Cormac McCarthy

scrittore, drammaturgo e sceneggiatore statunitense (1933-2023)
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Cormac McCarthy (1933 – 2023), scrittore statunitense.

Cormac McCarthy nel 1965

Cavalli selvaggi modifica

Incipit modifica

La fiamma della candela e la sua immagine riflessa nello specchio si contorsero e si raddrizzarono quando entrò nell'ingresso e di nuovo quando chiuse la porta. Si tolse il cappello, avanzò lentamente facendo scricchiolare il pavimento di legno sotto gli stivali e rimase in piedi, vestito di nero, davanti allo specchio scuro nel quale i pallidi gigli si protendevano dall'esile vaso di cristallo. Nel freddo corridoio alle sue spalle, alle pareti rivestite di legno erano appesi i ritratti, incorniciati sottovetro e fiocamente illuminati, di alcuni avi che conosceva solo vagamente. Abbassò lo sguardo sul mozzicone di una candela gocciolante, lasciò l'impronta del pollice nella cera tiepida colata sul ripiano di quercia e guardò quel viso smunto affondato tra le pieghe del raso funebre, i baffi ingialliti e le palpebre sottili come carta. No, non era sonno. Non era affatto sonno.

Citazioni modifica

  • Da qualche parte nella notte vuota i rintocchi di una campana risuonarono e si spensero lontano dove campane non ce n'erano. Sulla superficie ricurva della terra buia e senza luce che sosteneva le loro figure e le innalzava contro il cielo stellato, i due giovani sembravano cavalcare non sotto ma in mezzo alle stelle, temerari e circospetti al contempo come ladri appena entrati in quel buio elettrico, come ladruncoli in un frutteto lucente, scarsamente protetti contro il freddo e i diecimila mondi da scegliere che avevano davanti a sé. (p. 31)
  • In quella falsa alba blu le Pleiadi sembravano levarsi nell'oscurità sopra il mondo trascinando con sé tutte le stelle, mentre il gran diamante di Orione, Cepella e il marchio di Cassiopea sembravano una rete da pesca gettata nel buio fosforescente. Rimase là a lungo ad ascoltare il respiro degli altri che dormivano e a contemplare la natura selvaggia fuori e dentro di sé. (p. 59)
  • In lontananza fra i nuvoloni neri balenavano lampi silenziosi che sembravano saldature incandescenti tra fumi di metallo fuso. Pareva che riparassero un guasto nell'oscurità metallica del mondo. (p. 66)
  • Grandi pascoli verdi si estendevano a perdita d'occhio nella densa bruma violetta della sera e a occidente piccoli stormi di uccelli acquatici, come branchi di pesce in un mare infuocato, migravano a settentrione sullo sfondo delle gallerie rosse scavate nelle nuvole dalla luce del tramonto. (p. 91)
  • Il mio vecchio diceva sempre che un cavallo si doma all'unico scopo di cavalcarlo. Quindi se hai un cavallo da domare tanto vale sellarlo, montarci su e partire. (pp. 102-103)
  • Non esistono cavalli cattivi. (p. 103)
  • [...] vero il cavallo, vera l'amazzone, vero il cielo e vera la terra, eppure tutto era un sogno. (p. 131)
  • Le cicatrici hanno lo strano potere di ricordarci che il passato è reale. (p. 134)
  • Poiché sono stata ribelle, adesso riconosco i ribelli. Sono convinta che da giovane non volevo spaccare tutto, ma solo le cose che volevano spaccare me. I nomi delle cose che hanno il potere di piegarci cambiano col tempo. Le convenzioni sociali e l'autorità lasciano il posto alle malattie. (p. 135)
  • Noi non crediamo che la ragione possa migliorare il carattere della gente. Questa è un'idea francese. [...] Attento ai cavalieri cortesi. Non c'è peggior mostro della ragione. (p. 145)
  • Noi sappiamo che le cose posseggono certe qualità. Un'automobile può essere verde. O avere un certo motore. Ma non può essere contaminata dal male, capisci? E persino un uomo. Un uomo può essere abitato dal male, ma noi non pensiamo che sia suo. Dove l'ha preso? Come può rivendicarlo? No, in Messico il male è una realtà distinta che marcia sulle proprie gambe. Forse un giorno visiterà anche te. Forse l'ha già fatto. (p. 193)
  • I legami più stretti sono quelli creati dalla sofferenza. La comunione più profonda è quella basata sul dolore. (p. 238)
  • Il mondo sta in attesa fra il desiderio e la cosa desiderata. (p. 239)
  • Dicono che chi non conosce la storia è condannato a ripeterla, ma io non credo che conoscerla serva a qualcosa. L'avidità, la follia e l'attrazione per il sangue sono una costante della storia, e questa è una cosa che persino Dio - che sa tutto quel che si può sapere - sembra incapace di modificare. (p. 239)
  • Pensò che la bellezza del mondo nascondeva un segreto, che il cuore del mondo batteva a un prezzo terribile, che la sofferenza e la bellezza del mondo crescevano di pari passo, ma in direzioni opposte, e che forse quella forbice vertiginosa esigeva il sangue di molta gente per la grazia di un semplice fiore. (p. 280)
  • Nelle raffiche di polvere sanguigna vomitata dal sole spronò il cavallo e riprese a marciare col viso ramato dagli ultimi raggi di luce, mentre il vento rosso dell'ovest spazzava il paesaggio crepuscolare e gli uccelli del deserto svolazzavano cinguettando fra le felci secche, e il cavallo, il cavaliere e il secondo cavallo passarono, e passarono le loro ombre affiancate come l'ombra di un unico essere. Passarono e impallidirono sulla terra sempre più buia, sul mondo a venire. (p. 299)

Città della pianura modifica

Incipit modifica

Si fermarono sulla soglia, pestarono gli stivali a terra per scrollare via la pioggia, sventolarono il cappello e si asciugarono l'acqua dalla faccia. Fuori, nella strada, la pioggia sferzava l'acqua stagnante facendo ondeggiare e ribollire il verde e il rosso sgargianti delle luci al neon, e le gocce pesanti danzavano sui tetti d'acciaio delle automobili parcheggiate lungo il bordo del marciapiede.

