto con se stessi, con le proprie idee preconcette, persino con il proprio popolo e con la propria storia – non è pensabile un artista vero; senza quest'aria non è possibile respirare.[7][3]
  • [...] sì! è lei, la nostra Palmira del nord! Tutt'attorno è possibile vedere ogni cosa, tutto è nitido, atrocemente nitido e chiaro, tutto è immerso in un triste sonno, stranamente accatastato e in risalto in quell'aria torbida e diafana. Il rossore del crepuscolo serale, un rossore febbrile, non è ancora scomparso e da quel cielo bianco e senza stelle non scomparirà fino al mattino, le sue lingue rosee si adagiano sulla superficie della Neva morbida come seta e il fiume sussurra leggermente e leggermente dondola, affrettando alla foce le sue fredde e azzurre acque...[8]
  • Tutti i sentimenti possono condurre all'amore e alla passione. Tutti: l'odio, la compassione, l'indifferenza, la venerazione, l'amicizia, la paura e persino il disprezzo. Sì, tutti i sentimenti... tranne uno: la gratitudine.
    La gratitudine è un debito: ogni uomo paga i suoi debiti... ma l'amore non è denaro.[9][3]
  • Vuoi essere felice? Impara prima a soffrire.[3]

Padri e figli

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«Ebbene, Pietro? Ancora niente in vista?» domandava il 20 maggio del 1859, uscendo senza cappello sul basso terrazzino della locanda sul viale ***, un signore di circa quarant'anni con un cappotto stretto e polveroso e i pantaloni a quadretti, al suo servitore, un giovane ragazzotto dalle guance paffute con una peluria biancastra sul mento e piccoli occhi scialbi.[10]

Citazioni

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  • Il nichilista è un uomo che non s'inchina dinanzi a nessuna autorità, che non presta fede a nessun principio, da qualsiasi rispetto tale principio sia circondato. (p. 35)
  • Io non condivido il parere di nessuno; ho il mio. (p. 79)
  • La Odincova stese in avanti tutt'e due le braccia e Bazarov premé la fronte contro il vetro della finestra. Soffocava; tutto il suo corpo tremava visibilmente. Ma non era il tremito d'una timidezza adolescente, non si era impadronito di lui il dolce sgomento della prima confessione: si agitava in lui la passione forte e pesante; una passione simile alla rabbia e, forse, affine ad essa... La Odincova ebbe paura, e sentì pietà di lui. (p. 113)
  • La sua tranquillità non fu scossa; ma ella si rattristò, ed anzi pianse una volta, senza sapere di che, ma non già per l'offesa ricevuta. Non si sentiva offesa: si sentiva piuttosto colpevole. Sotto l'azione di diversi confusi sentimenti, della consapevolezza della vita che se ne andava, del desiderio di novità, si era spinta fino ad un certo limite, si era costretta a gettare uno sguardo al di là e aveva scorto al di là non un abisso ma il vuoto... o qualcosa di mostruoso. (p. 114)
  • Si dice che la povertà non è un vizio. (p. 124)
  • L'uomo è in grado di comprendere tutto, e come vibra l'etere, e cosa avviene nel sole; ma come un altro uomo possa soffiarsi il naso diversamente da come se lo soffia lui, questo egli non è in grado di comprendere. [Bazarov ironizzando su Pavel Petrovič] (p. 151)
  • Da principio Anna Seergevna temeva che lo spettacolo della loro felicità non le sembrasse un po' pesante; ma risultò proprio il contrario: questo spettacolo non solo non l'opprimeva, ma la interessava, ed alla fine l'intenerì. Anna Sergeevna se ne rallegrò e insieme si attristò. "Si vede che ha ragione Bazarov" pensò "la curiosità, la sola curiosità, e l'amore del quieto vivere, e l'egoismo..."
    «Ragazzi» disse ad alta voce: «e così, l'amore è un sentimento finto?»
    Ma sia Katja, sia Arkadij non la compresero nemmeno. Essi la schivavano; il colloquio involontariamente ascoltato non usciva loro di mente. Del resto Anna Sergeevna li rassicurò presto; e non le fu difficile: si era calmata lei stessa.
    (p. 191)
  • Ma pròvati a negare la morte. Essa nega me, e basta! (p. 200)
  • È una vecchia canzone la morte, eppure è nuova per tutti. (p. 204)

