Leonetto Cipriani

politico italiano

Leonetto Cipriani (1812 – 1888), politico italiano.

Leonetto Cipriani

Avventure della mia vita modifica

Incipit modifica

Se in altri tempi l'illustre prosapia era titolo bastante a gran considerazione pubblica, nel secolo presente ognuno è figlio del proprio operare. Ma quando ad una vita onorata si può aggiungere virtù somma negli antenati, è permesso gloriarsi di discendere da quelli.

Citazioni modifica

  • Il primo dovere di un precettore è quello di studiare il carattere del giovinetto che gli è affidato. Quando si è accertato che il cuore è buono – che il carattere è dolce – che non ha cattivi istinti – la migliore correzione delle più gravi colpe è l'ammonizione fatta con calma e dolcezza.
    Un precettore non deve aver sangue nelle vene – deve essere sempre padrone di sé stesso – deve, prima di punire severamente, tentare ogni mezzo di persuasione – e quando non basti, anche punendolo severamente, non deve mostrare verso il giovane né collera né disprezzo, e tanto meno umiliarlo. (cap. V; vol. I, p. 32)
  • È innegabile non essere sempre la bellezza nelle donne che fa nascere nell'uomo quel trasporto di amore che lo rende capace di tutto. Più spesso è la bontà, la dolcezza, la timidità, quel qualcosa d'inesplicabile che fa della donna un essere debole che non si muove di suo proprio istinto ma per attrazione, che non si appartiene più e la cui anima è l'ombra dell'uomo amato, che non lo lascia mai e lo segue ovunque col pensiero vicino o lontano. (cap. VIII; vol. I, p. 68)
  • La temerità in alcuni casi rarissimi può essere una gran qualità. L'uomo può essere temerario per conto suo, e per conto suo buttarsi come Plinio nel cratere del Vesuvio, se crede che, uscendone egli illeso, la sua temerità possa essere utile alla scienza. Ma quando questa può avere conseguenze funeste, per molti come per pochi, è uno dei più grandi difetti dell'uomo al quale sono affidate le sorti del suo simile – vita e sostanze. (cap. X; vol. I, p. 86)
  • Il mezzo più potente per arrivare a grandi risultati è la discretezza: parlare poco; non dire a nessuno i propri pensieri e i propri progetti, e soprattutto non vantarsi mai dei risultati ottenuti. (cap. XI; vol. I, p. 96)
  • L'uomo di affari deve avere necessariamente coscienza elastica per non essere sempre vittima. Dai tempi più remoti fino ai nostri il commercio nel senso più lato come nel più ristretto, fu, è, e sarà la scuola d'immoralità più feconda che ci abbia dato il progresso. Inganna colui che vende fiammiferi togliendone alcuni da ogni scatola, come colui che vende un milione di rendita sapendo da notizie certe che il giorno dopo perderà il due o il tre per cento, come colui che vende un immobile, quantunque in questo caso l'inganno rivesta una forma meno immorale. In ogni transazione il compratore è come uomo inerme sorpreso da chi sotto l'abito è armato da capo a piedi.
    Napoleone disse: «le commerce est un brigandage organisé.» – E nel mondo tutto è commercio – non lo sono soltanto le cose, lo sono ancora le persone. La società è divisa in due grandi campi, gli astuti e gli stupidi – i vincitori ed i vinti. (cap. XI; vol. I, p. 97)
  • È strano come la maggior parte della gioventù faccia le cose non perché le piacciano, non perché le siano utili, ma per essere osservati. Siano o no ridicoli, non importa: son contenti quando due occhi curiosi si posano su di loro. (cap. XIII; vol. I, p. 122)
  • È incredibile come l'uomo risoluto a tutto, dando spiegazione a tutto, e sopportando tutte le tribolazioni come se fossero un nulla, sa trovare la calma in qualunque stato si trovi. (cap. XIII; vol. I, p. 150)
  • I piani troppo studiati provano timidità e poca fiducia nel successo; e la fiducia nel successo è quasi sempre vittoria. (cap. XIII; vol. I, p. 159)
  • L'Italia l'ha fatta la Provvidenza – chiamatela provvidenza, destino, fortuna o terno al lotto; son varianti che vogliono dir tutte lo stesso. Gl'Italiani han fatto di tutto per disfarla, non per farla. Ma ringraziamone Iddio: l'Italia è fatta, e fatta per sempre appunto perché chi non ebbe stomaco a farla neppur ha stomaco a disfarla. (cap. XIII; vol. I, p. 159)
  • Ma un uomo politico che non conosce perfettamente la storia e la geografia è come uno che si mettesse a giuocare agli scacchi senza saperne le regole e le mosse. La conoscenza degl'interessi politici ed economici dei diversi popoli, o almeno di quelli europei, (perché gli uomini di stato mondiali sono grandi eccezioni), dà la chiave del segreto della gran politica. L'equilibrio europeo, base fondamentale di tutte le questioni politiche internazionali, non si arriva a capirlo senz'aggruppare ad un tratto nella mente gl'interessi dei vari stati, vederli tutti ben distinti, e farsene un concetto chiaro e allora trovare il mezzo o di evitare un laccio, o di tenderlo. Ma ciò non è possibile senza una profonda cognizione della storia e della geografia, colla quale soltanto si può avere conoscenza esatta degl'interessi politici ed economici dei popoli, interessi che son quasi sempre causa delle più accanite lotte diplomatiche e spesso di grandi guerre. (cap. XIV; vol. I, pp. 165-166)
  • È ben raro trovare nella storia esempi di grandi liberatori e riformatori, che abbiano avuto il plauso universale al momento di realizzare le loro idee. Non sono state mai le generazioni viventi che ne hanno raccolto il frutto, bensì quelle che non han dovuto spargere sangue e tesori per lottare contro la tirannia e il dispotismo politico o religioso. Il più grande dei riformatori fu Cristo. Egli morì crocifisso, e ci vollero secoli e mari di sangue prima che il vangelo fosse la legge universale. (cap. XX; vol. II, p. 12)
  • L'uomo che viaggia per dire che ha viaggiato, senza rendersi conto di ciò che ha veduto, è un baule che torna come è partito. (cap. XXV; vol. II, p. 58)
  • L'esperienza insegna molto, ma non insegna mai abbastanza. È tristo il dirlo, ma è pur vero e necessario, diffidare, diffidare sempre di tutto e di tutti è il solo modo di difendersi da tutto e da tutti. (cap. XXVI; vol. II, p. 64)
  • Il proverbio dice che un genovese è un ebreo con dieci pelli di giudeo [...]. (cap. XXVIII; vol. II, p. 73)
  • Gli uomini più sobrii per abitudine, se sono esposti alla tentazione, non sanno resistere [...]. (cap. XXXI; vol. II, p. 118)

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