Isabel Allende

scrittrice cilena
(Reindirizzamento da La figlia della fortuna)

Isabel Allende Llona (1942 – vivente), scrittrice cilena.

Isabel Allende nel 2007

Citazioni di Isabel Allende

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  • Adesso, che ho superato già tanti dolori e posso leggere il mio destino come una mappa piena di errori, quando non sento nessuna compassione di me stessa e posso passare in rassegna la mia esistenza senza sentimentalismi, perché ho trovato una relativa pace, lamento soltanto la perdita dell'innocenza. Mi manca l'idealismo della gioventù, del tempo in cui esisteva ancora per me una chiara linea divisoria tra il bene e il male e credevo che fosse possibile agire sempre in accordo con princìpi inamovibili. (da Il piano infinito)
  • Gli afrodisiaci sono il ponte gettato tra gola e lussuria. Immagino che, in un mondo perfetto, qualsiasi alimento naturale, sano, fresco, di bell'aspetto, leggero e saporito – vale a dire, dotato di quelle caratteristiche che si cercano in un partner – sarebbe afrodisiaco, ma la realtà è ben più complessa. (da Afrodita)
  • I nostri pensieri danno forma a ciò che noi supponiamo sia la realtà. (da Il regno del drago d'oro)
  • L'avevo detto, l'ostinazione è un male molto forte; si aggrappa al cervello e spezza il cuore. Di ostinazioni ce ne sono molte, ma quella dell'amore è la peggiore. (da La figlia della fortuna)
  • La sola cosa che si possiede è l'amore che si dà. (da La vita secondo Isabel)
  • La vita è piena di ironie, è meglio godersi ora ciò che si ha, senza preoccuparsi di un domani ipotetico. (da Il gioco di Ripper)
  • Nel frattempo imparammo dal presidente Bill Clinton che il sesso orale non è sesso se si pratica alla casa bianca e la Chiesa cattolica ci convinse che la pedofilia non è peccato se a praticarla è un prete. (da Amore, Feltrinelli, 1ª ed., introduzione, p. 25)
  • Non c'è niente di più pericoloso del demone della fantasia acquattato nell'animo femminile. (da La figlia della fortuna)
  • Pensava allora e pensa ancora che la democrazia non debba nutrirsi di amnesia e impunità. La democrazia ha bisogno e diritto di buona memoria e giustizia. (da Introduzione, in Eduardo Galeano, Le vene aperte dell'America Latina)
  • Se si riesce a vivere abbastanza si ha la possibilità di rivedere le proprie condizioni e rettificarne alcune. (Santiago de León: da Zorro)
  • Tutti abbiamo lo spirito di un animale che ci accompagna. È come la nostra anima. Non tutti incontrano il proprio animale, solo i grandi guerrieri e gli sciamani [...]. (da La città delle bestie, p. 70)
Intervista a Librialice, 13 marzo 1998
  • La scrittura per me è un tentativo disperato di preservare la memoria. I ricordi, nel tempo, strappano dentro di noi l'abito della nostra personalità, e rischiamo di rimanere laceri, scoperti. Così scrivere mi consente di rimanere integra e di non perdere pezzi lungo il cammino.
  • Non invento i miei libri: saccheggio storie dai giornali o ascolto con orecchio attento le vicende degli amici. [...] Da questi spunti poi i miei personaggi emergono da soli, con naturalezza.
  • Credo sia una reazione sana, il riaffermarsi della vita, del piacere e dell'amore dopo aver percorso per molto tempo i territori della morte.
  • Nel mio paese dalle donne ci si aspetta sempre che controllino e nascondano i loro desideri e io invece ho creato, forse per reazione, soprattutto personaggi maschili molto "controllati", le donne invece sono passionali e sensuali.
  • Ho cinquant'anni e comincio ora a liberarmi dai pudori e dalle severità di una rigida educazione.
Intervista di Alessandro Cassin, Alessandro Cassin intervista Isabel Allende, L'espresso, 29 agosto 2002
  • Mi fa piacere sapere che i miei libri sono letti e amati. Ma con il successo non sento nuove responsabilità. Quando scrivo ho sempre un solo lettore ideale in mente e scrivo per lui/lei, cercando una voce intima, capace di comunicare emozioni.
  • I problemi ecologici sono la frontiera politica del futuro.
  • Le crisi e le avversità, spesso diventano occasione di crescita interiore.
  • Quando morì mia figlia Paula, mi accorsi che la morte è un terribile inconveniente, ma non un ostacolo insormontabile alla comunicazione. Io comunico ancora con lei, così come comunico con mia nonna, morta 50 anni fa. Scrivendo storie il mio obbiettivo è comunicare con il mondo.
  • Io sono un animale politico. In ogni mio libro esce fuori il mio femminismo, il mio socialismo e il mio antimilitarismo.
  • Odio il fondamentalismo in ogni sua forma. Non accetto la rigidità sorda del Vaticano, e mi fanno orrore l'Opus Dei, i Legionari di Cristo e chiunque creda di avere Dio in tasca. Questo non mi impedisce di ammirare il coraggio di alcuni membri della Chiesa. Madre Teresa o il Dalai Lama personificano la religiosità come servizio. Non capisco come milioni di donne possano sentirsi parte delle tante Chiese unite nel considerare le donne cittadini di serie B.

Intervista di Ezio Mauro repubblica.it, 20 febbraio 2023.