Possibile che le loro preci, le loro lacrime siano infruttuose? Possibile che l'amore, il santo, devoto amore non sia onnipotente? Oh, no! Qualunque appassionato, peccaminoso cuore ribelle sia disceso nella tomba, i fiori che vi crescono ci guardano impassibili coi loro occhi innocenti: non di questa sola eterna pace ci parlano essi, di questa grande calma dell'"indifferente" natura; essi parlano anche dell'eterna riconciliazione e della vita infinita...

[Ivan Turgenev, Padri e figli, traduzione di Rinaldo Küfferle, Arnoldo Mondadori Editore, 2004]

Una dolce mattina d'estate. Il sole si trovava alto nel cielo puro, tuttavia i campi erano ancora umidi di rugiada, una freschezza olezzante saliva da la pianura e gli uccelli cinguettavano nella foresta piena di vapori e muta. Su la sommità della collina, dal versante intieramente coltivato a segala appena matura, si scorgeva un piccolo villaggio. Una giovane donna attraversava un sentiero in salita che conduceva al villaggio, vestita di un abito di mussola bianco con un cappello di paglia in testa, e con in mano un ombrellino. Un piccolo servo la seguiva da lungi.

Citazioni

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  • La filosofia è un punto di vista supremo. Anche la mia morte appartiene al punto di vista supremo. Ma che cosa può imparare, l'uomo, considerando tutte le cose dalle vette?...Quando vorrà comperare un cavallo non lo considererà mica dalla cella campanaria di una chiesa! (p. 36)
  • L'egoismo equivale al suicidio. L'uomo egoista si piega come un albero solitario e sterile... ma l'amore di sé stesso, nel senso più elevato, in quanto è aspirazione reale verso il perfezionamento del proprio essere, è la sorgente di tutte le grandezze. L'uomo deve lasciare in sé questo egoismo ostinato della sua personalità, allora soltanto l'amor proprio avrà diritto di imporre la sua volontà. (p. 56)

Un nido di nobili

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La luminosa giornata primaverile volgeva a sera, alte nel cielo c'erano delle nuvolette rosa, e pareva che non si spostassero, ma piuttosto si allontanassero nell'azzurra profondità.
Davanti alla finestra spalancata di una bella casa, in una via periferica della città di O... (si era nel 1842), erano sedute due donne, una di circa cinquant'anni, l'altra già vecchia, di settant'anni.

Citazioni

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  • Guai al cuore che non ha amato fin da giovane! (cap. XI, p. 51)
  • [...] si riesce a capire davvero una persona che ci è vicina solo dopo esserci staccati da lei. (cap. XVI, p. 73)
  • L'anima degli altri è come un bosco oscuro, specialmente l'anima di una fanciulla. (cap. XVII, p. 79)
  • Succede talora che due persone le quali si conoscono, ma non intimamente, si avvicinino d'improvviso nel breve volgere di qualche attimo; e la coscienza di questo avvicinarsi si esprime allora nei loro sguardi, nei loro sorrisi. (cap. XXIV, p. 102)
  • Voi non potete immaginare ciò che un giovane inesperto, educato alla maniera sbagliata, può scambiare per amore! (cap. XXVIII, p. 123)
  • Che guaio, la vecchiaia! Del resto, la giovinezza non vale molto di più. (cap. XXXIX. p. 176)