Citazioni modifica

  • Uno torna a casa e scopre che quello che sperava fosse cambiato è uguale a prima, e quello che sperava fosse rimasto uguale è cambiato. (p. 24)
  • Fermò il cavallo in cima a un ripido burrone roccioso, e osservò il paesaggio. I fondali dei laghi evaporati, incrostati di sale, ora di nuovo coperti d'acqua e scintillanti al sole serale, settanta miglia a est. Più in là, la cima di El Capitain. Tutte le alte montagne del New Mexico che sfumavano verso nord, al di là delle pianure rossastre, il millenario creosote. Sotto quella luce obliqua, le ombre stratificate delle palizzate facevano pensare a binari di ferrovie che solcassero il paese, e sotto di lui i colombi volavano verso una cisterna d'acqua nella piana di McNew. (p. 29)
  • Migliaia di uomini partirono per la guerra indossando l'unico vestito che possedevano. I vestiti con i quali si erano sposati, e con i quali sarebbero stati seppelliti. Giacche e cravatte e cappelli, e loro nelle strade a sparare con i fucili come tanti impiegati impazziti, da dietro le balle e i carri rovesciati. E i cannoncini montati su ruote, che a ogni scarica partivano rinculando per la strada e dovevano essere inseguiti e riacciuffati, e l'interminabile galoppare dei cavalli che correvano verso la morte portando bandiere o stendardi, o arazzi grandi come tende su cui erano dipinti ritratti della Vergine Maria, che venivano portati in battaglia montati su lunghi pali come se la madre di Dio fosse lei stessa responsabile di tutta quella calamità e sofferenza e follia. (p. 48)
  • Un uomo camminava lungo la strada con un mulo stracarico di legna da ardere. In lontananza, le campane delle chiese avevano cominciato a suonare. L'uomo gli lanciò un sorriso d'intesa. Come se fra loro ci fosse un segreto, solo fra loro due. Qualcosa che aveva a che fare con l'età e i giovani e le loro richieste e quanto c'era di giusto in queste richieste. E nelle richieste che gli altri facevano pesare su di loro. Il mondo passato, il mondo a venire. La precarietà che condividevano. E sopra ogni cosa una profonda, profondissima consapevolezza del fatto che bellezza e perdita sono tutt'uno. (p. 53)
  • Quattro volte ho fatto la pista. I migliori momenti della mia vita. I migliori. Essere in giro. Vedere nuovi paesi. Non c'è niente di più bello al mondo. E mai ci sarà. Starsene seduti la sera intorno al fuoco, con il bestiame tranquillo e niente vento. Versarti il caffè. Sentire i vecchi cowboy che raccontano le loro storie. Buone storie, pure. Arrotolarti una sigaretta. Dormire. Un bel dormire come quello che non c'è mai stato. Mai. (p. 136)
  • Sapeva quanto è fragile il ricordo delle persone amate. Certo, noi chiudiamo gli occhi e parliamo con loro. Certo, noi aneliamo a risentire le loro voci anche una volta sola, ma queste voci e questi ricordi si affievoliscono sempre più, finché ciò che un tempo era carne e sangue non è più che eco e ombra. E alla fine, forse, nemmeno questo. (p. 140)
  • Perché di fatto il mondo ha una coscienza, per quanto gli uomini possano dubitarne. E, sebbene sia possibile considerare questa coscienza la semplice somma delle coscienze degli uomini, esiste un'altra concezione, secondo la quale essa esiste di per sé, e la porzione che ne spetta a ciascun uomo non è che una parte imperfetta della coscienza del mondo. (p. 140)
  • Se potessi, cavalcherei senza mai voltarmi. Andrei avanti fino a trovare un posto in cui non ci fosse traccia di nessun giorno della mia vita. Anche se mi toccasse voltarmi indietro e ripercorrere metro per metro tutto il cammino fatto. E poi ripartirei e andrei ancora più avanti. (p. 170)
  • Il mondo dei nostri padri risiede in noi. Diecimila e più generazioni. Una forma senza storia non ha il potere di perpetuarsi. Ciò che non ha passato non può avere futuro. Al centro della nostra vita c'è la storia passata di cui essa è composta, e in questo centro non ci sono idiomi ma solo l'atto della conoscenza, ed è questo ciò che condividiamo nei sogni e fuori dei sogni. Prima che il primo uomo parlasse e dopo che l'ultimo avrà taciuto per sempre. (p. 206)

Il Passeggero modifica

Incipit modifica

Nella notte era scesa una leggera nevicata e i suoi capelli ghiacciati erano aurei e cristallini e i suoi occhi gelidi e duri come pietre. Uno degli stivali gialli le si era sfilato e spuntava dalla neve sotto di lei. La sagoma del cappotto impolverata di neve si disegnava dove dove l'aveva lasciato cadere e vestita solo di un abito bianco lei pendeva tra i nudi e grigi tronchi degli alberi invernali con il capo chino e le mani leggermente rivolte all'infuori come quelle di certe statue ecumeniche la cui postura chiede che ne venga contemplata la storia.