  • In quel pranzo lui [Salvador Allende] fu molto chiaro: “Non lascerò la presidenza fino a che il mio mandato non sia finito o io sia morto”. Fu una dichiarazione solenne: all’improvviso, in questa riunione di famiglia, sembrava che lui stesse parlando per la storia.
  • Governi socialisti eletti democraticamente erano esperienze limitate all’Europa, perché gli Stati Uniti non avrebbero mai permesso qualcosa di simile da noi, col rischio di un contagio in tutta l’America Latina.
  • Per gli Stati Uniti l’America Latina è un pacco unico, e non avrebbero mai lasciato crescere un’altra Cuba nel continente. Il Cile era un esperimento che gli Stati Uniti non potevano lasciar funzionare. La Cia aiutò a sabotare l’esperimento Allende e favorì il golpe.
  • Ogni volta penso cosa poteva provare Allende in quelle ore. Si può a malapena sentire la sua voce perché c’è così tanto rumore, e fumo e fiamme e proiettili, con gli aerei che passano. In mezzo a tutto questo, lui deve aver capito che a quel punto doveva agire come un eroe, per la storia. La sua vita non aveva più un significato per lui: solo questo. Era un uomo molto coraggioso, davvero molto.
  • Allende sapeva di avere un ruolo storico: rappresentava qualcosa, era stato eletto dal popolo. Non poteva andare in esilio come rifugiato, mandato dall’esercito golpista. E non doveva lasciarsi umiliare, torturare e uccidere dalle forze armate infedeli. Lui era il Presidente. Aveva un grande senso dell’onore di quella carica. Quindi penso che a quel punto per lui fosse molto chiaro che doveva morire.
  • Penso che La casa degli spiriti sia un esercizio di nostalgia. Stavo cercando di recuperare il mondo che avevo perso, il mio Paese. Mio nonno, la mia vita, il mio lavoro, i miei amici. Tutto quello che un rifugiato perde quando lascia il suo Paese. Col tempo quel libro mi ha aiutata a capire-

D'amore e ombra

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Il primo giorno di sole fece evaporare l'umidità accumulata sulla terra dai mesi invernali e riscaldò le fragili ossa degli anziani, cui fu possibile passeggiare lungo i sentieri ortopedici del giardino. Solo il melanconico se ne rimase a letto, perché era inutile portarlo all'aria aperta se i suoi occhi vedevano solo i propri incubi e le sue orecchie erano sorde allo schiamazzo degli uccelli. Josefina Bianchi, l'attrice, vestita col lungo abito di seta che mezzo secolo prima aveva indossato per declamare Checov, reggendo un parasole per proteggersi l'epidermide di porcellana screpolata, avanzava lentamente fra i cespugli che ben presto si sarebbero ricoperti di fiori e di api.

Citazioni

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  • Questa è la storia di una donna e di un uomo che si amarono in pienezza, evitando così un'esistenza banale. L'ho serbata nella memoria affinché il tempo non la sciupasse ed è solo ora, nelle notti silenziose di questo luogo, che posso infine raccontarla. Lo farò per quell'uomo e quella donna che mi confidarono le loro vite dicendo: prendi, scrivi, affinché non lo cancelli il vento.
  • Era capace di trasformare una donna dall'aspetto insignificante, valendosi della cornice di una chioma vaporosa e dell'artificio dei cosmetici sapientemente combinati, ma, soprattutto, riusciva a dare a ognuna la sicurezza del proprio fascino, perché in ultima istanza la bellezza altro non è che un atteggiamento.
  • – L'umanità deve vivere in un mondo unito, dove si mescolino le razze, le lingue, i costumi e i sogni di tutti gli uomini. Il nazionalismo ripugna alla ragione. In nulla beneficia i popoli. Serve solo affinché in suo nome si commettano i peggiori abusi.
  • Francisco l'attrasse a sé e le cercò le labbra. Fu un bacio casto, tiepido, lieve tuttavia ebbe l'effetto di una scossa tellurica nei loro sensi. Entrambi percepirono la pelle dell'altro prima mai così precisa e vicina, la pressione delle loro mani, l'intimità di un contatto anelato fin dagli inizi del tempo. Li invase un calore palpitante nelle ossa nelle vene nell'anima, qualcosa che non conoscevano o che avevano del tutto scordato, perché la memoria della carne è fragile. Tutto scomparve intorno ed ebbero coscienza solo delle labbra unite che prendevano e ricevevano.
  • L'ardore di quel bacio non li abbandonò per molti giorni e riempì di fantasmi delicati le loro notti, lasciando il ricordo sulla pelle, come una bruciatura. La gioia di quell'incontro li rapiva, facendoli levitare per strada, li spingeva a ridere senza motivo apparente, li risvegliava concitati nel mezzo di un sonno. Si toccavano le labbra con la punta delle dita ed evocavano esattamente la forma della bocca dell'altro.

Si salutarono con un abbraccio. La guida ritornò indietro con le bestie e i giovani cominciarono ad avanzare verso la linea invisibile che divideva quell'immensa catena di montagne e di vulcani. Si sentivano piccoli, soli, vulnerabili, due naviganti persi in un mare di cime e di nuvole, in un silenzio lunare; ma sentivano pure che il loro amore aveva acquistato una nuova dimensione che sarebbe stato l'unica fonte di forza nell'esilio. Nella luce dorata dell'alba si fermarono per guardare la loro terra un'ultima volta. – Ritorneremo? – mormorò Irene. – Ritorneremo – rispose Francisco. E, negli anni successivi, quella parola avrebbe costellato i loro destini: ritorneremo, ritorneremo...

Eva Luna

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Mi chiamo Eva, che vuol dire vita, secondo un libro che mia madre consultò per scegliermi il nome. Sono nata nell'ultima stanza di una casa buia e sono cresciuta fra mobili antichi, libri in latino e mummie, ma questo non mi ha resa malinconica, perché sono venuta al mondo con un soffio di foresta nella memoria. Mio padre, un indiano dagli occhi gialli, veniva dal luogo in cui si uniscono cento fiumi, odorava di bosco e non guardava mai direttamente il cielo, perché era cresciuto sotto la cupola degli alberi e la luce gli sembrava indecorosa. Consuelo, mia madre, aveva trascorso l'infanzia in una regione incantata, dove per secoli gli avventurieri hanno cercato la città di oro puro vista dai conquistatori spagnoli allorché si affacciarono sugli abissi della loro ambizione. Quel paesaggio aveva lasciato in lei una traccia che in qualche modo riuscì a trasmettermi.

