Oliver Goldsmith

scrittore e drammaturgo irlandese
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Oliver Goldsmith (1730 – 1774), scrittore e drammaturgo irlandese.

Oliver Goldsmith (Joshua Reynolds)

Citazioni di Oliver Goldsmith

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  • Gli uomini migliori fingono un'estrema compassione per ogni sorta di animali: a sentirli parlare, uno straniero sarebbe indotto a pensare che non potrebbero fare del male neppure alla zanzara che li ha punti. Sembrano così teneri, e così compassionevoli, che li prenderemmo per innocui amici di tutto il creato e protettori del più orrendo insetto o serpente che avesse il privilegio di esistere. Eppure (ci credereste?) ho visto quegli stessi uomini, che si erano vantati in tal modo della loro sensibilità, divorare allo stesso tempo la carne di sei diversi animali preparati in fricassea. Che incredibile contraddizione! Provano pietà e mangiano gli oggetti della loro compassione![1]
  • Il vero uso della parola non è tanto di esprimere i nostri bisogni, quanto di nasconderli.[2]
  • Recitare una commedia non puramente sentimentale, fu cosa pericolosissima.[3]

Il vicario di Wakefield

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Barbara Bartoletti

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Sono sempre stato dell'opinione che un onestuomo che si sposi e che tiri su una famiglia numerosa sia più utile di colui che rimane celibe pur continuando a parlare di progenie. Per questa ragione cominciai a pensare seriamente al matrimonio già appena un anno dopo che ebbi preso gli ordini, e scelsi mia moglie allo stesso modo in cui lei scelse il suo abito nuziale: non per l'aspetto brillante e grazioso ma per quelle qualità che si sarebbero mantenute inalterate nel tempo. Devo renderle merito dicendo che era una donna laboriosa e buona e poche gentildonne di campagna potevano superarla in fatto di buone maniere. Era in grado di leggere qualunque libro inglese che non contenesse un linguaggio troppo astruso, ma era insuperabile in fatto di sottaceti, conserve e arte culinaria. Si vantava anche di essere un'eccellente amministratrice domestica, sebbene non mi risulta che la sua amministrazione ci abbia mai fatto diventare ricchi.

[Oliver Goldsmith, Il vicario di Wakefield, Fazi, Roma, 1995. ISBN 88-8112-008-9.]

Io fui sempre di parere che l'uomo onesto che si marita ed alleva molta famiglia sia più utile di colui che cinguettando solamente di popolazione vive scapolo tutta sua vita. Però appena, dopo un anno ch'io ebbi assunti gli ordini sacri, rivolsi seriamente il pensiero al matrimonio, e mi elessi la sposa con quell'istesso senno con cui ella si scelse la veste nunziale, non badando ad una gentile e splendida apparenza, ma alle qualità da poterne trarre buon uso. A dir vero, ella era una donna d'ottimo cuore, di condizion ragguardevole, e per educazione la cedeva a ben poche altre gentildonne di contado. Senza tanto compitare, ella leggeva qualunque libro inglese, e nessuna la superava nel confettar frutti, serbar carni salate ed in apprestar vivande d'ogni sorta. Ella si vantava altresì di esser saputa nella masserizia di una casa; io però non m'avvidi mai che per opera di tutta la di lei accortezza noi avanzassimo in fortune.

Maria Luisa Cervini

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Sono sempre stato d'opinione che un uomo onesto, il quale si sia sposato e abbia allevato una numerosa famiglia, si sia reso più utile di chi è rimasto celibe, limitandosi a parlare di popolazione. E così dopo un anno appena dacché avevo preso gli ordini sacri, mi misi a pensare seriamente al matrimonio, e scelsi mia moglie come essa scelse la sua veste nuziale, guardando, non a una bella superficie brillante, ma alle qualità che promettevano di essere durevoli. Essa era una donna buona e degna di considerazione, per renderle giustizia; e quanto a istruzione, poche signore provinciali avrebbero potuto superarla. Era in grado di leggere qualsiasi libro inglese e senza stare a compitare; quanto, poi, a sottaceti, a marmellate e a far cucina, nessuna la superava. Si vantava pure di una notevole abilità nell'amministrare la casa, sebbene io non abbia mai potuto scoprire che i suoi espedienti ci rendessero più ricchi.