Diario di un uomo superfluo

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È appena stato qui il dottore. Adesso mi ci raccapezzo, finalmente! Ha un po’ menato il can per l’aia, ma alla fine non ha potuto fare a meno di dire come stanno le cose. Sì: presto, molto presto, morrò. Si sgelano i fiumi; ed è probabile che, assieme all’ultima neve, mi squaglierò anch’io partendo… per dove? Lo sa il Signore! Per il mare, anch’io. Be’, e con ciò? Morire per morire, tanto vale farlo in primavera. Non è risibile, però, cominciare un diario a, forse, un paio di settimane dalla fine? Ma, in fondo, che c’è di male? Quale differenza vuoi che corra fra questi e altri quattordici giorni o quattordici secoli? Tutto è inezia — dicono — al cospetto dell’eternità; d’accordo: ma in questo caso anche l’eternità è un’inezia. Mi sto perdendo in elucubrazioni, a quanto pare: brutto segno; non è che avrò paura? Meglio mettersi a raccontare qualcosa. Fuori è umido, tira vento: mi è stato proibito di uscire. Cosa posso raccontare? La gente perbene non parla dei propri malanni. Che devo fare: scrivere un racconto? Non fa per me. Dissertare dei massimi sistemi? È fuori della mia portata. Descrivere la vita quotidiana in cui sono immerso? Proprio non mi attira. Ma a non far niente mi annoio. E sono troppo pigro per leggere. Trovato! Racconterò a me stesso tutta la mia vita. Idea magnifica! Farlo, prima di morire, è decoroso e non offende nessuno. Comincio.

Citazioni

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  • La morte aveva gettato il suo sguardo su di me, notandomi. (21 marzo)
  • Nel mentre che vive, l’uomo non ha sentimento della propria vita; deve passare un po’ di tempo perché essa, al pari di un suono, gli si renda udibile. (21 marzo)
  • Superfluo, superfluo… Magnifica parola, e ben trovata. Più penetro in me stesso ed esploro con attenzione la mia vita passata, più mi convinco che questo termine risponde rigorosamente a verità. Superfluo, appunto. Termine che ad altre persone non si applicherebbe… Ci sono persone cattive, buone, intelligenti, sciocche, piacevoli e sgradevoli; ma non… superflue. Cioè, vorrei che mi si capisse: anche di costoro l’universo può fare a meno; ma l’inutilità non rappresenta la loro caratteristica principale, non è il loro tratto distintivo e, quando vi capita di parlare di costoro, ‘superfluo’ non è la prima parola che vi si arrampica sulla punta della lingua. Per quanto riguarda me, invece, altro non si può dire se non: superfluo; e fine del discorso. Una persona in sovrappiù: tutto qua. La natura, evidentemente, non contava sulla mia comparsa e, di conseguenza, mi ha trattato come si fa con un ospite inatteso e incomodo. (23 marzo)
  • Sporto per metà sopra un abisso silente e spalancato, io tremo, mi volto indietro, rivisito con sguardo avido l’intorno. Ogni oggetto mi è due volte caro. Non riesco a smettere di percorrere con lo sguardo la mia stanza misera e malinconica, prendo congedo da ogni singola macchiolina delle pareti! Saziatevi per l’ultima volta, occhi miei! La vita si allontana; mi fugge via con ritmo piano e silenzioso, come la riva agli occhi del navigante. Il viso giallo e incartapecorito della mia balia, chiuso in un fazzoletto nero; il samovar sibilante sul tavolo; il coccio con i gerani sul davanzale; e tu, Trésor, mio povero cagnolino; la penna che verga queste righe; la mia stessa mano: ora vi vedo per… eccovi, ecco… Ma è mai possibile che… forse oggi stesso… smetterò di vedervi per sempre? (31 marzo)

Primo amore

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Gli ospiti se ne erano andati da tempo. L’orologio batté le dodici e mezzo. Nella camera rimasero solo il padrone, Sergej Nikolaevič, e Vladimir Petrovič.

Citazioni

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  • Non ho avuto un primo amore, ho cominciato direttamente dal secondo. (cap. 1)

Incipit di alcune opere

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Clara Militch

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Nella primavera del 1878 viveva a Mosca, in una piccola casa di legno a Shabolovka, un giovane di venticinque anni, di nome Jakov Aratov. Assieme a lui viveva una zia, sorella di suo padre, un'anziana zitella di più di cinquant'anni, Platonida Ivanovna. Ella provvedeva alle faccende domestiche e amministrava il suo denaro, compito per il quale egli si era rivelato totalmente inetto. Oltre a lei, non aveva altri parenti. Alcuni anni prima suo padre, un gentiluomo di campagna di condizioni non troppo agiate, si era trasferito a Mosca con lui e Platonida Ivanovna, che soleva chiamare Platosha.