Citazioni

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  • È meglio essere maschi, perché anche il maschio più miserando ha una moglie cui comandare.
  • L'erotismo e la fantasia entrarono nella mia vita con la forza di un tifone, infrangendo tutti i limiti possibili e sconvolgendo l'ordine noto delle cose.
  • L'uomo e la donna, non c'è differenza in questo caso, sono modelli dell'universo su scala ridotta, sicché ogni evento sul piano astrale è accompagnato da manifestazioni a livello umano e ogni persona sperimenta un rapporto con un determinato ordine planetario secondo la configurazione basilare che porta in sé fin dal momento in cui ha aspirato il primo soffio di vita.
  • Le parole sono gratuite, diceva, e se ne appropriava: erano tutte sue. Lei seminò nella mia testa l'idea secondo cui la realtà non è solo come appare in superficie, perché ha una dimensione magica e, volendo, è legittimo esagerarla e colorirla per rendere meno noioso il passaggio attraverso questa vita.
  • – La morte non esiste, figlia. La gente muore solo quando viene dimenticata. – mi spiegò mia madre poco prima di andarsene. – Se saprai ricordarmi, sarò sempre con te. – Mi ricorderò di te – le promisi. [...] Poi mi prese una mano e con gli occhi mi disse quanto mi amava, finché il suo sguardo non divenne nebbia e la vita uscì da lei senza amore.
  • Sospettavo che nulla esistesse davvero, che la realtà fosse una materia gelatinosa che i miei sensi capivano a metà. Non c'erano prove che tutti la percepissero alla stessa maniera. Forse Zulema, Riad Halabì e gli altri avevano un'impressione diversa delle cose, forse non vedevano gli stessi colori, né udivano gli stessi suoni. Se così fosse stato, ognuno viveva in assoluta solitudine.

Scrissi che durante quelle settimane benedette il tempo si allungò, si avvoltolò su se stesso, si srotolò come il fazzoletto di un mago e questo bastò perché Rolf Carlé – con la sua solennità ridotta in polvere e la vanità finita sulla luna – esorcizzasse i suoi incubi e riprendesse a cantare le canzoni dell'adolescenza e perché io ballassi la danza del ventre imparata nella cucina di Riad Halabì e raccontassi, fra risate e sorsi di vino, tante storie.

Eva Luna Racconta

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Ti toglievi la fascia dalla vita, ti strappavi i sandali, gettavi in un angolo l'ampia gonna, era di cotone, mi sembra, e scioglievi il nodo che ti stringeva i capelli in una coda. Avevi la pelle d'oca e ridevi. Eravamo talmente vicini che non potevamo vederci, assorti entrambi in quel rito urgente, avvolti nel calore e nell'odore che emanavamo insieme. Mi aprivo il passo per le tue vie, le mie mani sulla tua vita protesa e le tue impazienti. Sfuggivi, mi percorrevi, mi scalavi, mi avvolgevi con le tue gambe invincibili, mi dicevi mille volte vieni con le labbra sulle mie. Nell'attimo estremo avevamo un bagliore di completa solitudine, ciascuno perduto nel proprio abisso rovente, ma subito risorgevamo al di là del fuoco per scoprirci abbracciati nel disordine dei guanciali, sotto la zanzariera bianca. Ti scostavo i capelli per guardarti negli occhi. Talvolta ti sedevi accanto a me con le gambe raccolte e il tuo scialle di seta su una spalla, nel silenzio della notte che iniziava appena. Così ti ricordo, in quiete.

Citazioni

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  • Si chiudeva la porta alle spalle e apriva leggermente la finestra perché il riflesso della strada entrasse a illuminare le cerimonie che aveva inventato per impadronirsi dei frammenti dell'anima di quell'uomo, rimasti a impregnare i suoi oggetti. Nella lastra dello specchio, nera e brillante come una pozza di fanghiglia, si osservava a lungo, perché là si era guardato lui, e le impronte delle due immagini potevano confondersi in un abbraccio.
  • Non mi sentii più triste. Imparai allora che a volte la morte è più potente dell'amore.
  • Il Capitano la sosteneva con la stessa amorosa cura con cui in gioventù afferrava il vento con le vele di qualche nave eterea, guidandola per la pista come se si cullassero nell'acqua tranquilla di una baia, mentre le diceva nel suo idioma di tormente e foreste tutto ciò che il suo cuore aveva taciuto fino a quel momento.
  • Per la prima volta qualcuno parlava di quel tema, fino allora la morte era una faccenda taciuta, si scommetteva sull'immortalità, ciascuno con la segreta speranza di vivere per sempre.

Al tuo fianco, io aspetto che tu abbia completato il viaggio dentro te stesso e guarito le vecchie ferite. So che quando tornerai dai tuoi incubi cammineremo ancora mano nella mano, come prima.

Il mio paese inventato

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Sono nata tra le nuvole di fumo e la carneficina della Seconda guerra mondiale e ho trascorso la maggior parte della mia giovinezza in attesa che qualcuno, premendo distrattamente un bottone, facesse esplodere le bombe atomiche e saltare in aria il pianeta. Nessuno sperava di vivere a lungo; andavamo di fretta, divorando ogni istante prima che ci sorprendesse l'apocalisse, perciò non c'era tempo di stare a guardarsi l'ombelico e prendere appunti, come si usa adesso.