Citazioni modifica

  • Il cacciatore si inginocchiò e conficcò il fucile accanto a sé nella neve e si sfilò i guanti e li lasciò cadere e giunse le mani l'una sull'altra. Pensò che avrebbe dovuto pregare ma preghiere per una cosa simile non ne aveva. (p. 4)
  • Il Kid era alla finestra e guardava fuori il freddo aspro. Il parco innevato e il lago ghiacciato in lontananza. Be', disse. La vita. Che dire? Non è roba per tutti. Gesù, gli inverni sono limitanti. (pp. 5-6)
  • Il beota non la finiva più di menarla con la loro politica su questo o quell'altro. Finché ha detto: E ancora una cosa. Qui non stiamo a guardare l'orologio. E io ho detto be' non so dirle quanto mi faccia piacere sentirglielo dire. Ho da sempre la cattiva abitudine di arrivare un'ora in ritardo praticamente in tutto. (p. 26)
  • I figli dei ricchi andavano all'università e i figli dei poveri andavano in guerra. (p. 41)
  • Se penso alle cose di cui non vorrei sapere niente è sempre roba di cui so tutto. E ne saprò sempre. Un cazzo di guaio. (p. 41)
  • Ti vedo cercare tracce sulla moquette ma se possiamo essere qui possiamo anche lasciare tracce. Oppure no. Il vero guaio è che ogni linea è una linea spezzata. Torni sui tuoi passi e niente è familiare. Allora giri i tacchi per fare marcia indietro solo che adesso hai lo stesso problema nella direzione opposta. Ogni linea di mondo è discreta e la cesura valica un baratro che non ha fondo. Ogni passo incrocia la morte. (p. 57)
  • I morti non possono ricambiare l'amore. (p. 83)
  • Lei sedeva a una specchiera appartenuta alla sua bisnonna che era stata portata via dalla casa nella Anderson County nottetempo mentre il livello delle acque saliva. Si osservava nello specchio macchiettato e ingiallito. La leggera curvatura del cristallo faceva del suo viso perfetto un ritratto preraffaellita, lungo e delicatamente distorto. Nello specchio alle sue spalle una pallida folla di antichi affetti. Nei loro abiti di sepoltura e sotto gli stracci marcescenti nient'altro che ossa. Sommessamente vocianti. Lei gli sorrise appena e quelli svanirono nello specchio che tornò a restituire il suo viso soltanto. Nel cassetto della specchiera c'era un fascio di lettere legate con un nastro di seta blu. Vecchi francobolli e un corsivo in inchiostro marrone vergato con un calamo. Indirizzate a una casa le cui pietre ora giacciono nel limo sul fondo di un lago. Un pettine e una spazzola di tartaruga. Una borsetta da sera di giaggioli già portati a un ballo dove erano state pronunciate promesse delle quali non c'è più traccia. (pp. 105-106)
  • E così ogni cosa sembra dipendere dalla velocità della luce ma nessuno vuole parlare della velocità delle tenebre. Cosa c'è in un'ombra? Le ombre si spostano alla velocità della luce che le proietta? Che profondità raggiungono? Quanto a fondo puoi fissare il tuo calibro? Da qualche parte a margine hai scribacchiato che quando si perde una dimensione si rinuncia a ogni pretesa di realtà. Salvo per la matematica. Esiste una via dal tangibile al numerico che non sia ancora stata esplorata? (p. 113)
  • Forse è meglio che vai a mangiare. Se intendi strappare agli dèi i segreti del creato devi mantenerti in forze. A detta di tutti sono un branco di irascibili. (pp. 113-114)
  • C'erano persone che erano scappate da Hiroshima per precipitarsi a Nagasaki e accertarsi che i loro cari fossero al sicuro. Arrivando giusto in tempo per morire incenerite. Lui ci andò dopo la guerra con una squadra di scienziati. Mio padre. Disse che era tutto arrugginito. Tutto sembrava coperto di ruggine. Nelle strade c'erano carcasse di tram distrutte dal fuoco. I vetri sciogliendosi erano usciti dai telai ed erano colati sui laterizi. Seduti sulle molle annerite gli scheletri carbonizzati dei passeggeri senza più vestiti né capelli e con lembi di carne annerita appesi alle ossa. Gli occhi lessati nelle orbite. Labbra e nasi mangiati dalle fiamme. Ridenti sui loro sedili. I vivi vagolavano ma non c'era dove andare. A migliaia si precipitavano nel fiume e ci morivano. Erano come insetti: nessuna direzione era preferibile a un'altra. Gente in fiamme strisciava fra i cadaveri come una specie di horror in un crematorio gigante. Credevano semplicemente che il mondo fosse finito. L'idea che tutto ciò avesse a che fare con la guerra non li sfiorava quasi. Portavano fra le braccia il fagotto della loro stessa pelle come un bucato da non trascinare fra le macerie e nella cenere e incappavano alienati gli uni negli altri nelle loro deambulazioni da alienati su residui di suolo fumante, il vedente in difficoltà quanto il cieco. La notizia di tutto ciò non uscì dalla città per due giorni. Chi sopravvisse spesso ricordava quegli orrori come dotati di un certo valore estetico. In quello spettro fungoide che sbocciava nell'alba come un maligno fiore di loto e nella fusione di solidi fino ad allora ignota risiedeva una verità che avrebbe silenziato la poesia per mille anni. (pp. 115-116)
  • Gli aveva scritto trentasette lettere e benché le conoscesse a memoria lui continuava a leggerle. Tutte tranne l'ultima. Le aveva chiesto se credeva in una vita ultraterrena e lei aveva detto che non la escludeva. Che era possibile. Dubitava soltanto che fosse destinata a lei. Se c'era un paradiso, non si fondava forse sui corpi convulsi dei dannati? Concluse dicendo che a Dio non interessava la nostra teologia ma solo il nostro silenzio. (p. 116)
  • L'aereo virò lentamente verso nord. Lontano là sotto la sagoma della città coi suoi reticoli malva carico come un'immensa scheda madre. Le luci avevano cominciato ad accendersi. Un disturbo per il buio. Ixtaccihuatl. Lasciata alle spalle. L'oscurità incombeva. L'aereo si mise in assetto orizzontale a ottomiladuecento metri e fece rotta verso nord nella notte messicana lasciandosi dietro un brulichio di stelle. (p. 117)
  • Il cordoglio è la materia della vita. Una vita senza cordoglio non è affatto vita. Ma il rimorso è una prigione. Una parte di te cui attribuisci grande valore resta per sempre impalata a un bivio che non riesci più a ritrovare né a dimenticare. (p. 139)
  • Gli orrori del passato perdono incisività, e così facendo ci rendono ciechi di fronte a un mondo che procede sbandando verso un'oscurità oltre le più amare speculazioni. È sicuramente interessante. Quando l'insorgere della notte universale sarà finalmente riconosciuto come irreversibile anche il cinico più indifferente rimarrà strabiliato dalla rapidità con cui ogni regola e restrizione che puntella questo edificio scricchiolante verrà abbandonata a favore di ogni tipo di aberrazione. Sarà sicuramente uno spettacolo notevole. Per quanto breve. (p. 142)
  • [...] condividere la lettura anche solo di qualche decina di libri costituisce un vincolo ben più potente del sangue. (p. 143)
  • Un punto privo di essenza fisica ti lascia con una posizione. E una posizione senza un riferimento ad altre posizioni non può essere espressa. Nella meccanica quantistica parte della difficoltà non può che risiedere nel problema del venire a patti con il semplice fatto che non esiste un'informazione di per sé indipendente dall'apparato necessario alla sua percezione. Non c'erano cieli stellati finché il primo essere senziente e dotato di sistema oculare non li ha osservati. Prima era tutto oscurità e silenzio. (pp. 148-149)
  • Ho sempre pensato che era un bene che Dio non ci lascia vedere il futuro. Quella casa era la casa più bella che io abbia mai visto. I pavimenti tutti di noce massiccio e certe tavole che arrivavano quasi a un metro di larghezza. E tutto quanto piallato a mano. Tutto quanto finito in fondo a un lago. Io non lo so, Bobby. Bisogna credere che nel mondo c'è del buono. Dire che bisogna credere che se nella vita ti rimbocchi le maniche poi ti arriva. Uno può sbagliarsi, ma se non ci crede allora una vita non ce l'avrà. Magari la chiamerà pure vita. Ma non sarà una vita. (p. 174)
  • Ancora qualche anno e sua nonna se ne sarebbe andata e la proprietà sarebbe stata messa in vendita e lui lì non ci sarebbe mai più tornato. Sarebbe venuto un tempo in cui tutti i ricordi di quel posto e di quelle persone sarebbero stati stralciati dal registro del mondo. (p. 178)
  • La bellezza fa promesse che non può mantenere. (p. 181)
  • [...] la bellezza ha il potere di suscitare un dolore inaccessibile ad altre tragedie. La perdita di una grande bellezza può mettere in ginocchio un'intera nazione. Nient'altro può farlo. (p. 221)
  • [...] c'è più saggezza nel dolore che nella gioia. (p. 246)
  • Non siamo noi ad attraversare i giorni, 'sere. Sono loro ad attraversare noi. Fino all'ultimo crudele scatto del dente di arresto. Non sono sicuro di cogliere la differenza. È solo che il tempo che passa implica irrevocabilmente che passiamo noi. Ed dopo niente. Presumo dovrebbe essere di consolazione capire che non si può essere morti in eterno se non esiste un eterno in cui esserelo. (p. 248)
  • La gente è capace di dire a un estraneo sull'autobus quello che non direbbe alla moglie. (p. 270)
  • Sapeva che alla fine è impossibile sapere. Impossibile afferrare il mondo. Puoi solo descriverlo. Che si tratti di un toro sulla parete di una grotta o di un'equazione differenziale non cambia niente. (p. 280)
  • Il rossore della sera nel vetro dei palazzi. In alto un breve e tremulo volo d'oche. Che guadavano quello scampolo di giorno nell'aria sottile. Seguendo il corso del fiume sottostante. Sostò sul pietrame dell'argine. Pietre e lastre in frantumi. Le lente volute dell'acqua che scorre. Nella notte incipiente pensò che gli uomini avrebbero unito le forze sulle colline. Alimentando i loro piccoli fuochi con gli atti, le scritture e la poesia dei padri. Documenti che non avevano avuto il genio di leggere in un freddo che ti rubava l'anima. (p. 290)
  • Strano come va il mondo. Puoi avere praticamente tutto tranne quello che vuoi. (p. 292)
  • La gente fa di tutto per evitare la sofferenza che merita. Il mondo è pieno di gente che avrebbe dovuto essere più disposta a piangere. (p. 310)
  • Alle luci del motel la sua ombra declinava sulle stoppie. I camion si fecero più rari. Niente vento. Silenzio. Le esili vipere color moquette arrotolate là fuori nel buio. L'abisso del passato nel quale il mondo precipita. Tutto che svanisce come se non fosse mai esistito. Difficilmente vorremmo conoscere noi stessi com'eravamo in passato e tuttavia piangiamo i tempi andati. A suo padre negli ultimi anni aveva pensato di rado. Ci pensò adesso. (pp. 311-312)
  • La storia è una collezione di carta. Qualche ricordo scolorito. Dopo un po' quello che non è scritto non ha mai avuto luogo. (p. 328)
  • La sofferenza fa parte della condizione umana e bisogna sopportarla. Ma l'infelicità è una scelta. (p. 349)
  • L'ultimo degli uomini è solo nell'universo che si oscura intorno a lui. Piange ogni cosa con un unico pianto. Nei resti pietosi ed esausti di quella che un tempo fu la sua anima non troverà niente da cui plasmare la benché minima cosa divina che lo guidi negli ultimi di questi giorni. (p. 368)
  • I padri si perdonano sempre. Alla fine si perdonano. Fossero state le donne a trascinare il mondo in questi orrori sulla loro testa penderebbe una taglia. (pp. 371-372)
  • Tu solo sul fondo dell'oceano con la tua tuta di caucciù. In fuga da un'enorme subduzione. Annaspavi in quelle profondità abissali come un uomo che guadi la mucillagine mentre le orme delle tue scarpe piombate si richiudevano lentamente nel fondale argilloso alle tue spalle. Con le placche che scricchiolavano. Le nuvole di limo che lentamente si alzavano e ti inghiottivano. La tua torcia era agli sgoccioli e non ti restava che farti strada alla lugubre luce degli antichi soffioni che fumavano come ceri in lontananza. C'era qualcosa di più che poetico nella tua fuga di fronte a quelle infernali lanterne marine dal cui sulfureo grembo non è affatto da escludere che nella notte dei tempi sia stata tratta la vita stessa. (pp. 378-379)
  • Quindi quanto è malvagio il mondo? Quanto è malvagio. La verità del mondo costituisce una visione raccapricciante al punto da far impallidire le profezie del più funereo degli indovini che mai l'abbiano abitato. Non appena ne convieni, l'idea che un giorno tutto questo sarà ridotto in polvere e disperso nel nulla più che una profezia diventa una promessa. E adesso consentimi di farti a mia volta una domanda: Quando noi e le nostre opere saremo scomparsi insieme a ogni ricordo che le rievochi e a tutte le macchine in cui quei ricordi potrebbero essere trascritti e conservati e la terra sarà meno di un pezzo di carbone, per chi sarà una tragedia tutto ciò? Dove sarà rinvenuta quest'esistenza? E da chi? (p.379)
  • È sicuramente vero che non esiste un terreno comune della gioia come esiste del dolore. Niente ti assicura che la felicità di un altro somigli alla tua. Ma sulla natura collettiva della sofferenza non possono esserci dubbi. (p. 380)
  • Ogni realtà è perdita e ogni perdita è definitiva. Altre non ce n'è. E la realtà che indaghiamo deve prima di tutto contenrci. E cosa siamo noi? Dieci percento biologia e novanta percento mormorio notturno. (p. 380)

