Guerra del Tigrè

confilitto civile nella regione etiope del Tigrè tra il Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè e il Governo Federale

Citazioni sulla guerra del Tigrè.

Macallè dopo un bombardamento aereo

Citazioni

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  • Il 2020 è stato molto difficile per me perché il mio Paese è in difficoltà. Il mio Paese, l'Etiopia, è in difficoltà e la guerra devastante che sta accadendo nella mia regione di origine del Tigrè... Ho molti parenti lì, incluso mio fratello minore, non so dove siano, non ho comunicato con loro. Come se il Covid non bastasse, ho anche questo dolore personale. Sono preoccupato per il mio Paese. (Tedros Adhanom Ghebreyesus)
  • Un paradosso colpisce il resto del mondo: protagonista di questa recrudescenza di antichi conflitti è un leader che appena un anno fa ricevette il Premio Nobel per la pace. Il premier Abiy ebbe una vera e propria luna di miele con i media internazionali, fu salutato come il protagonista di una nuova generazione di statisti africani, capace di governare un boom economico nella stabilità. Seconda maggiore nazione del continente nero, l'Etiopia è reduce da anni di forte crescita, Abiy ne ha ricavato un prestigio che ha fatto di lui un politico influente ben al di là delle sue frontiere nazionali. Le motivazioni del Nobel furono soprattutto due: appena preso il potere aveva liberato molti prigionieri politici; inoltre aveva firmato la pace con l'Eritrea. Lui stesso ha segnalato un'involuzione politica quando a ottobre alla scadenza del suo mandato ha deciso di rinviare le elezioni. Ora sarà il protagonista di una guerra civile? (Federico Rampini)
  • Ai membri della cricca distruttrice del Fronte di Liberazione del Tigré: il vostro viaggio di distruzione è arrivato alla fine. Arrendetevi pacificamente entro le prossime 72 ore, ammettendo di aver raggiunto un punto di non ritorno.
  • Ci sono state atrocità commesse nella regione del Tigray [...] I rapporti indicano che le atrocità venivano commesse violentando donne e saccheggiando proprietà. Qualsiasi membro della difesa nazionale che abbia commesso stupri e saccheggi contro le nostre sorelle tigrate sarà ritenuto responsabile.
  • La giunta (secessionista) che abbiamo eliminato nel giro di tre settimane si è ora trasformata in una forza di guerriglia, si è mescolata ai contadini e ha iniziato a spostarsi in diversi posti.
  • I miei precedenti appelli alla pace non hanno avuto successo. Purtroppo questi appelli vengono ripetutamente bloccati e mi è stato impedito di parlare. Condanno senza appello le atrocità che si stanno verificando nel Tigray, comprese le violenze contro le chiese, i monasteri, il clero.
  • La mia coscienza è sconvolta. Non c'è tempo per riposarsi. Per le persone del Tigray e nel paese questo orrore non può continuare. Possa Dio darci la forza per non esser sopraffatti dalla paura e dall'ansia nel reclamare la pace. Pregate Dio e siate i degni testimoni della sua giustizia così in cielo che in terra.
  • Sono tutti tentativi di cancellare il Tigray dalla faccia della terra. Il popolo del Tigray viene ucciso, derubato delle sue proprietà e identità culturale. Privato dei suoi diritti. Ai contadini è stato negato di coltivare la terra per usare la fame come arma di guerra. Le persone muoiono. Miglior sorte ricevono gli uomini che vengono uccisi rispetto alle donne che vengono stuprate, infliggendo loro una cicatrice perenne. Dio risponderà a queste atrocità con il suo giudizio.
  • Abiy Ahmed sta facendo quanto è necessario per proteggere l'integrità e la sovranità dell'Etiopia. In fin dei conti, ciò è anche il suo dovere. Ogni stato ha il diritto di usare qualsiasi mezzo necessario per mantenere la sua integrità territoriale e sovranità nazionale.