Citazioni

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  • Ci sono città come Caracas o Città del Messico, dove poveri e ricchi si mescolano, ma a Santiago i confini sono ben definiti. La differenza tra le dimore dei ricchi ai piedi della cordigliera, con le guardie al cancello e quattro garage, e le baracche dei proletari, dove vivono quindici persone ammucchiate in due locali senza il bagno, è esorbitante. Tutte le volte che vado a Santiago mi accorgo che una parte della città è in bianco e nero, e l'altra è in technicolor. (p. 24)
  • La Santiago della mia infanzia aveva ambizioni da grande città, ma il cuore di un paesello. Si sapeva tutto di tutti. Se alla messa della domenica mancava qualcuno, la notizia circolava alla svelta, e prima di mercoledì il parroco bussava alla porta del peccatore per chiederne conto. (p. 26)
  • Chi sono i cileni? Mi risulta difficile descriverli a parole, ma mi basta un'occhiata per riconoscere un compatriota a cinquanta metri di distanza.[...] Malgrado nel nostro lungo e sottile paese ci separino migliaia di chilometri, la somiglianza tra noi è forte; siamo accomunati dalla lingua e tradizioni simili. L'unica eccezione è rappresentata dalla classe alta, che discende quasi completamente dagli europei, e dagli indigeni. (p. 43)
  • Il Cile è un paese maschilista: l'aria è talmente densa di testosterone che è un miracolo se alle donne non spuntano i peli in faccia. (p. 59)
  • I cileni sono credenti, anche se la loro pratica religiosa è decisamente più vicina al feticismo e alla superstizione di quanto sia legata all'inquietudine spirituale o alla conoscenza teologica. Nessuno si dichiara ateo, nemmeno il comunista più radicale, perché questo termine è considerato offensivo, si preferisce la parola "agnostico". (p. 65)
  • In Cile abbondano i santi di tutti i tipi, e questo non deve stupire, perché è il paese più cattolico del mondo, più dell'Irlanda e certamente molto più del Vaticano. (p. 67)
  • La domenica le chiese sono affollate, e tutti venerano il papa, anche se quasi nessuno lo ascolta in materia di anticoncezionali, perché si parte dal concetto che un anziano celibe, senza preoccupazioni di carattere pratico, non può essere un esperto di quel delicato argomento. (p. 69)
  • Il Cile è forse l'unico paese della galassia dove non esiste il divorzio perché, nonostante il settantun per cento della popolazione lo reclami da anni, nessuno osa sfidare i preti. (p. 81)
  • Il cileno appare infastidito del successo altrui, ma si dimostra solidale con chi ha bisogno; allora mette da parte la meschinità e si trasforma immediatamente nella persona più altruista e generosa di questa terra. (p. 90)
  • Come sarebbe stata diversa la storia di Romeo e Giulietta se avessero avuto un telefono!
  • Ho sempre avuto ben chiaro che dovevo lavorare, perché non esiste femminismo che si rispetti che non sia basato sull'indipendenza economica.
  • Siamo anche appassionati di telenovelas, perché le disgrazie dei protagonisti ci forniscono una buona occasione per piangere delle nostre.

Inés dell'anima mia

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Sono Inés Suarez, suddita nella leale città di Santiago della Nuova Estremadura, Regno del Cile, anno 1580 di Nostro Signore. Della data esatta della mia nascita non sono certa ma, stando a mia madre, venni alla luce dopo la carestia e la terribile pestilenza che devastarono la Spagna alla morte di Filippo il Bello. Non credo fosse stata la scomparsa del re a provocare la peste, come diceva la gente vedendo passare il corteo funebre che lasciava dietro di sé per giorni, sospeso nell'aria un odore di mandorle amare, ma non si può mai dire... La regina Giovanna, ancora giovane e bella, percorse in lungo e in largo la Castiglia per oltre due anni portandosi appresso quel feretro che apriva di tanto in tanto per baciare le labbra del marito, nella speranza che resuscitasse. A dispetto degli unguenti dell'Imbalsamatore, il Bello puzzava. Quando io venni al mondo, la sventurata regina, pazza da legare, era già stata reclusa nel palazzo di Tordesillas insieme al cadavere del consorte, e ciò significa che ho sul groppone almeno una settantina di inverni e che prima di Natale mi toccherà morire.

Questa Conquista ha causato immense sofferenze... Nessuno può perdonare tanta crudeltà, e men che meno i mapuche, che non dimenticano mai le offese, come neppure i favori ricevuti. Mi tormentavano i ricordi, ero come posseduta dal demonio. Sai già, Isabel, che fatta eccezione per qualche sussulto del cuore, sono sempre stata sana, con il favore di Dio, e quindi non ho altre spiegazioni per la malattia che mi afflisse in quei giorni. Mentre Pedro sopportava la sua orrenda fine, da lontano la mia anima lo accompagnava e piangeva per lui e per tutte le vittime di questi anni. Rimasi prostrata da un vomito così intenso e da febbri talmente alte che temettero per la mia vita. Nel mio delirio sentivo con chiarezza le grida di Pedro de Valdivia e la sua voce che prendeva commiato da me per l'ultima volta: "Addio, Inés dell'anima mia...".

La casa degli spiriti

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Barrabás arrivò in famiglia per via mare, annotò la piccola Clara con la sua delicata calligrafia. Già allora aveva l'abitudine di scrivere le cose importanti e piú tardi, quando rimase muta, scriveva anche le banalità, senza sospettare che, cinquant'anni dopo, i suoi quaderni mi sarebbero serviti per riscattare la memoria del passato, e per sopravvivere al mio stesso terrore. Il giorno in cui arrivò Barrabás era Giovedí Santo. Stava in una gabbia lercia, coperto dei suoi stessi escrementi e della sua stessa orina, con uno sguardo smarrito di prigioniero miserabile e indifeso, ma già si intuiva – dal portamento regale della sua testa e dalla dimensione del suo scheletro – il gigante leggendario che sarebbe diventato. Era quello un giorno noioso e autunnale, che in nulla faceva presagire gli eventi che la bimba scrisse perché fossero ricordati e che accaddero durante la messa delle dodici, nella parrocchia di San Sebastián, alla quale assistette con tutta la famiglia.