La strada modifica

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Quando si svegliava in mezzo ai boschi nel buio e nel freddo della notte allungava la mano per toccare il bambino che gli dormiva accanto. Notti più buie del buio e giorni uno più grigio di quello appena passato. Come l'inizio di un freddo glaucoma che offuscava il mondo. La sua mano si alzava e si abbassava ad ogni prezioso respiro. Si tolse di dosso il telo di plastica, si tirò su avvolto nei vestiti e nelle coperte puzzolenti e guardò verso est in cerca di luce ma non ce n'era. Nel sogno da cui si era svegliato vagava in una caverna con il bambino che lo guidava tenendolo per mano. Il fascio di luce della torcia danzava sulle pareti umide piene di concrezioni calcaree. Come viandanti di una favola inghiottiti e persi nelle viscere di una bestia di granito. Profonde gole di pietra dove l'acqua sgocciolava e mormorava. I minuti della terra scanditi nel silenzio, le sue ore, i giorni, gli anni senza sosta. Poi si ritrovavano in una grande sala di pietra dove si apriva un lago nero e antico. E sulla sponda opposta una creatura che alzava le fauci grondanti da quel pozzo carsico e fissava la luce della torcia con occhi bianchissimi e ciechi come le uova dei ragni. Dondolava la testa appena sopra il pelo dell'acqua come per annusare ciò che non riusciva a vedere. Rannicchiata lì, pallida, nuda e traslucida, con le ossa opalescenti che proiettavano la loro ombra sulle rocce dietro di lei. Le sue viscere, il suo cuore vivo. Il cervello che pulsava in una campana di vetro opaco. Dondolava la testa da una parte all'altra, emetteva un mugolio profondo, si voltava e si allontanava fluida e silenziosa nell'oscurità.

Citazioni modifica

  • Tutto bene?, chiese l'uomo. Il bambino annuì. Poi si incamminarono sull'asfalto in una luce di piombo, strusciando i piedi nella cenere, l'uno il mondo intero dell'altro. (p. 5)
  • Avvolti nelle coperte aspettarono che quell'oscurità senza nome li coprisse col suo manto. (p. 8)
  • L'oscurità in cui si svegliava in quelle notti era cieca e impenetrabile. Un'oscurità che faceva male alle orecchie a forza di ascoltare. (p. 12)
  • In quei primi anni le strade erano affollate di profughi imbacuccati dalla testa ai piedi. Protetti da maschere e occhialoni, seduti fra gli stracci sul bordo della strada come aviatori in rovina. Carriole piene di cianfrusaglie. Carri e carretti al seguito. Gli occhi spiritati in mezzo al cranio. Gusci di uomini senza fede che avanzavano barcollanti sul selciato come nomadi in una terra febbricitante. La rivelazione finale della fragilità di ogni cosa. Vecchie e spinose questioni si erano risolte in tenebre e nulla. L'ultimo esemplare di una data cosa si porta con sé la categoria. Spegne la luce e scompare. Guardati intorno. Mai è un sacco di tempo. Ma il bambino la sapeva lunga. E sapeva che mai è l'assenza di qualsiasi tempo. (p. 22)
  • Oscurità della luna invisibile. Le notti ora solo leggermente meno nere. Di giorno il sole esiliato gira intorno alla terra come una madre in lutto con una lanterna in mano. (p. 26)
  • Nessuna lista di cose da fare. Ogni giornata sufficiente a se stessa. Ogni ora. Non c'è un dopo. Il dopo è già qui. Tutte le cose piene di grazia e bellezza che ci portiamo nel cuore hanno un'origine comune nel dolore. Nascono dal cordoglio e dalle ceneri. Ecco, sussurrò al bambino addormentato. Io ho te. (p. 42)
  • [...] e gli si sedette accanto abbracciandolo e scompigliandogli i capelli davanti al fuoco perché asciugassero. Tutto questo come un rituale antico. Così sia. Evoca le forme. Quando non ti resta nient'altro imbastisci cerimoniali sul nulla e soffiaci sopra. (p. 57)
  • Pensava che ogni ricordo evocato non poteva che violare le proprie origini. Come in un gioco di società. Di' una parola e passala al vicino. Quindi bisognava essere parsimoniosi. Ciò che si altera ricordando ha comunque una sua realtà, che la si conosca o meno. (p. 101)
  • [...] In sogno gli erano apparse delle creature che non aveva mai visto prima. Non parlavano. Gli sembrava che fossero acquattate accanto alla brandina mentre dormiva e che al suo risveglio si fossero dileguate. Si voltò a guardare il bambino. Forse per la prima volta, capì che ai suoi occhi lui era un alieno. Un essere venuto da un pianeta che non esisteva più. Le storie che raccontava erano sospette. Non poteva ricostruire il mondo perduto per compiacerlo senza trasmettergli anche il dolore della perdita, e pensò che forse il bambino lo sapeva meglio di lui. Cercò di mettere a fuoco il sogno ma non ci riuscì. Ne conservava solo la sensazione. Su cosa? Sul fatto che non poteva riaccendere nel cuore del bambino ciò che era ormai cenere nel suo. Anche ora, una parte di lui rimpiangeva di aver trovato quel rifugio. Una parte di lui continuava a desiderare la fine. (p. 117)
  • Non c'è nessun Dio e noi siamo i suoi profeti. (p. 129)
  • Quando sognerai di un mondo che non è mai esistito o di uno che non esisterà mai e in cui sei di nuovo felice, vorrà dire che ti sei arreso. (p. 144)
  • Qual è la cosa più coraggiosa che tu abbia mai fatto? L'uomo sputò un grumo di catarro e sangue sulla strada. Alzarmi stamattina, disse. (p. 207)
  • L'uomo tossiva in continuazione e il bambino lo guardava sputare sangue. Si trascinavano oltre. Lerci, cenciosi, senza speranza. L'uomo si fermava e si appoggiava al carrello e il bambino proseguiva, poi anche lui si fermava e si girava e l'uomo alzava gli occhi piangenti e lo vedeva lì sulla strada voltato a guardarlo da qualche futuro impensabile, radioso come un tabernacolo in quella desolazione. (p. 208)
  • Guardati intorno, disse. Non c'è profeta nella lunga storia della terra a cui questo momento non renda giustizia. Di qualunque forma abbiate parlato, avevate ragione. (p. 211)
  • Una volta nei torrenti di montagna c'erano i salmerini. Li potevi vedere fermi nell'acqua ambrata con la punta bianca delle pinne che ondeggiava piano nella corrente. Li prendevi in mano e odoravano di muschio. Erano lucenti e forti e si torcevano su se stessi. Sul dorso avevano dei disegni a vermicelli che erano mappe del mondo in divenire. Mappe e labirinti. Di una cosa che non si poteva rimettere a posto. Che non si poteva riaggiustare. Nelle forre dove vivevano ogni cosa era più antica dell'uomo, e vibrava di mistero. (p. 217)

Meridiano di sangue modifica

Incipit modifica

Eccolo, il ragazzino. È pallido e magro, indossa una camicia di lino lisa e sbrindellata. Attizza il fuoco nel retrocucina. Fuori si stendono campi arati, scuri e cosparsi di chiazze di neve, e poi boschi più scuri che celano ancora i pochi lupi rimasti. I suoi sono noti come taglialegna e venditori d'acqua, ma in realtà suo padre era maestro di scuola. Sdraiato, ubriaco, cita versi di poeti i cui nomi sono ormai andati perduti. Il ragazzo si rannicchia accanto al fuoco e lo guarda.

