Rosa Diletta Rossi

attrice italiana (1988-)

Rosa Diletta Rossi (1988 – vivente), attrice italiana.

Rosa Diletta Rossi nel 2022.

Citazioni di Rosa Diletta Rossi

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  Citazioni in ordine temporale.

Intervista di Mario Manca, vanityfair.it, 3 novembre 2020.

  • Più che scegliere la recitazione è un po' come se fossi stata scelta. Facevo teatro da quando avevo tredici anni e a vent'anni ho capito che avrei potuto trasformare la mia passione in un lavoro, così mi sono lasciata andare e mi sono fatta trascinare dagli eventi, tipo trasferirmi a Genova a venticinque anni per frequentare lo Stabile.
  • Il luogo in cui mi sento a casa, ci sono tornata dopo aver vinto il provino per Suburra. Roma è una città piena di contraddizioni, che ha delle problematiche irrisolvibili ma che poi si fa perdonare con una passeggiata che ti fa riconciliare con tutto quello che non funziona. E poi la luce, la luce è impagabile. Sono originaria della Puglia e questo contatto con il sole sento di doverlo mantenere sempre.
  • Sono sempre stata fuori dalla moda, ma non lo facevo apposta, era perché non riuscivo a trovarmi in quello che vedevo e che mi circondava. Il teatro, il luogo dell'immortalità per eccellenza, mi ha permesso di essere più in contatto con me stessa. A scuola, invece, facevo una gran fatica.
  • Mi sarebbe piaciuto fare la gallerista, seguire delle mostre espositive. L'arte è sempre stata una dimensione per riflettere sul mondo e sulle cose, ed è per questo che non l'ho mai abbandonata del tutto. Andare in ufficio non è, però, mai stata la mia natura.
  • Spero di continuare a fare questo lavoro il più a lungo possibile e di cimentarmi in tanti ruoli diversi. Mi piacerebbe, per esempio, tantissimo fare un film d'azione. Dopo la grande opportunità che mi ha offerto il personaggio di Alice, mettendomi in relazione con la maternità e la famiglia, sento di voler continuare a costruire dei personaggi pieni, complessi.

Intervista di Isabella Fava, donnamoderna.com, 15 settembre 2023.

  • A scuola se fai un errore parte subito la biro rossa dei prof. A teatro, invece, se "toppi" crei qualcos'altro e, soprattutto, conosci qualcos'altro.
  • A 25 anni avevo già girato diverse serie tv, ma sentivo che qualcosa mancava nella mia formazione e allora ho fatto il provino per il Teatro Stabile di Genova. Ho seguito un anno propedeutico però poi non mi hanno presa. Dopo una settimana di pianti, mi sono rimessa in azione e sono andata alla Shakespeare School di Torino. Mentre ero lì ho superato le audizioni per Suburra [...]. Non mi sono mai arresa. Quella dello Stabile fu una botta, poi mi chiamò la direttrice e mi disse: "Tu hai una faccia da cinema, devi continuare a fare quello". Lì ho imparato che quelli che ti sembrano dei fallimenti in realtà diventano delle grandi risorse. I no che ho ricevuto mi hanno dato la forza di rimettermi in gioco.
  • L'importante non è tanto l'applauso che magari certe volte non arriva, quanto la certezza che quello che hai fatto l'hai fatto al meglio. Per recitare hai bisogno di un talento iniziale, però quel talento va educato.

Pietro Cerniglia, thewom.it, 24 febbraio 2024.

  • Quand'ero più giovane, ero più irrequieta, predisposta all'azione e anche inquieta. Avevo un assetto molto sbilanciato: cercavo costantemente di guardare ad altro e ciò non mi faceva stare bene. Rispetto ad allora, il mio assetto è decisamente cambiato perché, quando si comincia a essere più consapevole dei propri mezzi, si deve trarne vantaggio e in qualche modo fidarsi di se stesso e delle proprie capacità: occorre saper ascoltare e saper guardare senza dover necessariamente agire. Ed io prima agivo tanto. [«Ti ha aiutato la recitazione a tenere a bada l'inquietudine?»] Ho cominciato a recitare molto presto, già alle scuole elementari. Le regole del palco e del teatro mi aiutavano a incanalare quell'inquietudine, che poi alla fine non era altro che vivacità. Recitare è sempre stato per me un modo diverso di apprendere da quella che era la consuetudine: ho sempre avuto un po' di difficoltà a stare seduta al banco, il potermi muovere mi dava libertà di azione e allo stesso tempo mi aiutava a recepire meglio. Utilizzare il mio corpo e tutti i miei sensi mi stancava ed io ho bisogno di stancarmi, di vivermi e di prendere tutto. E, quindi, nel tempo la recitazione mi ha aiutata.
  • [«Il tuo trasferimento verso nord è qualcosa di insolito: in un mondo in cui tutti arrivano a Roma per studiare recitazione, tu fai il percorso inverso [...]»] Avevo bisogno di confrontarmi soprattutto con il teatro, che negli anni in cui lo studiavo io era all'avanguardia in città del Nord Italia come Genova, Milano o Torino. È lì che ho avuto la fortuna di vedere tantissimi spettacoli europei di altrettanti maestri [...]. Ho viaggiato dunque per vedere il teatro che mi piaceva e perché comunque avevo bisogno di svincolarmi dalla mia situazione di comfort: volevo mettermi alla prova in una condizione che non fosse quella di casa.
  • Faccio ancora fatica a immaginarmi come personaggio pubblico. Mi sottraggo talmente tanto nei personaggi che interpreto che mi chiedo quanto bisogno ci sia di sapere chi sono io nella vita privata.
  • [...] talvolta, credo che gli altri mi percepiscano in maniera diversa da come voglia presentarmi io. Sin da piccola, ho combattuto contro il pregiudizio estetico mettendo in prima linea lo studio, le mie capacità e il mio modo di saper affrontare le cose: non volevo e non voglio avere sconti. Non ho mai voluto cavalcare l'essere considerata "bella" e delle volte mi sono anche data un po' la zappa sui piedi. Sto cominciando solo adesso a godermela maggiormente proprio perché sono diventata anche donna e sono quindi meno imbarazzata nel propormi agli altri con più disinvoltura. Non credo però che la bellezza sia un talento: è semmai uno strumento interessante e unico che, quando si ha la fortuna di possederlo, può essere messo al servizio di altro. Subivo il fatto di essere considerata "bella": era come se gli altri lo considerassero un vantaggio per il mio lavoro quando io invece mi sacrificavo con lo studio e l'impegno. [...] [«Anche perché per un attore il corpo è inevitabilmente strumento di lavoro»] Assolutamente. Ma per me ha a che fare proprio con la coscienza: devo essere cosciente di ciò che porto in modo da stravolgerlo o da utilizzarlo. Devo partire da ciò che ho a disposizione per decostruirlo o innalzarlo, a seconda delle circostanze.
  • L'essere donna viene definito spesso una "condanna" ma mi dispiace per gli uomini che non hanno mai potuto esplorare cosa significhi crescere con un certo senso di concretezza e di identità sin dalla tenera età. Noi donne dobbiamo necessariamente, purtroppo o per fortuna non saprei, scontrarci con una serie di inciampi e ostacoli che ci fanno costruire un'identità risoluta molto prima: ci perdonano molte meno cose...

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