Citazioni

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  • Figliolo, la Santa Madre Chiesa sta a destra, ma Gesù Cristo è stato sempre a sinistra. (José Dulce María: V; p. 136)
  • Così come quando si viene al mondo, morendo abbiamo paura dell'ignoto. Ma la paura è qualcosa d'interiore che non ha nulla a che vedere con la realtà. Morire è come nascere: solo un cambiamento. (Clara: IX; p. 247)
  • La terra è l'unica cosa che rimane quando tutto finisce. (Esteban Trueba: X;, p. 263)
  • Alba si chiedeva come avessero potuto spuntare tanti fascisti da un momento all'altro, perché, nella lunga traiettoria democratica del suo paese, non se n'erano mai visti, tranne alcuni esaltati durante la guerra, che per mania di scimmiottare si mettevano camicie nere e sfilavano col braccio alzato, in mezzo alle sghignazzate e ai fischi dei passanti, senza che avessero avuto alcun ruolo importante nella vita nazionale. Non si spiegava neppure l'atteggiamento delle Forze Armate, che per la maggior parte provenivano dalla classe media e dalla classe operaia e che storicamente erano state piú vicine alla sinistra che all'estrema destra. Non capí lo stato di guerra interna, né si rese conto che la guerra è l'opera d'arte dei militari, il culmine della loro preparazione, il distintivo dorato della loro professione. Non sono fatti per brillare durante la pace. Il golpe aveva dato loro l'opportunità di mettere in pratica quanto avevano imparato nelle caserme, l'obbedienza cieca, il maneggio delle armi e altre arti che i soldati possono dominare quando mettano a tacere gli scrupoli del cuore. (XIII; p. 323)
  • Il Poeta [Pablo Neruda] agonizzò nella sua casa vicino al mare. Era malato e gli eventi degli ultimi tempi esaurirono il suo desiderio di vivere. La truppa gli aveva violato la casa, avevano rovistato tra le sue collezioni di conchiglie, di chiocciole, tra le sue farfalle, tra i suoi libri, tra i suoi quadri, tra i suoi versi inconclusi, cercando armi sovversive e comunisti nascosti finché il suo vecchio cuore di bardo non aveva cominciato a vacillare. Lo portarono alla capitale. Morì quattro giorni dopo e le ultime parole dell'uomo che aveva cantato alla vita furono: li fucilarono! Li fucileranno! Nessuno dei suoi amici poté stargli vicino nell'ora della morte, perché erano fuorilegge, profughi, esiliati o morti. La sua casa azzurra in collina era semirovinata, il pavimento bruciato e i vetri rotti, non si sapeva se fosse opera dei militari, come dicevano i vicini, o dei vicini, come dicevano i militari. (XIII; pp. 325–326)
  • Per la prima volta nella sua vita, Alba sentì il bisogno di essere bella e rimpianse che nessuna delle splendide donne della sua famiglia le avesse lasciato in eredità i suoi attributi, e l'unica che l'aveva fatto, la bella Rosa, le aveva dato solo una sfumatura d'alga marina ai suoi capelli, che, se non era accompagnata da tutto il resto, sembrava piuttosto un errore del parrucchiere. Quando Miguel indovinò la sua inquietudine, la portò per mano fino al grande specchio veneziano che ornava un angolo della camera segreta; tolse la polvere dal vetro incrinato e poi accese tutte le candele che aveva e gliele mise intorno. Lei si rimirò nei mille frammenti dello specchio. La sua pelle, illuminata dalle candele, aveva il colore irreale delle figure di cera. Miguel cominciò ad accarezzarla e lei vide trasformarsi il suo volto nel caleidoscopio dello specchio e convenne infine che lei era la più bella dell'universo, perché aveva potuto vedersi con gli occhi con cui la vedeva Miguel.

Mi sarà molto difficile vendicare tutti quelli che devono essere vendicati, perché la mia vendetta sarebbe solo l'altra parte dello stesso rito inesorabile. Voglio limitarmi a pensare che il mio mestiere è la vita e che la mia missione non è protrarre l'odio, bensí unicamente riempire queste pagine mentre aspetto il ritorno di Miguel, mentre sotterro mio nonno che ora riposa vicino a me in questa stanza, mentre attendo che arrivino tempi migliori, tenendo in gestazione la creatura che ho nel ventre, figlia di tante violenze, o forse figlia di Miguel, ma soprattutto figlia mia.
Mia nonna aveva scritto per cinquant'anni sui quaderni in cui annotava la vita. Trafugati da qualche spirito complice, si sono miracolosamente salvati dal rogo infame, in cui sono perite tante altre carte della famiglia. Li ho qui, ai miei piedi, stretti da nastri colorati, separati per fatti e non per ordine cronologico, cosí come lei li ha lasciati prima di andarsene. Clara li ha scritti perché mi servissero ora per riscattare le cose del passato e sopravvivere al mio stesso terrore. Il primo è un quaderno di scuola di venti pagine, scritto con una delicata calligrafia infantile. Comincia cosí: "Barrabás arrivò in famiglia per via mare...".

Ascolta, Paula, ti voglio raccontare una storia, così quando ti sveglierai non ti sentirai tanto sperduta.
La leggenda familiare inizia i primi anni del secolo scorso, quando un robusto marinaio basco sbarcò sulle coste cilene con la testa piena di progetti di grandezza e protetto dal reliquiario di sua madre appeso al collo; ma perché risalire così indietro, basta dire che la sua discendenza fu una stirpe di donne impetuose e di uomini dalle braccia forti per il lavoro e dal cuore sentimentale. Alcuni, dal carattere irascibile, morirono sputando schiuma dalla bocca, ma forse la causa non fu la rabbia, come vollero le malelingue, ma qualche pestilenza locale.