  • Il responsabile dell'attuale catastrofe è la costituzione che è stata imposta agli etiopi nei primi anni novanta dal Tplf. È imperativo che questa costituzione d'apartheid venga sostituita da una nuova, che trasformerà finalmente l'Etiopia nel paese che la maggior parte degli etiopi ha voluto per almeno cinquant'anni: uno stato federalista democratico.
  • L'Etiopia e l'Eritrea stanno combattendo il Tplf insieme. Chi avrebbe creduto che sarebbe mai stato possibile? I vecchi problemi tra l'Etiopia e l'Eritrea sono stati superati. Questa pace durerà.
  • Per più di trent'anni ho avvertito che questo sarebbe successo, che l'etnicizzazione della politica avrebbe inevitabilmente condotto alla pulizia etnica. Questo è ciò che sta avvenendo proprio adesso. L'Etiopia è l'unica nazione nel mondo che si autodefinisce una "federazione etnica".
  • Abiy e Afewerki stanno orchestrando un attacco al Tigray da due anni. Ma ci può credere? Il nostro governo federale che si allea con un Paese straniero contro la propria regione? Io non capisco. È inconcepibile.
  • [Abiy Ahmed Ali] ci accusa di aver tenuto le elezioni a settembre contro la volontà del governo centrale che lui aveva illegalmente posticipato al 2021 per il Covid. Sì, ci sono stati alcuni scontri, ma nulla di rilevante e niente che giustifica quello che ha fatto.
  • Ci stiamo avvicinando rapidamente al punto in cui vediamo la morte in faccia: possiamo scegliere solo se moriremo di fame o se moriremo combattendo per i nostri diritti e la nostra dignità.
  • Intervenite o sarà troppo tardi. Le cose possono solo peggiorare. Ma nessuno ascolta.
  • Noi non stiamo attaccando, ci stiamo solo difendendo per la nostra libertà e per i nostri diritti. Le elezioni posticipate da Abiy sono illegali. Lui teme una sconfitta, per questo ha allungato i tempi.
  • Questo è un atto unilaterale di un governo federale incapace di risolvere i problemi senza ricorrere all’uso della forza.
  • C’è una particolarità che contraddistingue le guerre africane: la scarsa attenzione che ricevono. La guerra in Etiopia è molto più sanguinosa di quella in Ucraina eppure è praticamente ignorata dai mezzi d’informazione occidentali e asiatici.
  • I combattimenti sono stati violenti perché l’esercito etiope è più numeroso, mentre quello tigrino è più professionale e determinato. Non solo ha preso il controllo di quasi tutto il Tigrai, a parte l’estremità occidentale, ma anche di un terzo della confinante regione dell’Amhara, storicamente il cuore dell’impero etiope.
  • Non c’è nulla di particolarmente "africano" in questo conflitto. Ci sono paralleli con la storia del Giappone del cinquecento (il periodo degli stati belligeranti), della Francia del seicento (otto guerre civili a sfondo religioso) e degli Stati Uniti dell’ottocento (la guerra civile, la "conquista" del west, e le guerre espansionistiche con Regno Unito, Messico e Spagna). Sono guerre che fanno parte del processo di formazione di uno stato, nel quale vari gruppi religiosi, etnici e linguistici, clan e tribù sono gradualmente spinti a ottenere qualcosa di simile a un’identità comune. È un processo spesso violento, mai completamente terminato, e in molti casi ancora in corso.
  • Può sembrare strano che le forze di una regione di sette milioni di abitanti abbiano sconfitto l’esercito di uno stato federale con 110 milioni di cittadini. Ma bisogna ricordare che l’Etiopia è un mosaico di gruppi etnici, lingue e religioni, che nel passato è stato tenuto insieme da una monarchia accentratrice o da una dittatura sostenuta da una spietata forza militare. Fino a pochi anni fa era il Tigrai a fornire quella forza.
  • Se Abiy stringe in tempi brevi un accordo con i tigrini per mettere fine al blocco e riconoscere la loro indipendenza e i loro confini, alla fine potrebbe avere ancora abbastanza truppe e credibilità per affrontare gli oromo e altri gruppi etnici ribelli, che si faranno presto sentire. In caso contrario, l’Etiopia probabilmente si spaccherà e assisteremo a quello che è accaduto in Jugoslavia.