Citazioni modifica

  • Un uomo enorme con un impermeabile di tela cerata era entrato nella tenda e si era levato il cappello. Era calvo come un uovo, non aveva traccia di barba e i suoi occhi non avevano né sopracciglia né ciglia. Era alto più di due metri, fumava un sigaro perfino dentro quella casa di Dio ambulante e sembrava che si fosse levato il cappello solo per farne sgocciolare la pioggia perché se lo rimise subito in testa. (p. 8)
  • Di notte il cielo è una fontana di stelle con poco spazio nero, stelle che cadono incessanti tracciando archi dolorosi, ed è così che il loro numero non diminuisce mai. (p. 17)
  • Un uomo non riesce a conoscere la propria mente perché la mente è tutto quello che ha per conoscerla. Può conoscere il proprio cuore, ma non vuole. E fa bene. Meglio non guardarci dentro. Non è il cuore di una creatura che sta percorrendo la via che Dio le ha preparato. La cattiveria la puoi trovare anche nell'ultima delle creature, ma quando Dio ha fatto l'uomo doveva avere il diavolo accanto. (vecchio eremita: p. 21)
  • L'ira di Dio è ancora assopita. È nascosta da un milione di anni prima che nascessero gli uomini e solo gli uomini hanno il potere di risvegliarla. L'inferno non è pieno neanche per metà. Datemi retta. Voi portate in una terra straniera la guerra concepita da un pazzo. Non sveglierete solo i cani. (vecchio mennonita: p. 43)
  • Nella taverna non c'è tanta gioia quanta ce n'è sulla strada che ad essa porta (vecchio mennonita: p. 44)
  • Cavalcarono e cavalcarono, e a est il sole accese pallide strisce di luce, poi una colata più marcata di un colore come di sangue che mandò verso l'alto raggi improvvisi allargandosi sulla pianura, e là dove la terra defluiva nel cielo, ai margini del creato, il sole spuntò dal nulla come la testa di un grande fallo rosso fino a uscire completamente dal bordo invisibile per accovacciarsi alle loro spalle, pulsante e ostile. (p. 47)
  • Il capo batteva leggermente la spada, di piatto, contro il pomo della sella, e sembrava formare le parole nella mente una a una. Si chinò lievemente verso di loro. Quando gli agnelli si perdono sulla montagna, disse. Gridano. Qualche volta arriva la madre. Qualche volta il lupo. (p. 69)
  • Presso quel fuoco c'erano uomini i cui occhi riflettevano la luce come carboni ardenti conficcati nel cranio e uomini i cui occhi rimanevano opachi, ma gli occhi del nero si aprivano come corridoi attraverso i quali una notte nuda e primordiale viaggiava da ciò che di essa già si era consumato a ciò che era di là da venire. (p. 110)
  • Tutti i passaggi da un ordine superiore a uno inferiore sono marcati da rovine e mistero e da un residuo di furia senza nome. Sì. Ecco i padri morti. Il loro spirito è sepolto nella pietra. Preme su questa terra con lo stesso peso e la stessa ubiquità. Perché chiunque si faccia un riparo di canne e vi si nasconda unisce il proprio spirito al destino comune di tutte le creature e tornerà a sprofondare nel fango primordiale senza neppure un grido. Ma chi costruisce con la pietra aspira ad alterare la struttura dell'universo e così è stato per questi muratori, per quanto primitive possano apparirci le loro opere. (giudice: p. 150)
  • Andavano avanti come investiti di una missione dalle origini remote, come legatari uniti da un patto di sangue a un ordine implacabile e antico. Perché sebbene fra loro ogni uomo fosse unico e distinto, la loro unione dava corpo a qualcosa che non era esistito prima, e in quell'anima comune si stendevano plaghe non più esplorabili di quelle regioni bianche sulle vecchie carte geografiche dove davvero vivono mostri e dove non c'è nulla del mondo conosciuto se non venti immaginari. (p. 155)
  • La verità riguardo al mondo, disse, è che tutto è possibile. Se voi non lo conosceste fin dalla nascita e pertanto non lo aveste purgato della sua bizzarria, vi apparirebbe per quello che è, un cilindro truccato in uno spettacolo di illusionismo, un sogno febbrile, una trance popolata di chimere senza simili e senza precedenti, un carnevale itinerante, un circo ambulante la cui destinazione finale, dopo molte soste in molti campi fangosi, è ineffabile e imperscrutabilmente rovinosa. (giudice: p. 252)
  • L'universo non è qualcosa di angusto, e l'ordine che vi regna non è ostacolato ad alcuna latitudine nel suo proposito di ripetere ciò che esiste in una parte di ogni altra parte. Anche in questo mondo esistono più cose fuori che dentro la nostra conoscenza, e l'ordine che voi vedere nella creazione è quello ce ci avete messo voi, come un filo in un labirinto, per non smarrirvi. Infatti l'esistenza ha il suo proprio ordine, tale che nessuna mente umana possa abbracciarlo, poiché la mente stessa non è che un fatto in mezzo ad altri fatti. (p. 252)
  • Ciò che gli uomini pensano della guerra non ha importanza, disse il giudice. La guerra perdura nel tempo. Tanto varrebbe chiedere agli uomini cosa pensano della pietra. La guerra c'è sempre stata. Prima che nascesse l'uomo, la guerra lo aspettava. Il mestiere per eccellenza attendeva il suo professionista per eccellenza. Così era e così sarà. Così e non diversamente. (p. 255)
  • I giochi d'azzardo richiedono una posta per avere senso. I giochi sportivi coinvolgono l'abilità e la forza dei contendenti, e l'umiliazione della sconfitta e l'orgoglio della vittoria sono di per sé una posta sufficiente poiché pertengono al valore degli antagonisti e li definiscono. Ma, sia questione d'azzardo o di valore, tutti i giochi aspirano alla condizione di guerra, perché in essa la posta inghiotte gioco, giocatore, tutto quanto. (giudice: p. 256)
  • La legge morale è un'invenzione dell'umanità per deprivare il forte a vantaggio del debole. (giudice: p. 257)
  • Un uomo cerca il proprio destino e nessun altro. Volente o nolente. Qualunque uomo avesse la possibilità di scoprire il proprio fato, e pertanto scegliere un percorso opposto, alla fine arriverebbe soltanto alla medesima resa dei conti in quello stesso momento stabilito, perché il destino di ogni uomo è grande come il mondo che abita, e contiene in sé anche tutti gli opposti. Questo deserto sul quale tanti sono stati distrutti è vasto ed esige un grande cuore, ma in fondo è anche vuoto. È aspro, è arido. La sua vera natura è la pietra. (giudice: p. 338)
  • Sul palcoscenico c'è posto per un animale, uno solo. Tutti gli altri sono destinati a una notte eterna e senza nome. Uno dopo l'altro si immergeranno nel buio davanti alle luci del palco. Orsi che danzano, orsi che non danzano. (giudice: p. 339)