Citazioni

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  • Ci addormentavamo vicini vicini, senza che ci importi dove inizia uno e finiva l'altro, né di chi sono queste mani o questi piedi, in una complicità così perfetta che ci incontravamo nei sogni e il giorno dopo non sapevamo chi aveva sognato chi e quando uno si muove tra le lenzuola l'altro si accomoda negli angoli e nelle curve e quando uno sospira sospira anche l'altro e quando uno si sveglia si sveglia anche l'altro.
  • C'è un momento in cui il viaggio iniziato non può più essere interrotto, corriamo verso una frontiera, passiamo attraverso una porta misteriosa e ci svegliamo dall'altra parte, in un'altra vita.
  • Il bambino entra nel mondo e la madre in un altro stato di coscienza, nessuno dei due è più lo stesso.
  • Lei è l'amore più lungo della mia vita, che è iniziato il giorno della gestazione e dura già da mezzo secolo, per giunta è l'unico realmente incondizionato, né i figli, né i più ardenti amanti amano così.
  • Mia madre chiedeva alla Madonna che avvolgesse Paula nel suo manto e la proteggesse dal dolore e dall'angoscia, che se pensava di portarsela via almeno non la facesse soffrire oltre.
  • Mi assunsi sempre la colpa totale del fallimento di quell'amore: io non riuscivo ad amarlo come lui apparentemente amava me. Non mi chiedevo se quell'uomo meritasse più dedizione, mi chiedevo solo perché io non potevo dargliela.
  • Non esiste separazione definitiva finché esiste il ricordo.
  • Silenzio prima di nascere, silenzio dopo la morte, la vita è puro rumore tra due insondabili silenzi.
  • Caracas nel 1975 era allegra e caotica, una delle città più care del mondo. Spuntavano dovunque edifici nuovi e grandi autostrade, il commercio esibiva uno sperpero di lussi, a ogni angolo c'erano bar, banche e ristoranti e alberghi per amori clandestini, e le strade erano intasate in permanenza da migliaia di veicoli ultimo modello che non riuscivano a muoversi nel disordine del traffico, nessuno rispettava i semafori ma si fermavano sull'autostrada, per lasciar passare un pedone distratto. I soldi sembravano crescere sugli alberi, i fasci di banconote passavano di mano in mano a una velocità tale che non c'era il tempo di contarli; gli uomini mantenevano diverse amanti, le donne andavano a far compere a Miami per il fine settimana e i bambini consideravano un viaggio annuale a Disney World come un diritto naturale.[1]

Sentii che mi stavo immergendo in quell'acqua fresca e seppi che il viaggio attraverso il dolore finiva in un vuoto assoluto. Sciogliendomi ebbi la rivelazione che quel vuoto è pieno di tutto ciò che contiene l'universo. È nulla e tutto nello stesso tempo. Luce sacramentale e oscurità insondabile. Sono il vuoto, sono tutto ciò che esiste, sono in ogni foglia del bosco, in ogni goccia di rugiada, in ogni particella di cenere che l'acqua trascina via, sono Paula e sono anche me stessa, sono nulla e tutto il resto in questa vita e in altre vite, immortale.

[Isabel Allende, Paula, traduzione di Gianni Guadalupi, Feltrinelli]

Ritratto in seppia

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Sono venuta al mondo un martedì d'autunno del 1880, nella dimora dei miei nonni materni, a San Francisco. Mentre all'interno di quella labirintica casa di legno mia madre, grondante di sudore, ansimava per aprirmi un varco, il cuore intrepido e le ossa disperate, nella strada ribolliva la vita selvaggia del quartiere cinese con il suo aroma indelebile di cucina esotica, il suo chiassoso torrente di dialetti sbraitati, la sua inestinguibile folla di api umane in un frettoloso andirivieni. Nacqui di buon mattino, ma a Chinatown gli orologi non si attengono ad alcuna regola e a quell'ora prende vita il mercato, il traffico di carretti e i latrati tristi dei cani nelle loro gabbie, in attesa del coltello del cuoco. Solo parecchio tempo dopo sono venuta a conoscenza dei particolari della mia nascita, ma sarebbe stato ancora peggio non averli mai appresi; si sarebbero potuti smarrire per sempre negli impervi sentieri dell'oblio.

Citazioni

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  • I giornali arrivavano con tale ritardo che, più che notizie, portavano storia. (III; p. 208)
  • L'essenziale è spesso invisibile; è solo il cuore, e non l'occhio, a poterlo cogliere, ma la macchina fotografica a volte sfiora tracce di quella sostanza. (III; p. 212)

Selezioniamo il materiale più brillante e quello più buio, ignorando ciò che è fonte di vergogna, e così tessiamo il grande arazzo della nostra vita. Per mezzo della fotografia e della parola scritta cerco disperatamente di sconfiggere la fuggevolezza della mia vita, di catturare gli attimi prima che svaniscano, di rischiarare la confusione del mio passato. Ogni istante si dissolve in un soffio trasformandosi immediatamente in passato, la realtà è effimera e transitoria, pura nostalgia. Con l'aiuto di queste fotografie e di queste pagine tengo vivi i ricordi; sono il punto fermo di una verità labile, che è pur sempre verità, attestano che questi eventi hanno avuto luogo e che questi personaggi sono transitati per il mio destino. Grazie a loro posso far resuscitare mia madre, morta quando vidi la luce, le mie agguerrite nonne e il mio saggio nonno cinese, il mio povero padre come anche altri anelli della lunga catena della mia famiglia, tutti di sangue misto e appassionato. Scrivo per sciogliere gli antichi segreti della mia infanzia, definire la mia identità e creare la mia leggenda. Alla fine, l'unica cosa a cui possiamo attingere a piene mani è la memoria che abbiamo intessuto. Ognuno sceglie la tonalità con cui raccontare la propria storia; a me piacerebbe scegliere la chiarezza durevole di una stampa su platino, ma niente nel mio destino possiede tale luminoso requisito. Vivo tra gradazioni sfumate, velati misteri, incertezze; la tonalità con cui raccontare la mia vita si accorda meglio a quella di un ritratto in seppia...

