Il portiere di notte

film del 1974 diretto da Liliana Cavani

Il portiere di notte

Immagine Il portiere di notte 1.jpg.
Titolo originale

Il portiere di notte

Lingua originale inglese
Paese Italia, Stati Uniti d'America
Anno 1974
Genere drammatico, guerra, erotico
Regia Liliana Cavani
Soggetto Barbara Alberti,
Liliana Cavani,
Amedeo Pagani,
Italo Moscati
Sceneggiatura Liliana Cavani,
Italo Moscati
Interpreti e personaggi
Doppiatori originali
Doppiatori italiani

Il portiere di notte, film del 1974 con Dirk Bogarde e Charlotte Rampling, regia di Liliana Cavani.

  Citazioni in ordine temporale.

  • Non illudiamoci che la memoria sia fatta di vaghe ombre. È fatta di occhi, che ti guardano dritto in faccia; e di dita, che ti accusano. (Klaus)
  • Se ho voluto vivere come... come una talpa c'è una ragione. La ragione per cui lavoro di notte è la luce: ho un senso di vergogna alla luce. (Max)

Citazioni su Il portiere di notte

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  • [Nel 2019] Erano gli anni '70, si incominciavano a dire cose che non erano mai state dette prima e a fare cose in maniera diversa. Una di queste fu Il portiere di notte. È stato girato in un modo insolito dal punto di vista del gusto del pubblico, trattava un tema scottante come quello dell’Olocausto con rispetto ma con toni differenti, anche con una componente sessuale, erotica, che teoricamente era inaccettabile. Quello che invece è successo è che ha avuto un impatto incredibile sulle persone, ha detto ciò che andava detto ed è entrato nel cuore e nel corpo delle persone, anche di quelle che lo hanno ritenuto impossibile da vedere e lo hanno rifiutato. Il film è sempre attuale, non necessariamente in quel contesto, ma le persone continuano ad essere torturate e solo Dio sa se questo potrà mai avere fine. (Charlotte Rampling)
  • Gli Americani sono soliti premiare con l'Oscar solo film tipo Il padrino e La stangata. Il film della Cavani non credo possa rientrare nei loro gusti. (Charlotte Rampling)
  • Il portiere di notte è un'opera sgradevole quanto lubrica, un esecrabile intento di titillarci, servendosi delle memorie di persecuzione e sofferenza. È (so quanto suoni osceno) nazi-chic. [...] è una soap opera così superficiale che ne avremmo riso, se non fosse così inquietante. (Roger Ebert)

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