Non è un paese per vecchi modifica

Incipit modifica

Un ragazzo ho mandato alla camera a gas di Huntsville. Uno e uno soltanto. Su mio arresto e mia testimonianza. Sono andato a trovarlo due o tre volte. Tre volte. L'ultima volta il giorno dell'esecuzione. Non ero tenuto ad andarci, ma ci sono andato lo stesso. E non ne avevo certo voglia. Aveva ammazzato una ragazzina di quattordici anni e posso dirvi subito che non ho mai avuto questa gran voglia di andarlo a trovare né tantomeno di assistere all'esecuzione però ci sono andato lo stesso. I giornali scrissero che era un crimine passionale e lui mi disse che la passione non c'entrava niente. Lui con quella ragazzina ci usciva insieme, anche se era così piccola. Il ragazzo aveva diciannove anni. E mi disse che da quando si ricordava aveva sempre avuto in mente di ammazzare qualcuno. Mi disse che se fosse uscito di galera l'avrebbe rifatto daccapo. Disse che lo sapeva che sarebbe andato all'inferno. Proprio così, parole sue. Io non so cosa pensare. Non lo so proprio. Mi pareva di non aver mai visto uno come lui e mi è venuto da chiedermi se magari non era un nuovo tipo di persona. Li ho guardati mentre lo legavano alla sedia e chiudevano la porta. Il ragazzo poteva avere l'aria un tantino nervosa ma niente di più. Lo sapeva che da lì a un quarto d'ora sarebbe stato all'inferno. Io ci credo. E ci ho pensato tanto. Non era difficile parlare con lui. Mi chiamava sceriffo. Ma io non sapevo cosa dirgli. Cosa si dice a uno che per sua stessa ammissione non ha l'anima? Perché gli si dovrebbe dire qualcosa? Ci ho pensato proprio tanto. Ma lui era niente in confronto a quello che sarebbe venuto dopo.

Citazioni modifica

  • Che silenzio. Il ronzio sommesso del vento tra i fili. Alte piante di ambrosia lungo la strada. Fienarola e nolina. Più in là, fra le pietre degli arroyos, impronte di draghi. Le montagne di pietra grezza nell'ombra del tardo pomeriggio e verso est l'ascissa scintillante delle pianure desertiche, sotto un cielo dove cortine di pioggia si allungavano scure come fuliggine lungo tutto il quadrante. Vive in silenzio il dio che ha purgato questa terra con sale e cenere. (p. 38)
  • Qualunque cosa può essere uno strumento, disse Chigurh. Cose piccole. Cose che non noteresti neppure. Passano di mano in mano. La gente non ci fa caso. E poi un giorno si fanno i conti. E dopo niente è più come prima. Be', uno dice. È solo una monetina. Per esempio. Non ha niente di speciale. Di cosa potrebbe essere uno strumento? Vedi qual è il problema. Che si separa l'atto dalla cosa. Come se le parti di un certo momento della storia fossero intercambiabili con quelle di un altro momento. Come potrebbe essere? Be', è solo una monetina. Sì. È vero. Siamo sicuri? (p. 47)
  • Nella costituzione dello stato del Texas non sono indicati i requisiti per fare lo sceriffo. Neanche uno. E non esiste una legislazione della contea. Immaginatevi un mestiere dove uno ha pressappoco la stessa autorità di Dio e non deve possedere requisiti particolari e ha il compito di far rispettare leggi inesistenti, e ditemi se non vi sembra strano. Perché secondo me lo è. Funziona? Sì. Il novanta percento delle volte. Ci vuole molto poco per governare la gente perbene. Molto poco. E la gente cattiva non si può governare affatto. O perlomeno a me risulta che ci sia mai riuscito nessuno. (p. 53)
  • La gente si lamenta sempre delle cose brutte che gli capitano senza che se le sia meritate ma non parla mai delle cose belle. Di cosa ha fatto per meritarle. Io non ricordo di aver mai dato a nostro Signore motivi particolari per sorridermi. Però lui mi ha sorriso. (p. 74)
  • So che nella storia di una famiglia ci sono sempre un sacco di cose inventate di sana pianta. Nella storia di qualunque famiglia. Le storie si tramandano e la verità si tradisce. Come si suol dire. E probabilmente c'è chi pensa che ciò vuol dire che la verità non è abbastanza forte. Ma si sbaglia. Secondo me, dopo che tutte le bugie sono state dette e dimenticate, la verità sta ancora lì. Non va da nessuna parte e non cambia da un momento all'altro. Non si può corrompere, così come non si può salare il sale. Non si può corrompere perché è quella che è. È la cosa di cui stai parlando. L'ho sentita paragonare a una roccia – forse nella bibbia – e sarei anche d'accordo. Ma la verità resterà qui anche quando la roccia non ci sarà più. Sono sicuro che qualcuno non sarebbe d'accordo con questa idea. Parecchia gente, anzi. Ma questa gente non sono mai riuscito a capire in cosa creda. (p. 100)
  • Qualche tempo fa ho letto sul giornale che certi insegnanti avevano ritrovato un sondaggio inviato negli anni Trenta a un certo numero di scuole di tutto il paese. Era stato fatto un questionario sui problemi dell'insegnamento nelle scuole. E loro hanno ritrovato i moduli compilati e spediti da ogni parte del paese, con le risposte alle domande. E i problemi più gravi che venivano fuori erano tipo che gli alunni parlavano in classe e correvano nei corridoi. O masticavano la gomma. O copiavano i compiti. Roba così. E allora avevano preso uno di quei moduli rimasto in bianco, ne avevano stampate un po' di copie e le avevano mandate alle stesse scuole. Dopo quarant'anni. Be', ecco le risposte. Stupri, incendi, assassini. Droga. Suicidi. E io ci penso a queste cose. Perché il più delle volte, quando dico che il mondo sta andando alla malora, e di corsa, la gente mi fa un mezzo sorriso e mi dice che sono io che sto invecchiando. E che quello è uno dei sintomi. Ma per come la vedo io uno che non sa capire la differenza fra stuprare e ammazzare la gente e masticare la gomma in classe è messo molto peggio di me. E quarant'anni non sono mica così tanti. Magari fra altri quaranta la gente avrà aperto gli occhi. Sempre che non sia troppo tardi. (pp. 158-159)
  • Fidati di me, disse Moss. Non sopporto questa frase, disse il tassista. Non l'ho mai sopportata. Tu l'hai mai detta? Sì. L'ho detta. Ecco perché so quanto vale. (p. 169)
  • Secondo me, se tu fossi Satana e stessi pensando a come mettere in ginocchio la razza umana, è probabile che ti verrebbe in mente la droga. Forse è andata proprio così. L'altra mattina a colazione ho detto questa cosa a una persona e allora mi ha chiesto se credevo a Satana. Ho detto Be', non è questo il punto. E la risposta è stata Lo so, ma tu ci credi o no? Ci ho dovuto riflettere. Mi sa che da bambino ci credevo. Poi crescendo la mia convinzione si è indebolita. Ma adesso sto cominciando a cambiare di nuovo idea. L'esistenza di Satana spiega un mucchio di cose che altrimenti non si possono spiegare. Almeno secondo me. (p. 175)
  • Lui la guardò. Dopo un po'disse: Il problema non è sapere dove sei. Il problema è pensare che ci sei arrivato senza portarti dietro niente. Questa tua idea di ricominciare daccapo. Che poi ce l'abbiamo un po' tutti. Non si ricomincia mai daccapo. Ecco il problema. Ogni passo che fai è per sempre. Non lo puoi annullare. Non puoi annullare niente. Capisci cosa intendo?
    Penso di si.
    Lo so che non capisci, ma fammi provare a spiegartelo un'altra volta. Tu credi che quando ti svegli la mattina quello che è successo ieri non conta. Invece quello che è successo ieri è l'unica cosa che conta. Che altro c'è? La tua vita è fatta dei giorni che hai vissuto. Non c'è altro. Magari pensi di poter scappare via e cambiare nome o non so cosa. Di ricominciare daccapo. E poi una mattina ti svegli, guardi il soffitto e indovina chi è la persona sdraiata nel letto?
    (p. 183)
  • Ho visto uscire il pubblico ministero della contea e lo conoscevo quel tanto che bastava per scambiarci due parole, quindi ci siamo fermati a chiacchierare. Io non gli ho raccontato che cosa era successo, ma lui sapeva che stavo cercando di aiutare quel tizio e può darsi che abbia fatto due più due. Non lo so. Non mi ha chiesto niente del messicano. Non mi ha chiesto cosa ci facevo lì, niente. Ci sono due categorie di persone che non fanno domande: quelle che sono troppo stupide e quelle che non ne hanno bisogno. Vi lascio immaginare a quale categoria appartiene lui secondo me.
  • Dopo che è morto ho fatto due sogni su di lui. Il primo non me lo ricordo tanto bene, lo incontravo in città da qualche parte e mi regalava dei soldi e mi pare che lì perdevo. Ma nel secondo sogno era come se fossimo tornati tutti e due indietro nel tempo, io ero a cavallo e attraversavo le montagne di notte. Attraversavo un passo in mezzo alle montagne. Faceva freddo e a terra c'era la neve, lui mi superava col suo cavallo e andava avanti. Senza dire una parola. Continuava a cavalcare, era avvolto in una coperta e teneva la testa bassa, e quando mi passava davanti mi accorgevo che aveva in mano una fiaccola ricavata da un cor no, come usava ai vecchi tempi, e io vedevo il comò alla luce della fiamma. Era del colore della luna. E nel sogno sape vo che stava andando avanti per accendere un fuoco da qual che parte in mezzo a tutto quel buio e a quel freddo, e che quando ci sarei arrivato l'avrei trovato ad aspettarmi. E poi mi sono svegliato.