Incipit di alcune opere

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Afrodita

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I cinquant'anni sono come
L'ultima ora del pomeriggio,
quando il sole tramontato
ci dispone spontaneamente alla riflessione.
Nel mio caso, tuttavia,
il crepuscolo mi induce al peccato.
Forse per questo,
arrivata alla cinquantina,
medito sul mio rapporto
con il cibo e l'erotismo,
le debolezze della carne,
che più mi tentano,
anche se, a ben guardare, non sono quelle
che più ho praticato.

Mi pento delle diete, dei piatti prelibati rifiutati per vanità, come mi rammarico di tutte le occasioni di fare l'amore che ho lasciato correre per occuparmi di lavoro in sospeso o per virtù puritana. Passeggiando per i giardini della memoria, scopro che i miei ricordi sono associati ai sensi. Mia zia Teresa, quella che si trasformò lentamente in angelo e che quando morì aveva germogli di ali sulle spalle, è legata per sempre all'odore delle pastiglie alla violetta. Quando quell'incantevole signora faceva capolino per una visita, con il vestito grigio illuminato con discrezione da un colletto di pizzo e il capo regale incorniciato dalla neve, noi bambini le correvamo incontro e lei apriva con gesti rituali la sua vecchia borsetta, sempre la stessa, estraeva una scatoletta di latta dipinta e ci dava una caramella color malva.

Il gioco di Ripper

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"Mia madre è ancora viva, ma sarà uccisa Venerdì Santo a mezzanotte" lo avvertì Amanda Martín e l'ispettore capo la prese sul serio, visto che aveva dato prova di saperne più di lui e di tutti gli agenti della Sezione Omicidi. La donna era prigioniera da qualche parte nei diciottomila chilometri quadrati della Baia di San Francisco, avevano poche ore per trovarla ancora in vita e lui non sapeva da dove cominciare.
Per non umiliare la vittima con una denominazione più esplicita, il primo omicidio fu catalogato dal gruppo di giocatori come "il crimine della mazza da baseball fuori posto". Era composto da cinque adolescenti e da un signore di una certa età che si riunivano via computer per partecipare a Ripper, un gioco di ruolo.

Il piano infinito

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Andavano per le vie dell'ovest senza fretta e senza meta precisa, mutando rotta secondo il capriccio di un istante, al segnale premonitore di uno stormo d'uccelli, alla tentazione di un nome ignoto. I Reeves interrompevano il loro erratico peregrinare ove li cogliesse la stanchezza o incontrassero qualcuno disposto ad acquistare la loro impalpabile mercanzia. Vendevano speranza. Così percorsero il deserto nell'una e nell'altra direzione, valicarono le montagne e una mattina videro apparire il giorno su una spiaggia del Pacifico.

L'isola sotto il mare

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Toulouse Valmorain arrivò a Saint-Domingue nel 1770, lo stesso anno in cui il Delfino di Francia sposò l'arciduchessa austriaca Maria Antonietta. Prima di partire per la colonia, quando ancora non sospettava che il destino si sarebbe beffato di lui facendolo finire sepolto tra i canneti nelle Antille, era stato invitato a Versailles a una delle feste in onore della nuova Delfina, una ragazzina bionda di quattordici anni che sbadigliava ostentatamente nonostante il rigido protocollo della corte francese.

La città delle bestie

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All'alba Alexander Cold fu svegliato di soprassalto da un incubo. Aveva sognato un enorme uccello nero che si schiantava contro la finestra con un fragore di vetri infranti, penetrava in casa e si portava via la mamma. Immobile osservava il gigantesco avvoltoio ghermire la madre per i vestiti con i suoi artigli gialli, volare dalla finestra rotta e perdersi in un cielo carico di densi nuvoloni. Il rumore del vento che sferzava gli alberi, la pioggia sul tetto, lampi e tuoni gli tolsero definitivamente il sonno. Accese la luce con la sensazione di trovarsi su una barca alla deriva e si avvinghiò alla sagoma del cagnone che gli dormiva di fianco. Sapeva che a pochi isolati da casa sua l'Oceano Pacifico mugghiava, infrangendo le sue onde furiose contro la scogliera. Rimase ad ascoltare la tempesta e a pensare all'uccello nero e alla mamma, in attesa che si placassero i rulli di tamburo che sentiva nel petto. Era ancora impigliato nelle immagini di quel brutto sogno.

La figlia della fortuna

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Tutti nascono con qualche talento speciale ed Eliza Sommers scoprì presto di possederne due: un buon naso e una buona memoria. Il primo le servì per guadagnarsi da vivere e il secondo per potersene ricordare, se non con precisione, almeno con la poetica vaghezza degli astrologi. Quel che si dimentica è come se non fosse mai successo, e i suoi ricordi reali o illusori erano talmente tanti che per lei fu come vivere due volte. Diceva sempre al suo fedele amico, il saggio Tao Chi'en, che la sua memoria era come il ventre della nave su cui si erano conosciuti, buia e spaziosa, zeppa di casse, barili e sacchi in cui si erano accumulati gli episodi di tutta la sua esistenza.