Caro amico, sono qui da quattro giorni e, come promesso, prendo la penna e ti scrivo. Sin dal mattino cade una pioggia sottile; non si può uscire e io ho voglia di chiacchierare un po' con te.

Il 10 agosto 1862, alle quattro del pomeriggio, parecchia gente sostava davanti al Conversation, il noto ritrovo di Baden-Baden [...] In piazza, la banda municipale suonava ora un pot-pourri dalla Traviata, ora un valzer di Strauss, ora la romanza russa «Ditele voi», adattata agli strumenti di cui disponevano i suonatori.[11]

Terre vergini

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Era la primavera dell'anno 1868 e batteva appena il mezzogiorno.
Nella via degli Ufficiali, a Pietroburgo, arrampicavasi su per una buia e sudicia scaletta d'una casa a cinque piani un uomo sui ventisette anni, sciattato e povero in arnese. Con uno strofinìo pesante delle ciabatte, dondolando sfiaccolato il corpo massiccio e goffo, arrivò questo uomo finalmente in cima alla scaletta, si fermò davanti a una porta sgangherata e socchiusa, e senza darsi il fastidio di suonare il campanello, andò oltre, sbuffando come un mantice, e si trovò in una piccola e scura anticamera.

Citazioni su Ivan Turgenev

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  • Di recente è tornato da Parigi il poeta Turghèniev [...] e sin dal primo giorno mi ha manifestato una tale amicizia, che Bielinskij, per giustificarla, dice che colui è innamorato di me. [...] Egli è un poeta, un grande ingegno, un aristocratico, un uomo bello fisicamente, ricco, intelligente, colto, ha venticinque anni; veramente non saprei che cosa la natura gli abbia negato. (Fëdor Dostoevskij)
  • La particolare abilità di Turgenev consiste nel mostrare, attraverso i rapporti con gli altri, quello che le persone realmente sono. Per questo riesce così bene nella rappresentazione dei vari tipi di società. (Edmund Wilson)
  1. Da Alla vigilia, in Tutti i romanzi, traduzione di Ettore Lo Gatto, Mursia, Milano, 1959, pp. 372-373
  2. Da Discorso per l'inaugurazione, a Mosca, del monumento a Puškin.
  3. a b c d Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  4. Da Alla vigilia; citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894
  5. Citato in Ivan Sergeevich Turgenev, V. N. Gorbacheva, Turgenev i ego vremi︠a︡, Moskovskiĭ gosudarstvennyĭ universitet im. M.V. Lomonosova, 1923, p. 132.
  6. (DE) "Um was der Mensch auch immer beten mag - er betet um ein Wunder. Jedes Gebet läuft schließlich darauf hinaus: »Großer Gott, gib, daß zwei mal zwei - nicht vier sei.«" Citato in Gedichte in Prosa, „Das Gebet“, traduzione di Theodor Commichau, luglio 1881, p. 91.
  7. Da A proposito di «Padri e figli».
  8. Da Fantasmi in Racconti fantastici, traduzione di Gian Luigi Giacone, Edizioni e/o, Roma, 1983, p. 31. ISBN 9788866321637
  9. Da La via per l'amore.
  10. Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  11. Citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993.

Bibliografia

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  • Ivan Turgenev, Clara Militch, traduzione di Adria Tissoni, in AA.VV., Il colore del male: i capolavori dei maestri dell'horror, a cura di David G. Hartwell, Armenia Editore, 1989. ISBN 8834404068
  • Ivan Turgenev, Padri e figli, traduzione di Mirco Gallenzi, Edizioni Frassinelli, 1997. ISBN 8876844465
  • Ivan Turgenev, Rudin, Bietti, Torino, 1963.
  • Ivan Turgenev, Terre vergini, traduzione di Federigo Verdinois, Fratelli Treves Editori, Milano, 1918.
  • Ivan Turgenev, Un nido di nobili, traduzione di Licia Brustolin, Alberto Peruzzo Editore, Milano, 1986.
  • Ivan Turgenev, Primo amore, traduzione di Eridano Bazzarelli, Bur, 2004. ISBN 9788817002141.
  • Ivan Turgenev, Diario di un uomo superfluo, traduzione di Alessandro Niero, Voland, 2010

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