Bruno Maffi

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Sono sempre stato dell'avviso che l'onest'uomo il quale si sia sposato e abbia tirato su una bella famiglia, si sia reso più utile di chi abbia continuato a vivere da scapolo limitandosi a discorrere di popolamento. Per questo motivo, non era passato un anno da quando avevo preso gli ordini, che cominciai a pensare seriamente al matrimonio, e scelsi mia moglie, come questa l'abito da sposa, non per il lustro di una bella presenza, ma per le qualità che resistono all'uso. A voler essere sinceri, era una donna di buona pasta e di non comuni virtù; e, quanto a belle maniere, poche erano le signore di provincia che ne potessero mostrare di più. Poteva leggere senza una gran dizione qualunque libro inglese; ma, nel mettere in salamoia e preparare conserve e far cucina, non temeva rivali. Inoltre, si vantava d'esser una massaia piena di risorse, sebbene non mi sia mai accaduto di notare che le sue economie ci arricchissero.

[Oliver Goldsmith, Il vicario di Wakefield, Rizzoli, Milano, 2000. ISBN 88-17-17324-X.]

Sono sempre stato dell'opinione che l'uomo onesto, il quale si sia sposato, ed abbia tirato su una numerosa famiglia, abbia dato assai più di uno che sia vissuto da scapolo, e si sia contentato soltanto di parlare del ripopolamento. Movendo da questa idea, non avevo preso gli ordini sacri che da un anno appena, quando cominciai a pensare seriamente al matrimonio e mi scelsi la moglie, come essa si scelse la veste nuziale, non per la bella apparenza ma per le qualità che assicuravano una felice riuscita. A renderle giustizia, era una donna non comune e d'indole buona; e quanto a educazione erano poche le signore, non cittadine, che ne potessero mostrare di più. Poteva anche leggere qualsiasi libro inglese, abbastanza correntemente; ma nel far salse e conserve e nell'arte di cucinare, non la poteva superare nessuno. Si vantava anche di essere una economa eccellente, come massaia; per quanto io non abbia mai potuto accorgermi che con quelle sue economie noi si diventasse più ricchi.