La somma dei giorni

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Nella mia vita non mancano drammi, ne ho viste di tutti i colori e ho materiale in abbondanza per scrivere, eppure, quando arriva il 7 gennaio, sono comunque in ansia. Stanotte non ho potuto dormire, si è abbattuta su di noi una tempesta, il vento ruggiva tra le querce e colpiva le finestre di casa, apogeo del diluvio biblico delle ultime settimane. Alcuni quartieri della contea sono stati inondati, i pompieri non sono riusciti a far fronte a un disastro di tali proporzioni, la gente si è riversata in strada, con l'acqua alla vita, per mettere in salvo dalla marea ciò che poteva. I mobili fluttuavano per i viali principali e alcuni animali domestici, spaventati, attendevano i padroni sui tetti delle macchine semisommerse, mentre i reporter catturavano dagli elicotteri le immagini di questo inverno in California, che sembra l'uragano in Louisiana. In alcuni quartieri non è stato possibile circolare per un paio di giorni e, quando finalmente ha spiovuto e si è vista la gravità del disastro, sono dovute intervenire squadre di immigrati latinoamericani che si son messe al lavoro per aspirare l'acqua con le pompe e portare via le macerie a mano. La nostra casa appollaiata su una collina ci preserva dalle inondazioni, in compenso le sferzate del vento che riceve frontalmente sono così forti da piegare le palme e ogni tanto riescono a sradicare di netto gli alberi più orgogliosi, quelli che non chinano la testa. A volte, nel culmine della tempesta, si alzano onde capricciose che sommergono l'unica strada di accesso; allora, affascinati, osserviamo dall'alto lo spettacolo inusitato della baia infuriata.

Oltre l'inverno

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Verso la fine del dicembre 2015 l’inverno si faceva ancora attendere. Arrivò Natale, con le sue fastidiose campanelle, e la gente era ancora in giro in maniche corte e sandali, chi riconoscente alle stagioni per una simile svista, chi preoccupato dal riscaldamento globale, mentre dalle finestre si affacciavano alberi artificiali spruzzati di brina argentata che mandavano in confusione scoiattoli e uccelli. Tre settimane dopo Capodanno, quando ormai nessuno pensava più al ritardo del calendario, la natura si svegliò all’improvviso scrollandosi di dosso la sonnolenza autunnale e scaricando la più violenta tempesta di neve a memoria d’uomo. In un piano interrato di Prospect Heights, un tugurio di cemento e mattoni, con un mucchio di neve all’ingresso, Lucía Maraz imprecava per il freddo. Aveva il carattere stoico della gente del suo paese: era abituata a terremoti, inondazioni, tsunami occasionali e cataclismi politici; se in un arco di tempo ragionevole non si verificava nessuna disgrazia, si preoccupava. Ciononostante, nulla l’aveva preparata a quell’inverno siberiano arrivato a Brooklyn per errore. Le tempeste cilene si limitano alla Cordigliera delle Ande e al profondo Sud, nella Terra del Fuoco, là dove il continente si sgrana in isole lacerate dal vento australe, il gelo spezza le ossa e la vita è dura. Lucía era di Santiago, città immeritatamente nota per il suo clima mite, dove l’inverno è umido e freddo, e l’estate secca e torrida.

Partiamo dall'inizio, da un evento senza il quale Diego de la Vega non sarebbe mai nato. Tutto cominciò in Alta California, nella missione di San Gabriel, nell'anno 1790 di Nostro Signore. A quel tempo la missione era guidata da padre Mendoza, un francescano con spalle da boscaiolo e un aspetto più giovanile dei suoi quarant'anni ben spesi, energico e autoritario, per il quale la parte più impegnativa del ministero era mettere in pratica la lezione di umiltà e bontà di san Francesco d'Assisi. In California c'erano molti religiosi, sparsi in ventitré missioni, impegnati nel diffondere la dottrina di Cristo tra le varie migliaia di pagani delle tribù chumash e shoshone, e altre, che non sempre si prestavano di buon grado a riceverla.

  1. Da Paula, traduzione di Gianni Guadalupi, Feltrinelli, Milano, 20181 digitale, pp. 271-272. ISBN 9788858834374

Bibliografia

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  • Isabel Allende, Afrodita, traduzione di Elena Liverani e Simona Geroldi, Feltrinelli, 1997.
  • Isabel Allende, D'amore e ombra, traduzione di Angelo Morino, Feltrinelli.
  • Isabel Allende, Eva Luna, traduzione di Angelo Morino, Feltrinelli.
  • Isabel Allende, Eva Luna racconta, traduzione di Gianni Guadalupi, Feltrinelli.
  • Isabel Allende, Il gioco di Ripper, traduzione di Elena Liverani, Feltrinelli, 2013.
  • Isabel Allende, Il piano infinito, traduzione di Edda Cicogna e Ginni Guadalupi, Feltrinelli, 1992.
  • Isabel Allende, Il mio paese inventato, traduzione di Tiziana Gibilisco, Feltrinelli.
  • Isabel Allende, Il regno del drago d'oro, traduzione di Elena Liverani, Feltrinelli, 2003.
  • Isabel Allende, Inés dell'anima mia, traduzione di Elena Liverani, Feltrinelli.
  • Isabel Allende, L'isola sotto il mare, traduzione di Elena Liverani, Feltrinelli, 2009. ISBN 9788807017957
  • Isabel Allende, La casa degli spiriti, traduzione di Angelo Morino e Sonia Piloto di Castri, Feltrinelli, 1983. ISBN 880781000X
  • Isabel Allende, La città delle bestie, traduzione di Elena Liverani, Feltrinelli, 2006. ISBN 8807818957
  • Isabel Allende, La figlia della fortuna, traduzione di Elena Liverani, Feltrinelli.
  • Isabel Allende, La somma dei giorni, traduzione di Elena Liverani, Feltrinelli, 2008. ISBN 9788807017421
  • Isabel Allende, Oltre l'inverno, traduzione di Elena Liverani, Feltrinelli, 2017. ISBN 9788858829981
  • Isabel Allende, Paula, traduzione di E. Cicogna, Feltrinelli, 1995.
  • Isabel Allende, Paula, traduzione di Gianni Guadalupi, Feltrinelli.
  • Isabel Allende, Ritratto in seppia, traduzione di Elena Liverani, Feltrinelli, 2001. ISBN 880701601X
  • Isabel Allende, Zorro. L'inizio della leggenda, traduzione di Elena Liverani, Feltrinelli.
  • Celia Correas Zapata, La vita secondo Isabel, traduzione di Stefania Cherchi e Serena Lazzaroni, Feltrinelli, 2001.

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