Rose Reilly
calciatrice italo-scozzese
Rose Reilly, coniugata Peralta (1955 – vivente), ex calciatrice scozzese naturalizzata italiana.
Intervista di Giovanni Di Salvo, glieroidelcalcio.com, 13 maggio 2021.
- La mia prima squadra di calcio femminile è stata la Stewarton & Thistle Ladies. La Federazione scozzese era contraria al calcio femminile e pertanto non potevamo giocare negli stadi dei club affiliati e non permettevano agli arbitri di dirigere le nostre partite. Avevamo comunque un nostro campionato e una nostra nazionale. Io aspiravo a diventare una calciatrice professionista e pertanto per inseguire il mio sogno nel 1973, appena diciottenne, mi trasferii in Francia, allo Stade de Reims. Dopo qualche mese mi notarono degli osservatori del Milan, che mi proposero di venire a giocare da loro. Non ci ho pensato due volte ad accettare la loro offerta perché in quegli anni il campionato italiano era considerato il migliore a livello europeo. Infatti all'estero era visto come un torneo professionistico ben seguito dai media ed in cui orbitavano molti sponsor. Ricordo che quando sono atterrata all'aeroporto di Linate e stavo percorrendo la pista a piedi, visto che allora non c'erano i pulmini, mi sono sentita a casa. È stata una sensazione bellissima, come l'abbraccio di una mamma. Eppure non ero mai stata in Italia e non avevo parenti lì.
- [«Quali sono state le piazze più passionali e che porta ancora oggi nel cuore?»] Sicuramente Catania, dove eravamo arrivati ad avere 20.000 spettatori allo stadio. Quando giravo per la città i catanesi mi coprivano di regali. Una volta sono andata in una salumeria per mangiare un panino e il proprietario alla fine mi ha riempito la macchina di ogni ben di dio: olio, salumi, melanzane ecc. Un'altra volta ero in una gioielleria per comprare il regalo di compleanno per una compagna ed il titolare mi ha donato un orologio.
- [«Con la nazionale italiana ha [...] disputato un torneo in Cina. Cosa ricorda di quella esperienza?»] [...] ad ottobre [1984] partecipammo al Torneo di Xi'an. Chiaramente non era la Cina di oggi. Ad esempio tutti, sia uomini che donne, erano vestiti alla stessa maniera, con una divisa verde e un cappellino. Ricordo che la prima partita la giocammo a Pechino. Fuori dallo stadio c'era una distesa di biciclette tutte uguali e con le mie compagne ci domandavamo come ognuno potesse riconoscere quale fosse la propria. Quel giorno si disputava anche una maratona internazionale e pertanto gli spalti erano gremiti, con più di 50.000 persone. Quando siamo entrate in campo, in segno di apprezzamento, hanno incominciato a fischiare, facendo come il verso di un uccello. Era veramente assordante! Insomma è stato tutto bellissimo ad eccezione del cibo. Era strano e le razioni striminzite. Eravamo morte di fame! [sorride, ndr]. Per fortuna la Federazione dall'Italia portò grana padana, prosciutto crudo e altri generi alimentari e così in qualche modo ci arrangiammo.
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