Paolo Sylos Labini

economista italiano (1920-2005)
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Paolo Sylos Labini (1920 – 2005) scrittore ed economista italiano.

Sylos Labini riceve il Premio speciale della cultura (1989)

Le classi sociali negli anni '80

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Liberté, egalité, fraternité: il triplice ideale fa capo alla rivoluzione americana prima ancora che alla rivoluzione francese – ma le due rivoluzioni sono fortemente interdipendenti sul piano culturale e ideale. E se quella americana è per diversi aspetti figlia della cultura francese, nel formulare i progetti pratici quest'ultima subì a sua volta l'influsso degli ideali concretamente perseguiti dai pellegrini della Nuova Inghilterra.
Liberté, egalité, fraternité: il terzo ideale suona patetico, perfino retorico, giacché, a differenza dei primi due, ben difficilmente può essere istituzionalizzato. Ma può perdere quel suono se lo si considera come il corollario dei primi due: una società di uomini liberi e tendenzialmente eguali certamente favorisce le condotte e gli atteggiamenti ispirati alla solidarietà ed al reciproco rispetto piuttosto che all'istinto di Caino che pure, nella storia, sembra spesso avere il sopravvento non solo fra società diverse ma anche nell'ambito di una stessa società. La fraternité, in quanto ideale sociale, acquista un significato molto concreto quando la società è lacerata da conflitti etnici e religiosi piuttosto che da conflitti essenzialmente economici: ma in tale società tanto la liberté quanto l'egalité sono in continuo pericolo e anzi, a rigore, per le minoranze perseguitate non sussistono neppure in prospettiva.

Citazioni

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  • Per venire ai commenti specifici, sulla giustizia e sulla crisi da cui oggi è investita gioca soprattutto l'eterogeneità ideologica e politica. In tempi recenti si è fatta strada l'idea perniciosa che non esiste e non può esistere una giustizia «obiettiva», che l'elemento ideologico è inevitabilmente presente in tutti gli uomini in quanto animali sociali e quindi anche nei giudici; così stando le cose, è necessaria una «scelta di campo», anche nell'amministrare la giustizia.
    Come tutte le idee perniciose, anche questa ha una parte di verità. In quanto membro di una società ed anzi in quanto membro di una classe o di una categoria sociale, ciascuno di noi non può andare esente da condizionamenti ideologici. Ma se la rigorosa obiettività non è possibile, un uomo civile e soprattutto giudice deve rifuggire dal bieco settarismo, deve fare ogni sforzo per tenere sotto controllo le sue preferenze ideologiche e cercare di essere intellettualmente onesto. Viceversa, oggi nella magistratura non sono più eccezioni coloro che si arrendono all'idea del fatale predominio dell'elemento ideologico: né sono pochi – è terribile a dirsi – coloro che per amore di carriera entrano in turpe commercio con influenti uomini politici e, nei fatti, si mettono al loro servizio usando la giustizia penale come arma di ricatto o di persecuzione per togliere di mezzo certe persone in lotte economiche e politiche condotte senza esclusione di colpi. Infine, nel preoccupante quadro della giustizia italiana, troviamo anche, come effetto della rapidissima e tumultuosa espansione delle classi medie, magistrati, fortunatamente non numerosi, che si comportano come liberti, i quali, per dar prova della promozione sociale e della raggiunta indipendenza rispetto agli antichi signori, incriminano uomini di grande notorietà e di elevata posizione sociale non solo quando commettono reati (il che è sacrosanto), ma anche quando gl'indizi sono labili e pretestuosi e si tratta, come poi spesso risulta dopo lunghe e penose vicende, d'intemerati gentiluomini. A volte una tale condotta si combina con quel turpe commercio di cui parlavo poco fa – il liberto perde il pelo, ma non sempre perde il vizio. (p. 36-37)

Saggio sulle classi sociali

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Il fisico studia gli atomi, ma egli non è un atomo. Il microbiologo studia i microbi, ma egli non è un microbo. L'economista, non diversamente dal sociologo, studia la società della quale fa parte: egli non è estraneo all'oggetto del suo studio nel senso particolare in cui si può affermare che lo sia il cultore di scienze naturali. Di conseguenza lo studioso di discipline sociali nella sua attività intellettuale (e politica) è necessariamente condizionato dall'educazione che ha ricevuto, dall'ambiente dal quale proviene, dalle sue preferenze circa i movimenti della società in cui vive, in una parola, dalla sua ideologia.