  • Va ricordato che truppe ben addestrate ed esperte come quelle tigrine di solito sconfiggono volontari inesperti e addestrati in fretta e furia, non importa quanto numerosi. Perciò se Abiy non vince, cosa accadrà?
  • A preoccupare è soprattutto la partecipazione di truppe arrivate dall'Eritrea, che stanno dando man forte all'esercito etiope e nel frattempo non esitano a regolare vecchi conti con gli abitanti del Tigrai, con cui si sono scontrati per vent'anni quando l'Eritrea era ancora occupata dall'Etiopia. La presenza degli eritrei non è ufficiale, ma è conclamata.
  • Dopo una grave crisi politica, Abiy Ahmed si è ritrovato a capo del paese, a cui ha imposto una nuova direzione: ha svuotato le carceri, liberalizzato l'economia (9 per cento di crescita) e soprattutto ha trovato un accordo di pace con i vicini eritrei, un risultato che gli è valso il Nobel per la pace. [...] Ma alla fine le tensioni etniche e regionali hanno avuto ragione del giovane primo ministro.
  • È la guerra che non ci aspettavamo, o comunque non in un paese il cui primo ministro ha ricevuto l'anno scorso il premio Nobel per la pace.
  • Il governo di Addis Abeba continua a parlare di una semplice operazione di polizia contro un territorio ribelle, ma in realtà lo scontro tra l'esercito federale etiope e le forze della regione del Tigrai, nel nord del paese, è una vera guerra, con lo spiegamento di mezzi blindati, aerei e decine di migliaia di soldati.
  • Il governo federale si comporta come se nulla fosse, salvo poche eccezioni. Il problema è che il Tigrai è una zona di guerra, e in tutto il paese ci sono altri focolai di violenza. Anche gli oromo sono sotto pressione, e tra loro si sono state numerose vittime.
  • Quella in corso è una tragedia per l'Etiopia ma anche per il resto dell'Africa. L'Etiopia, infatti, è il secondo paese africano per popolazione, ospita la sede dell'Unione africana e dovrebbe essere una delle locomotive dell'anelata rinascita del continente. L'Africa deve fare tutto il possibile per mettere fine a questa guerra fratricida che rischia di avere conseguenze devastanti.
  • Resta da capire se l'Etiopia sta vivendo il suo momento "jugoslavo", ovvero la ribellione di una serie di popoli che vogliono uscire da un matrimonio non esattamente felice.
  • Secondo le Nazioni Unite sessantamila abitanti del Tigrai sono scappati dall’Etiopia per rifugiarsi nel vicino Sudan, mentre in due milioni hanno abbandonato le loro case per spostarsi in altre aree del paese. Tre quarti dei cinque milioni di residenti nel Tigrai hanno bisogno di aiuti umanitari. Il numero di vittime del conflitto è stimato attorno alle 50mila persone, una cifra enorme.
  • La guerra con il Tigray che rischia di far implodere il fragile gigante dell'Africa è stata preparata con cura, per mesi, in un crescendo di provocazioni reciproche, sgarbi, minacce. Storia antica che risale al 1991 quando i tigrini, alleati per reciproco vantaggio con i ribelli dell'Eritrea, marciarono su Addis Abeba facendo cadere la dittatura marxista del Derg e di Menghistu. Per trent'anni come premio hanno guidato l'Etiopia. La morte del loro capo Zenawi, le liti tra i diadochi di una dirigenza specializzata nella guerriglia e nella sicurezza, infatuata e vanitosa, l'avvento per la prima volta di un oromo alla guida del Paese ha sconvolto il quadro. I tigrini accusano il primo ministro di averli emarginati dalle cariche che contano, di vendetta etnica.
  • Per Omero questa era la terra degli uomini pii, per Erodoto di coloro che non conoscevano infermità dello spirito, i primi esploratori giuravano invece di aver incontrato i temibili uomini scimmia. Alla leggenda si aggiunge il Nobel della pace che fa la guerra.
  • Riconoscete il caldo appiccicoso, denso, quasi palpabile dell'odio etnico? I vecchi demoni riappaiono, il firmamento rassicurante ai margini del quale troneggiava l'uomo della pace nel Corno d'Africa si era oscurato e ne scaturiva una pioggia grigia di delusione.

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