Oltre il confine modifica

Incipit modifica

Quando si spostarono a sud della Grant County, Boyd era un bambino e la nuova contea chiamata Hidalgo aveva solo qualche anno più di lui. Nella terra che avevano lasciato erano sepolte le ossa di una sorella e della nonna materna. La nuova contea era fertile e selvaggia. Si poteva cavalcare fino al Messico senza mai incontrare una staccionata. Portava Boyd davanti a sé sull'arcione e gli diceva i nomi di tutto ciò che vedevano, terra e alberi e uccelli e animali, in spagnolo e in inglese. Nella casa nuova dormivano in una stanza accanto alla cucina e la notte a volte stava sveglio e al buio ascoltava il respiro del fratello addormentato e gli sussurrava i progetti che aveva per entrambi e la vita che avrebbero fatto.

Citazioni modifica

  • Le fece delle promesse e le giurò che le avrebbe mantenute. Che l'avrebbe portata tra le montagne, dove avrebbe trovato altri della sua specie. Lei lo guardò con quei suoi occhi gialli, che tradivano non disperazione, ma soltanto quell'insondabile, profonda solitudine che è l'impronta più tipica di questo mondo. (pp. 90-91)
  • Dormì e nel sonno sognò suo padre, a piedi nel deserto. Nella luce del giorno che svaniva vide gli occhi del padre, fermo a fissare l'occidente dove era calato il sole e dove il vento si stava levando dall'oscurità. Il vento sollevava la sabbia fine e soffiava con insistenza producendo mulinelli che ricadevano su se stessi. Come se in quei corpuscoli il mondo cercasse un momento di pausa nel suo eterno movimento. (p. 96)
  • I coyote guaivano lungo le colline a sud e lanciavano richiami dalla sagoma blu della cordigliera, e le loro grida sembravano nascere dalla notte stessa. (p. 107)
  • In quell'altopiano selvaggio rimase a lungo coricato al freddo e al buio ad ascoltare il vento e a guardare le ultime scintille del fuoco che si spegneva e le crepe rosse nei carboni di legna che si spezzavano lungo venature inattese. Come se dal legno che si consumava emergessero geometrie nascoste, il cui ordine poteva venire completamente rivelato soltanto, così va il mondo, nel buio e nella cenere. (p. 112)
  • Si sedette al sole e guardò le terre a oriente, l'ampia barranca del Bavispe e la Piana della Carretas, che un tempo era stata il fondo di un mare, e i campicelli uno di fianco all'altro e il grano nuovo ormai verde nei vecchi territori del Chichimeca, dove i preti non c'erano più, i soldati non c'erano più, le missioni erano tornate a essere fango, le catene delle montagne al di là della pianura, catena dopo catena, un azzurro pallido dove il terreno si apriva a nord e a sud, canyon e catena montuosa, sierra e barranca, tutti in un'attesa di sogno che il mondo venisse creato, che il mondo passasse. (p. 116)
  • Ero un mormone. Poi mi sono convertito alla chiesa. Poi sono diventato non so bene che cosa. Poi sono diventato me stesso. (p. 120)
  • Strinse la mano del prete nella propria e gli disse di guardare le loro mani unite e di osservare come si somigliavano. Questa carne non è che un memento, eppure dice il vero. Alla fine, la strada di ciascuno è la strada di tutti. Non vi sono viaggi isolati perché non vi sono viandanti isolati. Tutti gli uomini sono uno e non vi è un'altra storia da raccontare. (p. 135)
  • I suoi capelli chiari sembravano bianchi. Sembrava avesse quattordici anni e che andasse per un'età che non era mai esistita. Sembrava che fosse sempre stato seduto in quel posto e che Dio gli avesse creato intorno gli alberi e le rocce. Assomigliava alla propria reincarnazione e poi alla reincarnazione della propria reincarnazione. Soprattutto sembrava preso da un'enorme tristezza. Come se si portasse dentro la notizia di una perdita orrenda di cui nessun altro aveva ancora sentito parlare. Un'enorme tragedia non relativa a un fatto, incidente o evento, ma alla natura stessa del mondo. (p. 152)
  • Il mondo svanì e finalmente il cieco dormì, sognando il paese che aveva attraversato durante i suoi viaggi tra le montagne, gli uccelli variopinti e i fiori selvatici di quelle zone; sognò le ragazze a piedi nudi per strada nelle città di montagna, ragazze con gli occhi carichi di promesse, scuri e profondi come il mondo; e sopra tutte le cose la distesa azzurra del cielo messicano, dove quotidianamente si replicava il futuro dell'uomo e la figura della morte con il teschio di cartapesta e il vestito di ossa dipinte andava avanti e indietro davanti alle luci della ribalta declamando solennemente. (p. 242)
  • Si accovacciò fra le carici in riva al lago e sapeva di temere il mondo a venire, perché in esso erano già scritte certezze che nessun uomo avrebbe desiderato. Vide srotolarsi lentamente come in un paramento immagini di cose già viste e mai viste. Vide la lupa morta nelle montagne e il sangue del falco sulla pietra e vide passare lungo una strada un carro funebre tutto di vetro chiuso da tendine nere. Vide il reietto inarcarsi e nuotare nelle fredde acque del Bavispe come un serpente solitario e un sagrestano tutto solo tra le rovine della città colpita dal terremoto; vide l'eremita nel transetto distrutto della chiesa di Caborca. Vide acqua piovana gocciolare dalla lampadina avvitata nel muro di lamiera nera di un deposito. Vide una capra con due corna d'oro legata a una fune in un pantano. Alla fine vide suo fratello fermo in un punto irraggiungibile, dietro a una finestra, isolato in un mondo nel quale lui non sarebbe mai potuto penetrare. Quando lo vide si rese conto di averlo visto in sogni precedenti e sapeva che suo fratello gli avrebbe sorriso; aspettò dunque il sorriso, sorriso che aveva evocato e al quale non sapeva dare un senso e si domandò se fosse diventato incapace di distinguere tra impressioni e realtà. Doveva essere rimasto inginocchiato a lungo perché il cielo a est era diventato grigio e le stelle finalmente affondavano nel lago pallido fino a diventare cenere e gli uccelli incominciarono a chiamare dalla riva lontana e il mondo ancora una volta ricomparve. (pp. 283-284)
  • Fermò il cavallo oltre i pioppi e guardò le montagne verso sud; poi voltò lo sguardo verso ovest dove, staccate nettamente dal sottile orizzonte scuro, si vedevano le nubi temporalesche, e osservò il cielo profondo, ceruleo e teso che copriva il Messico intero, dove il mondo antico si aggrappava alle pietre e alle spore delle cose viventi e viveva nel sangue degli uomini. (p. 287)
  • Accendeva il fuoco nelle valli riparate e di notte si inoltrava talvolta a piedi nell'erba alta per poi coricarsi a terra tra il silenzio del mondo a osservare il firmamento splendente. In quelle notti, ritornando al fuoco, pensava spesso a Boyd, lo pensava seduto proprio davanti a un fuoco come il suo, in un paese come quello. Il fuoco nella bajada era poco più che un mucchio di carboni attizzati che, nascosti nel terreno, rompevano l'oscurità come una finestrella segreta aperta sul nocciolo infuocato della terra. Gli sembrava di essere un neonato. Come se fosse morto anni prima e da quel momento non fosse altro che un altro essere privo di storia, privo di una vita futura immaginabile. (p. 333)
  • La sera sentì di nuovo il volo alto delle gru, sopra le nubi, in bilico sulla linea della curvatura terrestre. Con occhi metallici solcavano i sentieri che Dio aveva scelto per loro. Nei cuori il flusso delle maree. (p. 338)
  • Non si sentivano rumori, tranne quello del vento. Dopo un po' si sedette sulla strada. Si levò il cappello e lo posò sull'asfalto davanti a sé, chinò la testa, si strinse il viso tra le mani e pianse. Rimase lì a lungo, poi il cielo a est incominciò a farsi grigio; poi si levò il sole vero, quello fatto da Dio, ancora una volta, per tutti, senza distinzioni. (p. 370)