Citazioni

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  • Chi scrive si considera, politicamente, un onesto riformista – onesto nel senso che non solo crede ma, con le sue modestissime forze, opera per le riforme, specialmente per quelle riforme che possono contribuire a «sgomberare il terreno da tutti quegli impedimenti legalmente controllabili che impacciano lo sviluppo della classe operaia» (Marx, Prefazione al Capitale, Ed. Rinascita, Roma, 1951, p. 17). Egli pensa di avere una tale concezione non per una straordinaria nobiltà di animo e per una generosità senza pari, ma semplicemente per ragioni di meditato egoismo: il processo di trasformazione sociale del nostro paese «si muoverà in forme più brutali o più umane secondo il grado di sviluppo della classe operaia» (Marx) e, più in generale, secondo il grado di sviluppo delle classi inferiori o subalterne: lo stesso livello civile della nostra società e, in definitiva, della nostra vita quotidiana, dipendono dal grado d sviluppo di queste classi, che nessuna legge soprannaturale ha condannato a rimanere per sempre subalterne. (Introduzione, p. 5)
  • Pur considerandosi un riformista, chi scrive non ha ostilità, ha anzi rispetto, per coloro che vogliono operare da rivoluzionari, a condizione che si tratti di rivoluzionari seri e non di miserevoli parolai o di luridi imbroglioni. E sebbene egli auspichi le riforme non per consolidare il sistema ma per cambiarlo, chi scrive deve ammettere che gli fa difetto la fede rivoluzionaria – la fede nella necessità o nell'utilità di un grande trauma nel processo di trasformazione sociale. (Introduzione, p. 5)
  • La distribuzione del reddito nazionale costituisce il problema centrale degli economisti classici, particolarmente di Adam Smith e David Ricardo, i quali considerano essenzialmente tre grandi classi sociali: i proprietari fondiari (rendita fondiaria), i capitalisti agrari, industriali e commerciali (profitto) e i lavoratori dipendenti (salario). (I, cap. 1, p. 9)
  • Mentre Marx aveva esattamente previsto la flessione della piccola borghesia agraria e dell'artigianato di tipo antico, bisogna dire che egli non aveva previsto né lo sviluppo dell'artigianato di tipo nuovo né l'enorme espansione della piccola borghesia impiegatizia e commerciale. (I, cap. 5, p. 41)
  • Sebbene la piccola borghesia non costituisca propriamente una classe, essa tuttavia, come certi santi, possiede il dono dell'ubiquità. Gli stessi interessi della classe operaia sono in gran parte gestiti – almeno sul piano politico e su quello delle organizzazioni sindacali centrali – dai membri della piccola borghesia, i quali a differenza del lavoratori salariati hanno, fra gli altri privilegi, più tempo libero e un più elevato grado d'istruzione. Pur amministrando la cosa pubblica e, nella massima parte, gli apparati dei partiti politici, e pur condizionando ampiamente i gusti e le aspirazioni sociali, non si può affermare che il «potere» sia nelle mani di questa quasi classe. (I, cap. 7, p. 53)
  • Nei paesi economicamente più evoluti i piccoli borghesi sono gli amministratori universali; condizionano le scelte di fondo – fin quasi ad esercitare in molti casi una specie di potere di veto –, ma non sono loro a prenderle. (I, cap. 7, p. 53)
  • La scelta dei piccoli borghesi che si dedicano alla vita politica o sindacale può essere determinata da motivazioni ideali, ma può essere anche (e contemporaneamente) determinata dalla più o meno consapevole considerazione che andando dalla parte degli operai essi possono divenire leaders, mentre volgendosi verso la grande borghesia essi diverrebbero ufficiali subalterni o amministratori o, peggio, maggiordomi o, peggio ancora, servitori. (I, cap. 7, p. 61)
  • L'instabilità politica della piccola borghesia ha rilevanti conseguenze: quando, in periodi di crisi, ampi strati di questa quasi classe si alleano con i gruppi dominanti della grande borghesia, il paese corre il pericolo del fascismo. (I, cap. 9, p. 73)
  • Dove si trovano, quali sono gli strati socialmente più robusti della piccola borghesia?
    Ho già risposto, in parte, a questa domanda: si trovano in tutti i gruppi che formano questa classe composita. Sociologi e politici hanno concentrato la loro attenzione su due gruppi particolari: quello degli intellettuali e quello degli scienziati, dei tecnici e degli specialisti, di formazione molto recente (gli «intellettuali di tipo nuovo» di Gramsci). (II, cap. 1, p. 91)
  • Il rabbioso estremismo di certi gruppi della sinistra extra-parlamentare non è affatto un fenomeno tipicamente italiano; anzi nel nostro paese questi gruppi sono meno virulenti che altrove. Si tratta, salvo poche eccezioni, di gruppi di piccoli borghesi declassati e disperati: è questa la caratteristica dei tupamaros di certi paesi latino-americani; era questa la caratteristica dei nichilisti russi del secolo scorso. (II, cap. 4, p. 104)
  • Sotto molti aspetti, l'attuale quadro politico italiano appare come una desolata palude: specialmente (ma non esclusivamente) nella cerchia dei ceti medi, la corruzione, le spinte corporative e la caccia ai privilegi si moltiplicano, come una volta in Uruguay, con un progressivo aumento dell'uso parassitario delle risorse a danno degli impieghi produttivi e quindi a danno delle capacità di sviluppo economico. (II, cap. 6, p. 117)
  • Si sente ripetere spesso che oramai l'Italia è diventata un paese moderno, che è entrata nel novero dei dieci paesi più industrializzati del mondo. Questo è vero, ma è solo una parte della verità. Per una distorsione probabilmente imputabile alla grande influenza del pensiero economico sulla cultura sociale e politica, si tende a stabilire un'equivalenza fra grado di sviluppo economico e grado di sviluppo civile. È triste osservare che così non è [...]. (II, cap. 8, p. 131)
  • Oramai è chiaro che l'enorme espansione della piccola borghesia – un'espansione che nel nostro paese è stata patologicamente rapida – ha modificato in profondità i termini dei conflitti sociali e delle lotte di classe. In ultima analisi nel nostro tempo la lotta politica consiste essenzialmente in un grande tiro alla fune (ammesso che la fune non si spezzi, a destra o a sinistra): da un lato i partiti di destra, che esprimono gli interessi della grande e media borghesia, e, dall'altro, i partiti di sinistra, che in qualche modo esprimono gl'interessi della molto più differenziata classe operaia, si sforzano di trascinare dalla propria parte la massima fetta possibile della piccola borghesia, una quasi classe socialmente eterogenea e politicamente instabile. (II, cap. 9, p. 135)
  • Nelle odierne società capitalistiche, caduta la previsione del Manifesto circa la progressiva scomparsa delle classi medie, non è più sostenibile la tesi del bipolarismo classista, sia pure solo tendenziale, un bipolarismo che solo pochi studiosi marxisti cercano di motivare o giustificare in qualche modo sul piano analitico [...]. (II, cap. 9, p. 136)