Citazioni

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  • Un libro può essere divertente con molti errori o molto noioso pur senza contenere una sola assurdità. (1995, p. 5)
  • [...] è bello colui che agisce bene. (cap. I; 1995, p. 12)
  • Possedeva perfettamente una virtù, la prudenza; troppo spesso l'unica che a settantadue anni ci resti. (cap. II; 1933, p. 23)
  • Non sono mai stato contrario a quelle innocue illusioni che contribuiscono a renderci più felici. (cap. III; 1995, p. 26)
  • Dopo esserci salutati a vicenda con il debito cerimoniale, perché io ho sempre pensato che sia bene osservare alcune manifestazioni abitudinarie di buona educazione, senza le quali la libertà finisce per scalzare l'affetto, ci inchinavamo tutti con gratitudine all'Essere supremo che ci concedeva un altro giorno. (1966, pp. 30-31)
  • Quella virtù che ha sempre bisogno di essere custodita, non vale la pena che la si custodisca. (1966, p. 36)
  • «Guardati figlio mio», grida l'eremita, | «dallo sfidare le tenebre pericolose; | ché lì volano spettri perfidi | che ti attirano verso la rovina. || Qui al povero e al ramingo, | la mia porta è sempre aperta; | e anche se la mia porzione è scarsa, | la via con tutto il cuore». [poesia] (1995, p. 50)
  • Le greggi che pascolano libere per la valle, | io non le condanno a morte: | mi è stato insegnato da Colui che ha pietà di me, | e ho imparato a essere misericordioso. || Ma dal lato verde del monte, | porto un banchetto innocente; | una bisaccia piena di erbe e di frutti, | e acqua di fonte. [poesia] (1995, p. 50)
  • [...] come gli uomini non sanno distinguere il merito nelle donne, così esse spesso giudicano di noi molto più esattamente. Si direbbe che i due sessi siano in grado di spiarsi a vicenda, e siano forniti di capacità differenti, atte alla reciproca osservazione. (1966, p. 56)
  • Fu già osservato mille volte, e debbo notarlo ancora una volta, che le ore che trascorriamo in prospettive di felicità, sono più piacevoli di quelle coronate dal godimento. Nel primo caso, ci prepariamo il piatto secondo il nostro appetito, nel secondo, la natura ce lo prepara lei. (1966, p. 62)
  • Si passa presto sopra al disagio che dà la coscienza quando abbiamo agito male. La coscienza è vigliacca, e raramente è abbastanza giusta, per riconoscere quelle mancanze che non ebbe la forza di impedire. (1966, p. 81)
  • L'uomo dal morso guarì, | e fu il cane che morì. [poesia] (1995, p. 109)
  • L'uomo non sa quali calamità sono al di là della sua sopportazione sino a che non le sopporta [...] (1966, p. 111)
  • A misura che ci avviciniamo, gli oggetti più oscuri paiono illuminarsi, e l'occhio della mente diviene adatto alla sua tetra situazione. (1966, p. 111)
  • La buona compagnia lungo il cammino, dice il proverbio, è la scorciatoia più breve [...]. (1966, p. 111)
  • Va', figlio mio, e se cadrai, anche se sarai lontano, non seppellito, e non pianto da quelli che ti amano, le lacrime più preziose sono quelle della rugiada mandata dal cielo sulla testa insepolta di un soldato. (1966, p. 143)
  • [...] la moltitudine delle leggi produce nuovi vizi, e nuovi vizi provocano nuove restrizioni. (1966, p. 179)
  • Anche se esaminassimo il mondo intero, non troveremmo nessuno così felice, che non gli resti nulla da desiderare; ma vediamo ogni giorno migliaia di uomini che, suicidandosi, ci mostrano che non hanno nulla da sperare. È ovvio, dunque, che in questa vita non possiamo essere del tutto felici, ma possiamo invece essere del tutto infelici. (1966, p. 192)

Non eravi più cosa oramai ch'io desiderassi al di qua della tomba, poiché tutti gli affanni erano terminati, e la mia consolazione non si poteva con parole narrare. Però non mi restava che di trovare modo onde nella prospera fortuna la gratitudine dell'animo mio superasse la mia passata rassegnazione nell'avversa.

[Traduzione di Giovanni Berchet]

The Good-Natur'd Man

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  • Il silenzio è diventato la sua lingua madre.[4]
  • L'amicizia è un disinteressato rapporto fra eguali; l'amore, una abbietta relazione fra tiranni e schiavi.[5]
  • Questa stessa filosofia è un buon cavallo nella stalla, ma una famigerata brenna in viaggio. (I)[6]
  1. Da The Citizen of the World, lettera XV; citato in Peter Singer, Utilitarismo e vegetarianesimo, in Aa. Vv., Etica e animali, traduzione di Brunella Casalini, Liguori Editore, Napoli, 1998, p. 253 (in epigrafe). ISBN 88-207-2686-6
  2. Da The Bee, III; citato ne Il libro dei mille savi, n. 4090.
  3. Citato in Enrico Piceni, introduzione a Christopher Morley, Tuono a sinistra, Arnoldo Mondadori Editore, 1947.
  4. Citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894
  5. Citato in Aa. Vv., Dammi mille baci, e ancora cento. Le più belle citazioni sull'amore, a cura delle Redazioni Garzanti, Garzanti, 2013.
  6. Citato ne Il libro dei mille savi, n. 2836.

Bibliografia

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  • Fernando Palazzi, Silvio Spaventa Filippi, Il libro dei mille savi, Hoepli, Milano, 2022. ISBN 978-88-203-3911-1

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