Sunset Limited modifica

  • BIANCO E comunque, chi è sempre pronto a occuparsi dei perfetti sconosciuti molto spesso non si occupa delle persone di cui dovrebbe occuparsi. Per come la vedo io. Se uno si limita a fare ciò che dovrebbe, non diventa un eroe. (p. 4)
  • BIANCO Chi lo sa. Magari i compleanni sono pericolosi. Come il Natale. Decorazioni sugli alberi, ghirlande sulle porte, e cadaveri che penzolano dai soffitti di tutta l'America. (p. 6)
  • BIANCO Ma è una questione personale. È proprio questo l'effetto dell'istruzione. Rende il mondo intero qualcosa di personale.
    NERO Hm
    BIANCO Cosa, hm?
    NERO Niente, stavo solo pensando che sono parole belle forti. Non mi viene in mente nessuna risposta, e magari la risposta non c'è per niente. Ma comunque devo proprio chiedertelo: a che servono idee del genere se poi non riescono a farti tenere i piedi incollati per terra quando arriva il Sunset Limited a centotrenta all'ora? (p. 22)
  • BIANCO Le cose in cui credevo non esistono più. Sarebbe stupido far finta del contrario. La civiltà occidentale è andata definitivamente in fumo nelle ciminiere di Dachau, ma io ero troppo infatuato per accorgermene. Me ne accorgo adesso. (p. 23)
  • NERO Non penso che la tua è una giornata no, professore. Penso che è una vita no. (p. 36)
  • BIANCO Ci siamo nati, in un casino del genere. La sofferenza e il destino umano sono la stessa cosa. L'una è la descrizione dell'altro. (p. 45)
  • NERO Il punto, professore, è che se nella tua vita non ci fosse la sofferenza, come faresti a capire quando invece sei felice? Felice rispetto a cosa? (p. 46)
  • NERO ... Ma il punto, ovviamente, è che la paura più grossa dell'ubriacone non è quella di morire per colpa dell'alcol, cosa che tanto gli capiterà. È restare a corto di alcol prima che gli succede. (p. 48)
  • NERO Vuole quello che vogliono tutti.
    BIANCO E cioè?
    NERO Essere amato da Dio. (p. 49)
  • BIANCO Mi faccia finire. Io non considero il mio stato mentale una visione pessimistica del mondo. Io lo considero equivalente al mondo così com'è. L'evoluzione non potrà non condurre la vita intelligente alla consapevolezza di una certa cosa sopra tutte le altre, e questa cosa è la futilità. (p. 113)
  • BIANCO... La comunanza di cui lei parla è basata solo e soltanto sul dolore. E se quel dolore fosse veramente collettivo invece che soltanto ripetitivo, il suo peso basterebbe a staccare il mondo dalle pareti dell'universo e a farlo precipitare in fiamme in mezzo a quel po' di notte che saprebbe ancora generare prima di ridursi a un nulla che non è neppure cenere. (p. 114)

Suttree modifica

Incipit modifica

Caro amico adesso nelle polverose ore senza tempo della città quando le strade si stendono scure e fumanti nella scia delle autoinnaffiatrici e adesso che l'ubriaco e il senzatetto si sono arenati al riparo di muri nei vicoli o nei terreni incolti e i gatti avanzano scarni e ingobbiti in questi lugubri dintorni, adesso in questi corridoi selciati o acciottolati neri di fuliggine dove l'ombra dei fili della luce disegna arpe gotiche sulle porte degli scantinati non camminerà anima viva all'infuori di te.

Citazioni modifica

  • Quello che lo aspettava non era il buio del nulla, ma un'orrida megera che sorrideva con le gengive a nudo, e non c'era nessuna madonna del desiderio o madre dell'eterno soccorso oltre la pioggia nera coi fanali contro la notte, il morbido incavo tra i seni incipriati e le fragili clavicole alabastrine sopra il velluto sontuoso delle vesti. La vecchia si dondolava come per fargli il verso. Esiste uomo tanto codardo da non preferire cadere almeno una volta piuttosto che vacillare in eterno? (p. 223)
  • Una vecchia gobba che se ne andava cupa e ricurva nella sua informe tunica di iuta tinta di un nero opaco con legno di campeccio e mordente di scotano. Le mani da ragno che stringono uno scialle di lana d'agnello morto. Vegliarda soggolata che col tuo bastone nodoso attraversi claudicante l'oscurità, prosegui, non ti fermare. (p. 331)

Bibliografia modifica

  • Alessandro Baricco, I Barbari, I Libri de la Repubblica, 2006.
  • Cormac McCarthy, Meridiano di sangue (Blood Meridian, 1985) traduzione di Raul Montanari, Einaudi, I coralli, Torino 1996. ISBN 8806149393
  • Cormac McCarthy, Cavalli selvaggi (All the pretty horses, 1992) traduzione di Igor Legati, Einaudi, Torino 1996. ISBN 8806139037
  • Cormac McCarthy, Città della pianura, traduzione di Raul Montanari, Einaudi, 1999.
  • Cormac McCarthy, Oltre il confine (The Crossing, 1994) traduzione di Rossella Bernascone e Andrea Carosso, Einaudi, ET, Torino 1995 e 1997. ISBN 880617380-4
  • Cormac McCarthy, Non è un paese per vecchi (No Country for Old Men, 2005), traduzione di Martina Testa, Einaudi, Super ET, Torino 2006. ISBN 8806179675
  • Cormac McCarthy, La strada (The Road, 2006), traduzione di Martina Testa, Einaudi, Torino 2007. ISBN 8806185829
  • Cormac McCarthy, Sunset Limited (The Sunset Limited, 2006), traduzione di Martina Testa, Einaudi, Torino 2008. ISBN 9788806192174
  • Cormac McCarthy, Suttree, traduzione di M. Balmelli, Einaudi, 2009. ISBN 9788806144401

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