Negli ultimi decenni tutte le società capitalistiche hanno subito grandi mutamenti strutturali; ma la sinistra ha continuato a vivere di rendita sul patrimonio intellettuale trasmesso dai grandi pensatori del passato, tradendo, in definitiva, il fondamentale messaggio critico del più grande dei pensatori di sinistra. È vitale, oramai, un approfondito riesame critico, condotto con mente aperta, della società in cui viviamo.

Incipit de La crisi italiana

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Quella che stiamo vivendo è una crisi grave e sconcertante. Molti pensavano che l'Italia stava uscendo da un periodo oscuro, dominato da numerosi sintomi di degenerazione, fra cui una dilagante corruzione, per entrare in tempi brevi in una fase di miglioramento politico e sociale. Finora di questo miglioramento non c'è alcuna indicazione, anzi, pare che sia in atto un grave peggioramento: aumenta giorno per giorno il numero di coloro che si vanno convincendo che siamo caduti dalla padella nella brace (con diversi elementi positivi a favore della padella).

Citazioni su Paolo Sylos Labini

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  • Con Paolo Sylos Labini se ne va l'ultimo e autentico erede di quella grande tradizione culturale, civile e politica che da Salvemini attraverso i fratelli Rosselli, Ernesto Rossi e Galante Garrone arriva ai giorni nostri. Uomini che mai si sono compromessi né con il fascismo né con il comunismo. Che da sacerdoti laici hanno combattuto a viso aperto e pagandone le conseguenze regimi, chiese e corporazioni. Che lasciano un vuoto incolmabile. (Elio Veltri)
  • Paolo Sylos Labini, come spesso accade era molto più noto e considerato all'estero che in Italia perché il suo carattere, il suo stile di vita, il suo parlare senza sottintesi, non sempre erano apprezzati in un Paese incline alle mediazioni, alle furbizie, ai piccoli e grandi opportunismi. (Elio Veltri)
  • Quando ha visto l'Italia avviarsi lungo il percorso delle leggi negate, degli interessi personali esaltati, delle promesse assurde e impossibili e del blocco completo del sistema delle informazioni, Sylos Labini non ha rinunciato alla sua battaglia di uomo libero. È grazie a persone come lui che l'Italia non ha perso la faccia, non appare a tutti e del tutto un Paese ridicolo e non credibile come chi per il momento la governa. È grazie alla sua notorietà internazionale che tanti in Europa, hanno capito che l'Italia poteva rinascere e tornare al pieno rispetto del diritto dei cittadini e del diritto di comunicazione e di verità. Molti in Italia e in Europa non dimenticheranno ciò che devono a lui, quel senso indomabile di dignità e libertà che ci consente di restare orgogliosi del nostro Paese e della nostra identità pur così incredibilmente offesa. (Furio Colombo

Bibliografia

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  • Paolo Sylos Labini, La crisi italiana, Editori Laterza, Roma, 1995. ISBN 8842046078
  • Paolo Sylos Labini, Le classi sociali negli anni '80, Edizione CDE, Milano, 1986.
  • Paolo Sylos Labini, Saggio sulle classi sociali, Saggi tascabili Laterza, Roma-Bari, 1975.

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